Alla fine ce l’hanno fatta. Pea ed i suoi ragazzi hanno saputo regalare all’Inter la sesta imposizione viareggina della propria storia, al termine di un Torneo giocato su livelli realmente molto alti. Difesa ferrea, centrocampo eclettico, attacco devastante. Ecco la ricetta della vittoria nerazzurra.
E quando al termine di una competizione ti ritrovi ad avere in rosa il miglior giocatore nonché capocannoniere (per quanto a parimerito con Giuseppe De Luca, trascinatore del Varese dei miracoli di Devis Mangia) ed il miglior portiere della stessa qualcosa – e di piuttosto importante – significa. Al solito sui premi individuali si potrebbe stare a discutere molto. In questa occasione forse meno rispetto a quello riguardante gli estremi difensori, con Bardi che è stato assolutamente maiuscolo, trascinante e decisivo, più rispetto a quello riguardante il migliore giocatore in assoluto, laddove diversi sono stati i ragazzi sicuramente meritevoli.
Inter che torna quindi a vincere un Torneo di Viareggio e lo fa con grandissima autorità. Prendiamo quindi la formazione scesa in campo nella finalissima disputata contro l’ottima Fiorentina di Renato Buso ed analizziamola, per scoprire un pochino meglio i segreti del meccanismo costruito ed oliato da Fulvio Pea. Beneamata schieratasi quindi con il solito 4-3-3 in cui spiccava però subito una presenza per così dire anomala: il giovane Marco Davide Faraoni, terzino destro sino alla scorsa stagione stella delle giovanili laziali, è infatti schierato ibridamente come ala offensiva in fase di possesso e quarto di centrocampo, all’occorrenza, in fase di non possesso. E proprio questa sarà una delle chiavi di volta della partita.
Ma andiamo con ordine. In porta confermatissimo, al solito, uno dei giovani portieri italiani che stanno attualmente meglio cavalcando la cresta dell’onda, quel Francesco Bardi prelevato solo la scorsa estate dal Livorno (guarda a caso la società la cui casa è proprio lo stadio in cui si è disputata la finalissima di quest’ultima Coppa Carnevale) cui ho personalmente già visto parare, nelle poche volte che ho avuto il piacere di vederlo giocare, ben quattro rigori. Il primo risale ad ormai un anno e mezzo fa circa quando il nostro, impegnato con l’under 17 dei classe ’92 al Mondiale nigeriano di categoria, venne chiamato in causa da Pasquale Salerno per sostituire il titolarissimo Mattia Perin, indisponibile in vista della gara da disputarsi contro gli Stati Uniti. Sceso in campo apparentemente senza grandi patemi il giovane Bardi disputerà una partita molto autoritaria, andando a contribuire fattivamente al passaggio del turno Azzurro in particolar modo con il rigore neutralizzato al cospetto di Jack McInerney, stella della formazione a stelle e strisce (ed attualmente in forza ai Philadelphia Union, squadra affiliata all’MLS). Il secondo l’ha invece neutralizzato nel corso dei quarti di finale di questo Viareggio al cospetto di uno dei migliori rigoristi al mondo della sua leva, quel Diego Polenta che, guarda caso, il Mondiale under 17 di cui sopra lo disputò, e da capitano, con la maglia Celeste dell’Uruguay. Il terzo ed il quarto, infine, li ha parati nel corso della semifinale contro l’Atalanta, quando proprio grazie a questi due interventi ha trascinato i suoi in finale. Grandi qualità per questo ragazzo, che proprio nell’opporsi ai calci piazzati dagli undici metri sembra avere una marcia in più.
A difesa dell’ultimo baluardo Nerazzurro, quindi, una linea a quattro ben assortita e, soprattutto, molto compatta. Non deve stupire, infatti, il fatto che questa squadra abbia subito, nel corso dell’intero Torneo, una sola rete. Parliamo del resto di giocatori di qualità che essendo tatticamente molto ben preparati hanno saputo ergere una vera e propria linea Maginot a difesa del fortino. Perno del reparto è stato indubbiamente il figlio d’arte Simone Benedetti: acquistato in comproprietà nel corso dell’ultima estate dal Torino il centrale scuola Granata ha mostrato doti caratteriali, d’eleganza e d’efficacia in marcatura che ne fanno un prospetto realmente interessante, fors’anche in ottica prima squadra. Sempre sicuro in ogni intervento, grande senso dell’anticipo, Simone ha mostrato una tranquillità fuori dal comune ed un carisma notevole. Proprio grazie a questo è stato quindi in grado di guidare al meglio la quasi perfetta retroguardia Nerazzurra.
Molto bene, comunque, hanno fatto anche entrambi i terzini: Felice Natalino e Cristiano Biraghi. Sempre attentissimi in fase difensiva, infatti, non hanno disdegnato nemmeno ad accompagnare i propri compagni in fase di propulsione, mantenendo comunque sempre e costantemente l’attenzione altissima e indirizzata rispetto ai propri compiti difensivi. Proprio il loro apporto è stato quindi fondamentale alla realizzazione di una solidità difensiva quasi perfetta. A livello personale, poi, da sottolineare come alla solita grandissima classe, dovuta ad una tecnica fuori dal comune (quantomeno per un difensore), il lamentino Natalino ha saputo abbinare anche una concentrazione assoluta, aspetto in cui in passato ha più volte difettato. La via intrapresa, insomma, è quella giusta. Un plauso va poi riservato anche al suo alter ego, Biraghi, che è stato perfetto praticamente in ogni chiusura. A completare il reparto difensivo è stato quindi il ceko Marek Kysela, diciottenne centrale difensivo nativo di Rokycany che grazie ai miglioramenti compiuti da dopo il suo sbarco a Milano si è dimostrato essere lo scudiero perfetto per Benedetti.
Il centrocampo, poi, è stato schierato fondamentalmente a tre, con una configurazione che ricorda un po’, per tornare su di un tema toccato in precedenza, quello che approntò Salerno proprio in quei Mondiali giovanili nigeriani del 2009. Esattamente come allora, infatti, Pea sceglie di mettere un regista dai piedi buoni come centrale e due mezz’ali con caratteristiche ben precise. Vediamole. Il mediano davanti alla difesa con compiti di impostazioni è, guarda caso, lo stesso: Lorenzo Crisetig, diciassettenne talento ormai da anni tra i più stimati tra gli addetti ai lavori, considerato, per così dire, il nuovo Pirlo di questa ultima covata Azzurra. Tecnica sopraffina, intelligenza tattica inusuale in un ragazzo così giovane e capacità di dettare i tempi propria dei grandi registi. Davvero un po’ tutto ciò che serve a chi si disimpegna in questo ruolo per ben comportarsi, facendo girare attorno a sé tutta la propria squadra. Le due mezz’ali, invece, sono state Romanò e Jirasek, rispettivamente a destra e a sinistra.
Perché quel paragone con l’under 17 del 2009? Semplice: da una parte un Romanò che per certi versi mi ha ricordato molto il De Vitis di quella nazionale. Mezz’ala tuttofare capace davvero di coprire una porzione di campo enorme garantendo quantità ma anche discreta qualità. Ad un’ottima capacità in fase di possesso, laddove ha aiutato molto i compagni a mantenere il giusto equilibrio di squadra (del resto per subire una sola rete deve esserci una fase difensiva globale impostata al meglio, il merito non può certo essere esclusivamente della retroguardia), ha difatti abbinato una buona continuità in fase propositiva e conclusiva. In più di un’occasione è stato lesto nel farsi trovare a ridosso dell’area di rigore, pronto a dare un’opzione in più al portatore di palla quanto a rifinire per un compagno (come nel caso della prima rete segnata da Dell’Agnello nella finale con la Fiorentina). Sulla sinistra, invece, ha agito Jirasek che ha ricordato un po’, tatticamente, il gioco di quel Fossati grande protagonista con la maglia dell’under 17 Azzurra due anni or sono. La qualità globale dell’ex Sparta Praga non è certo paragonabile a quella della stellina attualmente in forza alla Primavera Rossonera, ma nei movimenti in campo il buon Milan mi ha ricordato proprio il lavoro svolto da Marco Ezio allora.
Davanti, poi, un tridente atipico. Sulla destra, come detto, ha difatti giocato, sempre limitandoci alla finalissima, Marco Davide Faraoni, di professione terzino. Dotato di una buona propulsione offensiva, però, è stato sfruttato da Pea, come precedentemente già successo anche in precedenza, proprio da ala d’attacco. Ed è stata questa una delle chiavi di volta del match: il suo apporto in fase di non possesso è stato infatti superiore a quello che sarebbe potuto derivare dall’utilizzo, ad esempio, di un giocatore come Thiam. In alcuni casi, addirittura, il centrocampo interista si è potuto schierare a quattro, proprio con l’arretramento dell’ex Lazio sulla linea dei centrocampisti e con lo slittamento sulla fascia opposta di Jirasek. Schema camaleontico, potremmo dire, in quanto poi in fase di possesso il buon Marco ha fatto realmente l’ala, producendo per altro anche diversi spunti interessanti con i quali ha confermato le proprie capacità propulsive.
Tridente, quello Nerazzurro, completato da capitan Alibec e bomber Dell’Agnello. Il primo ha agito largo sulla sinistra, mettendo in mostra un atletismo importante ed una tecnica più che discreta. Per buona parte del primo tempo proprio l’abbinamento di queste due importanti caratteristiche l’hanno portato ad essere una vera e propria spina nel fianco della difesa Viola e non è un caso se proprio dalla sua parte è nata l’azione dell’1 a 0. Il secondo, invece, ha stazionato, al solito, al centro dell’attacco, come unico vero e proprio punto di riferimento della propria squadra. Centravanti forte fisicamente, Dell’Agnello, ma dalle caratteristiche tutto sommato atipiche. In diverse occasioni lo si è potuto infatti notare svariare lungo un po’ tutto il fronte dell’attacco, per tenere quanto più possibile impegnata la retroguardia avversaria. In molte movenze, poi, ricorda quel Marco Borriello che, per altro, par essere il giocatore cui si ispira. Non un vero e proprio centravanti boa, insomma. Ma comunque punta che, e lo ha dimostrato ampiamente, sa rendersi molto pericolosa in fase realizzativa.
Davvero una bella squadra, in definitiva, quest’Inter di Pea. E chissà che in un prossimo futuro qualcuno di questi ragazzi non possa tornare utile anche per la prima squadra…
Un pensiero riguardo “IL FUTURO NERAZZURRO SI FA SEMPRE PIU’ ROSEO”
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