CICLISMO: PHINNEY E POOLEY PRIMI ORI MONDIALI

Ai Mondiali di ciclismo su strada a Melbourne assegnate le prime medaglie.

Il primo inno nazionale a suonare sul podio iridato di Geelong è “The Star Spangled Banner”: infatti, è lo statunitense Taylor Phinney ad aggiudicarsi la medaglia d’oro nella cronometro under 23, precedendo di poco meno di due secondi l’australiano Luke Dubridge, mentre la medaglia di bronzo va al tedesco Marcel Kittel staccato di 24’’. Phinney è nato a Boulder, in Colorado, vent’anni fa, ma nonostante la giovane età si è già aggiudicato due titolo mondiali dell’inseguimento su pista, specialità che spiega le sue ottime doti da cronoman: questo ragazzo, negli scorsi anni pupillo di Lance Armstrong, ha ereditato al meglio il DNA familiare di grande campione, visto che il papà Dave fu bronzo olimpico a cronometro a Los Angeles 1984, e in quella stessa edizione dei giochi la mamma Connie Carpenter vinse la medaglia più prestigiosa nella prova in linea. Phinney ha già un contratto che lo lega, a partire dalla prossima stagione, alla BMC di Cadel Evans: gli addetti ai lavori dicono che sentiremo ancora parlare di lui. Tra gli azzurri, più che buono il sesto posto di Matteo Mammini, penalizzato dalla pioggia e dal vento incontrati sul percorso: il ventunenne di Lucca ha chiuso ad una cinquantina di secondi dal vincitore.

Quindi, all’ora di colazione in Italia, si è disputata anche la prova a cronometro femminile: alle 8.12, quando mancavano solo una manciata di atlete a terminare la corsa, c’era in prima posizione l’intramontabile Jeannie Longo, 52enne plurimedagliata e vero mito dello sport delle due ruote. La signora di Annecy ha dovuto però cedere il passo ad una straordinaria Emma Pooley, di trentaquattro anni più giovane di lei, che conquista così la medaglia d’oro mondiale: per la londinese si tratta di una bella conferma dopo l’argento olimpico a Pechino. A completare il podio, spezzando l’ennesimo sogno della Longo, troviamo la trentaquattrenne tedesca Judith Arndt e la brillante neozelandese Linda Villumsen, medaglia di bronzo. Per quanto riguarda le azzurre, decimo posto di Tatiana Guderzo e dodicesimo di Noemi Cantele, un po’ sotto le aspettative: ma comunque, le due ragazze avranno l’occasione di riscattarsi nella prova in linea di sabato, dove la vicentina dovrà difendere l’oro conquistato a Mendrisio.

Nella notte tra oggi e domani la prova a cronometro uomini: strafavorito lo svizzero Fabian Cancellara, attenzione anche agli australiani Michael Rogers e Richie Porte, allo statunitense David Zabriskie, all’inglese David Millar, al tedesco Tony Martin e al canadese Svein Tuft. Dopo l’infortunio di Pinotti, nessun azzurro prenderà il via, in modo da preservare al meglio Nibali e Bruseghin per la gara in linea di domenica.

Marco Regazzoni

CICLISMO: CHI VINCE IL MONDIALE?

Il Mondiale di ciclismo su strada apre i battenti: Evans e Gilbert i favoriti, italiani possibile sorpresa.

Vincere è difficile, confermarsi lo è ancora di più. Probabilmente è questo il pensiero ricorrente nella testa di Cadel Evans, il campione del mondo in carica: come abbiamo avuto modo di vedere, il circuito di Geelong è leggermente più facile rispetto a quello svizzero dove Evans ha vinto lo scorso anno, e dunque non è da escludere che il trentatreenne di Katherine si metta al servizio di Allan Davis e Matthew Goss, atleti dotati di un ottimo spunto veloce ma capaci di tenere alla distanza, requisito fondamentale in un Mondiale.

Con le grandi cose fatte vedere alla Vuelta, il rivale numero uno dei padroni di casa australiani è senza dubbio Philippe Gilbert: capitano unico della nazionale belga, questo corridore vallone ha grandi doti da finisseur che potrebbero tornargli utili negli ultimi giri del circuito, ma è da tenere sotto osservazione anche in caso di arrivo in volata, soprattutto considerando che il rettilineo finale presenta una pendenza del 5%.

André Greipel si prefigura come il leader della selezione tedesca, che punterà dunque a tenere cucito il gruppo per preparare lo sprint del ventottenne di Rostock, aiutato dall’esperto Danilo Hondo.

Discorso a parte merita Mark Cavendish: l’inglese potrà contare solo su due compagni di squadra, ma è chiaro che, in caso di arrivo a ranghi compatti (eventualità non così probabile, considerando il percorso), diventerebbe il favorito numero uno.

E il rivale di Cavendish nelle volate è da sempre Tyler Farrar, unico leader della nazionale statunitense: ma, lo ricordiamo ancora, nonostante le apparenze questo tracciato non è così adatto ai velocisti, per cui una conclusione con una volata di gruppo non è affatto scontata.

Fabian Cancellara punta invece ad una doppietta storica: uomo da battere nella cronometro, lo svizzero ha le doti giuste per essere competitivo anche nella prova in linea, dove una sua azione nel finale potrebbe sbaragliare il campo dei rivali.

Faro della nazionale russa è senza dubbio Alexsandr Kolobnev, uomo da Mondiale per antonomasia, considerando gli argenti ottenuti a Stoccarda e Mendrisio: negli ultimi due giri di corsa il corridore del Team Katusha sarà indubbiamente tra i protagonisti, tra i quali potrebbe ritrovare il danese Matti Breschel, altro corridore che si scatena nel periodo iridato.

La Spagna ha almeno un paio di atleti da tenere sotto osservazione: si tratta del solito, leggendario Óscar Freire nell’eventualità di uno sprint e del campione olimpico Samuel Sánchez che, al pari di Kolobnev e Cancellara, cercherà la gloria con un’azione nel finale.

E poi tanti corridori, delle nazionali cosiddette “minori”, che potrebbero essere la sorpresa del Mondiale. Si va dallo sloveno Grega Bole, passista-veloce molto brillante in questa stagione, al norvegese Edvald Boasson Hagen, astro nascente del ciclismo mondiale che potrà puntare sul supporto dell’esperto Thor Hushovd: ma occhio anche ai tre ragazzi terribili della Slovacchia, ovvero Peter Sagan e i fratelli Martin e Peter Velits (quest’ultimo terzo alla Vuelta). Sotto osservazione anche l’irlandese Nicolas Roche, il lussemburghese Fränk Schleck (che corre praticamente da solo) e il bielorusso Yauheni Hutarovich: i primi due emergeranno se la corsa risulterà davvero selettiva, il terzo punterà all’eventuale sprint di gruppo. Poco competitive, nonostante schierino rispettivamente nove e sette corridori, sembrano le nazionali di Olanda e Francia.

E gli italiani? Premesso che devono ancora essere ufficializzate le due riserve e gli eventuali partecipanti alla prova a cronometro, si delinea come capitano il vicentino Filippo Pozzato, vincitore giusto ieri di una gara premondiale: tipico corridore da Milano-Sanremo, si districa ottimamente nelle volate ristrette ma sa anche fare la differenza con azioni in solitaria. Questo identikit è adatto anche al campione nazionale Giovanni Visconti, la probabile seconda punta della nazionale. Vincenzo Nibali sarà il battitore libero, mentre Daniel Oss e Francesco Gavazzi sono i classici corridori che, all’interno di una fuga, possono fare la differenza allo sprint. Nel caso di arrivo con gruppo compatto, oltre al valtellinese si potrebbe puntare anche sull’esperto comasco Luca Paolini. Bruseghin, Tosatto, Gasparotto, Nocentini e Tonti (due di questi siederanno in panchina) completano una squadra che, come sempre, è in assoluto tra le più competitive, guidata in ammiraglia da quel Paolo Bettini che di Mondiali, come sappiamo, se ne intende.

Marco Regazzoni

CICLISMO: ALLA CONQUISTA DELL’AUSTRALIA

Si alza il sipario mercoledì sui Mondiali di ciclismo su strada a Melbourne.

Un Mondiale facile come quello di Zolder (vinto da Cipollini, ndr): questa era l’impressione più diffusa tra addetti ai lavori ed appassionati sul circuito di Melbourne fino a pochi giorni fa. Poi però, con le squadre giunte in Australia a fare le prime ricognizioni, si è capito che il tracciato nasconde più insidie del previsto. Analizziamolo nel dettaglio.

Il gran giorno sarà domenica 3 ottobre, nel cuore della notte italiana, dopo una settimana nella quale saranno state disputate le varie cronometro e le gare giovanili e femminili. Il 3 ottobre i professionisti partiranno da Melbourne, la seconda città più popolata dell’Australia, dove Ercole Baldini vinse il titolo olimpico nel 1956: i primi 85 km sono di trasferimento, su una pianura spazzata dal vento tra campagne e fattorie. Terminato il primo tratto, si arriva a Geelong, dove inizia il circuito che, a ben guardare, di pianura ne presenta davvero poca. Al sesto chilometro inizia la prima ascesa, uno strappo di 800 metri con dislivello di 100 metri, e una pendenza che arriva a toccare addirittura il 19%; poi, dopo 3 chilometri di discesa, il gruppo lanciato si ritroverà su uno stretto ponticello in tubi che sostituisce il ponte di Queens distrutto dalle alluvioni. Chi non sarà nelle primissime posizioni in questa strettoia, potrebbe staccarsi in modo irreparabile sulla seconda salita di giornata, che inizia subito dopo: 400 metri con un dislivello di 60, brevissima discesa e altro strappo di 700 metri. Poi quattro chilometri di pianura e il traguardo, nel cuore della città, con gli ultimi 150 metri che tirano al 5%. Il tutto da ripetere 11 volte, per un totale, compreso il “trasferimento” iniziale, di 259.9 km: sembra improbabile che un gruppo di un centinaio o più unità possa presentarsi compatto sul traguardo, come avvenuto a Zolder nel 2002. Le insidie sono davvero tante, e c’è ampio spazio per gli attaccanti: una nazionale che vuole essere competitiva su questo circuito deve presentare il giusto mix di passisti puri, in grado di andare in fuga da lontano o tenere cucito il gruppo, e passisti-veloci, essenziali per una volata ristretta, di uomini di esperienza, fondamentali per la loro intelligenza tattica, e giovani rampanti dalla condizione atletica straripante. Sembra l’identikit della squadra azzurra.

CALENDARIO

Mercoledì 29 settembre

cronometro under 23 (31.8 km) e cronometro donne (22.9 km);

Giovedì 30 settembre

cronometro professionisti (45.8 km)

Venerdì 1 ottobre

prova in linea under 23 (159 km);

Sabato 2 ottobre

prova in linea donne (127.2 km);

Domenica 3 ottobre

prova in linea professionisti (262.7 km).

ALBO D’ORO (RECENTE):

Plouay 2000: Romāns Vainšteins (Lettonia);

Lisbona 2001: Óscar Freire (Spagna);

Zolder 2002: Mario Cipollini (Italia);

Hamilton 2003: Igor Astarloa (Spagna);

Verona 2004: Óscar Freire (Spagna);

Madrid 2005: Tom Boonen (Belgio);

Salisburgo 2006: Paolo Bettini (Italia);

Stoccarda 2007: Paolo Bettini (Italia);

Varese 2008: Alessandro Ballan (Italia);

Mendrisio 2009: Cadel Evans (Australia).

Marco Regazzoni

VUELTA 2010: NIBALI, MA NON SOLO

Protagonisti, delusioni e curiosità dell’edizione della Vuelta appena conclusa.

Una Vuelta per uomini duri, così si diceva prima della partenza della corsa. E in effetti la vittoria è andata ad un “uomo duro”, un grande passista che ha imparato, nel corso degli anni, prima a difendersi e poi ad attaccare anche in salita: Vincenzo Nibali, nato a Messina il 14 novembre di 26 anni fa ma residente a Mastromarco, nel Pistoiese, ha colto così un trionfo che all’Italia ciclistica mancava da vent’anni, da quel Marco Giovannetti che in maglia Seur vinse la Vuelta nel 1990. Ha saputo gestirsi alla perfezione nelle tre settimane, senza farsi abbattere dai momenti di difficoltà (Andorra e Cotobello), ma anzi, trovando sempre la forza per ribaltare a suo favore le situazioni di corsa.

Come ha saputo fare sull’infernale Bola del Mundo, dove la sua vittima è stata Ezequiel Mosquera, un corridore comunque straordinario. Trentacinque anni, galiziano di Teo, il corridore della Xacobeo-Galicia ha ottenuto la sua prima vittoria di tappa nella competizione sognata da ogni spagnolo, oltre ad essere giunto secondo nella classifica finale: se questo atleta avesse avuto maggiore lucidità tattica, nel suo palmarés ci sarebbe molto di più di una frazione alla Vuelta e di altre quattro corse minori, perché è difficile trovare uno scalatore con doti migliori delle sue.

E poi Peter Velits, che qualcuno non conosceva neppure tre settimane fa: il venticinquenne slovacco, giornata dopo giornata, ha scalato la classifica, arrivando all’apoteosi con una straordinaria vittoria nella cronometro di Peñafiel e con il terzo posto nella graduatoria finale. Il futuro è suo, oltre che di Nibali.

Un pensiero va anche ad Igor Antón: due vittorie di tappa, sei giorni con la maglia rossa di leader, e poi una sfortunatissima caduta, all’imbocco della salita di Peña Cabarga, che lo priva delle ambizioni di gloria. Non possiamo dire che, senza quell’incidente, sarebbe stato il basco a vincere la corsa: sicuramente però, Nibali avrebbe avuto un rivale in più.

Onesta la corsa di Xavier Tondo, sesto posto finale, brillante quella del figlio d’arte Nicholas Roche, settimo nella generale, al miglior piazzamento di sempre in una corsa a tappe. Più deludenti Fränk Schleck, quinto, e Carlos Sastre, ottavo: il madrileno in particolare non ha mai dato l’idea di essere nel vivo della gara, mentre Joaquim Rodriguez, che sembrava il rivale più accreditato di Nibali, paga il crollo nella cronometro e si deve accontentare della quarta posizione Discorso a parte merita Denis Menchov, forse il favorito numero uno della corsa, penalizzato da una violenta botta al ginocchio nelle prime frazioni che lo ha tagliato fuori dalla classifica.

Tra i vincitori di tappa, due successi a testa per Tyler Farrar, Mark Cavendish e Philippe Gilbert: il terzo in particolare ha dato prova di una condizione atletica straripante, che lo rende il favorito numero uno per l’ormai prossimo Campionato del Mondo di Melbourne. Anche lo statunitense e il britannico sapranno comunque dire la loro su un circuito che potrebbe premiare uno sprinter. Il norvegese Thor Hushovd piazza la sua solita zampata a Murcia e poi sparisce, mentre Oscar Freire, prima del ritiro, non è mai stato protagonista della corsa: una citazione anche per il bielorusso Yauheni Hutarovich, vincitore a Marbella e possibile protagonista del Mondiale, e per il mai domo Alessandro Petacchi, capace di mettere in fila tutti a Orihuela.

Va applaudito il coraggio di Imanol Erviti, Carlos Barredo, Mikel Nieve e David Moncoutié, vincitori con azioni da lontano: in particolare, il francese è stato capace di portarsi a casa anche la maglia a pois di miglior scalatore, domando al meglio le grandi difficoltà altimetriche presentate da questa corsa.

E gli azzurri? Detto di Nibali e di Petacchi, ottimi segnali anche da Marzio Bruseghin: senza essere coinvolto nella caduta di Antón, sarebbe stato probabilmente in grado di chiudere nella top ten, ma comunque pare che questo infortunio possa essere superato in tempo per dare il suo solito, imprescindibile apporto alla causa azzurra del Mondiale. Sempre piazzato Daniele Bennati, in qualche occasione “gregario di lusso” per Nibali, sempre all’attacco il piemontese Giampaolo Cheula, senza la fortuna necessaria: qualche bel segnale anche da Giampaolo Caruso e Manuele Mori, mentre Angelo Furlan fa ancora fatica a ritrovare le sue ottime doti di sprinter.

Adesso, tutti in Australia per il Mondiale: Nibali, sicuramente, ci arriverà con una marcia in più.

Marco Regazzoni

VUELTA: FARRAR VINCE NELLA FESTA DI NIBALI

Passerella finale per la Vuelta: l’ultima tappa va a Tyler Farrar che batte Cavendish in volata.

La quiete dopo la tempesta, la festa dopo la fatica: gli 85 km tra San Sebastián de los Reyes e Madrid assomigliano più ad un ultimo giorno di scuola che a una tappa di un grande giro. Sono gli ultimi metri di questa sessantacinquesima Vuelta a España, che ieri, nell’inferno di Bola del Mundo, ha incoronato Vincenzo Nibali proprio re, al termine di un’epica battaglia con Ezequiel Mosquera. Si arriva a Madrid, città di 3.200.000 abitanti, posta a 667 metri sul livello del mare, nel cuore dell’Altopiano della Meseta, al termine di una frazione senza alcuna difficoltà altimetrica, ideale come carosello conclusivo dopo tre settimane di salite. Un quintetto di coraggiosi prova ad andare in fuga, anche se ovviamente un tracciato del genere è un richiamo troppo forte per i velocisti: si tratta del tedesco Dominik Roels (Team Milram), del trentenne fiammingo Jurgen Van Goolen (Omega Pharma-Lotto), del connazionale e compagno di squadra Olivier Kaisen, dell’esperto andaluso Javier Ramirez (Andalucia-Cajasur) e del galiziano Gonzalo Rabuñal (Xacobeo-Galicia). Per Kaisen e Roels si tratta dell’ennesimo attacco in questa Vuelta, ma anche in questa occasione i due non hanno fortuna: infatti, le squadre degli sprinter li tengono costantemente sotto controllo, anche se il ricongiungimento avviene a soli 7 km dal traguardo.

Si arriva così alla volata, con il solito Goss che prova a lanciare Cavendish: tuttavia, Tyler Farrar (Garmin-Slipstream) è lestissimo ad anticipare il duo dell’HTC-Columbia, vincendo con oltre una bicicletta di vantaggio sull’inglese. Il ventiseienne statunitense di Wenatchee aveva già trionfato a Lorca nella quinta tappa di questa corsa, e coglie oggi l’ottavo successo in una stagione che lo ha visto vincitore anche di due frazioni al Giro d’Italia e della Classica di Amburgo.

E poi, la festa in Plaza de Cibeles, il luogo dove il Real Madrid celebra i suoi trionfi: vengono premiati i vincitori delle varie classifiche e dunque anche Vincenzo Nibali, primo nella graduatoria generale finale, che coglie così il più grande successo della carriera. Diretto in ammiraglia da Roberto Amadio e Mario Scirea, il siciliano ha saputo gestirsi alla perfezione nelle tre settimane di corsa, aiutato anche da otto compagni di squadra mai domi: il velocista aretino Daniele Bennati, il veronese Mauro Finetto, il cremonese Jacopo Guarnieri, il giovane polacco Maciej Paterski, il ceco Roman Kreuziger, lo svizzero Oliver Zaugg, il varesino Ivan Santaromita e il belga Frederik Willems. Oggi non è solo il trionfo di Nibali, ma è anche quello di una Liquigas-Doimo che, come già dimostrato nel Giro d’Italia di Ivan Basso, può vantare una coesione di squadra davvero invidiabile e fondamentale per i successi dei propri atleti.

Ordine d’arrivo:

1) Tyler FARRAR (Garmin-Slipstream) in 2h02’24’’;

2) Mark CAVENDISH (HTC-Columbia) stesso tempo;

3) Allan DAVIS (Astana) stesso tempo;

12) Angelo FURLAN (Lampre-Farnese Vini) stesso tempo.

Classifica generale finale (maglia rossa):

1) Vincenzo NIBALI (Liquigas-Doimo) in 87h18’31’’;

2) Ezequiel MOSQUERA (Xacobeo-Galicia) a 43’’;

3) Peter VELITS (HTC-Columbia) a 3’04’’;

21) Marzio BRUSEGHIN (Caisse d’Epargne) a 28’56’’.

Maglia verde (classifica a punti): Mark CAVENDISH (HTC-Columbia);

Maglia a pois (gran premi della montagna): David MONCOUTIÉ (Cofidis);

Maglia bianca (combinata): Vincenzo NIBALI (Liquigas-Doimo);

Classifica a squadre: Team Katusha.

Marco Regazzoni