LA TERRA TREMA, IL CALCIO SI FERMA

Annullate in Giappone per tutto il mese di marzo le partite della J.League a seguito del terribile terremoto.

Ventidue ragazzi corrono dietro ad un pallone da calcio, in Giappone, su un campo dalla morfologia bizzarra, quasi fosse una collina. La loro partita viene trasmessa in diretta tv nazionale, con un appassionato telecronista a raccontare le loro gesta. Una squadra, proveniente dalla città di Fujisawa, schiera i due più grandi talenti del calcio nipponico: il primo, Genzo Wakabayashi, è un portiere dalle doti straordinarie, pressoché imbattibile nei tiri dalla distanza; il secondo, Tsubasa Ozora, è un attaccante eclettico dalle maniere gentili e dal carisma innato. Il calcio è, prima di tutto, un gioco, un divertimento. E, sovente, ripete a compagni di squadra ed avversari: “Il pallone è tuo amico”.

Ma la realtà odierna del Giappone non è il quadro idilliaco e gioioso che Yoichi Takasahi aveva disegnato nel suo popolarissimo manga, poi divenuto un cartone animato di successo sbarcato in Italia con il nome di “Holly e Benji”. Il pallone è amico dei bambini, eppure ha smesso di rotolare dopo la tragedia che venerdì 11 marzo ha colpito il paese del Sol Levante. Due minuti e una scossa di terremoto di 9 gradi della scala Richter – cui fa seguito un terrificante tsunami – devasta un’intera nazione: oltre 10mila le vittime (stimate) del movimento tellurico, il quarto più forte di sempre nella storia dell’umanità. Un dramma che non risparmia nemmeno il calcio, la cui stagione è ripartita da appena una settimana.

Tutto inizia alle 14.56 di venerdì (in Italia sono solamente le 6.56): nell’Oceano Pacifico, 130 km a largo di Sendai, città che ospitò il ritiro della nazionale italiana di calcio ai Mondiali nippocoreani, la terra trema. Eccome se trema: 9 gradi della scala Richter. Due minuti di scosse, un’infinità per quanti vedono i mobili cadere improvvisamente al suolo e le pareti degli edifici oscillare. Ma l’apocalisse è appena iniziata. Segue una sessantina di scosse di assestamento a Tōkyō e nelle prefetture bagnate dal Pacifico. E, soprattutto, il terremoto genera uno tsunami da film catastrofista: le onde raggiungono ben presto la mostruosa altezza di dieci metri, sbriciolando gli edifici di alcune città della costa nord-orientale. I danni maggiori si registrano a Sendai, dove l’aeroporto viene invaso dalle acque e dove centinaia di cadaveri vengono ritrovati sulla spiaggia. La capitale, invece, va in black-out: i treni metropolitani si bloccano, l’energia elettrica inizia a scarseggiare, la rete telefonica isola la popolazione. E poi c’è la prefettura di Fukushima, dove crolla una diga e dove si verifica un’esplosione alla centrale nucleare dell’omonima città: qualcuno paventa il rischio di pioggia radioattiva. Di pioggia sporca, come il titolo del film che Ridley Scott girò – guarda caso – ad Ōsaka, in un Giappone ormai invaso dal consumismo di massa dell’America degli yuppies. Ma c’è anche chi cerca di sgombrare il campo dai falsi allarmismi e di tranquillizzare l’opinione pubblica, perché la situazione, in fondo, è sotto controllo.

Anche il mondo dello sport rimane bruscamente coinvolto e con un breve comunicato la JFA, la Federcalcio nipponica, dirama la notizia che tutte le partite della J. League della seconda giornata, in programma nel fine-settimana, sono annullate. E non è un semplice atto doveroso verso il proprio paese che piange la morte dei suoi figli: alcune squadre sono diventate vere e proprie vittime del terremoto. Come il Vegalta Sendai, squadra del massimo campionato in cui gioca l’ex sampdoriano e messinese Atsushi Yanagisawa: il presidente Shirahata Yoichi comunica a Kazumi Ohigashi, numero della Federcalcio, che lo stadio e le strutture per gli allenamenti sono andati distrutti. I giocatori stranieri – i brasiliani Marquinhos e Max ed i sudcoreani Cho Byung-Kuk e Park Joo-Sung – tornano a casa, i giapponesi provenienti da altre regioni li seguono e raggiungono i rispettivi familiari. Nessuno vuol restare a Sendai.

Passano tre giorni: i morti non accennano a diminuire. Tutt’altro. È una strage. La JFA annuncia un’altra notizia: tutte le partite in programma nell’intero mese di marzo sono cancellate e rinviate a data da destinarsi. Probabilmente a luglio, quando la nazionale di Alberto Zaccheroni – pure lui rientrato in Italia dopo aver toccato con mano i danni del terremoto nel suo appartamento di Tōkyō – sarà impegnata nella Coppa America. Anche la AFC, il massimo organo calcistico continentale, annulla tutte le partite della Champions League asiatica previste sul suolo giapponese: tra queste c’è anche l’attesa sfida tra il Kashima Antlers, la più titolata tra le squadre della J.League, e gli australiani del Sydney FC. Kashima è una città medio-piccola inglobata nella Grande area della capitale: al pari di molte altre, non è rimasta estranea ai movimenti della crosta terrestre nell’Oceano Pacifico. Anche il primo turno della Yamazaki Nabisco Cup, la coppa nazionale, viene rinviato: il calcio d’inizio era previsto per domani. E adesso sono in forte dubbio anche le già pianificate amichevoli di fine mese contro Montenegro e Nuova Zelanda, in programma a Shizuoka e a Tōkyō.

Ma non è solo il calcio a bloccarsi: nella giornata di venerdì, a Yokohama, viene sospesa al settimo inning la sfida di baseball tra Bay Stars e Yakult Swallows. Daisuke Miura, stella della squadra di casa, ed alcuni compagni di squadra non riescono a rientrare a casa, tanto è il traffico che ingorga le strade della Grande area di Tōkyō: trascorrono la notte allo stadio. A Yokohama, poi, identica sorte tocca ad una competizione di golf riservata alle donne: la Tire PRGR Ladies Cup, iniziata il giorno dell’apocalisse, si ferma subito. La prefettura di Fukushima, quella dove si è verificata l’esplosione nella centrale nucleare, avrebbe dovuto ospitare le finali scudetto dell’Asia League di hockey su ghiaccio: non se ne fa di niente. Saltano anche boxe, corse automobilistiche, pallacanestro, persino la maratona internazionale femminile di Nagoya: l’ultimo precedente risale al gennaio 1995, quando la terra si aprì a Kōbe e inghiottì oltre 6mila vittime. All’epoca la J.League, nata solamente due anni prima, non si fermò: il Vissel, squadra della città colpita dal terremoto, disputò qualche mese più tardi un’amichevole a scopo benefico a Seattle – prima squadra nipponica a giocare in territorio americano – e a Tōkyō andò in scena un’altra partita, tra due selezioni miste, per ricordare le vittime di Kōbe. C’è, tuttavia, un’inquietante analogia: nell’autunno del 1923 il campionato nazionale di calcio, riservato a scuole ed università e giunto appena alla sua terza stagione, viene annullato e rinviato al febbraio successivo. Alla base della decisione il grande terremoto del Kantō che il 1° settembre fece crollare il suolo nella capitale e nelle prefetture di Chiba, Kanagawa e Shizuoka: le vittime stimate furono 142mila. La scossa più devastante nella storia del Giappone. Fino allo scorso venerdì.

LA PALLANUOTO PIANGE FRANCESCO E NICOLÒ

Premessa: questa rubrica nasce con l’intento di parlare di tutto quanto ruota attorno alla pallanuoto. Di tutto quello che accade nella immaginaria Waterpolis, città-stato dello sport di squadra presente da più tempo ai Giochi Olimpici. Oggi, eccezionalmente – ma ce lo saremmo risparmiati volentieri – Waterpolis tratta di cronaca nera per parlare di pallanuoto: difficile fare diversamente dopo il tragico incidente  in cui hanno perso la vita due pallanotisti poco più che ventenni. Si chiamavano Francesco Damonte e Nicolò Morena e giocavano nella Pallanuoto Bergamo, in Serie A2.

L’incidente si è verificato nella notte tra sabato 5 e domenica 6 marzo, poco prima della 5, sull’autostrada A4 nel tratto tra Ospitaletto e Rovato: tutto nasce da uno scontro tra una Fiat Panda, guidata da un 56enne di Peschiera Borromeo, ed un autoarticolato con un camionista sloveno alla guida. Il tir tampona l’utilitaria e si ferma in prima corsia, l’altro mezzo finisce fuori strada ma il conducente riporta solo delle lievi ferite. Nel frattempo sopraggiunge una Fiat Stilo: al volante c’è un ragazzo di 24 anni di Strezzano, insieme a due suoi amici. Sono Francesco Damonte e Nicolò Morena: entrambi liguri, entrambi di proprietà della Rari Nantes Savona, giocano in prestito alla Pallanuoto Bergamo. Poche ore prima hanno vinto una partita di campionato a Vigevano.

La Fiat Stilo va a sbattere contro il tir e si ribalta, finendo in terza corsia: il ragazzo alla guida riesce a venirne fuori e a salvarsi, Damonte e Morena muoiono purtroppo sul colpo. Non è finita: transitano anche due Alfa Romeo che urtano i detriti dei precedenti schianti e, successivamente, arriva un’Audi A4 che colpisce la Stilo. Il conducente, un 24enne di Palosco, se la cava solo con qualche lieve ferita, mentre il passeggero al suo fianco, un uomo di 38 anni, ne esce con una prognosi di 40 giorni.

La notizia ha commosso il mondo della pallanuoto, soprattutto il presidente della società bergamasca Dario Pagani (“Due veri sportivi, seri e brillanti: si allenavano tutta la settimana, studiavano con ottimo profitto all’università, qualche volta andavano a ballare”) e Claudio Mistrangelo, che li aveva allenati a Savona (“Erano due ragazzi davvero in gamba, due vere promesse della pallanuoto”). I funerali si sono svolti nelle rispettive città, a Mallare in Valbormida quello di Morena e ad Arenzano quello di Bamonte: la famiglia di Morena ha invitato i presenti a non fare offerte, ma a devolvere il denaro all’Associazione Vittime della Strada. Intanto sia il conducente della Stilo che quello dell’Audi A4 sono risultati positivi al test etilometrico, con il secondo positivo anche al drug-test.

(Nota: non c’è molto da aggiungere, se non che fa piangere il cuore sapere che due giovani ragazzi, ancor prima che pallanotisti, sono morti poco più che ventenni. E fa male sapere che sono  le vittime dell’ennesimo, tragico incidente stradale del sabato sera, forse il modo più assurdo per lasciare questo mondo. Da parte della redazione le più sentite condoglianze ai familiari coinvolti).

(PRO)FUMO DI LONDRA 2012

Iniziano i lavori alla piscina che ospiterà il torneo olimpico di pallanuoto, per il quale è già pronto il calendario.

I prossimi Giochi Olimpici, nella pallanuoto, segneranno un gradito ritorno: la Gran Bretagna. Vincitrice di ben quattro ori nelle prime cinque edizioni – ma nel 1904, a Saint Louis, si sfidarono appena tre squadre statunitensi -, la nazionale del Regno Unito da oltre cinquanta anni è sparita dalle competizioni a cinque cerchi. Con l’affidamento a Londra dei trentesimi Giochi, i britannici parteciperanno di diritto e, così, avranno modo di celebrare questo ritorno di fronte ai propri concittadini. Un evento memorabile, per il quale sembra ormai tutto pronto.

Gli stormi di rondini in volo sopra il Big Ben annunceranno l’arrivo della primavera e, soprattutto, l’inizio dei lavori alla piscina che ospiterà i due tornei della pallanuoto, uno dei pochi impianti che devono essere ancora costruiti. Lo scorso gennaio è stata annunciata la firma dei contratti per il via libera alla realizzazione – che inizierà proprio questo mese – dell’avveniristica Water Polo Arena: dalla struttura cuneiforme e con un tetto dalle tonalità argentate in plastica riciclabile, è un impianto che verrà sistemato di fianco allo stadio Olimpico ed all’Aquatics Centre. Lunga 37 metri e larga 21, con una profondità di 2 metri, la Water Polo Arena verrà dotata anche di una vasca più piccola per il riscaldamento e sarà in grado di ospitare 5mila spettatori. Una volta terminati i Giochi di Londra, la piscina verrà smantellata: alcuni elementi, come i cuscinetti in PVC senza ftalati impiegati per il tetto, saranno però riutilizzati, in modo da ridurre gli sprechi.

Intanto, nell’attesa che la Water Polo Arena veda la luce, è già stato preparato il calendario del torneo maschile e di quello femminile: quest’ultimo segnerà il debutto assoluto ai Giochi Olimpici della pallanuoto britannica in rosa. I tempi, innanzitutto: gli uomini scenderanno in acqua a partire dal 29 luglio, il giorno successivo inizieranno anche le donne mentre la conclusione è programmata per l’11 agosto, con la finalissima del torneo maschile. La formula è la stessa di Europei e Mondiali: dodici le nazionali in gara tra gli uomini, otto invece tra le donne. Già stabiliti, infine, anche i costi dei biglietti: prezzi invariati dai gironi eliminatori fino ai quarti di finale (da 20 a 65 sterline), si sale vertiginosamente per semifinali e finali di consolazione (da 30 a 95 sterline). Manco a dirlo, i costi maggiori riguardando i biglietti per le partite che assegneranno le medaglie, seguite poi dalla cerimonia di premiazione: i più economici costano 65 sterline, quelli da prima fila arrivano a quota 185.

Fatta la forma, adesso non resta altro che riempirla con due tornei sostanziosi.

VIVE LA GRÈVE!

Incredibile in Francia: mancano gli arbitri e le squadre scioperano. Risultato: campionati fermi da un mese.

Probabilmente Nicolas Sarkozy ha avuto – ed avrà – ben altri scioperi di cui preoccuparsi, come quelli generali seguiti alla contestata riforma delle pensioni. Eppure anche nel mondo dello sport transalpino c’è chi ha deciso di incrociare le braccia, come i giocatori dei campionati maschili e femminili di pallanuoto, fermi da oltre un mese. E, soprattutto, senza uno spiraglio che faccia pensare ad un’immediata ripresa.

Tutto nasce da una serie di agitazioni interne al collegio arbitrale della FFN, la Federnuoto francese: da oltre un anno e mezzo i direttori di gara lamentano una serie di problematiche ed alla prima pagina dei loro cahiers de doléances figurano la drastica riduzione degli stipendi e dei rimborsi spesa (60 euro per pernottamento, trasporti e pasti). La FFN prova a risolvere la situazione istituendo una sorta di sotto-commissione degli arbitri, presieduta da una figura di tutto rispetto come Patrick Clémençon. Ma il caos non si placa: alcuni direttori di gara non si presentano agli incontri. Il regolamento prevede che le squadre provvedano a reperire i sostituti, da pescare però dalle categorie inferiori. E allora ecco che le società non ci stanno e decidono di scioperare.

“Un conflitto all’interno del collegio arbitrale della Federazione Francese  non consente che gli incontri dei più importanti campionati maschili e femminili possano avvenire in condizioni normali – scrive in una nota Marc Crousillat, presidente dell’ACWF, l’associazione dei club pallanotistici d’Oltralpe – così per motivi di sicurezza, ma anche di etica sportiva, il comitato della pallanuoto e la maggior parte delle società dei campionati di cui sopra (dieci su dieci in Élite, dieci su undici in N1 e sei in sette N1 femminile) ha preso, a malincuore, la decisione di interrompere il campionato fino a quando una non verrà trovata una soluzione”. Mai successo qualcosa di simile in uno sport che in Francia vanta una tradizione di lunghi anni. Anzi: qui la pallanuoto si pratica da oltre un secolo ed i transalpini, almeno agli albori dei Giochi Olimpici, erano una delle nazionali più agguerrite.

E così tutti i campionati nazionali sono fermi da esattamente un mese: è, infatti, a partire dallo scorso 22 gennaio che le società hanno scelto la linea dura. “In diverse occasioni – prosegue Crouisillat – l’ACWF ha chiesto al presidente della Federazione di organizzare una riunione d’emergenza per trovare una soluzione a questo conflitto che ha paralizzato l’intera disciplina. I nostri tre delegati, che rappresentano la voce di oltre l’80% della pallanuoto francese (11 000 affiliati), non hanno purtroppo ricevuto alcuna risposta positiva finora. La famiglia della pallanuoto sente poco il sostegno di una Federazione di cui ha fatto parte fin da subito e che ha ottenuto la sua prima medaglia d’oro olimpica nel 1924 a Parigi. Sabato 5 febbraio 2011 la Federazione non è stata in grado, per la seconda volta consecutiva, di garantire la presenza di quasi tutti gli arbitri per le partite. In queste condizioni, e per evitare il rischio di incidenti, i presidenti di club hanno preferito interrompere le gare”. Insomma, senza arbitri all’altezza della situazione, non si gioca.

Una possibile svolta potrebbe arrivare sabato, quando il presidente federale Francis Luyce incontrerà i presidenti dei club per trovare una via di uscita. E, intanto, sono stati coinvolti nella diatriba anche il Ministero dello Sport ed il Comitato Nazionale Olimpico francese. La speranza è che, una volta tanto, le sempre evocate tavole rotonde portino ad un risultato concreto. In caso contrario, l’ipotesi del ricorso alle vie legali è tutt’altro che remota. Con il rischio che, ancor prima che un vincitore della causa, ci sia un perdente già stabilito: la pallanuoto.

QUESTO COLLEGIALE NON S’HA DA FARE?

Polemiche per il raduno della nazionale femminile in Australia dal 13 al 23 febbraio, tra mancate comunicazioni ed esclusioni eccellenti.

Nove giorni di allenamenti in Australia, con almeno quattro sedute in palestra ed amichevoli contro la nazionale delle Stingers, giunta seconda all’ultima World League di La Jolla: sulla carta, un programma validissimo. Eppure il collegiale che il Setterosa sta sostenendo da domenica – e sosterrà, fino al 23 febbraio prossimo – a Perth ha creato non pochi malumori ancor prima che iniziasse.

Anzitutto, le dirette interessate – e cioè le squadre del campionato di serie A1 – non erano state preventivamente avvisate da chi di dovere. Nel senso che la notizia era nell’aria, ma alle rispettive sedi non era arrivata nessuna comunicazione ufficiale da Roma. E poi alcune società non avrebbero gradito la collocazione del collegiale in un periodo durante il quale si giocano le coppe europee, con conseguenze facilmente immaginabili per chi ambisce a fare più strada possibile. Si è così arrivati alla decisione, previo parere favorevole delle società stesse, di far slittare al 2 marzo la quinta giornata di ritorno, prevista, appunto, il 23 febbraio.

Oltre a modalità e tempi di comunicazione ed al periodo scelto, anche le convocazioni del ct Fabio Conti, subentrato lo scorso novembre al posto di Roberto Fiori, non hanno convinto  del tutto qualcuno: in particolare ha suscitato perplessità l’esclusione di Arianna Garibotti, 21 anni, una delle reduci del quarto posto agli Europei di Zagabria e, certamente, una delle speranze del futuro Setterosa. Assieme a lei, rispetto all’avventura continentale, non sono state confermate neppure Rosaria Aiello (21 anni pure lei), Federica Radicchi (22) e Federica Rocco mentre sono presenti alcune novità come Sara Dario e Martina Savioli del Plebiscito Padova, le fiorentine Allegra Lapi e Medea Verde, Eleonora Settonce della Rari Nantes Bologna, Francesca Pomeri dell’Imperia e Giulia Rambaldi del Rapallo. Ma Conti ha difeso le sue scelte, facendo appello al principio della sperimentazione di nuovi elementi, ed ha rivendicato la propria innocenza sulla mancata comunicazione alle società e sulla scelta del periodo. Ha, infine, dichiarato di aver preferito un collegiale più lungo a tanti miniraduni da due-tre giorni che avrebbero solamente complicato i programmi delle squadre.

Ma i dubbi maggiori riguardano l’aspetto economico della vicenda: anche alla luce delle spese che la Federnuoto dovrà sostenere per il nuovo allenatore di Federica Pellegrini, osserva qualcuno, era impossibile reperire un avversario in Europa e, dunque, a buon mercato? Pur non mettendo in discussione il valore tecnico delle Stingers, era proprio il caso di andare fino in Australia per effettuare un collegiale?