IERI & OGGI: EDWIN MOSES, ORO DI MONTREAL

Alle Olimpiadi di Montreal il mondo inizia a conoscere un ventenne con gli occhialini e un aspetto vagamente professorale: Edwin Moses destinato a diventare il più grande di tutti i tempi sui 400 hs (e oltre).

Edwin MosesIl protagonista dei 400 ostacoli alle Olimpiadi di Montreal del 1976 doveva essere l’ugandese John Akii-Bua che già aveva stupito tutti quattro anni fa a Monaco stabilendo il primato mondiale con il tempo di 47″82 e vincendo il primo titolo olimpico per il suo paese. Il boicottaggio dei paesi africani per il mancato intervento del CIO contro la Nuova Zelanda la cui nazionale di rugby aveva disputato degli incontri nel Sudafrica dell’apartheid tagliò fuori molti protagonisti dal consesso olimpico.

Gli ostacoli alti lanciarono però in orbita un nuovo protagonista destinato a riscrivere il libro della specialità per i successivi 12 anni, il ventenne Edwin Moses. Nato nell’Ohio nel 1955, Moses non rappresenta l’archetipo dell’afroamericano che cerca la rivincita nella corsa; figlio di insegnanti si dedica con passione allo studio e, seppure dotato sugli ostacoli alti (i 110 hs), preferisce rifiutare i college che gli propongono una borsa di studio per meriti sportivi e sceglie il Morehouse College di Atlanta e la sua borsa di studio in ingegneria. A Morehouse vi è una squadra di atletica ma non vi sono gli impianti, Moses si allena in solitudine guadagnandosi l’appellativo di “uomo bionico” per il doppio impegno, più preoccupato degli studi che risentono del doppio impegno che dei risultati.

Nel 1975, Edwin iniziò a coltivare il sogno di partecipare alle Olimpiadi dell’anno successivo ma senza un piano preciso. Nella prima gara della nuova stagione, i Florida Relays, nel marzo del 1976, corse i 110 hs in 13″7, i 400 metri in 46″1 e i 400 ostacoli per la prima volta in una competizione in 50″1 e fu osservato dal tecnico della squadra olimpica, Leroy Walker, che lo indirizzò verso gli ostacoli bassi.

A fine aprile nei Penn State Relays, Moses si impone in 48″8 e due mesi dopo nei Trials statunitensi per definire la squadra che parteciperà alle Olimpiadi di Montreal batte il record statunitense imponendosi in 48″3, terza prestazione mondiale di sempre. Edwin ha tutte le caratteristiche fisiche per i 400 ostacoli e le sue lunghe leve gli consentono di coprire costantemente la distanza dagli ostacoli in 13 passi, dovendo talvolta sforzarsi di non strafare saltando a 12, mentre lo stesso Akii-Bua era in grado di tenere il ritmo dei 13 passi solo nei primi 5-6 ostacoli per poi passare a 14 nel finale di gara.

Anomino, con i suoi occhialoni che nascondono una ipersensibilità alla luce, e la sua aria vagamente professorale Moses si presenta a Montreal: corre un primo turno in scioltezza ed è l’unico a fermare i cronometri sotto i 50″ in 49″95, in semifinale domina il campo dei partecipanti dalla sua quinta corsia e si migliora ottenenendo il  suo personale in 48″29.

Il 25 luglio 1976 è in quarta corsia alla partenza della finale, alla sua destra il portoghese Carvalho e alla sua sinistra il britannico Pascoe: saranno i primi a cedere, schiantati dal ritmo di Moses che non riescono a reggere. Ai 200 metri, lo statunitense ha mangiato il decalage di partenza anche al connazionale Wheeler in settima corsia. Sono più fortunati perchè distanti dall’uomo bionico lo statunitense Shine (corsia 8 ) e il russo Gavrilenko (corsia 1) che riescono a correre al loro ritmo. Ma all’ingresso sulla retta finale hanno già un distacco di 5-6 metri. All’arrivo saranno 8 i metri che separeranno il secondo Shine da Edwin Moses che ferma i cronometri su un eccezionale 47″63, record del mondo.

Ritornerà ad Atlanta, un po’ deluso dal fatto di non essere riconosciuto per strada, ma pronto a finire gli studi e a trovare un impiego alla General Dynamics (solo nel 1979 si metterà in aspettativa per dedicarsi a tempo pieno all’Atletica). Per questa ragione rinuncia alla stagione indoor e l’estate successiva si dedica solo agli impegni maggiori: abbassa il suo record del mondo e il 26 agosto 1977 viene sconfitto da Harald Schmid. Da quel momento inizia una striscia di 122 vittorie consecutive per un dominio che durerà 9 anni, 9 mesi e 9 giorni.

Massimo Brignolo

LUCIANO ABIS NUOVO CAMPIONE DELL’UNIONE EUROPEA DEI PESI WELTER

Luciano Abis sul ring di Is Arenas a Quartu S. Elena (Sardegna) conquista la vacante cintura dell’Unione Europea dei pesi welter battendo per decisione tecnica all’ottava ripresa Kobe Vandekerhove

Luciano AbisSul ring di casa di Quartu Sant’Elena il sardo Luciano Abis, welter di 31 anni a giorni, una carriera quasi illibata con una sola sconfitta (per l’Europeo di categoria contro il polacco Jackiewicz un anno e mezzo fa) e 28 vittorie, si è laureato campione dell’Unione Europea (la sigla sorella minore del titolo europeo Ebu vero e proprio) battendo con larga decisione unanime allo stop del combattimento all’ottavo round il rognoso belga Vandekerkhove, in un match spigolo e tutt’altro che bello. Abis, pugile dalla buona impostazione tecnica cui, nonostante il soprannome di Bazooka, difetta un po’ il colpo risolutore, quello che fa male veramente, per ben incanalare i suoi incontri, ha svolto con buona lena un compitino che si è fatto duro quando una testata dell’avversario lo ha beccato nel secondo round, che il sardo ha chiuso anche con un bel knock down. Fino all’ottavo round il match (programmato sulle dodici) non è vissuto di particolari emozioni, se non la strenua resistenza di Vandekerkhove su un Abis infastidito dalla ferita ma pur sempre padrone del match. Dopo vari controlli il medico, dottor Sanna, ha preferito interrompere la contesa perché l’occhio sinistro del sardo somigliava a un melone e mandare la decisione alla lettura dei cartellini. Cartellini che, a parte dei marchiani errori di composizione (due volte 80-61 in otto match nemmeno finiti??? La matematica non dovrebbe essere un’opinione…), ha dato una vittoria forse un pochino larga, comunque sacrosanta, a Luciano Abis che, dopo svariati titolini che non contano un fico secco e l’opportunità del 2007 contro Bundu per la stessa cintura finita in un pari tecnico dopo una manciata di minuti, mette finalmente in bacheca un titolo che vale qualcosa, soprattutto la possibilità di combattere ancora una volta per l’Europeo vero dopo la sfida tra Bundu e presumibilmente Petrucci.

Nel sottoclou ha destato una grandissima impressione il peso leggero italo-spagnolo Luca Giacon, portato in Italia dalla Opi2000 di Salvatore Cherchi insieme  ad altri “oriundi” (il welter Lo Greco e, forse, addirittura l’ex iridato Paulie Malignaggi), che ha messo insieme la sua dodicesima vittoria prima del limite su dodici incontri spedendo al tappeto il nicaraguense Mc Field (niente di trascendentale, ma nemmeno un materasso) al terzo round, prima con un pregevole gancio sinistro, poi definitivamente con un attacco deciso. Per Giacon (nato in Spagna da padre italiano e mamma ruandese, ha iniziato la carriera a Panama dove lavorava papà) si spalancano forse le porte per qualcosa di gustoso. La stessa opportunità che ha fatto vedere di meritare anche Michele Di Rocco, il welter “Godot” della boxe italiana, che ha messo in bacheca la vittoria numero 28 in carriera (più una sconfitta e un pari), battendo dopo una prestazione interessante corredata da un pizzico di potenza in sei round l’irlandese McDonagh. Di Rocco continua a prendere qualche colpo di troppo e forse starebbe meglio nei superleggeri, ma la forma fisica c’é, la tenuta atletica pure e, se si concentra solo nel pugilato il gitano umbro può togliersi ancora grandissime soddisfazioni.

Andrea Bacci

TOUR: L’ORGOGLIO DI SCHLECK NON ROVINA LA TERZA SINFONIA DI CONTADOR

Contador vince ma non stravince il suo terzo Tour, 39 beffardi secondi separano Schleck dalla maglia gialla.

Alberto Contador52 chilometri di pianura e strade dritte da Bordeaux a Pauillac, passando per le terre del Bordeaux, uno dei rossi più pregiati al mondo, per decidere il tour. Una cronometro dentro la quale ci sono quattro corse parallele: quella della maggioranza dei ciclisti non specialisti il cui obiettivo è solamente raggiungere i Campi Elisi e riabbracciare le famiglie, quella per la vittoria di tappa, la sfida fra Men’šov e Samuel Sanchez per il terzo posto e il gran duello fra Contador e Schleck per la maglia gialla.

Fabian Cancellara, favorito anche dal percorso meno ventoso, si dimostra il crono-man più forte di questo Tour. Come a Rotterdam la “Locomotiva di Berna” mette tutto il gruppo alle sue spalle a partire dal tedesco che aspira a essere il suo successore Tony Martin e prendendosi la rivincita su Contador che l’anno scorso lo aveva beffato.

Menchov si dimostra il miglior specialista delle corse a cronometro fra i big salendo per la seconda volta consecutiva sul gradino più basso del podio. L’anno scorso il russo era finito terzo dopo la squalifica per doping dell’austriaco Kohl. Dopo aver rifilato due minuti a Samuel Sanchez, domani il capitano della Rabobank potrà assaporare il podio di persona.

Al suo fianco ci saranno Schleck e Contador autori in questa crono di un bellissimo duello. Forse solo nel 1989 quando Greg Lemond rubò per soli 8’’ la maglia gialla a Laurent Fignon una cronometro era stata così avvincente. Quel che è certo che quest’ultima cronometro ha dato (almeno nei primi chilometri) più emozioni dei Pirenei.

Tutti gli addetti ai lavori davano il lussemburghese per spacciato invece il giovane leader della Saxo Bank ha dato davvero del gran filo da torcere al fenomeno spagnolo. Al chilometro 22 Schleck ha raggiunto il suo vantaggio massimo: 5 secondi. Nei chilometri successivi, nonostante la difficoltà a mantenere la posizione, Contador è riuscito a mettere un rapporto più duro fondamentale recuperare secondo dopo secondo. Alla fine Andy Schlek chiude in 1h 07’ 10’’, Alberto Contador, che vince per la terza volta il Tour de France, in 1h 06’ 39’’ .

Alla fine i due grandi protagonisti del Tour sono divisi da 39 beffardi secondi, proprio quelli guadagnati dallo spagnolo, approfittando del salto di catena del lussemburghese. All’arrivo le lacrime di delusione  Andy Schleck si confondono con lacrime di gioia di Alberto Contador, che in più di un’occasione ha temuto davvero di perdere la maglia gialla. Oggi il Tour è stato davvero onorato alla faccia di chi ieri lo considerava già chiuso.

Domani passerella conclusiva sui Campi Elisi. Con Contador in maglia gialla, Chartreau in maglia a pois, Schleck in maglia bianca, ci sarà da assegnare oltre all’ultima tappa anche la maglia verde per ora sulle spalle di Petacchi.

Sabato 24 luglio 2010
Tour de France, diciannovesima tappa
Bordeaux –  Pauillac (52 km)

ORDINE D’ARRIVO:

Ciclista Squadra Tempo
1. Fabian CANCELLARA
Saxo Bank 1h00’56”
(media 52 km/h)
2. Tony MARTIN
HTC-Columbia a 17″
3. Bert GRABSCH
HTC-Columbia a 1’48”
4. Ignatas KONOVALOS
Cérvelo a 2’34”
5. David ZABRISKIE
Garmin a 3’00”

CLASSIFICA GENERALE:

Ciclista Squadra Tempo
1. Alberto CONTADOR
Astana 89h16’27”
2. Andy SCHLECK
Saxo Bank a 39″
3. Denis MEN’ŠOV Rabobank a 2’01”
29. Damiano CUNEGO
Lampre-Farnese Vini a 56’53”

MAGLIA VERDE (punti):

Ciclista Squadra Punti
1. Alessandro PETACCHI Lampre-Farnese Vini 213
2. Thor HUSHOVD Cérvelo 203
3. Mark CAVENDISH
Team Htc-Columbia 197

MAGLIA A POIS (montagna):

Ciclista Squadra Punti
1. Anthony CHARTEAU Bbox Bouygues Tlc 143
2. Christophe MOREAU
Caisse d’Epargne 128
3. Andy SCHLECK
Saxo Bank 116

MAGLIA BIANCA (giovani):

Ciclista Squadra Tempo
1. Andy SCHLECK
Saxo Bank 89h17’06”
2. Robert GESINK
Rabobank a 8’52”
3. Roman KREUZIGER
Liquigas-Doimo a 11’15”

Nicola Sbetti

F1: ROSSE COMPETITIVE A HOCKENHEIM, ALONSO IN PRIMA FILA

A Hockenheim pole position per la Red Bull di Sebastian Vettel ma la Ferrari di Alonso è in prima fila a soli due millesimi.

Fernando AlonsoPer una volta i tempi del venerdì hanno detto la verità: le Ferrari viste nelle prove di Hockenheim sono  a un livello di competitività riscontrato sino adesso nella stagione solo nella prima prova in Bahrain. Alonso è stato per due giorni perfetto, riuscendo a trasformare in efficienza in pista la propria aggressività e voglia di vincere, Massa si è ritrovato senza compiere errori, ma di fronte al giro messo in pista da Sebastian Vettel c’è solo da inchinarsi. Facile parlare dell’efficienza aerodinamica della Red Bull, ma qui c’è tanto cuore, e ne è venuto fuori un giro da raccontare a figli, nipoti, e proseguire nelle generazioni a venire. La coppia Red Bull è sempre e comunque veloce, i due piloti sono totalmente presi dalla loro lotta interna e dalla possibilità di vincere il loro primo mondiale, e saranno ancora quelli da battere per la gara di domani, ma questa prima fila di Alonso accende un piccolo lume di speranza nella testa di parecchi ferraristi.

Partenza di qualifiche  col botto per Vitantonio Liuzzi: il pilota italiano perde il posteriore della sua Force India sul cordolo umido prima del rettilineo d’arrivo, e la botta conseguente a muro è una di quelle che stendono chi guida e distruggono la macchina. Qualifiche finite per l’italiano che per l’occasione si unisce ai “soliti” esclusi da Q3: ovverosia i sei piloti delle tre nuove squadre, Hrt, Lotus e Virgin. Davanti a tutti la coppia Alonso e Vettel, che si ripetono esattamente nello stesso ordine in Q2, precedendo i rispettivi compagni di squadra.

Secondo spezzone di qualifiche che lascia sul campo le due Toro Rosso, le due Sauber, Petrov su Renault, Sutil che chiude una deludente sessione di qualifica per la Force India, e soprattutto – duole un poco dirlo, ma ormai non è più una novità – anche Michael Schumacher, beffato dalla Williams di Hulkenberg all’ultimo secondo. Da sottolineare ancora la prestazione di Barrichello con l’altra Williams, quinto in Q2, e ormai abbonato al passaggio in Q1.

Si entra in  Q3 con il rischio pioggia incombente, e con le due Ferrari e le due Red Bull pronte a giocarsi la pole. Ma l’Alonso di questi giorni è determinato e tagliente quanto le sue dichiarazioni alla vigilia,  e solo l’incredibile giro di Vettel riesce ad avere ragione della grinta dello spagnolo . Vettel sopravanza di pochi millesimi Alonso, più indietro un ottimo Massa, che riesce a precedere la seconda Red Bull, quella di un Webber  apparso un poco sotto tono, e forse schiacciato dalle tensioni interne alla squadra. Dietro le due Mclaren, un gradino al di sotto di Red Bull e Ferrari, con Button che riesce a precedere in qualifica il compagno Hamilton. Chiudono i dieci, il solito solido Kubica, l’ottimo inossidabile Barrichello, Rosberg, con una Mercedes che ancora una volta non riesce a spiegare nemmeno a se stessa le proprie prestazioni, e Hulkenberg, comunque positivo.

Domani ci sarà spazio per tanti possibili risultati, Alonso e Vettel sembrano i favoriti, ma molto dipenderà dalla partenza che si preannuncia a rischio contatti, dal meteo, e dall’usura delle gomme che potrebbe determinare una gara con più di un cambio pneumatici.



Pos. # Pilota Macchina Q1 Q2 Q3
1 5 Sebastian Vettel Red Bull-Renault 1′15.152 1′14.249 1′13.791
2 8 Fernando Alonso Ferrari 1′14.808 1′14.081 1′13.793
3 7 Felipe Massa Ferrari 1′15.216 1′14.478 1′14.290
4 6 Mark Webber Red Bull-Renault 1′15.334 1′14.340 1′14.347
5 1 Jenson Button McLaren-Mercedes 1′15.823 1′14.716 1′14.427
6 2 Lewis Hamilton McLaren-Mercedes 1′15.505 1′14.488 1′14.566
7 11 Robert Kubica Renault 1′15.736 1′14.835 1′15.079
8 9 Rubens Barrichello Williams-Cosworth 1′16.398 1′14.698 1′15.109
9 4 Nico Rosberg Mercedes 1’16.178 1’15.018 1′15.179
10 10 Nico Hulkenberg Williams-Cosworth 1′16.387 1′14.943 1′15.339
11 3 Michael Schumacher Mercedes 1′16.084 1′15.026
12 23 Kamui Kobayashi Sauber-Ferrari 1′15.951 1′15.084
13 12 Vitaly Petrov Renault 1′16.521 1′15.307
14 22 Pedro de la Rosa Sauber-Ferrari 1′16.450 1′15.550
15 17 Jaime Alguersuari Toro Rosso-Ferrari 1’16.664 1′15.588
16 16 Sebastien Buemi Toro Rosso-Ferrari 1′16.029 1′15.974
17 18 Jarno Trulli Lotus-Cosworth 1′17.583
18 19 Heikki Kovalainen Lotus-Cosworthi 1′18.300
19 14 Adrian Sutil Force India-Mercedes 1′16.220 1’15.467
20 21 Bruno Senna HRT-Cosworth 1′18.592
21 15 Vitantonio Liuzzi Force India-Mercedes 1′18.952
22 20 Sakon Yamamoto HRT-Cosworth 1′19.844
23 24 Timo Glock Virgin-Cosworth 1′18.343
24 25 Lucas di Grassi Virgin-Cosworth

Andrea Corbetta

IERI & OGGI: ZÁTOPEK E SIGNORA, ORO AD HELSINKI

Nella gara centrale della sua storica tripletta, la Locomotiva Umana, Emil Zátopek vince i 5.000 alle Olimpiadi di Helsinki pochi minuti prima della vittoria della moglie nel Giavellotto.

Emil Zatopek“Credo che in qualche modo la vittoria sui 5.000 possa averla ispirata”, “Davvero? Allora cerca un’altra ragazza, ispirale e vediamo se riesce a lanciare un giavellotto a 50 metri”. Questo scambio di battute avviene il 24 luglio 1952 alla conferenza stampa dopo la vittoria di Dana Ingrová in Zátopková nella gara di Lancio del Giavellotto tra la vincitrice e il marito Emil Zátopek che poco prima aveva conquistato l’alloro olimpico nei 5000 metri.

Nato il 19 settembre del 1922 in Moravia, Zátopek si era già imposto all’attenzione del mondo nelle Olimpiadi del 1948 a Londra dove vinse la medaglia d’Oro nei 10.000 e la medaglia d’Argento nei 5.000, primi tasselli di un dominio sul fondo mondiale che si confermò negli anni successivi. Alle stesse Olimpiadi, la moglie Dana dovette accontentarsi, nel Lancio del Giavellotto del settimo posto con una misura di poco inferiore ai 40 metri.

All’apice della sua carriera, il fondista cecoslovacco rischiò di non partecipare alle Olimpiadi di Helsinki: dapprima una infezione ghiandolare aveva portato i medici a consigliarli un periodo di assoluto riposo e poi Zátopek, spirito libero nella Cecoslovacchia sotto il giogo sovietico, pochio giorni prima della partenza per la Finlandia prese le difese dello staffettista Jungwirth, escluso dalla selezione perchè figlio di un prigioniero politico. “Se non parte, non parto neanche io” dichiarò Zátopek ed effettivamente quando la nazionale cecoslovacca arrivò Helsinki i 10.000 finlandesi che attendevano la Locomotiva Umana tornarono a casa delusi. Due giorni dopo il fondista e Jungwirth salirono sullo stesso aereo per raggiungere i compagni e i Giochi ritrovarono un protagonista che avevano rischiato di perdere prima ancora di iniziare.

Il 20 luglio il cecoslovacco difese l’Oro olimpico di 4 anni prima, imponendosi, a tempo di record olimpico, davanti al francese Mimoun staccato di 16″ e al russo Anufriyev. Due giorni dopo supera il primo turno dei 5.000, qualificandosi per la finale senza sprecare energie.

Il 24 luglio il programma delle gare di Atletica prevede alle 11.30 le qualificazioni del Giavellotto femminile,  il via dei 5.000 metri alle 16.40 e 5 minuti più tardi l’inizio della finale del Giavellotto. Dana Zátopková ottiene la terza misura delle qualificazioni con 45.57 dietro alle sovietiche Tshudina e Zibina. Alle 16.40 parte la finale dei 5.000 metri, una gara dagli altissimi contenuti agonistici che diventa presto una gara a quattro tra Zátopek, il francese Mimoun, l’inglese Chataway e il tedesco Schade. Il cecoslovacco guida il gruppetto al suono della campana ma  sembra non riuscire a reagire all’attacco di Chataway e Schade ai 300 metri; risucchiato anche da Mimoun, Zátopek non si da per vinto e piazza uno scatto micidiale ai 150 metri dall’arrivo, si spintona con Mimoun, passa all’esterno e si presenta in prima posizione sul rettilineo d’arrivo mentre cade Chataway, allungando con la sua caratteristica andatura ciondolante. Il titolo olimpico è suo mentre sul podio salgono anche Mimoun e Schade.

Nella pedana del Giavellotto, la moglie mette tutte d’accordo al primo lancio con una spallata poderosa da 50.47 che nessuno riuscirà a superare nei sei lanci della finale. Le si avvicina solo la sovietica Shudina che all’ultimo lancio piazza un 50.01 che le varrà la medaglia d’Argento superando la connazionale Gortshakova che si ferma a 49.76.

Tre giorni dopo, Zátopek completa una storica tripletta vincendo la prima Maratona della sua vita.

Massimo Brignolo