PARIGI-TOURS: FREIRE SPEZZA IL SOGNO DI FURLAN

Nella penultima delle grandi classiche stagionali vittoria in volata dello spagnolo.

La Parigi-Tours, penultima grande classica di ogni stagione, è tradizionalmente una corsa adatta ai velocisti, come dimostra il suo albo d’oro nel quale prendono posto grandi sprinter di ogni epoca, da Rik Van Looy a Freddy Martens, da Erik Zabel ad Alessandro Petacchi. Il percorso è infatti caratterizzato da una serie di côtes che però non sono paragonabili a quelle del Giro delle Fiandre o di altre grandi gare, per cui risulta sempre molto difficile fare la differenza ed arrivare in solitaria: gli ultimi dieci chilometri sono poi completamente piatti, favorendo così i velocisti. Ovviamente però, non tutti i corridori possono accettare un arrivo in volata: tra i corridori che, in momenti diversi, si vedono all’attacco troviamo l’esperto spagnolo Juan Antonio Flecha (Team Sky), già vincitore di un Campionato di Zurigo, e soprattutto il francese Geoffrey Lequatre (Team RadioShack), ripreso solamente all’ultimo chilometro, già sulla Avenue de Grammont.

Si arriva dunque allo sprint di gruppo, ma non c’è una squadra che riesce a prendere il sopravvento, organizzando un vero “treno” per il proprio capitano: la volata è confusa e, come spesso accade in questi casi, il più furbo è Óscar Freire (Rabobank), lestissimo negli ultimi cinquanta metri a spezzare il sogno del vicentino Angelo Furlan (Lampre-Farnese Vini), un corridore che in carriera ha vinto molto meno rispetto alle sue grandi potenzialità. Freire scavalca il ragazzo veneto con un guizzo felino e aggiunge un’altra perla ad una carriera pressoché irripetibile, coronata da tre Campionati del Mondo, altrettante Milano-Sanremo e una Gand-Wevelgem, oltre a quattro tappe del Tour de France e sette della Vuelta a España. Furlan, secondo, è ovviamente rammaricato per la grande occasione persa, mentre nello sprint conclusivo non si sono visti Philippe Gilbert e Filippo Pozzato, dati per favoriti alla vigilia.

L’ultimo appuntamento col grande ciclismo sarà sabato prossimo con il tradizionale Giro di Lombardia, da Milano a Como attraverso il muro di Sormano, il Ghisallo e il San Fermo della Battaglia, primo del traguardo sul lungolago della città lariana.

Ordine d’arrivo:

1) Óscar FREIRE (Rabobank), 233 km in 5h03’27’’, media 46.07 km/h;

2) Angelo FURLAN (Lampre-Farnese Vini) stesso tempo;

3) Gert STEEGMANS (Team RadioShack) stesso tempo;

4) Klaas LODEWYCK (Tosport-Vlaanderen);

5) Yukiya ARASHIRO (Bbox Bouygues Telecom)

Marco Regazzoni

CICLISMO: VINCE HUSHOVD, RABBIA POZZATO

Il norvegese è il nuovo campione del mondo, l’italiano si ferma ai piedi del podio.

In una gara che assegna medaglie, il quarto posto è in assoluto il risultato peggiore che possa capitare: perché si è lì, ad un passo dalla cerimonia del podio, ad un passo dal metterti al collo un metallo che, indipendentemente dal suo colore, costituisce sempre una grande soddisfazione. Ma quarto no: quarto è lo smacco più grande che ci possa essere. Ricordiamo la rabbia di Michele Bartoli che colse questo piazzamento a Plouay nel 2000, o Davide Rebellin a Varese 2008, ma lì la delusione fu decisamente mitigata dall’oro-bronzo di Ballan e Cunego. Oggi è toccato a Filippo Pozzato, il leader della nazionale azzurra, con il norvegese Thor Hushovd a fare festa.

Come da tradizione, sin dai primi chilometri della prova è partita una fuga rimasta in testa per quasi duecento chilometri, composta dal venezuelano Jackson Rodríguez, dall’irlandese Matt Brammeier, dal colombiano David Tamayo (il primo a rompere gli indugi), dall’ucraino Olexsandr Kvachuk e dal sorprendente marocchino Mohamed Elammoury. Il vantaggio del quintetto arriva anche oltre i 20’, ma poi il lavoro di Belgio, Spagna e Italia riduce decisamente il gap e frantuma il plotone principale, nel quale rimangono una trentina di atleti. Tra gli azzurri, encomiabile il lavoro del giovane trentino Daniel Oss, il primo a sacrificarsi per la causa, aiutato dagli esperti Andrea Tonti e Matteo Tosatto. Proprio l’ultimo forcing del veneto e di Vincenzo Nibali fa dividere ulteriormente il gruppo, con due grandi favoriti come Fabian Cancellara e Óscar Freire che restano nelle retrovie: riusciranno a rientrare ad una ventina di chilometri dal traguardo, ma avranno speso troppe energie per poter essere competitivi. Nibali e il campione nazionale Giovanni Visconti fanno anche la differenza in compagnia di altri tre atleti, con i quali restano al comando della corsa sino ad una quindicina di chilometri dal termine, quando il plotone di una quarantina di atleti si ricompone. Ai -10 attacca il belga Philippe Gilbert, probabilmente il favorito numero uno della vigilia: è in condizione fisica straripante e lo dimostra in questa azione, che si spegne solamente a 3000 metri dal traguardo; da notare che il gruppo si era nuovamente diviso e all’inseguimento del vallone erano rimasti solamente cinque atleti, tra cui il campione in carica Cadel Evans, ma poi il grande lavoro specialmente della nazionale slovena ha permesso il ricongiungimento.

Nel finale ci sono vari attacchi, tra cui quelli del russo Gusev, del serbo Brajkovic e del campione nazionale olandese Terpstra, ma la volata è inevitabile. Nella ventina di atleti che resta davanti negli ultimi metri non ci sono Cavendish e Farrar, i due sprinter più forti: parte lungo il belga Greg Van Avermaet, superato a centro strada dal danese Matti Breschel, ma è il norvegese Thor Hushovd a tirar fuori la zampata vincente, davanti al danese e al padrone di casa Allan Davis. Quarto, come detto, un Filippo Pozzato in rimonta, nonostante i crampi, ma ugualmente deluso.

Hushovd, trentaduenne di Grimstad, non è mai stato un velocista puro, capace di aggiudicarsi trenta vittorie a stagione: contro Cipollini, McEwen, Zabel o Cavendish difficilmente riusciva e riesce ad avere la meglio. Ma quando il gruppo non è completamento compatto, composto solo da poche decine di atleti, lui c’è, e, come un vecchio leone esperto, sa sfoderare gli artigli necessari per trionfare. Quest’anno aveva già fatto così in una tappa del Tour de France e in una della Vuelta, ma in carriera, oltre che plurivincitore di frazioni nei grandi giri, lo ricordiamo anche trionfatore di una Gand-Wevelgem e di un mondiale under23 a cronometro nel lontano 1998. Per la Norvegia, che schierava solamente tre atleti, si tratta del primo oro tra i professionisti; argento per il danese Matti Breschel, che ripete così il piazzamento di Varese 2008; bronzo per un Allan Davis comprensibilmente deluso, visto che si deve accontentare della medaglia meno pregiata davanti ai suoi tifosi.

E l’Italia? Non si può dire che gli azzurri abbiano corso male; tutti i ragazzi si sono sacrificati per la causa, ma Pozzato, deputato a finalizzare, è stato colto dai crampi negli ultimi chilometri di corsa e, nonostante ciò, ha chiuso in quarta posizione. Forse, accorgendosi delle difficoltà fisiche del vicentino, si sarebbe potuto preservare Visconti o Gavazzi per lo sprint finale. Qualcun altro potrebbe dire che un Cunego o, per assurdo, un Bennati sarebbero stati in grado di battere Hushovd: ma siamo sicuri che avrebbero avuto la brillantezza necessaria per restare con i primissimi fino in fondo? I dubbi sono molti, quel che è certo è che i ragazzi, come sempre, hanno dato l’anima anche se stavolta il risultato lascia davvero l’amaro in bocca.

Marco Regazzoni

SI CHIAMA BRONZINI, MA È D’ORO

Prima medaglia d’oro dell’Italia ai Mondiali di ciclismo: la vince Giorgia Bronzini.

Dopo le prime tre gare, il medagliere azzurro era ancora a secco: ma nella scorsa notte, nella prova in linea femminile, le italiane difendevano il titolo mondiale conquistato con Tatiana Guderzo a Mendrisio, e hanno disputato una corsa davvero perfetta. In primis, Valentina Carretta, ventunenne varesina bravissima a controllare i tentativi di fuga delle avversarie nella prima parte di corsa; poi Noemi Cantele, anche lei varesina, e Tatiana Guderzo, la vicentina iridata in carica, che tentano di andare in fuga ma poi si mettono a disposizione della compagna Giorgia Bronzini, evidentemente più in forma. Le tre azzurre fanno parte del gruppetto di dieci atlete, tra cui le favorite Nicole Cooke e Marianne Vos, che si avvantaggia sul penultimo strappo; nel finale, la stessa Cooke e la tedesca Judith Arndt attaccano con decisione, ma il lavoro straordinario di Guderzo e Cantele permette di raggiungere le due fuggitive a poche centinaia di metri dal traguardo. La vicentina e la varesina, senza più energie, si staccano una volta raggiunto il loro obiettivo: è questa l’essenza del ciclismo, il lavoro di squadra fino allo sfinimento, l’aiuto incondizionato ad un’amica/compagna fino al limite delle proprie energie. Restano in cinque davanti: oltre alla Cooke e alla Arndt, evidentemente provate dalla loro azione, c’è per l’appunto Giorgia Bronzini, in compagnia dell’olandese Marianne Vos e della svedese Emma Johansson. E Bronzini-Vos-Johansson è anche l’ordine d’arrivo sul traguardo, con la ventisettenne piacentina che ripaga al meglio lo straordinario sforzo delle compagne di squadra, uscendo dalla ruota della Vos solamente negli ultimi metri con una volata tutta forza e potenza. Grande è la delusione per l’olandese, al quarto argento mondiale; ma grande è la gioia della Bronzini, che abbraccia una per una tutte le compagne di squadra oltre al ct Dino Salvoldi, e si gode le note dell’Inno di Mameli sul gradino più alto del podio. Poi, nelle interviste del dopo gara, la dedica a Franco Ballerini e all’altra azzurra Marina Romoli, uno dei talenti più puri del ciclismo nazionale, investita nello scorso giugno in un incidente che le è costato cinquecento punti di sutura e la perforazione di un polmone. Sei giorni di coma, tra vita e morte, e poi la ripresa, un passo dopo l’altro: siamo sicuri che lei avrà gioito più di chiunque altro, davanti al televisore, vedendo l’ennesimo trionfo delle azzurre.

E questa notte, con l’arrivo previsto verso le 10 ore italiane, la squadra guidata da Paolo Bettini andrà all’assalto dell’iride maschile: ma Gilbert, Freire, Evans e tutti gli altri non staranno certo a guardare.

Marco Regazzoni

CICLISMO: MATTHEWS ORO, COLBRELLI SESTO

Ai Mondiali di ciclismo su strada vittoria in casa per l’australiano Michael Mattews negli Under 23.

L’Australia fa festa nel giorno della gara riservata agli under 23: il vincitore è infatti il canguro ventenne Michael Matthews che, nonostante la giovane età, corre già tra i professionisti nelle file del team locale Jayco-Skins. La corsa è stata caratterizzata da una serie di tentativi di fuga, i più significativi dei quali ad opera dello statunitense Ben King e del trentino Moreno Moser, figlio di Diego e nipote dell’indimenticabile Francesco. Il ragazzo di Palù di Giovo è stato in testa in solitaria per lunghi chilometri, sfruttando al meglio gli strappi del percorso che ben si addicono alle sue doti di passista-scalatore, ma nulla ha potuto contro il forte ritmo del gruppo che lo ha ripreso ad un giro e mezzo dalla conclusione. Nel finale, vanno all’attacco anche il francese Tony Gallopin, protagonista alla Vuelta in maglia Cofidis, e l’altro azzurro Enrico Battaglin: tuttavia, negli ultimi due chilometri il gruppo è compatto e gli australiani lanciano al meglio la volata di Matthews, che si impone davanti al tedesco John Degenkolb e allo statunitense Taylor Phinney, già oro nella cronometro. Sesto posto per Sonny Colbrelli, troppo chiuso negli ultimi metri per poter ambire ad un piazzamento migliore: a fine gara è palpabile la delusione tra gli italiani, con lo stesso Battaglin che si rammarica dei suoi tentativi sugli ultimi strappi che gli hanno portato via le energie necessarie per lanciare al meglio lo sprint di Colbrelli.

Matthews, che si era già fatto notare nel tradizionale Tour de Langkawi di inizio stagione, ha già firmato un contratto con la Rabobank per il 2011, e quindi sarà protagonista anche sulle strade europee a partire dal prossimo anno.

La gara under 23 lascia un preciso messaggio al gruppo dei professionisti, ed in particolare alla nazionale azzurra: oggi sono arrivati in volata 40 atleti, e dunque, per evitare uno sprint di gruppo nei quali i nostri non sarebbero certo i favoriti, bisognerà fare corsa dura sin dai primissimi chilometri.

Nella notte tra oggi e domani è in programma la gara femminile, con la vicentina Tatiana Guderzo e la varesina Noemi Cantele, un po’ sottotono nella cronometro, chiamate a difendere l’oro e il bronzo conquistati a Mendrisio un anno fa.

Marco Regazzoni

CICLISMO: QUARTO IRIDE PER CANCELLARA

A Geelong, nella crono per professionisti, vittoria annunciata dello svizzero.

Si dice cronometro, si pensa a Fabian Cancellara, e anche sul circuito di Geelong questa equazione è stata dimostrata in tutta la sua veridicità. Il ventinovenne di Wohlen, nel Bernese, non ha vinto: ha dominato, completando i 45 km della prova iridata in 58’09’’, a 47 km/h di media. Nulla da fare per i rivali, che si devono accontentare dei piazzamenti: argento per il trentatreenne britannico David Millar, già secondo nella crono olimpica, a 1’02’’ dall’elvetico, bronzo per il tedesco Tony Martin (+1’12’’) che, nonostante una foratura, riesce a difendersi dall’australiano Richie Porte, staccato di ulteriori 7’’. Nella notte in cui il ciclismo mondiale viene scosso dalla notizia della positività di Alberto Contador al clenbuterolo, durante un giorno di riposo dello scorso Tour de France, il ciclista svizzero di chiare origine lucane vince il suo quarto campionato del mondo nelle prove contro il tempo, dopo i successi di Salisburgo, Stoccarda e Mendrisio: per Cancellara è il coronamento dell’ennesima stagione straordinaria, dopo i successi al Giro delle Fiandre, alla Parigi-Roubaix e in due tappe del Tour. Tra i grandi delusi della prova odierna c’è l’altro australiano Michael Rogers, in testa per interminabili minuti ma poi solamente quinto nella classifica finale; sorprendente invece il cileno Carlos Oyrazun, quattordicesimo al traguardo, davanti ad atleti ben più quotati di lui come l’ucraino Grivko, i francesi Vogondy e Chavanel e lo spagnolo Gutiérrez. Come annunciato nei giorni scorsi, nessun azzurro ha preso il via, a causa dell’infortunio di Marco Pinotti che sarebbe stato l’unico italiano designato alla sfida contro il tempo: il ct Bettini ha preferito non richiedere uno sforzo ulteriore a Vincenzo Nibali e Marzio Bruseghin, che saranno pedine fondamentali nella gara in linea di domenica.

Nella notte tra oggi e domani, gli under 23 andranno all’assalto del titolo mondiale. L’Italia punta sul brillante Enrico Battaglin, supportato da Stefano Agostini, Sonny Colbrelli, Massimo Graziato e Moreno Moser.

Marco Regazzoni