IERI & OGGI: E COREA ENTRO’ NEL DEVOTO-OLI

Il 19 luglio 1966, la Corea del Nord elimina l’Italia dalla Coppa del Mondo inglese. Riviviamo la disfatta per antonomasia del calcio italiano.

La rete di Pak Doo IkIl fantasma è stato evocato dopo le reti di Vittek che hanno causato l’ingloriosa uscita della nazionale di Lippi dal mondiale sudafricano e ancora oggi, 44 anni dopo, rappresenta la disfatta per antonomasia al punto che negli anni successivi al fatto il termine Corea entrò addirittura nel Devoto-Oli come neologismo.

Siamo nel 1966, i Campionati Mondiali si svolgono in Inghilterra e l’Italia dopo essere uscita dai Mondiali cileni tra cazzotti e indegne gazzarre con i padroni di casa si presenta sull’onda dell’entusiasmo per una serie di risultati positivi nelle ultime partite. Da quattro anni siede sulla panchina azzurra Edmondo Fabbri, detto Mondino, che cerca di fare coesistere in azzurro i due blocchi che nel calcio nazionale si stanno contrapponendo: da una parte gli interpreti della grande Inter di Helenio Herrera, dall’altra la scuola del Bologna che nel 1964 si è aggiudicato lo scudetto allo spareggio al quale si era aggiunto Gianni Rivera, il golden boy. E il cuore di Mondino pende spesso verso la via Emilia.

Nel percorso di qualificazione, l’Italia travolge in casa la Scozia di Bremner (3-0), la Polonia di Lubanski (6-1) e la Finlandia (6-1); nelle amichevoli premondiali fioccano le vittorie e i goal (6-1 alla Bulgaria, 3-0 all’Argentina, 5-0 al Messico): si arriva in Inghilterra sulle ali dell’entusiasmo. Il girone preliminare presenta Cile, Unione Sovietica e Corea del Nord. Gli azzurri vincono, giocando male con il Cile; perdono contro l’Unione Sovietica di Yashin per 1-0 e Giacomo Bulgarelli, cuore del gioco della squadra di Fabbri, accusa un malanno al ginocchio. Mentre l’ambiente si spacca sempre più per le scelte di Fabbri che sembra privilegiare il blocco del Bologna si arriva all’incontro decisivo contro la Corea del Nord dove un pareggio qualificherebbe l’Italia per i quarti di finale.

I bookmakers quotano le chance di vittoria degli asiatici 500 a 1, Ferruccio Valcareggi, secondo di Fabbri e futuro ct della Nazionale, definisce i coreani “una squadra di Ridolini che sa solamente correre”, Gianni Brera annuncia che in caso di sconfitta smetterà di scrivere di calcio. Alle 20.30 del 19 luglio 1966, nello stadio di Middlesbrough all’annuncio delle formazioni inizia a compiersi il destino dell’Italia di Fabbri.

Il tecnico emiliano decide di rischiare Bulgarelli, sofferente al ginocchio, preannunciando tre reti nel primo quarto d’ora e una passeggiata di salute; rinuncia ad Armando Picchi in difesa preferendogli il bolognese Janich. Albertosi – Landini – Facchetti – Guarneri – Janich – Fogli – Perani – Bulgarelli – Mazzola – Rivera –  Barison. E’ la formazione che scende in campo e nella prima mezz’ora riesce anche a procurarsi quattro-cinque palle goal e a sciupare. Al 35′ Bulgarelli si infortuna definitivamente ed è costretto ad uscire dal campo e, ai tempi non erano previste sostituzioni, l’Italia è costretta a giocare in 10. I ridolini coreani ci sovrastano nella corsa e persino nel gioco aereo.

Al 42′ Pak Doo Ik, caporale maggiore dell’esercito nordcoreano passato alla storia del giornalismo nostrano come improbabile dentista, ruba palla a centrocampo a Rivera e fila verso l’area e supera Albertosi con un diagonale dal limite. L’Italia crolla e non riesce a reagire ed esce tra le polemiche dal Mondiale. Ad attendere Fabbri e gli azzurri allo sbarco sono i pomodori marci e le solite chiacchere a base di complotti, vendette, accuse.

Non va meglio ai nordcoreani che festeggiano in modo troppo “borghese” la vittoria e dopo aver messo paura al Portogallo di Eusebio che deve recuperare uno svantaggio di tre reti in un’ora di gioco al ritorno a casa vengono spediti nei gulag da Kim Il Sung in persona.

Massimo Brignolo

PRIMO 4 HELMETS TROPHY: IL BICCHIERE E’ MEZZO PIENO

Il Team Eagles USA si aggiudica la prima edizione del 4 Helmets Trophy superando in una emozionane finale il Blue Team Italia 22-20

Team EaglesCon la ricostituzione della nazionale avvenuta l’anno scorso dopo 5 anni di inattività, il football americano nazionale sta facendo passi da gigante. Dopo il discreto 4° posto nell’europeo B nel 2009 il Blue Team Italia ha dimostrato di essere in grande crescita. Anche dal punto di vista organizzativo stanno arrivando le prime soddisfazioni. Sembra ormai certo infatti il rientro del football americano come sport associato al Coni e la stessa organizzazione del primo Four Helmets Trophy fa trasparire il desiderio del movimento italiano di tornare ai fasti degli anni Ottanta.

Malgrado l’entusiasmo, il football americano al di fuori dal confine statunitense, ha ancora molta strada da fare. Lo dimostra la clamorosa e inattesa defezione della squadra turca dal Four Helmets che ha letteralmente dimezzato il torneo Bolognese.

Giovedì, sotto un caldo torrido, la squadra italiana ha facilmente asfaltato (60-0) la squadra slovena non permettendo mai ai nostri “cugini” di farsi pericolosi. Nonostante la modesta caratura dei nostri avversari il Blue Team Italia ha giocato una partita davvero molto attenta. Il giorno seguente gli sloveni hanno subito una sconfitta di proporzioni simili contro il Team Usa dimostrandosi la cenerentola del terzetto.

La partita di sabato fra gli azzurri e gli americani è stata invece una partita davvero avvincente con i ragazzi di coach Olivo in grado di dare del filo da torcere ai favoritissimi americani costringendoli all’overtime. Dopo tre ore e quaranta di gioco è Fowler riceve sia per il touch down decisivo che per la conversione da due punti. Nell’ultima azione grazie al contributo di Moinardi, Petrone e Airoli l’Italia riesce a confezionare un esaltante touch down del 22-20 fallendo però la conversione del possibile pareggio.

Alla fine è il Team Eagle Usa a conquistare il trofeo ma la squadra italiana si è dimostrata davvero competitive proponendo ottime individualità; su tutti il quarterback Moinardi, il ricevitore Mangano e il kiker Vergazzoli.

RISULTATI

Italia Vs. Slovenia 60 – 0
Team Eagle Usa Vs. Slovenia 53 – 0
Team Eagle Usa Vs. Italia 22 – 20

Nicola Sbetti

LA SERBIA E’ LA REGINA DELLA WORLD LEAGUE

La Serbia, campione del mondo in carica, succede al Montenegro nell’albo d’oro della World League di Pallanuoto Maschile.

Il serbo FilipovicVendetta, tremenda vendetta. Due anni dopo la finale degli Europei di Málaga, dove – un po’ a sorpresa – vinse il Montenegro grazie ad un gol di Mlađan Janović nei tempi supplementari, la Serbia si vendica e si aggiudica la nona edizione della World League di pallanuoto maschile (vittoria per 14-12 ai rigori): i serbi succedono nell’albo d’oro proprio ai montenegrini, che un anno fa vinsero a Podgorica il loro secondo trofeo internazionale dopo la storica conquista dell’Europa. Per la nazionale balcanica è la terza affermazione nella World League, la quinta se si considerano i due titoli conquistati come Serbia e Montenegro (curiosità: nello stesso anno – 2006 – la World League fu vinta con la vecchia denominazione, gli Europei di Belgrado come sola Serbia).

Anche questa volta è stata una battaglia da cui sembrava non uscire un vincitore: un tempo per parte, altri due conclusi in parità e partita che si protrae sino ai rigori, dove si rivelano più freddi i serbi. Al terzo posto finisce la Croazia di Rudić, che a settembre ospiterà gli Europei: nella finale di consolazione i biancorossi battono un’Australia che nella fase a gironi le aveva fatto un brutto sgambetto. E così la World League sembra già fornire una prima considerazione su cosa dovremo attenderci a Zagabria: probabilmente, la vittoria arriderà ad una delle nazionali balcaniche, con la Serbia leggermente favorita. Vero è che in terra croata ci sarà la sempre temibile Ungheria, assente invece a Niš, ma i magiari hanno accusato il ricambio generazionale e – almeno sulla carta – sembrano in ritardo rispetto a serbi, croati e montenegrini.

Al quinto posto arrivano invece gli Stati Uniti, che superano di misura la Spagna: un piazzamento deludente, quello degli iberici, alla luce dell’argento conquistato un anno fa ai Mondiali di Roma. Probabile che la squadra di Rafael Aguilar abbia fatto degli esperimenti e che l’attenzione sia tutta proiettata ai prossimi Europei. Infine, la Cina lascia al Sud Africa la maglia nera del torneo: con la sconfitta nella finale per il 7° ed 8° posto, la nazionale del Continente Nero chiude la trasferta in terra serba con il poco invidiabile “bottino” di zero vittorie in sei incontri.

FINALE 7°-8° POSTO

CINA-SUD AFRICA 11-5 (6-3, 1-1, 0-0, 4-1)

CINA: Ge, Tan 2, Liang 2, Yu, Guo 1, Pan, Y. Wang 1, Xie, Li, B. Wang 1, Han 2, Liand 1, Wu. All. Cai.
SUD AFRICA: Belcher, Card, Stewart, McCarthy, Manson 1, Kyte, Samuel 1, Bell 1, Downes, Naidoo 1, Molyneux 1, Spencer, Kemp. All. Rowe.
ARBITRI: Brguljan (Montenegro) e Bock (Germania).
NOTE: superiorità numeriche Cina 11, Sud Africa 10.

FINALE 5°-6° POSTO

STATI UNITI-SPAGNA 7-6 (1-3, 2-0, 3-1, 1-2)

STATI UNITI: Moses, Varellas, Sharf 1, Powers, Wright, Alexander, Bukner, Azevedo 1, Bailey 1, Hutten 2, Smith 2, Krumpholz, Stevens. All. Schroeder.
SPAGNA: I. Aguilar, M. García, Martín, G. López, Molina 1, Minguell 2, Gallego, Español, Valles, Perrone, Mallarach 1, X. García 2, D. López. All. R. Aguilar.
ARBITRI: Golijan (Serbia) e Peris (Croazia).
NOTE: superiorità numeriche Stati Uniti 8, Spagna 11.

FINALE 3°-4° POSTO

CROAZIA-AUSTRALIA 9-7 (4-1, 2-1, 3-3, 0-2)

CROAZIA: Nižić, Burić 1, Bošković 4, Dobud, Joković, Karač, Marjović 1, Bušlje, Sukno 1, Muslim 2, Paškvalin, Obradović, Pavić. All. Tucak (Rudić squalificato).
AUSTRALIA: Stanton, Maitland, Miller 3, Swift, Younger 2, Cotterill, O’Halloran, McGregor 1, Martin, Campbell, Baird, Howden 1, Dennerley. All. Fox.
ARBITRI: Naumov (Russia) e Rostard (Stati Uniti).
NOTE: superiorità numeriche Croazia 17, Australia 9.

FINALE 1°-2° POSTO

SERBIA-MONTENEGRO 14-12 dtr (1-1, 3-4, 2-2, 4-3; 4-2)

SERBIA: Soro, Avramović, Gocić 1, V. Udovičić 3, Vapenski, D. Pjetlović 2, Nikić, Aleksić, Rađen, Filipović 3, Prlainović 3, Mitrović 2, G. Pjetlović. All. D. Udovičić.
MONTENEGRO: Radić, Brguljan, Pasković 1, Danilović 2, Vukčević, Tičić 2, M. Janović, N. Janović 1, Ivović 2, Zloković 2, Gojković 2, Jokić, Šćepanović. All. Porobić.
ARBITRI: Gomez (Italia) e Fernández (Spagna).
NOTE: superiorità numeriche Serbia 17, Montenegro 17.

CLASSIFICA FINALE

1° SERBIA
2° MONTENEGRO
3° CROAZIA
4° AUSTRALIA
5° STATI UNITI
6° SPAGNA
7° CINA
8° SUD AFRICA

ALBO D’ORO

2002 Russia
2003 Ungheria
2004 Ungheria
2005 Serbia e Montenegro
2006 Serbia e Montenegro
2007 Serbia
2008 Serbia
2009 Montenegro
2010 SERBIA

Simone Pierotti

TOUR: L’IMPRESA RIBLON NEL GIORNO DELLA GUERRA PSICOLOGICA

Schleck e Contador si sfidano sui nervi mentre il Tour arriva sui Pirenei. Ivan Basso perde ancora terreno

Gruppo verso i PireneiLa quattordicesima tappa è la prima di un terribile poker sui Pirenei. Da quindici anni a questa parte però il 18 luglio al Tour non è mai un giorno felice; troppo vivo il ricordo di Fabio Casartelli oro olimpico a Barcellona 1992 morto sulle strade di queste montagne quindici anni fa.

Si parte dal borgo medievale di Revel per arrivare dopo, 184 chilometri, a Ax 3 Domaines. Come sempre si parte a tutta e, dopo una serie di scatti e contro scatti, al quarto chilometro si forma un gruppetto di nove corridori. Di questi cinque sono francesi: Christophe Riblon dell’Ag2r, Pierre Rolland della Bouyigues Telecom, Benoît Vaugrenard della Française de Jeux e i due della Cofidis, Amaël Moinard e Stéphane Auge. Con loro ci sono anche il gallese del Team Sky Geraint Thomas, il belga della Quick Step Jurgen Van De Walle, il russo della Katusha Pavel Brutt e lo statunitense della Garmin David Zabriskie.

La fuga raggiunge un vantaggio massimo di 10 minuti e a quel punto l’Astana comincia a tirare. È l’inizio della personalissima guerra che stanno combattendo Contador e Schleck. Il giovane lussemburghese pur avendo la maglia gialla si dimostra intenzionato a far ricadere gli oneri della corsa sull’Astana: i Saxo Bank non tirano un metro e per tutta la tappa Andy non si schioderà dalle ruote di Contador.

Quando comincia la salita che porta a Port le Pailhères, gran premio della montagna hors categorie, il gruppetto dei nove fuggitivi tirato da Riblon si sgretola di fronte all’asperità della salita. Col francese restano solamente Van de Walle e Moinard. Dal gruppo, sempre tirato dagli uomini Astana il primo a scattare è il ventitreenne Rafael Valls Ferri della Footon Servetto. Dal gruppo evade anche Sastre col compagno di squadra Gustov affiancati momentaneamente da Di Gregorio e Sivstov. A metà della salita fuoriesce anche il sempre combattivo Kiryenka che a 35 km dall’arrivo si riporta su Sastre.

Al gran premio della montagna il francese Riblon rimane l’unico davanti. Seguono Moinard e Van de Walle e il terzetto Sasre, Kiryenka e Valls Ferri. Dietro Charteau (7°) e Cunego (8°) scattano per i punti della maglia a Pois. Cunego in discesa si riporta sul terzetto di Sastre. Riblon comincia in solitaria l’ascesa verso Ax 3 Domaines con 2’ e 50’’ sul gruppo tirato da Vinokurov da cui si staccano i due Liquigas Basso e Kreuziger.

Fatta selezione, Contador e Schleck iniziano a controllarsi. Il giovane lussemburghese affronta tutta l’ultima salita incollato alla ruota di Contador disinteressandosi completamente di tutti gli altri. A quattro chilometri e mezzo lo spagnolo parte una prima volta, ci riprova ai tre km ma il lussemburghese, Men’šov, Gesink e Samuel Sánchez gli rispondono. Gli allunghi fra i due però non servono a fare selezione ma sono una battaglia della guerra psicologica che si concluderà solo sui Campi Elisi. Dopo gli scatti infatti i due favoriti si prodigano in un sur place che permette agli altri di riportarsi sotto.

Tra i due litiganti ne approfittano Men’šov e Sánchez per rosicchiare qualche secondo, ma soprattutto Riblon che corona con la sua prima vittoria al Tour un’impresa davvero fantastica durata 180 km. Il francese, ex pistard, ha sorpreso tutti per le sue eccellenti doti da scalatore.

Domani seconda tappa pirenaica si parte da Pamier e dopo 187 km si arriva a Bagnères-de-Luchon. Dopo l’omaggio a Casartelli sul Portes d’Aspet, i fuochi d’artificio esploderanno sull’ascesa del Port de Balès, Gpm hors categorie situato a 20km dal traguardo

Domenica 18 luglio 2010
Tour de France, quattordicesima tappa
Revel – Ax 3 Domaines (184 km)

ORDINE D’ARRIVO:

Ciclista Squadra Tempo
1. Christophe RIBLON
Ag2r 4h52’42”
2. Denis MEN’ŠOV
Rabobank a 54″
3. Samuel SÁNCHEZ Euskaltel-Euskadi stesso tempo
4. Andy SCHLECK
Saxo Bank a 1’08”
5. Joaquim RODRÍGUEZ
Team Katusha stesso tempo
9. Damiano CUNEGO Lampre-Farnese Vini a 1’49”

CLASSIFICA GENERALE:

Ciclista Squadra Tempo
1. Andy SCHLECK
Saxo Bank 68h02’30”
2. Alberto CONTADOR Astana a 31″
3. Samuel SÁNCHEZ
Euskaltel-Euskadi a 2’21”
10. Ivan BASSO
Liquigas Doimo a 6’52”

MAGLIA VERDE (punti):

Ciclista Squadra Punti
1. Alessandro PETACCHI
Lampre-Farnese Vini 187
2. Thor HUSHOVD
Cérvelo 185
3. Mark CAVENDISH
Team Htc-Columbia 162

MAGLIA A POIS (montagna):

Ciclista Squadra Punti
1. Anthony CHARTEAU Bbox Bouygues Tlc 115
2. Jérôme PINEAU
Quick Step 92
3. Andy SCHLECK
Saxo Bank 76

MAGLIA BIANCA (giovani):

Ciclista Squadra Tempo
1. Andy SCHLECK
Saxo Bank 68h02’30”
2. Robert GESINK
Rabobank a 4’27”
3. Roman KREUZIGER
Liquigas-Doimo a 7’11”

Nicola Sbetti

LACROSSE: L’ITALIA BATTE IL MESSICO E SOGNA

Mondiali Lacrosse: Italia e Messico

“Il nostro allenatore sta puntando molto sull’unione del gruppo”
“Quindi è una sorta di Lippi del lacrosse”
“Noi però quest’anno abbiamo fatto meglio dell’Italia del calcio: siamo arrivati terzi, non quarti”

Andrea Lubrano e Fabio Antonelli hanno ragione: l’Italia del lacrosse batte l’Italia del pallone e con la vittoria sul Messico sopravanza nel rendimento i più blasonati e remunerati calciatori. Regolati i centramericani per 13-2, ora gli italici lacrosser, veri e propri pionieri dello sport nella nostra nazione, attendono di conoscere il loro fato. Fato che non è semplice da prevedere, vista la cervellotica organizzazione del Mondiale: la prima fase prevede le 30 squadre partecipanti raggruppate in varie divisioni da quattro squadre (esclusa la Blue Division dove risiedono le sei nazionali più forti) dove ogni nazionale gioca una partita contro le altre tre ed in base al piazzamento finale si viene inseriti in un determinato gruppo della seconda fase.

In questo momento, quando ancora non è terminata la terza giornata di scontri, l’Italia finirebbe nella Lower Division come testa di serie insieme alla peggiore terza (Bermuda) ed a tutte le quarte classificate (Corea del Sud, Messico, Norvegia, Francia, Argentina e Danimarca).

All’Armitage Centre scendono in campo per affrontare il Messico: Rob Fortunato – Wilmot, Sullivan, Corna – Galperti, Antonelli, Miceli – Fuchs, Mark Fortunato, Withford. Ma come d’uso nel lacrosse tutti i giocatori si sono alternati sul campo e dunque tributo e citazione anche per Bernard, Corradetti, De Lisser, Giorgini, Iubini, Lubrano, Magugliani, Mannarino, Paiella, Pascale, Scaccabarozzi e Troisi.

L’uno-due di Fuchs (0:39 e 3:37) in apertura sembra spianare la strada all’Italia, ma Diaz su assist di Kanterndahl (10:03) lancia chiaro il segnale che la partita non si chiuderà così presto. Passa un minuto (11:07) e Withford allunga, raddoppiando subito dopo su assist di Fuchs (13:24); due reti subite e nuova reazione dei messicani che a 33:43 con Azcarraga dicono “no” ad un trionfo azzurro in scioltezza, ma di effimera illusione si tratta. I pesi massimi tricolore infliggono colpi tremendi ai centramericani, bloccati come panzer tedeschi nel pantano di Manchester: De Lisser (37:36, su assist dell’indiavolato Fuchs), Giorgini (39:04), Bernard (50:45, Giorgini), Fuchs (56:48), Wilmot (64:05), ancora Fuchs (66:42, M.Fortunato), ancora Withford (76:23)… una fitta pioggia di reti che ben si addice al clima inglese. Il Messico, sopraffatto e stordito, tenta il colpo di coda con Marroquin su assist di Diaz (78:35) buono solamente ad evitare un KO tecnico. Il poker di Withford (78:45, Scaccabarozzi) suggella il trionfo tricolore. Messico che esce con le ossa rotte, letteralmente: Antonelli è ancora scosso per il serio infortunio che ha involontariamente provocato ad un valente giocatore messicano.

Ma d’altra parte questo è lacrosse, signori, non operetta.

Un trionfo tinto d’azzurro che nasce dal gruppo come ricordava in apertura Fabio Antonelli, giocatore e presidente della Federazione Italiana Giuoco Lacrosse: “Nel nostro sport le sostituzioni funzionano come nell’hockey su ghiaccio dove non si cambia il singolo giocatore, bensì l’intera linea. A differenza delle altre squadre che utilizzano i termini “prima linea”, “seconda linea” e “terza linea”, il nostro allenatore le chiama “bianchi”, “rossi” e “verdi” perchè non vuol fare differenze di merito”.

Siamo tutti curiosi, però, di sapere com’è stata vissuta a Manchester la controversia degli Iroquois: “Non verranno, non è ufficiale ma ufficioso. Quest’anno avevano una squadra che poteva competere finalmente per il titolo; hanno Cody Jameson dei Toronto Nationals e autore di un goal strepitoso con Syracuse (http://www.youtube.com/watch?v=PHLuTYLY73M), tanto per dire. Ormai cosa verrebbero a fare? A lottare per il 21esimo posto? Sarebbe inutile” -“Ho parlato con i due allenatori che sono riusciti ad arrivare a Manchester, ma credo siano già ripartiti. L’impressione è che si sia sbagliato da entrambe le parti: probabilmente i capi irochesi aspettavano un’occasione per far uscire questa questione, i giocatori potevano utilizzare i passaporti canadesi e statunitensi che già posseggono ed invece così facendo ci hanno rimesso loro”. Aggiunge Andrea Lubrano: “Durante la cerimonia d’apertura è stata fatta sfilare comunque la bandiera irochese, noi gli siamo tutti vicini”.

I risultati dell’Italia
16/07/2010 12:30, vs Repubblica Ceca 3-17
17/07/2010 8:30, vs Svezia 3-16
18/07/2010 9:00, vs Messico 12-3

La classifica
1. Repubblica Ceca 2 punti (38 reti segnate / 4 subite)
2. Svezia 2 punti (36/5)
3. Italia 1 punto (18/36)
4. Messico 0 punti (6/53)
N.B.: l’Italia è sicura del terzo posto nonostante l’ultima giornata di gare debba ancora concludersi poichè la rimanente partita vede di fronte Repubblica Ceca e Svezia.


Christian Tugnoli

(si ringraziano Andrea e Fabio per la disponibilità e per aver affrontato con dedizione la peggiore delle interviste possibili: quella che nasce all’improvviso senza alcuna scaletta di domande)