TOUR: OGGI RIPOSO, DOMANI L’INFERNO

Giornata di riposo della Grande Boucle prima della tappa del Tourmalet di domani e della cronometro di sabato. Tutto è pronto per un gran finale

Alberto Contador e Andy SchleckOggi il Tour osserva il secondo ed ultimo giorno di riposo: la quiete prima della tempesta, rappresentata dell’ultima tappa pirenaica con i suoi 174 km da Pau al Col du Tourmalet, attraverso il Marie Blanque e il Soulor. Dopo le ultime montagne, mancheranno solamente tre frazioni a concludere la corsa: la tappa di trasferimento verso Bordeaux, i 52 km a cronometro assolutamente piatti tra la città girondina e Pauillac, e infine il tradizionale carosello sui Campi Elisi.

La lotta per la maglia gialla vedrà dunque ancora due giornate calde. Il lussemburghese Andy Schleck, che, sfortuna a parte, si è fin qui dimostrato il più forte in salita, dovrà assolutamente cercare di fare la differenza sul Tourmalet, magari facendo tirare la propria squadra a ritmi alti sin dai primi chilometri della tappa, per provare a mettere in difficoltà Contador: il ragazzo della Saxo Bank dovrà cercare di distanziare lo spagnolo di almeno un paio di minuti, perché nella prova a cronometro di sabato il plurivincitore del Tour avrà tutti i favori del pronostico. Samuel Sánchez, terzo a 2’, e Denis Men’šov che lo segue immediatamente a 2’19’’ non sono apparentemente tagliati fuori dalla lotta per la vittoria, ma dovranno inventarsi veramente qualcosa di eccezionale sul Tourmalet per mettere in difficoltà i due big. In ogni caso, anche tra loro ci sarà bagarre per difendere il gradino più basso del podio. Anche il sorprendente belga Van den Broeck, che finora ha dato prova di grande regolarità, può avere qualche ambizione di chiudere nei primi tre, ma domani dovrà giocarsi il tutto per tutto.

Un altro leit-motiv di questa parte finale di corsa sarà il duello tra Hushovd e Petacchi per la maglia verde, che agli italiani manca dai tempi di Cuore Matto Franco Bitossi (1968). Se lo spezzino, pur turbato dall’avviso di garanzia recapitatogli recentemente, ha dalla sua una maggiore freschezza nelle volate di gruppo, il norvegese, sornione ma astuto, è più resistente, e ha già dimostrato di potersi inserire in qualche fuga da lontano, anche in tappe dure come sarà quella di domani, per andare a cogliere i punti degli sprint intermedi.

E poi ci sono i delusi. Quelli che erano partiti con grandi ambizioni ma che finora hanno raccolto poco o niente. È il caso ad esempio della Liquigas-Doimo, una delle due squadre italiane: un Basso in forma non ottimale, penalizzato successivamente dalla broncotracheite, non è riuscito a fare classifica, e anche il promettente Kreuziger può ambire al massimo ad una decima posizione finale; per cui, è lecito attendersi qualche attacco da parte dell’atleta ceco nella tappa di domani, o magari dello stesso Basso se sarà riuscito a guarire da tutti i malanni. C’è Damiano Cunego, sempre all’attacco, a volte anche con scarsa lucidità tattica, ancora a secco di vittorie al Tour nella sua carriera, e non è detto che domani non ci riprovi. Bradley Wiggins invece, partito con ambizioni di classifica, punta decisamente alla cronometro di sabato, anche se dovrà vedersela con La Locomotiva di Berna Fabian Cancellara. Lo stesso Edvald Boasson Hagen, compagno di squadra del britannico ed astro nascente del ciclismo mondiale, si è accontentato finora di qualche piazzamento in volata: un atleta come lui ha i numeri anche per provare qualche azione da finisseur, e le tappe di Bordeaux e Parigi potrebbero ispirarlo.

E infine c’è lui, Le roi américain, com’era soprannominato quando dominava nei suoi sette Tour de France: Lance Armstrong, probabilmente all’ultima recita di un’irripetibile carriera, già all’attacco ieri ma senza quel guizzo finale necessario per vincere. Chissà mai che domani non ci riprovi: non sarebbe da Armstrong salutare il grande pubblico senza aver lottato fino in fondo.


Marco Regazzoni

IERI & OGGI: ALTHEA GIBSON, PRIMA NERA A VINCERE UN TITOLO AMERICANO NEL TENNIS

La storia di Althea Gibson, la tennista che superò le barriera razziali diventando il primo atleta di colore a vincere un titolo americano nel Tennis e molto di più.

Althea GibsonParlare di Althea Gibson significa necessariamente parlare della segregazione razziale nello sport, in questo caso nel Tennis, negli Stati Uniti tra gli anni Quaranta e Cinquanta. Sviluppatosi negli Stati Uniti come sport per l’alta borghesia e l’elite, il Tennis statunitense visse per decenni una dicotomia tra tornei per bianchi e tornei per neri gestiti da due organizzazioni diverse; nel caso degli afroamericani fu l’American Tennis Association, creata nel 1916, ad occuparsi dello sviluppo del gioco tra la popolazione di colore organizzando dal 1917 i Campionati Nazionali contrapposti ai Campionati della USLTA, US Lawn Tennis Association, dove solo i bianchi avevano accesso. Il primo incontro interrazziale avvenne solo nel 1940 quando Don Budge, autore nel 1938 del Grand Slam, giocò in una esibizione al New York Cosmopolitan Club di Harlem contro il campione ATA Jimmie McDaniel vincendo per 6-1 6-2 ma riconoscendo come il gioco di McDaniel avrebbe potuto essere da Top Ten.

Si trattò solo di un caso sporadico e le barriere razziali più rilevanti furono rotte solo a partire da una decina di anni più tardi da Althea Gibson, una ragazza nata nella Carolina del Sud nel 1927 e trasferitasi ad Harlem all’età di tre anni. La passione per il tennis crebbe proprio al Cosmopolitan Club di Harlem e la Gibson nel 1944 vinse il suo primo titolo nazionale ATA nella categoria junior. La qualità del gioco di Althea crebbe e nel 1950 riuscì a partecipare ai Campionati Nazionali Indoor della USLTA divenendo la prima giocatrice di colore a raggiungere la finale di un Campionato Nazionale. Fu ammessa, nonostante il colore della pelle, a partecipare ai Campionati sulla terra rossa dove uscì nei quarti di finale ma la barriera razziale sarebbe stata superata solo partecipando al massimo evento statunitense del tennis, lo US Open che all’epoca si teneva sull’erba di Forest Hills. Tutto faceva presagire un’ennesima esclusione fino a quando la campionessa bianca Alice Marble intervenne con un articolo sulla rivista American Lawn Tennis scrivendo: “Se il tennis è un gioco per gentildonne e gentiluomini, è il momento che si inizi a comportarsi da persone corrette e non da moralisti ipocriti” per chiudere con una sfida: “se Althea Gibson rappresenta una minaccia per questa generazione di giocatrici, è corretto che questa minaccia sia affrontata sui campi da gioco”. L’intervento ebbe effetto e, nel giorno del suo ventitreesimo compleanno, Altea divenne la prima persona di colore a partecipare agli US Opendove uscì al secondo turno contro Louise Brough, una delle star dell’epoca. La storia, talvolta leggendaria, vuole che il match contro la Brough fosse interrotto da un fulmine che colpì una statua e che la Gibson dichiarasse: “quando il fulmine ha colpito ho visto un segno dei tempi che cambiano”.

Saetta o non saetta, la Gibson, la donna di colore delle prime volte nel tennis, nel 1951 fu la prima afroamericana a giocare a Wimbledon ma i suoi migliori anno arrivarono a partire dal 1956 quando vinse il suo primo titolo in un torneo del Grand Slam, gli Open di Francia. L’anno successivo è l’anno della definitiva affermazione: vince Wimbledon battendo in finale Darlena Hard 6-3 6-2 e al ritorno in patria viene fatta sfilare a Broadway. Nonostante questo nella sua biografia la Gibson ricorderà come sebbene vincesse tornei e le fossero tributati onori anche dal vicepresidente Nixon in certe zone del paese le venisse rifiutato l’accesso in alcuni alberghi e le fosse impedito di organizzare un rinfresco in suo onore. Il 21 luglio 1957, Althea Gibson diventa il primo tennista di colore a vincere un titolo nazionale statunitense battendo nella finale dei Campionati in Terra Rossa ancora Darlene Hard con il risultato di 6-2 63. Poco più di un mese dopo si issò sul tetto del tennis americano e mondiale affermandosi anche negli US Open superando in finale Louise Brough (6-3 6-2).

Diventata ormai la tennista numero uno al mondo, Althea Gibson difese con successo ambedue i titoli l’anno successivo e sia nel 1957 sia nel 1958 fu scelta dall’Associated Press come l’atleta dell’anno (un’altra prima volta per gli afroamericani). Dopo aver vinto il suo secondo US Open passò al professionismo.

Massimo Brignolo

IL TOUR DEI FRANCESI CONTINUA CON FÉDRIGO

Nulla di fatto nel tappone pirenaico che ha portato per la prima volta in questo Tour sul Tourmalet.

Perrick FedrigoTante montagne, tanta fatica, ma anche tanta pianura prima di giungere al traguardo di Pau, città dove hanno trionfato negli anni Binda, Coppi, Gimondi, Hinault, Chiappucci e molti altri atleti. Prima il Peyresourde, poi l’Aspin, quindi il Tourmalet, infine l’interminabile Aubisque, al termine del quale mancano 60 chilometri di discesa e pianura per arrivare nel capoluogo del dipartimento dei Pirenei atlantici.

Già sulle rampe della prima ascesa di giornata, poco dopo il via, la corsa si incendia: scattano anche uomini di medio-alta classifica come Roman Kreuziger (Liquigas-Doimo), Ryder Hesjedal (Garmin) e altri atleti di buon livello come Sastre, Armstrong e Wiggins, costringendo l’Astana a mantenere un ritmo davvero alto in testa al gruppo. Per dare un’idea della situazione, a 160 km dal traguardo ci sono dieci atleti in testa alla corsa con una trentina di secondi sul plotone maglia gialla, che però è composto unicamente da quindici atleti, visto che anche alcuni big si sfilano, per quanto rientrino nella discesa successiva.  Sul Tourmalet si mischiano nuovamente le carte: il plotone principale, grazie alle tirate dell’Omega Pharma-Lotto di Van den Broeck, riprende buona parte dei fuggitivi. Davanti resta solo l’indomabile Lance Armstrong (RadioShack), ma gradualmente lo raggiungono il suo compagno di squadra Chris Horner, il veronese Damiano Cunego (Lampre-Farnese Vini), Sandy Casar (Française des Jeux), il lituano Ignatas Konovalovas (Cervélo), l’altro francese Pierrick Fédrigo (Bbox Bouygues Telecom) e due coppie: Christophe Moreau e Rubén Plaza per la Caisse d’Epargne, Carlos Barredo e Jurgen Van de Walle per la Quick Step. La fuga, ben assortita e senza elementi pericolosi per la classifica generale, ha finalmente il via libera del gruppo. Lo stesso Armstrong è tra i più attivi nel plotone di testa, intenzionato a riscattare con una vittoria di tappa un Tour fin qui deludente e sfortunato. Konovalovas si stacca sulle rampe dell’Aubisque, e ai 45 km dall’arrivo scatta Barredo: all’inizio nessuno ci dà troppo peso, sembra un’azione priva di razionalità tattica visto che dietro ci sono nove atleti (otto, se non consideriamo il suo compagno) intenzionati a vincere la tappa. Eppure, il ragazzo di Gijón guadagna prima 15, poi 20, poi 40 secondi, e sembra che nessuno sia in grado di andare a riprenderlo: solamente sotto lo striscione dell’ultimo chilometro, grazie ad una trenata di Moreau, il suo folle sogno si spezza, e a lui non resta che tirare pugni sul manubrio per la delusione. Si arriva così in volata, dove Pierrick Fédrigo, uno dei più veloci del plotoncino, si impone senza troppi problemi davanti a Sandy Casar, già vincitore pochi giorni fa,  mentre per l’ennesima volta Damiano Cunego non riesce a concretizzare quanto di buono fatto in precedenza, chiudendo al quarto posto. Per Fédrigo si tratta del terzo successo in carriera al Tour de France, dopo una frazione  vinta lo scorso anno e una nel 2006, ponendo un altro sigillo su quello che si configura sempre di più, almeno a livello di tappe, come il Tour dei francesi, al sesto successo in questa edizione. Il gruppo principale arriva ad oltre sei minuti, col norvegese Thor Hushovd capace di conquistare punti preziosi che gli permettono di riprendersi la maglia verde ai danni di Petacchi. Di questo plotone non fa parte Ivan Basso, colpito da una broncotracheite che lo costringe in coda alla corsa per tutto il giorno, facendolo uscire definitivamente di classifica.

Domani il secondo giorno di riposo, mentre giovedì ci saranno le ultime montagne, l’ultima possibilità di far male prima che la cronometro di sabato sistemi definitivamente la classifica: da Pau, attraverso il Marie Blanque e il Soulor, lo spettacolare arrivo in quota sul Tourmalet già affrontato oggi, 18.6 km di ascesa al 7.5%.

Martedì 20 luglio 2010
Tour de France, sedicesima tappa
Bagnères-de-Luchon – Pau (199.5 km)

ORDINE D’ARRIVO:

Ciclista Squadra Tempo
1. Pierrick FÉDRIGO
Bbox Bouygues Tlc 5h31’43”
(media 36.1 km/h)
2. Sandy CASAR
Française des Jeux stesso tempo
3. Rubén PLAZA Caisse d’Epargne stesso tempo
4. Damiano CUNEGO
Lamp’re-Farnese Vini stesso tempo
5. Christopher HORNER
RadioShack stesso tempo

CLASSIFICA GENERALE:

Ciclista Squadra Tempo
1. Alberto CONTADOR
Astana 78h29’10”
2. Andy SCHLECK
Saxo Bank a 8″
3. Samuel SÁNCHEZ
Euskaltel-Euskadi a 2’00”
27. Ivan BASSO
Liquigas Doimo a 37’18”

MAGLIA VERDE (punti):

Ciclista Squadra Punti
1. Thor HUSHOVD Cérvelo 191
2. Alessandro PETACCHI Lampre-Farnese Vini 187
3. Mark CAVENDISH
Team Htc-Columbia 162

MAGLIA A POIS (montagna):

Ciclista Squadra Punti
1. Anthony CHARTEAU Bbox Bouygues Tlc 143
2. Christophe MOREAU
Caisse d’Epargne 128
3. Damiano CUNEGO
Lampre-Farnese Vini 99

MAGLIA BIANCA (giovani):

Ciclista Squadra Tempo
1. Andy SCHLECK
Saxo Bank 78h29’18”
2. Robert GESINK
Rabobank a 4’53”
3. Roman KREUZIGER
Liquigas-Doimo a 7’50”

Marco Regazzoni

IERI & OGGI: IL PRIMO TOUR DI EDDY MERCKX

La prima di cinque vittorie di Eddie Merckx al Tour de France: il Cannibale lascia il secondo a quasi 18′ in una classifica d’altri tempi

Eddie MerckxSei vittorie di tappa, la maglia gialla, la maglia verde, la maglia a pois del Gran Premio della Montagna, la maglia della Combinata, il trofeo per il più combattivo, la vittoria della Faema nella classifica a squadre: è il bilancio unico e irripetibile del primo Tour de France del Cannibale, al secolo Eddie Merckx.

Era il 20 luglio 1969 quando il belga si impose anche nella cronometro di fine Tour da Créteil – Paris la Cipale infliggendo nell’occasione 53″ a Raymond Poulidor e 1’14” a Roger Pingeon, il secondo sul podio finale con un distacco d’altri tempi, 17’54”. Il ventiquattrenne belga si era già imposto, con la maglia iridata (la prima di tre) conquistata nel 1967 ad Heeerlen, nel Giro d’Italia del 1968 mentre nel 1969, quando era al comando della classifica generale era stato squalificato a Savona perchè trovato positivo ad un controllo antidoping.  Perdonato all’ultimo momento dalla sua Federazione, Merckx si presentò desideroso di rivincita ai nastri di partenza di Roubaix.

Una tappa tra tutte può essere utilizzata per descrivere il dominio del belga alla prima esperienza nella Grande Boucle: il tappone pirenaico Luchon – Mourenx. Dopo Peyresourde e Aspin dove i grandi rimangono in gruppo la Faema prende l’iniziativa sul Tourmalet e in vetta un episodio rivela il carattere di cannibale e di padre padrone del grande belga: a 200 metri dal GpM, accelera per passare per primo davanti al suo gregario Vandenbossche. Nel dopo corsa la maglia gialla spiegherà il suo comportamento con la delusione per aver ricevuto dallo sfortunato Vandenbossche la notizia qualche giorno prima della sua decisione di cambiare squadra a fine stagione. ma Merckx non è contento di aver dato una lezione al gregario infedele. Il Cannibale accelera in discesa e alla fine della stessa ha 25″ di vantaggio, si rifornisce e parte come se si trattasse di una tappa a cronometro. Quaranta chilometri dopo alla base del Soulor ha 3’35” di vantaggio che diventano 5’15” allo scollinamento e 6’55 sulla cima dell’Aubisque. All’arrivo, dopo 140 km di fuga solitaria, Merckx avrà relegato il secondo di tappa, l’italiano Michele Dancelli, a 7’56. Il giorno dopo Jacques Goddet su L’Équipe intitolerà il suo articolo “Merckxissimo”

Quella sera quando mancano cinque tappe all’arrivo a Parigi Merckx ha 16’18” di vantaggio su Pingeon che arrotonderà ancora nei giorni successivi per vincere il primo dei suoi 5 Tour de France.


Massimo Brignolo

TOUR: VOECKLER VINCE MA CONTADOR PRENDE LA MAGLIA

Contador attacca Schleck quando è colpito da un guasto meccanico e conquista la maglia gialla tra i fischi del pubblico di Bagnères-de-Luchon

Thomas VoecklerIl Tour entra nell’ultima settimana di corsa, continuando sulla strada dei Pirenei già intrapresa col tappone di ieri. I 187.5 km tra Pamiers e Bagnères-de-Luchon scorrono infatti tra i monti e le valli che segnano il confine franco-spagnolo, attraversando il Col de-Portet-d’Aspet, con la sua maledetta discesa dove trovò la morte Fabio Casartelli, il Col-des-Ares e il Port-de-Balès, oltre 19 km di ascesa al 6.1%. La salita termina a 21 km dal traguardo, dove si giunge attraverso una picchiata lunga e tecnica. La città termale di Bagnères-de-Luchon, sede di arrivo della prima tappa pirenaica della storia, esattamente cento anni fa con la vittoria di Octave Lapize.

Per i primi novanta chilometri, il gruppo rintuzza con determinazione ogni tentativo di fuga: solamente dopo svariati attacchi, prende il largo la fuga di giornata, composta da Alessandro Ballan (BMC), Francesco Reda (Quick Step), Brian Vandborg (Liquigas-Doimo), Johan Vansummeren (Garmin), Sergei Ivanov (Team Katusha), Lloyd Mondory (Ag2r-La Mondiale), Luke Roberts (Team Milram), Aitor Pérez (Footon-Servetto) e i compagni di squadra Sébastien Turgot e Thomas Voeckler (Bbox Bouygues Telecom). Questo plotoncino, ben assortito tra passisti puri come Vansummeren, Vandborg e Roberts e corridori completi come Pérez Arrieta, Voeckler e il nostro Ballan, guadagna rapidamente un vantaggio interessante: ai piedi del Port-de-Balès il margine è di oltre 8 minuti sul gruppo maglia gialla. Sin dai primi chilometri dell’ascesa, Turgot, Mondory e il cosentino Reda non riescono a tenere il ritmo scandito dai compagni di fuga, in particolare dal longilineo Vansummeren, 197 cm x 79 kg.  Lo stesso Ballan, già attivo due giorni or sono, sembra brillante, reagendo prontamente agli scatti di Vansummeren, ma non può nulla quando, verso metà salita, Voeckler allunga in modo deciso, restando in testa da solo. Con il suo stile un po’  a ciondoloni, sgraziato come pochi ma efficace, il ragazzo alsaziano guadagna rapidamente un buon margine su Ballan, il suo primo inseguitore, e non perde eccessivamente dal plotone della maglia gialla, condotto dagli uomini della Saxo Bank di Andy Schleck, nel quale gradualmente restano solo i migliori della classifica generale. Ai 2 km dalla vetta, succede l’imprevedibile: Schleck ha un salto di catena e Contador, accortosi immediatamente del problema meccanico del rivale, gli scatta in faccia, seguito da Sánchez e Men’šov. Il lussemburghese, staccato di una trentina di secondi, reagisce con un’azione di pura adrenalina, e in cima alla montagna ha già dimezzato il suo ritardo, lanciandosi in discesa. Su questo terreno, Contador riprende a guadagnare, ben aiutato da Men’šov e da Sánchez, mentre la maglia gialla può contare solo su qualche sparuto cambio offertogli dal belga Van den Broeck. Mentre dietro si lotta per la leadership del Tour, davanti Thomas Voeckler va a compiere l’impresa forse più bella di una carriera che lo ha sempre visto all’attacco, sin dalla prima stagione da professionista: campione nazionale francese in carica, questo ragazzo cresciuto nei Caraibi, in Martinica, coglie il suo secondo trionfo alla Grande Boucle, nella quale era anche stato maglia gialla per ben dieci giorni nel 2004. Il veneto Ballan difende egregiamente la seconda posizione, ma gli occhi di tutti sono puntati sui secondi che separeranno Contador e Schleck: alla fine sono 39, e lo spagnolo può così conquistare la divisa di leader della corsa, mentre il lussemburghese è comprensibilmente deluso ed arrabbiato per il colpo di sfortuna che lo ha privato della prima posizione. Ma il Tour non è certo finito oggi.

Domani il più classico dei tapponi pirenaici, 199.5 km tra Bagnères-de-Luchon e Pau, attraverso il Peyresourde, l’Aspin, il Tourmalet e l’Aubisque, salite storiche che, per quanto lontane dal traguardo, faranno sicuramente la differenza.

Lunedì 19 luglio 2010
Tour de France, quindicesima tappa
Pamiers- Bagnères-de-Luchon (187.5 km)

ORDINE D’ARRIVO:

Ciclista Squadra Tempo
1. Thomas VOECKLER
Bbox Bouygues Tlc 4h44’51”       (media 39.5 km/h)
2. Alessandro BALLAN
BMC a 1’20”
3. Aitor PÉREZ Footon Servetto
stesso tempo
4. Lloyd MONDORY
Ag2r a 2’50”
5. Luke ROBERTS
Team Milram stesso tempo

CLASSIFICA GENERALE:

Ciclista Squadra Tempo
1. Alberto CONTADOR
Astana 72h50’42”
2. Andy SCHLECK
Saxo Bank a 8″
3. Samuel SÁNCHEZ
Euskaltel-Euskadi a 2’00”
14. Ivan BASSO
Liquigas Doimo a 9’15”

MAGLIA VERDE (punti):

Ciclista Squadra Punti
1. Alessandro PETACCHI
Lampre-Farnese Vini 187
2. Thor HUSHOVD
Cérvelo 185
3. Mark CAVENDISH
Team Htc-Columbia 162

MAGLIA A POIS (montagna):

Ciclista Squadra Punti
1. Anthony CHARTEAU Bbox Bouygues Tlc 115
2. Jérôme PINEAU
Quick Step 92
3. Thomas VOECKLER
Bbox Bouygues Tlc 82

MAGLIA BIANCA (giovani):

Ciclista Squadra Tempo
1. Andy SCHLECK
Saxo Bank 72h50’50”
2. Robert GESINK
Rabobank a 4’53”
3. Roman KREUZIGER
Liquigas-Doimo a 6’56”

Marco Regazzoni