Nell’ultima stagione, una delle sorprese più piacevoli della squadra azzurra di sci alpino è stata senza dubbio Matteo Marsaglia: romano trapiantato a San Sicario, ventisei anni da compiere ad ottobre, in questi mesi è riuscito a trovare quella continuità di rendimento necessaria per ottenere ottimi risultati. Del resto, il passato era stato avaro di soddisfazioni soprattutto a causa degli innumerevoli infortuni. E, una volta messa da parte la mala sorte, il ragazzo tesserato per il Centro Sportivo Esercito è riuscito ad imporsi come uno degli azzurri più brillanti nelle discipline della discesa, del supergigante e della supercombinata, con la gioia della partecipazione ai Mondiali di Garmisch-Partenkirchen. Inoltre, Matteo ha in casa un bel metro di paragone: è la sorella Francesca, che ha vissuto la migliore stagione della giovane carriera, con una serie di ottime prestazioni soprattutto in discesa libera.
A proposito di Francesca: ad inizio stagione tua sorella disse “Questo sarà l’anno di Matteo”. Pronostico rispettato?
«Direi proprio di sì, il pronostico della sorellina ha portato assolutamente bene. Ho raggiunto gli obiettivi che mi ero prefissato e sono andato anche oltre. Sì, credo proprio che sia stata la migliore stagione della mia carriera, ma non la vedo come un punto di arrivo, quanto come un ottimo punto di partenza per il futuro. Il fatto di essere riuscito ad andare regolarmente a punti in tutte e tre le discipline mi ha consentito di scalare le classifiche e dunque, nella prossima stagione, avrò dei numeri di partenza ancora migliori: in supercombinata rischio addirittura di essere nel primo gruppo, quindi ci sarà da divertirsi».
Tanti infortuni in passato, il più spaventoso è stato forse la caduta ai Campionati Nazionali Svizzeri nel 2009: come ci si rialza ogni volta?
«Già, nelle passate stagioni ho frequentato le sale operatorie decisamente troppo spesso, ma fortunatamente sono sempre riuscito a trovare la forza e la pazienza di rialzarmi ogni volta. Secondo me, in questo mi ha aiutato la consapevolezza che questo fantastico sport aveva ancora molto da darmi, era come se mi sentissi un po’ in credito con la Dea Bendata. Ovviamente, ringrazio anche i miei allenatori per la fiducia che mi hanno sempre dimostrato in quei momenti bui».
Cosa ha significato partecipare ai Campionati del Mondo di Garmisch?
«La possibilità di prendere parte ai Mondiali, oltretutto in supergigante che è la mia disciplina preferita, ha rappresentato la ciliegina sulla torta di questa annata indimenticabile. Inoltre, la convocazione è stata parecchio sudata, con una lotta fino all’ultima gara utile per guadagnarmi quell’agognato posto nel quartetto iridato, e quindi le emozioni in quei giorni erano fortissime: tuttavia, sono riuscito a trasformare quella grande attesa in una forza propulsiva che mi ha permesso di disputare un’ottima gara, conclusa al quindicesimo posto. Peccato solo per quell’erroraccio a metà gara, senza il quale avrei chiuso molto più avanti, ma non mi lamento perché comunque sono riuscito ad arrivare in fondo, ottenendo un risultato più che dignitoso».
Un parere sulla spinosa vicenda legata all’ormai ex direttore tecnico Claudio Ravetto?
«Non voglio entrare troppo nei vari discorsi politici interni alla federazione, ma al di là del fatto che personalmente ho sempre avuto un ottimo rapporto con Claudio, posso solo dire che io avrei seguito la regola “Squadra che vince non si cambia”. Non so quanto sia sensato stravolgere certe cose dopo una stagione brillante come quella appena trascorsa».
Com’è Matteo Marsaglia fuori dalle piste? Che passioni ha?
«In pista mi piace andare forte, e fuori non riesco a trattenermi. Pratico qualsiasi sport ma prediligo quelli più “adrenalinici”, in particolare tutto quello che riguarda il mondo dei motori e il mare. Infatti, appena riceverò il programma degli allenamenti estivi potrò scappare per qualche settimana a Fuerteventura, per praticare quel surf da onda che coltivo da anni, nei ritagli di tempo tra una stagione e l’altra. Indubbiamente un’altra grande passione è la musica, senza la quale non potrei davvero vivere!»
Avere una sorella con cui raffrontarsi costantemente è un vantaggio o uno svantaggio?
«Avere una sorella con cui condividere la stessa vita è assolutamente una fortuna, siamo sempre stati molto legati tra di noi e con l’altro nostro fratello Eugenio, anche lui nel giro delle nazionali fino a qualche stagione fa e ora maestro di sci, oltre che studente di giurisprudenza a Torino. Questo legame speciale ci ha spinto reciprocamente a tirar fuori il meglio di noi stessi, superando assieme tutte le difficoltà».
Infine, guardando avanti: qual è il sogno più grande?
«Proprio perché di sogno si tratta, mi piacerebbe in qualche modo riportare lo sci a quei livelli di popolarità raggiunti ai tempi di Alberto Tomba, ovviamente con l’aiuto di qualche compagno di squadra. Se proprio non ci riusciamo, quantomeno cercare di avvicinarsi».