La lente d’ingrandimento della mia rubrica di tattica calcistica oggi si ferma sulla formazione Juvenil B del Barcelona, attualmente allenata da un grande ex terzino sinistro della prima squadra, quel Sergi Barjuán che a suo tempo dei blaugrana fu anche il capitano.
Come è ben noto a tutti in Catalunya hanno creato un preciso modello, il “Modello Barça” appunto, che viene applicato con meticolosità per provare a sviluppare al meglio i talenti appartenenti alle proprie formazioni giovanili. Tra le caratteristiche principali di questo modello vi è il fatto di far giocare tutte le squadre appartenenti alla Cantera con il medesimo modulo della prima squadra di modo da preparare sin da subito ogni piccolo campioncino che così facendo può iniziare prestissimo ad assorbire i dettami tattici cui dovrà sottostare una volta arrivato tra i grandi. Anche la formazione Juvenil B, in questo senso, non fa eccezione. Così come la prima squadra e tutte le altre squadre appartenenti al floridissimo settore giovanile blaugrana, infatti, la squadra di Sergi si schiera con quel 4-3-3 che negli ultimi anni ha permesso a Messi e compagni di arrivare a dominare il mondo (nel vero senso della parola). Ovviamente, però, ogni squadra fa storia a sé e se l’impronta tattica di base è la medesima è ovvio che ogni singola formazione, poi, si schiererà secondo le proprie specificità.
Andiamo a vedere più nel concreto, allora, come vengono schierati i ragazzi che stanno attualmente dominando il Gruppo 7 della Liga Nacional Juvenil. Il 4-3-3 studiato da Sergi per provare a far rendere al meglio la propria equipe prevede l’impiego di una difesa schierata in linea che resta piuttosto alta in fase di non possesso di palla di modo da favorire l’utilizzo della trappola del fuorigioco che però, a dire il vero, non è utilizzata in maniera aggressiva. A comandare la linea difensiva è il dominicano Carlos Julio Martínez Riva, centrale discretamente abile a livello tecnico e che dimostra già una buona capacità direttiva. Ed è una difesa che funziona a meraviglia, quella del Juvenil B: non a caso ha subito una sola rete in ben dieci match di campionato. Ai limiti dell’imperforabilità, insomma.
A rendere così solida la retroguardia ci pensa anche il costante lavoro di pressing comunque piuttosto leggero che viene svolto a partire dai tre attaccanti, sempre pronti tanto a disturbare il portatore di palla che prova ad impostare il gioco nella propria trequarti quanto a rinculare nella propria metà campo alla bisogna. Altro elemento importante in questo senso, poi, è la posizione assunta dal capitano della squadra, Fernando Quesada Gallardo. Nando, infatti, tende a posizionarsi proprio davanti alla difesa, tra i due centrali. Là dove può tanto dettare i ritmi della squadra (le sue caratteristiche di gioco diciamo che ricalcano un po’ quelle che furono dell’attuale mister della prima squadra, Pep Guardiola, in questo senso) in fase di possesso quanto fungere da frangiflutti in situazione di non possesso. Avendo poi proprio nella spiccata intelligenza tattica il suo pezzo forte ecco come sia appunto Nando, da questo punto di vista, il fulcro della squadra.
La solidità difensiva, infine, è garantita anche dall’accortezza dei due terzini, Adrià Escribano Meroño sulla destra e Brian Oliván Herrero sulla sinistra. I due, infatti, avanzano solo in determinate situazioni, sempre tenendo ben presente il loro ruolo e la loro importanza tattica all’interno della macchina preparata da Sergi Barjuán. Essendo piuttosto dotati, almeno rispetto ai parietà che solitamente si ritrovano ad affrontare in campionato, ecco che il gioco è fatto e con le loro prestazioni contribuiscono a blindare la porta solitamente difesa da Sergi Tienda Gutiérrez.
Parlato del reparto arretrato dobbiamo quindi passare al centrocampo. Detto dell’importanza centrale del ruolo ricoperto da capitan Nando dobbiamo parlare anche di quanto svolto dalle due mezz’ali della formazione, Jordi Quintillà Guasch e David Babunski. I due, infatti, svolgono un ruolo chiave nella cucitura del gioco. Perché se è Nando a dettare i tempi alla squadra posto che è a lui che solitamente viene assegnato il compito di impostare l’azione è altrettanto vero che il lavoro di Quintillà e Babunski risulta ugualmente prezioso proprio nel cercare di tenere la squadra quanto più corta possibile. Perché è risaputo come il “Modello Barça” regga su di un assunto imprescindibile: il possesso palla. E proprio il lavoro dei due rende possibile un possesso palla pressoché continuo: con il loro movimento, infatti, garantiscono sempre un’opzione in più al portatore di palla o, nel caso in cui questo ruolo spettasse a loro, sanno sempre come gestire il possesso della sfera, muovendosi secondo ritmi che hanno ormai interiorizzato e che li porta a facilitare anche il lavoro degli attaccanti.
Punte che, dal canto loro, si muovono secondo logiche prestabilite ma pur sempre nella libertà che viene lasciata loro da mister Sergi e che gli permette, grazie ad un mix di estrosità e talento, di creare quella superiorità numerica spesso fondamentale per la ricerca del goal. Di per sé la disposizione è quella classica: due ali con licenza di saltare l’uomo ed un centravanti rapido ed anch’esso bravo nel dribbling che possa tanto sfruttare il lavoro altrui andando a finalizzare quanto costruito dai propri compagni che, nel caso, crearsi da sé un’occasione da goal. Ed in questo il buon Jean Marie Dongou Tsafack, in effetti, ricorda un po’ quell’Eto’o che fu interprete perfetto di questo ruolo.
Ecco, a grandi linee, com’è impostata la Juvenil B del Barcellona. E chissà che qualcuno di questi ragazzi, in futuro, non finisca per ripetere quanto imparato in questi anni di cantera anche in prima squadra…
La Cantera del Barcellona mi fa venire in mente un po’ quelle “boomtown” del Far West, che finché c’era il filone d’oro o d’argento tiravano avanti e facevano la bella vita, poi, una volta che il filone si esauriva, calava il sipario e buonanotte. Ok, ora vivono di rendita con tutti i talenti che sono esplosi in questi ultimi anni, ma siamo sicuri che questo andazzo durerà? Che ogni anno salti fuori un Messi, un Iniesta, un Pedro, un Piqué, un Fàbregas? Prima o poi anche il vivaio catalano conoscerà una fase di declino, com’è toccato al vivaio dell’Ajax. Adesso, ad esempio, siamo noi italiani che fatichiamo a produrre giovani campioni, ma fino a 15-20 anni fa era tutto il contrario. Il calcio è fatto di cicli.