HOCKEY GHIACCIO: IL PUNTO DOPO IL PRIMO GIRONE D’ANDATA

Con la fine del primo girone d’andata il campionato italiano di hockey su ghiaccio è entrato oramai nel vivo. Poche le novità, molte le conferme. Come lo scorso anno infatti il Valpusteria è già in fuga, apparentemente irraggiungibili. I lupi di Brunico, allenati dal confermatissimo Mair e forti di una rosa pressoché immutata a cui è stato aggiunta un portiere affidabile come il finlandese Tommi Nikkila, non hanno ancora perso una partita. Primi con 24, punti frutto di otto vittorie piene, i giallo-neri hanno espresso ad oggi il miglior hockey della serie A. Resta però un interrogativo; saranno in grado di continuare a pattinare a questi livelli o crolleranno nel finale di stagione come accaduto nello scorso campionato?

Oltre alla capolista sono parecchie le similitudini con la passata stagione. Il Renon (3° a 16 punti), già vincitore della Supercoppa Italian, segue il Valpusteria a debita distanza pur dando l’impressione di estrema solidità grazie al duo Cloutier-Tudin e agli italiani sempre più protagonisti. Il Bolzano, che tra Palaonda e prima linea è stato letteralmente un cantiere aperto, si trova con 15 punti al 4° posto. Un ottima base di partenza per una squadra che, con un portiere super come Matt Zaba e un centro di tutto rispetto come l’ultimo arrivato Danny Irmen, non può non essere considerata fra le favorite allo scudetto.

E i campioni d’Italia? Esattamente come la passata stagione l’Asiago galleggia sornione a metà classifica (6° con 11 punti). Guai però a sottovalutare i leoni veneti.

Bene anche i friulani del Pontebba (5° con gli stessi punti dell’Asiago) che, anche con la nuova divisa bianconera, si stanno riconfermando come squadra di medio – alta classifica. Fra i friulani il difensore di scuola Renon, Andreas Lutz è diventato il nuovo recordman di presenze della squadra superando una bandiera come Fabio Armani.

Male, molto male invece il trio Alleghe (7° a 6 punti), Fassa (8° a 5 punti), e Cortina (9° a 1 solo punto). Gli agordini continuano a palesare drammatici problemi difensivi e, con 30 goal subiti, sono la peggior difesa della serie A. Il Fassa paga la perdita di Dennis e i problemi estivi nella costruzione della squadra, mentre il Cortina, ormai nobile decaduta, è ancora in attesa della prima vittoria stagionale.

A sparigliare le carte rispetto un film già visto ci ha pensato la Valpellice dei fratelli Aquino, seconda in classifica a 19 punti. Da squadra competitiva quasi esclusivamente fra le mura amiche la Valpe sta evolvendo in una potenziale squadra d’alto livello. È ancora presto per dire se i Piemontesi sono diventati grandi, quello che è certo è che non sono più una matricola.

Il mese di ottobre per altro è stato caratterizzato da un’intensa attività dell’hockeymercato. Detto di Irmen a Bolzano colpisce come ben tre squadre abbiano cambiato in corsa il proprio goalie. Certo il portiere resta un ruolo delicatissimo e spesso determinante per le sorti di una squadra ma è difficile pensare che i problemi di Asiago Alleghe e Cortina siano stati esclusivamente legati alle prestazione dei loro estremi difensori. Il campionato italiano riabbraccia quindi l’Mvp della passata stagione Daniel Bellissimo, tornato a difendere la gabbia dell’Asiago al posto di Perugini e l’ex portierone del Fassa Adam Dennis sbarcato ad Alleghe in sostituzione di un comunque discreto Gusten Tornqvist. A Cortina invece è stato chiamato in tutta fretta Adam Munro (17 presenze in Nhl) per fronteggiare la partenza oltreoceano di Adam Russo

Nicola Sbetti

LO SPRINGBOK LONTANO DAL CUORE DEL SUDAFRICA

In Sudafrica i simboli sono importanti e l’antilope che simboleggia e rappresenta la nazionale sudafricana è tornata nuovamente nell’occhio del ciclone. Via dal petto dei giocatori ed emarginata sulla manica sinistra per tutto l’arco della Coppa del Mondo 2011.

Dimenticatevi Invictus, o meglio, provate a chiedervi cosa è successo dopo i titoli di coda. Il rugby ha continuato ad essere il bastione e il simbolo dell’orgoglio afrikaner. Terminata l’euforia del 1995 il rugby perse l’occasione per rifondarsi e rimase ancora per tre anni in mano a quel Louis Luyt, il quale al termine della suddetta finale aveva dichiarato che, se fosse stata concessa loro la partecipazione, gli Springboks avrebbero vinto anche le due precedenti edizioni. Il pallone ovale e gli Springboks sono rimasti e per certi versi rimangono ancora uno degli ultimi bastioni dell’ultranazionalismo afrikaner.

Il periodo più buio del rugby sudafricano fu raggiunto nei primi anni del nuovo millennio quando, oltre alle prestazioni sportive negative, la nazionale si guadagnò le prime pagine dei giornali per una rissa fra l’avanti afrikaner Geo Cronjé e la seconda linea coloured Quinton Davids. Pare accertato che il primo si fosse rifiutato di fare la doccia con il secondo. Entrambi furono squalificati. Pochi mesi dopo una deludente Coppa del Mondo, si toccò il fondo quando emersero le foto del disumano ritiro tenutosi a Kamp Staaldraad.

Allo stesso tempo molti politici dell’African National Congress non hanno mai rinunciato a cercare di minare questo fortino afrikaner, imponendo quote ed erodendo man mano il potere dalle mani del vecchio establishment bianco. L’allenatore Jake White, promosso dopo lo scandalo di Kamp Staaldraad, denunciò spesso le pressioni politiche che pretendevano un numero maggiore di giocatori di colore nel quindici iniziale.

Se il simbolismo nello sport è importante, in Sudafrica pare essere fondamentale. Nelson Mandela, semplicemente indossando la divisa di gioco e un cappellino degli Springboks, era riuscito con una mossa politica geniale a dimostrare che il paese per restare unito doveva includere anche determinati aspetti culturali degli oppressori di ieri. Il gioco è stato riproposto da Thabo Mbeki in occasione del successo del 2007, in cui anche un ormai anziano Mandela è stato rivestito della maglia verde-oro che per l’occasione aveva stampato sulla manica il numero di prigionia del leader politico sudafricano (466664). La luna di miele del Sudafrica con i leader dell’ANC era però ormai finita.

Lo Springbok, la celebre antilope che dal 1906 rappresenta la nazionale di rugby sudafricana e che fino al 1995 era stato uno dei simboli più divisivi del paese, ha provato a riproporsi tanto nel 1995 quanto nel 2007 come simbolo unificatore ma, malgrado la forza della retorica, non è mai riuscita a convincere i sudafricani che continuano a vedere in essa un simbolo della segregazione razziale. Già nel 1992 con la fine dell’apartheid, per marcare un cambiamento, fu aggiunta all’antilope una corona di protea, fiore che simboleggia l’intero movimento sportivo sudafricano, dal cricket all’atletica. Nel 2008 le pressioni dei falchi dell’ANC hanno fatto sì che la federazione di rugby spodestasse lo Springbok dal cuore dei giocatori, riposizionandolo sul lato destro della maglia. Dal 2009 infatti, in occasione della tournée dei British and Irish Lions, i ‘boks’ hanno giocato con le nuove maglie in cui all’altezza del cuore, al posto della gazzella, si stagliava uno stemma raffigurante la protea.

Al Mondiale neozelandese però, le regole commerciali e la rigidità dell’IRB renderanno possibile la sparizione dell’antilope dal petto dei giocatori. Secondo regolamento infatti c’è posto solamente per tre stemmi sul fronte della maglia: il logo della competizione, lo sponsor tecnico e il logo della nazionale (la protea). Dopo numerose polemiche, l’antilope ha dovuto quindi migrare tristemente, sulla manica sinistra dei giocatori. Che si tratti di un arrivederci e non di un addio (tutto tornerà infatti come nel biennio 2009-10 a fine Mondiale) lo si capisce anche dando una rapida occhiata al sito della federazione di rugby in cui il simbolo e la parola Springboks capeggiano un po’ ovunque. Sorge comunque spontanea una domanda: chissà cosa ne pensa Nelson Mandela, l’uomo che nel 1995 e nuovamente nel 2007 indossò i simboli del vecchio nemico per dare loro un nuovo significato di inclusione e d’integrazione?

Nicola Sbetti

ABOLIRE IL DOPING? DITE LA VOSTRA!

Il doping nello sport: un fenomeno da legalizzare o da combattere a tutti i costi?

Prima di iniziare l’avventura con Pianeta Sport avevo discusso con Marco Regazzoni (prima penna del ciclismo della nostra testata) su come affrontare il tema doping sul ciclismo. La nostra scelta comune era stata quella di commentare quello che vedevamo pur sapendo che in gruppo ci sarebbero stati dei corridori che si aiutavano con prodotti illegali e altri che invece rispettavano le regole del gioco.

A seguito della presunta positività di Alberto Contador e soprattutto della durissima uscita del procuratore antidoping del Coni Ettore Torri, si è però resa indispensabile una riflessione sull’argomento.

Tutti i ciclisti si dopano. La lotta al doping è una battaglia persa in partenza. Il doping, se non facesse male alla salute, andrebbe legalizzato. Questi, in estrema sintesi, i punti chiave delle sue esternazioni.

Poiché in questi mesi, dal Tour de France al mondiale, i lettori di Pianeta Sport sono stati molto partecipi nel commentare le imprese dei ciclisti volevo provare a coinvolgevi in un dibattito su un tema scivoloso e complesso come il doping. Raccoglieremo le vostre impressioni e nel numero 2 di novembre tireremo le somme:

1 ) Secondo voi il doping è un problema principalmente di salute o un problema etico?

2 ) Considerato il fatto che al giorno d’oggi l’uso di droghe sociali legali o illegali è ampiamente diffuso e parzialmente accettato da una buona parte della società trovate condivisibile la rappresentazione manichea che emerge dai principali media nazionali e internazionali secondo cui chi viene trovato colpevole è il “bad guy” da contrapporre invece al bravo ragazzo che piace alle mamme? (Ben Johnson Vs Michael Jordan per fare un esempio)

3 ) Nonostante i continui casi di positività che hanno colpito dal caso Festina in poi continuate a seguire il ciclismo? Perché? Avete mai avuto dei momenti di ripensamento? Quando?

4 ) Ritenete che, in termini assoluti, l’Unione Ciclistica Internazionale stia facendo abbastanza nel combattere il fenomeno? E in termini relativi, rispetto ad altri sport?

5 ) Cosa ne pensate di corridori come Millar e Simeoni che dopo essersi dopati pesantemente in passato tornano dichiarando di aver chiuso con il doping e pur abbassando di molto le loro prestazioni riescono ancora a togliersi qualche piccola soddisfazione?

6 ) Che percentuale di ciclisti dopati c’è in gruppo secondo voi?

7 ) Quanto contano le differenze di legislazione in materia di doping?

8 ) Reagite allo stesso modo se vengono pizzicati Contador, Mosquera, Heras, Valverde rispetto a Di Luca, Basso, Rebellin, Pantani?

9 ) Che cos’è per voi il doping?

10 ) Ha ragione Bode Miller? Il doping va legalizzato?

Commentate e dite la vostra!

Nicola Sbetti

NEL PANTANO DEI GIOCHI DEL COMMONWEALTH

Nella bufera l’edizione che si svolgerà in India, tra ritardi, lacune e corruzione.

Basterà la cerimonia d’apertura a mettere la parola fine alle polemiche che stanno tempestando l’India e gli organizzatori dei Giochi del Commonwealth? Difficile a dirsi; anche perché agli espropri delle case per costruire le nuove avveniristiche strutture sportive – fenomeno che ormai caratterizza tutti i mega-event di paesi non occidentali (vedi Pechino 2008, Sud Africa 2010) e possibile anche in una democrazia come l’India grazie a una legge risalente ancora all’Impero britannico – si sono aggiunti ritardi, carenze strutturali e scandali di corruzione.  Anche il piano emergenziale, posto in essere per finire entro i termini, è stato rallentato dalle forti piogge e dalle epidemie di febbre. Il momento più basso è stato poi raggiunto il 21 settembre, quando un ponte, che avrebbe dovuto collegare il villaggio degli atleti allo stadio, è collassato al suolo, ferendo 23 operai, perché costruito in troppa fretta e con materiali scadenti.

L’intera manifestazione a quel punto è stata sul punto di essere cancellata anche perché, per via delle carenze organizzative, gli allarmi di possibili attacchi terroristici si sono intensificati e numerosi atleti hanno dichiarato che i Giochi non sarebbero essere stati assegnati all’India.

Ma anche nei giorni successivi i problemi relativi al villaggio degli atleti sono apparsi alle volte insormontabili. Bagni inagibili, primi piani allagati, scimmie, serpenti e cani randagi hanno costretto le squadre a ritardare il loro arrivo o ad alloggiare momentaneamente negli alberghi di Dehli.

Dovevano essere la presentazione dell’India al mondo, o quantomeno una prova generale in vista della candidatura alle olimpiadi del 2020, ma si stanno tramutando in un pericoloso boomerang. Molti indiani hanno espresso il loro disappunto per la brutta esposizione internazionale del proprio paese, ma a ben guardare altrettanti non sembrano curarsene. In effetti solo due sport britannici sono veramente entrati nel cuore degli indiani: l’hockey su prato e, soprattutto, il cricket, che attira quasi totalmente l’attenzione dei media.

Del resto l’India, Giochi del Commonwealth o meno, deve confrontarsi quotidianamente con le sue contraddizioni derivate dall’essere una potenza regionale dalle concrete aspirazioni globali ma allo stesso tempo di paese povero. Chi invece potrebbe davvero subire una ferita profonda dal fallimento dei Giochi è il Commonwealth stesso. Senza Husain Bolt e la Regina Elisabetta la manifestazione appariva già dimezzata; le seguenti rinunce individuali e le acide polemiche dei quotidiani anglofoni di mezzo mondo potrebbero contribuire a sfiduciare quasi definitivamente un’organizzazione che ha già perso negli anni gran parte del suo peso politico e sta lentamente perdendo anche la sua influenza simbolica e culturale.

Nicola Sbetti

CRICKET: LO SCUDETTO AL PIANORO

La formazione emiliana vince per la quattordicesima volta il campionato italiano di cricket.

Quattordicesimo scudetto, il quinto consecutivo. Il Tecnessenze Pianoro Cricket Club si conferma, se mai ci fossero stati dubbi, la realtà più importante del cricket italiano. Sarebbero bastati quattro punti per laurearsi campioni nello scontro diretto contro il Milan Kingsgrove. Alla fine però la partita si è risolta con il più raro e forse anche più giusto dei risultati; un pareggio, 136 a 136, che premia non solo il valore del Pianoro ma anche la forza dei milanesi, unica compagine a non perdere in entrambi i confronti contro l’imbattuta corazzata emiliana.

All’Oval di Rastignano, sia in caso di vittoria che di sconfitta, era già pronta la festa e tutti i giocatori della rosa (Jayasena, Di Giglio, Poli, Hasan, Hussain, Minghetti, Pezzi, Qureshi, Zuppiroli, Rodrigo, Sivalingaperumal, Mushtaq, Manatunga, Fernando, Shkaik, Tauqeer, Billi e Pacheco), chi per giocare, chi per dare il proprio sostegno fuori dal campo, non sono mancati all’appello.

La partita per i neo campioni d’Italia non era cominciata nel migliore dei modi. La perdita del toss aveva costretto il Pianoro alla battuta e l’abilità dei lanciatori milanesi unita al il terreno umido avevano limitato le corse dei padroni di casa a 136 (Qureshi 26, Sivalingaperumal 34).

Al raggiungimento del 4° punto che valeva la certezza dello scudetto tutto è sembrato più facile, e la tensione è scemata. Sul 136 pari, quando la vittoria di Pirro sembrava ormai nelle mani dei lombardi, un superbo lancio di Poli (che evidentemente già pregustava la torta fatta dalla mamma) ha portato alla presa al volo di Rodrigo ed ha posto fine all’incontro. Si tratta del secondo pareggio nell’intera storia del campionato italiano di cricket.

Al catch di Rodrigo sono cominciati i festeggiamenti. Ai gavettoni è susseguita una gustosa grigliata a base di carne di maiale e vitello (per i mussulmani), vino, birra, acqua, bibite varie, conclusasi con la gigantesca torta fatta dalla madre di Poli.

Nell’incontro fra la 3° e la 4° il Trentino ha superato nettamente il Bologna confermandosi, squadra emergente e giustificando icosì l terzo posto in classifica. Le noti dolenti sono invece arrivate dalla sfida fra le ultime due della classe. La Pgs Lux si è infatti aggiudicata l’incontro per il forfait del Maremma. Purtroppo la squadra di Grosseto ha scelto il modo peggiore possibile per concludere una stagione già di per sé deludente; ed è davvero un peccato perché il quello del 2010, nel complesso, è stato un gran bel campionato. Il nostro auspicio è che nel prossimo futuro sempre più squadre possano accedere alla serie A in modo da avere una competizione con promozioni e retrocessioni. Per il momento infatti la partecipazione alle tre serie sportive (A, B, C) è dettata non da meriti sportivi ma dal numero di italiani e stranieri schierabili in campo.

14° GIORNATA

26 settembre 2010

Campo Parco Resistenza – Trento

Trentino 338 batte Bologna 234

(Trentino 20 pt / Bologna 8 pt.)

Campo Tor Carbone – Roma

Lux 200 batte Maremma 0 per forfait (in attesa decisioni G.U.)

(Lux 20 pt. / Maremma 0pt)

Campo Ovale – Rastignano

Pianoro 136 pareggia con Kingsgrove 136

(Pianoro 12 pt. / Kingsgrove 12)

RIPOSA – Capannelle

CLASSIFICA

G V N P Pti
PIANORO 12 10 2 0 219
KINGSGROVE 12 9 2 1 202
TRENTINO 12 8 1 3 185
BOLOGNA 12 4 1 7 133
CAPANNELLE 12 5 0 7 122
LUX 12 3 0 9 101
MAREMMA 12 0 0 12 35

Nicola Sbetti