Questa sera si giocherà la diciannovesima finale in un campionato del mondo di calcio. Nelle due nazioni contendenti, Spagna e Olanda, la febbre da finalissima sta salendo spasmodicamente. Nella caliente Spagna l’attesa è talmente sentita, che si è già pensato ai festeggiamenti; e per la serata di lunedì si è già organizzata una grande sfilata nel centro di Madrid per l’eventuale arrivo della Coppa. Ma anche gli olandesi non hanno voluto essere da meno dei loro avversari, e con fare latino hanno già preparato per martedì prossimo un percorso trionfale tra i suggestivi canali di Amsterdam con due ali di folla di un milione di olandesi a fare da cornice sulle sponde.
Eppure, il resto dell’orbe terracqueo pallonaro non pare altrettanto sovreccitato nell’attesa della sfida tra queste due nazionali, che effettivamente nel corso del mondiale sudafricano non hanno espresso un gioco tale da accendere gli entusiasmi degli spettatori neutrali.
Ma andiamo a ritroso nel tempo a vedere come era stata vissuta nel mondo la vigilia delle finali precedenti, a partire dalla prima volta:
Mondiale 1930 – Uruguay-Argentina. Essendo il primo campionato mondiale della storia, il metro di misurazione del valore delle nazionali di calcio erano le Olimpiadi. E l’ultima finale olimpica, ad Amsterdam 1928, si era disputata proprio tra Uruguay ed Argentina, considerate le migliori squadre dell’epoca, senza tenere conto delle spocchiosissime nazionali britanniche, che snobbavano sistematicamente i grandi tornei internazionali. Quello del 1930 era stato un campionato del mondo quasi sperimentale, e tante federazioni europee non avevano potuto prendervi parte per l’impossibilità di sostenere i costi di trasferta. Ma nonostante nel vecchio continente gli echi fossero arrivati fortemente attutiti, in Sudamerica la manifestazione era stata fortemente sentita, e la sconfitta dell’Argentina era stata accolta da moti di ira popolare nella capitale Buenos Aires.
Mondiale 1934 – Italia-Cecoslovacchia. Il regime fascista aveva colto l’occasione di ospitare la grande kermesse calcistica per autocelebrare il successo della propria politica sportiva, caricando la finale contro la Cecoslovacchia, stella del calcio mitteleuropeo dell’epoca, di motivazioni nazional-patriottiche. Il calcio in quegli ultimi quattro anni aveva fatto passi da gigante tra la popolazione mondiale. Le federazioni calcistiche nazionali si erano rafforzate, e fatta salva la solita eccezione delle leghe britanniche, tutte le formazioni più quotate erano finalmente rappresentate. Per la prima volta si era scoperta l’importanza del fattore campo, soprattutto in occasione dei quarti di finale, vinti in seconda battuta dall’Italia sulla Spagna di Ricardo Zamora, con grandi polemiche sull’arbitraggio un po’ troppo casalingo dello svizzero Rene Marcet.
Mondiale 1938 – Italia-Ungheria. Il calcio è ormai una realtà di dimensione mondiale, e il successo di pubblico della manifestazione in Francia, ne è la prova. Gli italiani, arrivando in finale sia in veste di detentori del titolo che di favoriti dal pronostico, mettono a tacere anche le voci (comunque non infondate) della vittoria al mondiale precedente dovuta al fattore campo. Più che la finalista Ungheria, a sentire la stampa internazionale, desta un’enorme impressione il giovane Brasile, guidato dal capocannoniere Leônidas, che si classifica al terzo posto, dopo avere costretto gli azzurri ai tempi supplementari in semifinale.
Mondiale 1950 – Uruguay-Brasile. La FIFA cambia la formula del torneo, e al posto della finalissima a scontro diretto, viene introdotto un girone finale di quattro squadre. Nell’ultima partita del 16 luglio 1950, al Brasile basterebbe un pareggio per aggiudicarsi il titolo. Ma si gioca al Maracanà di Rio de Janeiro, davanti a un pubblico stimato in più di 200mila spettatori, e per il Brasile è vitale brindare al primo posto, facendo il botto. Del resto l’Uruguay non pare irresistibile, e il popolo brasiliano è già pronto, anima e corpo, a lunghi giorni e notti di festeggiamenti, come fosse un secondo carnevale. Ma Schiaffino e Ghiggia ribaltano sia il pronostico che il parziale svantaggio, gettando nella disperazione e nello sconcerto sia i giocatori che i tifosi brasiliani.
Mondiale 1954 – Germania Ovest-Ungheria. Altro mondiale ed altra favorita d’obbligo: questa volta la Grande Ungheria di Puskás, Kocsis, Hidegkuti e Czibor, solo per citarne alcuni. Apparentemente questo Dream Team danubiano non sembra conoscere rivali, e nella fase a gironi aveva già battuto la Germania Ovest con un sonoro 8-3. La vigilia del match è dominata dall’incertezza sulla presenza in campo della stella magiara Ferenc Puskás, leggermente infortunato. I giornalisti dell’epoca sono tutti d’accordo: se giocherà Puskás, l’Ungheria porterà a casa la Coppa. In diretta televisiva, (prima volta nella storia dei mondiali) il 4 luglio 1954 Puskás scende in campo, ma la Coppa se ne vola rocambolescamente in Germania Occidentale, tra le polemiche per l’arbitraggio inglese e l’ombra del doping sui tedeschi vincenti.
Mondiale 1958 – Brasile-Svezia. Nel 1958 il calcio è ormai inequivocabilmente l’oppio dei popoli, e l’attesa per la finale di Stoccolma del 29 giugno è spasmodica. Visto il livello dei giocatori in campo da entrambe le parti: Liedholm, Gren, Skoglund, tra gli svedesi e Didì, Vavà, Garrincha, Zagallo e il giovanissimo Pelè tra i brasiliani, ci si aspetta uno spettacolo di grande calcio. E le aspettative dei puristi del pallone non vengono deluse. Il Brasile, dato da tutti per favorito, vincerà 5-2 in una partita appassionante, strappando anche gli applausi dei 50mila spettatori svedesi.
Mondiale 1962 – Brasile-Cecoslovacchia. Nonostante l’assenza dell’infortunato Pelè, contro la solida selezione cecoslovacca il Brasile difende da grande favorito il titolo conquistato quattro anni prima. Eppure nell’incontro precedente durante la prima fase, i verdeoro non erano andati al di là dello 0-0, e avevano scoperto sulla loro pelle quanto difficile da penetrare fosse la linea difensiva cecoslovacca. Secondo la stampa si stava per prospettare un incontro tra le grandi individualità dei sudamericani e l’organizzazione quasi scientifica del collettivo mitteleuropeo. Alla fine avrà la meglio l’enorme tasso tecnico dei brasiliani, ma non sarà affatto una passeggiata.
Mondiale 1966 – Inghilterra-Germania. Il fattore campo, scoperto nel giardino di casa nostra nel lontano 1934, diventa determinante anche in questi mondiali in Inghilterra. Le due finaliste sono rappresentate dai due grandi campioni Bobby Charlton e Franz Beckenbauer, e secondo i giornalisti sarà una partita combattutissima, data anche la storica rivalità delle due nazioni. Il pronostico è azzeccato, e l’Inghilterra vincerà 4-2 dopo i tempi supplementari in una cornice di grande agonismo. In Italia l’interesse è minore che in altre occasioni: ci sono ancora i postumi dello choc della Corea da smaltire.
Mondiale 1970 – Brasile-Italia. L’Italia si riscatta dopo la figuraccia di quattro anni prima, guadagnandosi la finale, al termine di una semifinale passata alla leggenda contro la Germania Ovest. I nostri giornali alimentano grandi speranze di vittoria, ma alla prova dei fatti il Brasile dell’intramontabile Pelé sembra mostrare un altro passo. Perderemo con un ingeneroso 4-1 e con altrettanto ingenerosi lanci di pomodori marci al rientro in patria.
Mondiale 1974 – Germania Ovest-Olanda. Il mondo resta a bocca spalancata davanti ai giovani capelloni olandesi, come Cruijff, Neeskens, Krol, Rensenbrink e Rep e il loro spumeggiante calcio totale, ideato dall’allenatore Rinus Michels. Le lodi per gli arancioni si sprecano, ma la Germania Ovest del solito Franz Beckembauer, con un’età media di quasi trent’anni, conferma la propria fama di squadra solidissima, bene organizzata e dotata di una difesa difficilissima da penetrare. Applausi scroscianti ai giovani leoni olandesi e titolo ai vecchi volponi tedeschi.
Mondiale 1978 – Argentina-Olanda. La squadra olandese non era solo un fuoco di paglia, e lo dimostra conquistando la seconda finale consecutiva. Si gioca nell’Argentina della giunta militare del generale Videla, e Il fattore campo, da sempre importantissimo, in questa occasione assurge ad autentico protagonista, con arbitraggi al limite dello scandalo nella prima fase, e un forte sospetto di combine nella vittoria per 6-0 sul Perù che spalanca ai biancocelesti le porte della finale. L’Olanda ha qualche campione in meno rispetto al 1974, ma la finale è ugualmente spettacolare, con grande giubilo dei gongolanti generali argentini.
Mondiale 1982 – Italia-Germania Ovest. Fuori ai quarti lo spettacolare dream team del Brasile di Telé Santana; fuori, sempre ai quarti, l’Argentina del giovane Maradona; fuori in semifinale la Francia champagne di Michel Platini, si contendono la corona mondiale due squadre arcigne, sopravvissute per grazia ricevuta all’eliminazione nella fase eliminatoria: Italia e Germania Ovest. A casa nostra l’incontro lascia riaffiorare suggestioni leggendarie, e la febbre da calcio sale a livelli irripetibili. La vittoria per 3-1 fornisce la motivazione per una grande festa di popolo.
Mondiale 1986 – Argentina-Germania Ovest. Per l’ennesima volta i tedeschi arrivano in finale, ma la protagonista è l’Argentina; anzi il protagonista è uno solo: il simbolo dell’Argentina, ovvero Diego Armando Maradona. Il suo gol di mano nei quarti contro l’Inghilterra gli varrà il soprannome di La mano de Diòs, ed il primo dei suoi due gol contro il Belgio in semifinale lo catapulterà di diritto nella leggenda del calcio. Dal punto di vista dei mass media, la Germania Ovest di Rummenigge e Rudi Völler è poco più che uno sparring partner, anche se di gran lusso.
Mondiale 1990 – Germania Ovest-Argentina. Le notti magiche dei nostri si fermano alle porte della finale, che come quattro anni prima è giocata da Germania Ovest ed Argentina. Maradona è ancora una stella che risplende nel firmamento calcistico, e le aspettative sono per una partita di grande spettacolo. La realtà sarà decisamente più soporifera.
Mondiale 1994 – Brasile-Italia. Un altro remake di una finale precedente, quella del 1970, nella fattispecie. Il mondiale statunitense garantisce uno spettacolo divertente, e l’Italia di Arrigo Sacchi, Roby Baggio, Roberto Donadoni e Franco Baresi è calcisticamente più brasiliana dello stesso Brasile, guidato questa volta dal tecnico di filosofia difensivista Carlos Alberto Parreira. Si finisce ai rigori dopo un’interminabile fase di studio durata 120 minuti.
Mondiale 1998 – Francia-Brasile. Fattore campo ancora decisivo, con la Francia multietnica di Zinedine Zidane a disputare per la prima volta una finale mondiale. Dall’altra parte della barricata, ancora il Brasile, questa volta simboleggiato da Ronaldo, soprannominato un po’ troppo enfaticamente Il Fenomeno. Ronaldo giocherà la finale ancora dolorante per un infortunio precedente, e la Francia azzeccherà la chiave tattica per vincere la partita a mani basse e il mondiale in casa.
Mondiale 2002 – Brasile-Germania. Nell’edizione nippo-coreana del mondiale gli arbitri si rivelano protagonisti negativi, trainando immeritatamente in semifinale la mediocre Corea del Sud. I campioni brasiliani, come Ronaldo, Rivaldo e Ronaldinho sono le vere stelle, coccolate dalla stampa mondiale. Diversamente, la Germania non presenta individualità di spicco, ma dispone del solito collettivo, questa volta solidamente impostato dall’ex campione baffuto Rudi Völler.
Mondiale 2006 – Italia-Francia. La Francia è solo l’ombra sbiadita di quella che otto anni prima aveva conquistato il titolo mondiale, ma tra colpi di fortuna irripetibili e qualche sparuta prodezza, arriva in finale. Dall’altra parte un’Italia mai particolarmente brillante nel corso del torneo. Per chi, diversamente da noi e dai francesi, che l’abbiamo vissuta da protagonisti, è stato spettatore neutrale, si è avuto un lungo sbadiglio di 120 minuti, con un grande fuoco d’artificio nel finale: La testata di Zidane.
Giuseppe Ottomano