WIMBLEDON: LA FINALE SARÀ ZVONARËVA – SERENA

Serena Williams giocherà sabato la sua sesta finale sull’erba di Wimbledon. Tra lei e la quarta vittoria, la russa Zvonareva.

Vera Zvonareva
Foto: Tonelli

La finale femminile del torneo di Wimbledon si disputerà sabato tra Vera Zvonarëva e Serena Williams. La numero uno al mondo ha superato oggi in semifinale per 7-6 6-2 la ceca Petra Kvitová arrivando per la sesta volta all’appuntamento conclusivo sull’erba dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club senza avere, questa volta, concesso alle avversarie neanche un set lungo il cammino. La Kvitová le ha provate tutte per fermare ciclone Williams: nel primo set è stata anche in vantaggio di un break e ha ceduto al tie-break solo per qualche dritto sbagliato di troppo. Nel secondo set è andata avanti per 2-1 ma poi Serena ha deciso che aveva fretta e ha chiuso cinque giochi consecutivi per andare sotto la doccia.

Nell’altra semifinale per un set è continuato il sogno della bulgara Pironkova che si è trovata in vantaggio per 6-3 ma ha poi dovuto inchinarsi alla più quotata russa Vera Zvonarëva (82 del mondo la bulgara, 21 la russa prima di Wimbledon) che ha concesso molto poco nel secondo e terzo set chiudendo le ostilità sul 3-6 6-3 6-2.

Per la Zvonarëva si tratta della prima finale di un torneo dello Slam e incontrerà Serena Williams per la sesta volta della carriera: solo una volta si è imposta la russa, si era sul duro di Cincinnati nel 2006 e vinse 6-2 6-3 in semifinale prima di aggiudicarsi il torneo in una delle 10 vittorie su 23 finali disputate nel circuito maggiore.

Massimo Brignolo

TOUR DE FRANCE -1: GLI UOMINI DI CLASSIFICA

Continua l’avvicinamento al Tour de France: diamo un’occhiata ai favoriti per la vittoria finale.

Tour de France198 atleti equamente suddivisi in 22 squadre: sono i numeri del Tour de France che partirà sabato da Rotterdam. Cerchiamo di scoprire quali corridori, a pochi giorni dal via, sembrano avere i favori del pronostico.

Qui ci si gioca la maglia gialla, tra infernali pavé, montagne impervie e piatte cronometro: ovviamente, solo un gruppo ristretto di atleti può puntare al massimo obiettivo, anche se le sorprese sono sempre dietro l’angolo. Davanti a tutti mettiamo naturalmente Alberto Contador, vincitore di due delle ultime tre edizioni della Grande Boucle: un moderno Indurain, formidabile a cronometro e tostissimo in salita, che, da capitano del team Astana, avrà al suo fianco validi gregari, tra i quali spiccano Aleksandr Vinokurov (se accetterà un ruolo di secondo piano), il sempre impeccabile Paolino Tiralongo e il valido passista Andrij Hrivko. Quest’anno nessun dualismo interno con Lance Armstrong, che ha fatto le valigie per creare la RadioShack: quella statunitense è indubbiamente la squadra più competitiva, perché al fianco del campione texano troviamo il vincitore del Giro del Delfinato Janez Brajkovič, il costante tedesco Andreas Klöden, l’eterna promessa Jaroslav Popovyč e il sempre brillante Levi Leipheimer. Potrebbero sembrare troppi galli in un pollaio, ma alla fine il carisma di Armstrong dovrebbe avere la meglio.

Ivan Basso si presenta a questo Tour forte della vittoria ottenuta al Giro, ma anche consapevole del fatto che ripetere la straordinaria doppietta di Marco Pantani, ormai datata 1998, è quanto mai proibitivo: tuttavia, il ragazzo varesino si è preparato al meglio, trascorrendo diversi giorni in altura al San Pellegrino, e potrà contare sull’aiuto di Roman Kreuziger, deputato a imitare le gesta di Vincenzo Nibali, e dell’affidabilissimo scalatore Sylwester Szmyd. Denis Men’šov e Robert Gesink sembrano partire alla pari in casa Rabobank: l’olandese ha la condizione migliore, ma il russo ha dimostrato più volte in passato di essere fatto apposta per le corse di tre settimane. Qualche chance anche per i fratelli lussemburghesi Andy e Fränk Schleck, col primo che, nonostante la giovane età, è più adatto a fare classifica. Il campione del mondo Cadel Evans ha lo svantaggio di non avere una squadra competitiva in montagna, per quanto non si possano discutere le sue straordinarie doti di cronoman e scalatore. La carrellata dei favoriti si chiude con Carlos Sastre, perseguitato per tutta la stagione da una fastidiosa ernia al disco che ancora adesso gli impedisce di essere al top della condizione. Il Tour de France ci ha però abituato anche al delle sorprese e allora attenzione all’asturiano Samuel Sánchez, unico “straniero” nella “nazionale basca” Euskaltel-Euskadi, adattissimo a rivestire il ruolo di mina vagante, e al britannico Bradley Wiggins (Team Sky), lo scorso anno clamorosamente vicino al podio.

Marco Regazzoni

BRASILE-OLANDA: IL LIBRO DEI RICORDI MONDIALI

La storia delle tre sfide mondiali tra Brasile e Olanda con un bilancio in equilibrio prima del quarto di finale di domani sera.

La rete di Cruijff nel 1974Il menu dei quarti di finale di Sudafrica 2010 propone una miscela di grandi classiche e prime assolute; se la seconda categoria annovera Uruguay-Ghana e Spagna-Paraguay, Argentina-Germania e Brasile-Olanda rappresentano ormai delle vere e proprie classiche dei Campionati Mondiali.

Verdeoro e tulipani si sono incontrati tre volte nelle fasi finali della Coppa del Mondo e sempre in occasioni decisive, dentro o fuori. Per il primo incrocio dobbiamo fare un salto indietro di 36 anni, alla edizione del 1974 dove impazza il calcio totale dell’Olanda di Cruijff e Neeskens, con i difensori che partecipano alla manovra offensiva e un continuo movimento di tutta la squadra: forse la maggiore innovazione degli ultimi 50 anni non sufficientemente premiata dai risultati – gli olandesi arrivarono per ben due volte alla finale sempre puniti dai padroni di casa. Dall’altra parte il Brasile si presenta in Germania per i primi Mondiali del dopo Pelé e, in assenza di un cambio generazionale valido, si affida ancora agli eroi del 1970 come Jairzinho e Rivelino in una delle peggiori versioni dei verdeoro che si ricordi.

Le due squadre si incontrano nell’ultima giornata della seconda fase, un girone a quattro squadre che promuove la prima classificata alla finalissima. Olanda e Brasile sono a pari punti ma la differenza reti premierebbe in caso di pareggio i tulipani. Gli olandesi prendono l’iniziativa in un match sul filo del nervosismo ma la difesa verdeoro regge per tutto il primo tempo. Sono le giocate di Johan Cruijff a decidere la partita: al 50′ il profeta del goal mette una punizione sul piede di Neeskens che trafigge Leao e un quarto d’ora dopo mette il sigillo personale raccogliendo al volo un centro di Rensebrink. L’Olanda vola verso il suo destino in una finale dove soccomberà al muro tedesco, il Brasile si deve accontentare della finalina dove cede il terzo posto alla Polonia di Lato e Deyna.

3 luglio 1974
OLANDA – BRASILE 2-0 (0-0)
Westfalenstadion, Dortmund (FRG)

OLANDA: Jongbloed, Suurbier, Haan, Rijsbergen, Krol, Jansen, Neeskens (85′ Israel), van Hanegem, Rep, Cruijff (c), Rensenbrink (67′ de Jong).

BRASILE: Leão, Zé Maria, Luís Pereira, M.Marinho (c), F.Marinho, César Carpegiani, Rivelino, Dirceu, Valdomiro, Jairzinho, Paulo César Lima (61′ Mirandinha).

ARBITRO: Tschenscher (FRG)

GOL: 50′ Neeskens (NED), 65′ Cruijff (NED)

I cammini delle due nazionali si incrociano nuovamente 20 anni dopo: è al tramonto la seconda generazione di olandesi protagonisti, quella che nel 1988 ha vinto i Campionati Europei. Del trio milanista, vera spina dorsale degli Orange di fine anni Ottanta, resta solo Frank Rijkaard; Gullitt ha lasciato la Nazionale e Van Basten è alle prese con le mille operazioni che porteranno al ritiro troppo precoce del cigno di Utrecht. Dirk Advocaat si affida agli estri del solito indecifrabile Dennis Bergkamp. Sulla panchina brasiliana siede Carlos Alberto Parreira che dopo le ultime delusioni (eliminazione negli ottavi a Italia 90) ha introdotto un modulo all’europea nel complesso verdeoro dove compaiono interditori solidi come Carlos Dunga che recuperano palloni per innescare i micidiali Romario e Bebeto.

Parreira e Advocaat si ritrovano di fronte il 9 luglio a Dallas nei quarti di finale: il Brasile vi è arrivato dopo un tranquillo girone e un ottavo contro i padroni di casa passato alla storia per la gomitata di Leonardo a Ramos mentre l’Olanda ha faticato perdendo contro il Belgio la partita inaugurale e superando negli ottavi una scialba Irlanda. Il primo tempo è di una noia mortale ma nei secondi 45 minuti si accendono le polveri e ne esce uno dei migliori periodi della storia recente dei Mondiali. Il risultato è sbloccato al 53′ da una combinazione Bebeto – Romario che trafigge De Goey; lo svantaggio costringe i tulipani a scoprirsi e dieci minuti dopo è Bebeto a presentarsi in contropiede da solo davanti al portiere e a mettere a segno la rete che sembra della sicurezza. L’Olanda non ci sta e riesce a riacciuffare la partita: un minuto dopo segna Bergkamp e al 76′ Winter completa un uno-due che potrebbe indirizzare la partita ai supplementari. A non crederci è Branco, il difensore del Brescia e del Genoa che sostituisce lo squalificato Leonardo, che con una delle sue micidiali punizioni chiude le ostilità a nove minuti dal fischio finale: il Brasile avanza e conquisterà la Coppa del Mondo nella finale di Pasadena contro l’Italia di Sacchi, l’Olanda fa i bagagli.

9 luglio 1994
BRASILE – OLANDA 3-2 (0-0)
Cotton Bowl, Dallas (USA)

BRASILE: Taffarel, Jorginho, Marcio Santos, Aldair, Branco (89′ Cafu), Mazinho (81′ Rai), Zinho, Mauro Silva, Dunga (c), Bebeto, Romario.

OLANDA: De Goey, R.Koeman (c), Valckx, Wouters, Witschge, Rijkaard (84′ R.De Boer), Jonk, Winter, Overmars,  Bergkamp, Van Vossen (53′ Roy).

ARBITRO: Badilla (COS)

GOL: 52′ Romario (BRA), 61′ Bebeto (BRA), 64′ Bergkamp (NED), 76′ Winter (NED), 81′ Branco

Da Dallas a Marsiglia il passo, misurato in edizioni del Campionato Mondiale, è breve: quattro anni dopo Olanda e Brasile si incontrano in semifinale. Gli europei, guidati da Guus Hiddink, hanno chiuso a chiave la retroguardia con l’innesto di Stam e con una diga davanti alla difesa come Edgar Davids e agli umori spesso ondivaghi di Bergkamp hanno affiancato il ventiduenne Patrick Kluivert. Passano agli ottavi con due pareggi (Belgio e Messico) e una goleada contro la Corea del Sud, negli ottavi superano la Jugoslavia nei minuti di recupero e nei quarti superano l’Argentina con un goal di Bergkamp all’89’. Il Brasile si presenta come il Brasile del primo Ronaldo dopo che il fenomeno aveva fatto panchina, diciassettenne, a USA 94, mentre Zagallo assembla una squadra con due esterni sensazionali come Cafu e Roberto Carlos e una mediana ancorata intorno a Dunga. I verdeoro superano la prima fase a punteggio pieno, distruggono il Cile negli ottavi e faticano ad avere la meglio sulla Danimarca di Brian Laudrup e Jorgensen nei quarti.

La sera del 7 luglio 1998, al Velodrome di Marsiglia, la semifinale segue il normale copione dei precedenti scontri tra Brasile e Olanda con un primo tempo scialbo con de squadre troppo bloccate dalla posta in gioco e dalle alchimie tattiche e un secondo tempo che si accende quando una delle due contendenti da il la alle segnature. E questo avviene 20″ dopo il fischio d’inizio della ripresa quando Rivaldo trova l’imbucata per uno scatto di Ronaldo che brucia in velocità Frank De Boer e infila il pallone tra le gambe di Van der Saar. Ci vogliono 42 minuti prima che l’Olanda, che si prende i suoi buoni rischi in difesa, riesca ad impattare le sorti dell’incontro e mantenere viva la fiamma della speranza  con un colpo di testa di Kluivert. Sono ancora Ronaldo e Kluivert a cercare di sbloccare il risultato durante i supplementari ma si va ai calci di rigore dove Taffarel para i tiri dal dischetto di Cocu e De Boer e porta il Brasile alla finale di Parigi contro la Francia mentre la delusa Olanda verrà sconfitta nella finale per il terzo posto dalla soprendente Croazia.

7 luglio 1998
BRASILE – OLANDA 1-1 (0-0) 4-2 d.c.r.
Velodrome, Marsiglia (FRA)

BRASILE: Taffarel, Ze Carlos, Aldair, Júnior Baiano, Roberto Carlos, César Sampaio, Dunga (c), Leonardo (85′ Emerson), Rivaldo, Bebeto (70′ Denílson), Ronaldo.

OLANDA: Van Der Sar, Reiziger (57′ Winter), Stam, F.De Boer (c), R.De Boer, Jonk (111′ Seedorf), Davids, Cocu, Bergkamp, Kluivert, Zenden (75′ Van Hooijdonk).

ARBITRO: Al-Bujsaim (UAE)

GOL: 46′ Ronaldo (BRA), 85′ Kluivert (NED)

RIGORI: 1:0 Ronaldo, 1:1 F.De Boer, 2:1 Rivaldo, 2:2 Bergkamp, 3:2 Emerson, 3:2 Cocu (parato Taffarel), 4:2 Dunga, 4:2 R.De Boer (parato Taffarel)

Massimo Brignolo

-2: LE STRADE DEL TOUR DE FRANCE

Quasi 3600 km per arrivare al tradizionale traguardo parigino: andiamo alla scoperta del percorso del Tour 2010

Tour de FranceAncora pochi giorni e la novantasettesima edizione del Tour de France sarà realtà. Il serpentone giallo partirà da Rotterdam il 3 luglio, per giungere ai Campi Elisi il 25 dello stesso mese, dopo 3596 km di salite, discese, pianure, volate, scatti e fughe. Rispetto agli anni scorsi, questa Grande Boucle sembra più dura: i chilometri a cronometro individuale sono pressoché identici a quelli dell’edizione 2009, ma viene meno la tradizionale cronosquadre e i colli alpini e pirenaici assumono un’importanza ancora maggiore.

Si partirà da Rotterdam con un cronoprologo di 8.9 km. All’apertura farà seguito una tappa disegnata su misura per i velocisti con traguardo a Bruxelles, mentre già dal terzo giorno si inizierà a fare sul serio. L’arrivo sul circuito automobilistico di Spa è infatti adatto a fughe e colpi di mano, data la presenza di sei Gran Premi della Montagna, pur di bassa categoria, concentrati nei chilometri finali del percorso. Il quarto giorno è per uomini duri: si va ad Arenberg, la culla della Parigi-Roubaix, dopo 213 km nei quali il pavé sarà il protagonista assoluto. Segnate questa tappa con un cerchio rosso, perché, soprattutto se ci sarà maltempo, la battaglia è assicurata.

Seguono quindi tre frazioni tranquille, indispensabili per caricare le batterie in vista delle prime salite. Infatti, sabato 10 luglio si arriva alla stazione sciistica di Rousses, 1168 metri di quota nel Giura francese, situata subito dopo la Côte de Lamoura, salita di seconda categoria e sesta ascesa di giornata: attenzione anche alla Vouglans e alla Croix de la Serra. Il giorno successivo il classico traguardo di Morzine, nel cuore delle Alpi, preannuncia una seconda battaglia tra gli scalatori. Dopo il meritato giorno di  riposo, i corridori dovranno vedersela con la tappa forse più impegnativa: 204 km da Morzine a Saint-Jean-de-Maurienne, con ascese storiche come la Colombière, il Saisies e soprattutto la Madeleine, situata ad una trentina di chilometri dall’arrivo.

Seguono quindi tre tappe adatte alle fughe, con colli più o meno impegnativi disseminati qua e là per il percorso, finché domenica 18 luglio, quattordicesimo giorno di corsa, saranno ancora una volta gli scalatori ad essere chiamati in causa, col traguardo in salita di Ax 3 Domaines situato 30 km dopo il Port de Paillhères, salita hors categorie che scollina oltre i duemila metri. Il giorno successivo, dopo il transito sul Portet d’Aspet in memoria del compianto Fabio Casartelli, il gruppo affronterà il Port de Balès, altro GPM fuori categoria, prima di lanciarsi in picchiata su Bagnères-de-Luchon. Martedì 20 si scaleranno in successione Peyresourde, Aspin, Tourmalet ed Aubisque: nomi che fanno venire i brividi, ma l’ultimo scollinamento è situato a 60 km dal traguardo di Pau. Tuttavia, il Tourmalet verrà affrontato una seconda volta il giorno successivo, come sede d’arrivo della diciassettesima tappa, dopo il secondo ed ultimo giorno di riposo. La pianura verso Bordeaux farà da antipasto per l’ultimo, grande sussulto di questo spettacolare Tour, ovvero i 52 km piatti come un biliardo da fare a cronometro, tra la città girondina e Pauillac, per assestare definitivamente la classifica. Tradizionale conclusione sui Campi Elisi, domenica 25 luglio, con la premiazione del vincitore: sentiremo forse l’Inno di Mameli, dodici anni dopo il trionfo di Pantani?

Tour de France 2010

Marco Regazzoni

WIMBLEDON: ABDICA FEDERER, MANCA SOLO LUI NEL BALLO DELLE SEMIFINALI

Il ceco Berdych supera Roger Federer che mancherà nella finale di Wimbledon dopo 7 anni.

Roger Federer
Foto: AELTC/Pro Sport

Per la prima volta dal 2003 la finale del torneo di Wimbledon non vedrà schierato Roger Federer: lo svizzero si è arreso oggi al ceco Berdych che si è imposto per 6-4 3-6 6-1 6-4 raggiungendo, dopo il Roland Garros, la seconda semifinale consecutiva in un torneo dello Slam. A fine partita Federer ha dichiarato di aver sofferto alle gambe ed alla schiena ma rimane un dato di fatto che la stagione dello svizzero non è convincente: spesso in difficoltà, anche se gli ultimi due turni a Wimbledon sembravano proporre un Federer ritrovato, nell’ultimo periodo lo svizzero ha sempre pagato dazio ai giocatori potenti a partire dalla sconfitta con Del Potro agli US Open del 2009 proseguendo con Gulbis a Roma e Soderling a Parigi.

Da parte sua il ceco Berdych troverà in una semifinale molto aperta Novak Djokovic che si è sbarazzato con sufficiente facilità del cinese di Taipei, Yen-Hsun Lu, che dopo aver sorpreso ieri eliminando Roddick, è riuscito oggi a raccogliere solo 7 giochi per un 6-3 6-2 6-2 che non lascia scampo.

Nella parte bassa del tabellone, Rafael Nadal ha avuto ragione, con pazienza, della furia dello svedese Soderling che ha conquistato il primo set ma è andato affievolendosi mentre il numero uno al mondo sembrava non soffrire al ginocchio come avvenuto nei giorni scorsi ed entrato decisamente in partita all’inizio del secondo parziale non ha più concesso nulla a Soderling per un punteggio finale di 3-6 6-3 7-6 6-1.

A chiudere il poker dei semifinalisti che rispetto al seeding vede solo l’assenza di Federer, l’idolo locale Andy Murray, chiamato a salvare l’onore britannico dopo l’uscita dai mondiali di calcio, si è sbarazzato abbastanza facilmente in chiusura di giornata del francese Tsonga nonostante abbia rischiato di trovarsi sotto di due set. Dopo lo scambio di tie-break iniziali, Murray ha approfittato dell’evidente calo del francese per qualificarsi per la semifinale contro Nadal (6-7 7-6 6-2 6-2).


Massimo Brignolo