Si festeggiava pochi giorni fa il quarantesimo anniversario del Partido del Siglo, la partita del secolo che vide Italia e Germania affrontarsi allo stadio Azteca di Città del Messico alla Coppa del Mondo del 1970: dopo un pareggio 1-1 alla fine dei tempi regolamentari, i supplementari resero la partita immortale, con cinque reti segnate per un risultato finale di 4-3 per gli azzurri. Tra i giocatori che componevano quella nazionale c’era il torinese Roberto Rosato, nato il 18 agosto 1943 a Chieri: ai tempi dell’Azteca giocava per il Milan, dove approdò nel 1966 dopo sei stagioni al Torino. Tre anni dopo quel Mondiale, Rosato si trasferì al Genoa, per poi chiudere la propria carriera con due stagioni all’Aosta verso la fine degli anni ’70. In nazionale collezionò 37 presenze tra il ’65 e il ’72, vinse un Europeo e, alla fine della finale mondiale persa 4-1 con il Brasile nel 1970, scambiò la maglietta con Pelé. Morto a 67 anni dopo aver combattuto per un decennio contro il cancro, è stato ricordato dalla nazionale italiana che, in suo onore, ha indossato il lutto nell’incontro con la Nuova Zelanda.
Nel week-end il mondo dello sport ha detto addio anche a Manute Bol, il cestista sudanese alto 2 metri e 31 che giocò per nove anni in NBA: scoperto dagli Washington Bullters, giocò anche per Golden State Warriors, Philadelphia 76ers e Miami Heat. Recordman di tiri bloccati grazie alla sua altezza straordinaria, fuori dal campo Manute Bol era un uomo molto impegnato in cause umanitarie a favore del Sudan. Nel 2001 gli fu offerta la carica di ministro dello sport del paese, che Bol rifiutò per non essere costretto a convertirsi all’Islam. Un’insufficienza renale l’ha stroncato lo scorso sabato, all’età di 47 anni.
Durante il fine settimana si sono spenti anche Lai Sun Cheung, ex-allenatore della nazionale di calcio di Hong Kong, il pilota di NASCAR Raymond Parks e il cricketer indiano Gundibail Sunderam.
Damiano Benzoni