TUTTO IN … SEI MINUTI

Un Borussia da sogno distrugge la terza forza del campionato in soli sei primi di gioco

Borussia DortmundUn Borussia da sogno distrugge la terza forza del campionato in soli sei primi di gioco

In Germania c’è una squadra che sta stupendo il mondo: il Borussia Dortmund di Jürgen Klopp, quarantaquattrenne allenatore nativo di Stoccarda già in passato alla guida del Magonza. Nessuno, infatti, si sarebbe aspettato che il BVB fosse in grado di mantenere un tale ritmo in questa prima metà di campionato: con quindici vittorie su diciotto partite i gialloneri stanno dominando incontrastati la Bundesliga con dodici punti di vantaggio sull’Hannover, secondo. A fare impressione dei Die Schwarzgelben è soprattutto il fatto che essi sono attualmente considerabili una macchina praticamente perfetta: miglior attacco (42 reti segnate) e miglior difesa del campionato (11 subite) sono lì a dimostrarlo.

Ma su cosa si fonda questo straordinario schiacciasassi che sta facendo impazzire il Signal Iduna Park? Stiamo quindi all’attualità ed andiamo ad analizzare l’ultima vittoria, ottenuta giusto lo scorso venerdì nell’anticipo di Leverkusen.

Partendo, ovviamente, proprio dalla disposizione in campo: Borussia che scende sul terreno della BayArena col suo solito 4-2-3-1 in cui, però, mancano due pedine di assoluta importanza: il bomber della squadra, Lucas Barrios (titolare in sedici delle precedenti diciassette partite), deve accomodarsi in panchina non essendo al meglio a livello di salute, mentre il fantasista, Shinji Kagawa, è in Qatar con la nazionale nipponica guidata da Alberto Zaccheroni, impegnato nel corso dell’attuale edizione della Coppa d’Asia. Il posto delle due stelle offensive del BVB viene quindi preso dal polacco Robert Lewandowski (alla seconda presenza da titolare in campionato, cui vanno aggiunti quindici ingressi dalla panca) e dal giovane Mario Götze, giovane stellina proveniente dal vivaio cui tutti, in Germania, pronosticano un futuro da star assoluta.

Ecco quindi che i nostri Die Schwarzgelben scendono in campo con il solito Weidenfeller in porta protetto da una linea a quattro cui fanno da cardini centrale Subotic ed Hummels, giovani difensori tra i più interessanti in circolazione in Europa. Le fasce, invece, sono presidiate da Schmelzer e Piszczek, terzini con licenza d’offendere. La coppia di centrocampisti è poi molto ben composta ed amalgamata, con Sven Bender a fare legna e Nuri Sahin ad impostare e creare gioco. Il tutto alle spalle del trio composto, da destra a sinistra, da Blaszczykowski, Götze e Großkreutz. Unica punta, infine, il già citato Lewandowski.

Di contro il Leverkusen deve rinunciare a Derdiyok, Barnetta e Vidal così che Jupp Heynckes decide di schierare un 4-4-2 con Adler in porta, una linea difensiva composta da Schwaab, Friedrich, Reinartz e Castro ed una linea di centrocampo con Augusto, Lars Bender, Rolfes e Sam. Di punta, quindi, la coppia Helmes- Kießling.

Tattiche diverse e capacità tecniche differenti si traducono in un differente approccio al match: da una parte una squadra, quella ospite, che punta molto sul possesso e sul tentativo di creare la superiorità numerica con gli inserimenti dei suoi trequartista e dall’altra una squadra, quella ospitante molto stretta e chiusa, in particolar modo nella propria metà campo, per cercare di contrastare quanto appena detto.

Bayer che ha quindi controllato discretamente nel primo tempo le avanzate avversarie proprio riuscendo a non regalare eccessivi spazi al Borussia. Il tutto pur trovando difficoltà in fase offensiva in particolar modo per la tendenza dei due giocatori di fascia sinistra (Castro e Sam, solitamente impiegati sull’out opposto) di accentrarsi per poter sfruttare al meglio il loro piede naturale.  In apertura di ripresa gli ospiti riescono subito a spaccare in due la partita, segnando ben tre reti nel giro di soli sei minuti. Ad aprire le danze è Großkreutz, abile a sfruttare un errore di Schwaab: sulla rimessa lunga di Piszczek è infatti possibile notare come Lewandowski e Götze si muovano per impegnare i due centrali difensivi dei Werkself che, così, lasceranno in situazione di uno contro uno proprio l’ala sinistra giallonera ed il terzino destro loro compagno di squadra che dimostrerà di non essere all’altezza delle aspettative bucando goffamente un colpo di testa (toccando in realtà il pallone con il braccio, sarebbe potuto essere rigore) che spiana la strada alla rete del vantaggio ospite.  Non contenta la retroguardia delle Aspirine decide di concedere un altro goal, poco più tardi.

Ed è un’azione, questa, che va osservata molto bene, perché rende davvero perfettamente l’idea di cosa possa diventare l’attacco giallonero in determinate circostanze. Subotic, pressato, alleggerisce su Weidenfeller che dopo aver controllato il pallone alza la testa, prende la mira ed effettua un lancio profondo alla ricerca di Lewandowski. Ancor prima che il pallone arrivi nella zona occupata dalla punta dell’est Europa possiamo notare come le due ali, Großkreutz e Blaszczykowski, attacchino la profondità, così da trovarsi già oltre al proprio compagno che fa da riferimento avanzato quando questo arriverà sul pallone, quasi all’altezza della trequarti avversaria. Qui possiamo quindi solo limitarci a fare la conta degli errori della difesa dei Werkself: innanzitutto Reinartz si fa battere con troppa facilità da Lewandowski sul gioco aereo, favorendo l’inserimento di Großkreutz che, a sua volta, sfrutterà la superficialità di Friedrich, assolutamente negativo nell’occasione, e la mancata diagonale di Schwaab per tagliare alle spalle di tutti e presentarsi a tu per tu con Adler, facilmente infilato nell’uno contro uno. Azione questa, insomma, che dà davvero bene l’idea di uno dei meccanismi di gioco del perfetto ingranaggio di costruito da Klopp: quando Sahin e Kagawa (o Götze, come nel caso in questione) non hanno l’opportunità di inventarsi qualcosa sfruttando tutta la loro tecnica e la loro fantasia ecco che possono diventare le ali, ficcanti quando partono in velocità, l’arma in più del BVB. L’attacco ad un’unica punta può infatti diventare, come per magia, uno splendido quanto temibilissimo tridente.

Tre minuti più tardi, poi, viene posta la definitiva parola fine sul match con un’azione costruita tutta in velocità che può essere tranquillamente usata a simbolo di una squadra oggi realmente fantastica: Piszczek batte una rimessa laterale all’interno della propria metà campo indirizzando la palla all’altezza della trequarti avversaria, dove sarà preda di Götze. Che, pressato, sa di non poter manovrare con il dovuto spazio e decide quindi di stoppare la palla in favore di Lewandowski il quale, a sua volta, la girerà immediatamente in direzione di un Großkreutz che coronerà la sua splendida prestazione allungandosi in scivolata per fare in modo che il pallone possa tornare a chi, di fatto, aveva cominciato l’azione: Mario Götze. Il trequartista campione d’Europa nel 2009 con l’under 17, quindi, s’infilerà con facilità alle spalle di una difesa ancora una volta ballerina, per poter battere facilmente il povero Adler.

Azione tutta in velocità e ricca di tocchi di prima che sintetizza bene il gioco di una squadra, il Borussia Dortmund, che come abbiamo detto in precedenza sta realmente facendo sognare i propri tifosi, abbinando risultati e bel gioco.

L’IPOCRISIA DELL’ESCLUSIONE OLIMPICA DEL GHANA

Lo scorso 13 gennaio, in occasione del meeting del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) tenutosi nel quartier generale di Losanna, il Ghana è stato sospeso per “interferenze politiche” nei confronti del Comitato Olimpico del paese (GOC).

Lo scorso 13 gennaio, in occasione del meeting del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) tenutosi nel quartier generale di Losanna, il Ghana è stato sospeso per “interferenze politiche” nei confronti del Comitato Olimpico del paese (GOC). Un provvedimento simile a quello preso il 1° gennaio di quest’anno ai danni del Kuwait, lo stesso che impedì all’Iraq di partecipare alle Olimpiadi di Pechino.

La sospensione del GOC comporterà l’annullamento dei fondi da parte del CIO e la sospensione delle competizioni olimpiche per atleti e dirigenti.

La disputa fra il CIO è il governo ghanese prosegue ormai da 18 mesi in quanto, ormai, esistono de facto due presidenti: Ben Tongo Baba, riconosciuto dal CIO, e Francis Dodoo, ex triplista e ora sociologo, sostenuto dal governo. In occasione delle elezioni del 2009 è stato scelto il secondo ma il rivale, presidente uscente, ha criticato le modalità di votazione e il CIO non ha riconosciuto l’esito delle urne.

Anche in altre federazioni, specialmente per la federazione calcistica (GFA), è avvenuto qualcosa di simile. Lo scorso novembre, per un posto nel comitato esecutivo della Confederation of African Football (CAF), la GFA aveva proposto il suo stesso presidente Kwesi Nyantakyi mentre il governo aveva provato ad imporre senza successo una vecchia conoscenza del calcio italiano, Abedì Pelé. Nei mesi successivi il governo ha fatto evidenti pressioni sulla GFA, tra cui un raid nei suoi uffici richiesto dall’Economic and Organised Crime Office, alla probabile ricerca  di prove che potessero costringere Nyantakyi a dimettersi.

Difficile dare un giudizio dall’Italia: in entrambi casi pare esserci stata un’evidente interferenza governativa, anche se quest’ultima è molto più evidente in ambito calcistico che nel comitato olimpico.

Il Ghana, però, è ben lontano dal rappresentare lo stereotipo del paese africano governato da un presidente-dittatore che si fa eleggere tramite elezioni farsa e che sfrutta le vittorie sportive per aumentare il proprio prestigio. Da più di un decennio, ormai, il paese gode di una certa stabilità, la quale ha interessato anche i risultati sportivi, soprattutto in ambito calcistico (finale in Coppa d’Africa, ottavi ai Mondiali sudafricani, vittoria ai Mondiali under 20).

Le elezioni nazionali del 28 dicembre 2008 in Ghana sono state da un certo punto di vista storiche perché hanno segnato un secondo cambiamento politico pacifico alle urne dopo quello del 2000, evento assai raro nel continente africano. John Atta-Mills del National Democratic Congress (NDC) ha preso il posto, come Presidente del paese, di John Agyekum Kufuor del New Patriotic Party (NPP) che governava da due mandati. Grazie a questa transazione positiva, il Ghana può ormai essere considerata una democrazia stabile.

Come accade in tutti paesi democratici, in occasione di questi passaggi di consegne episodi di spoil system sono inevitabili: basti pensare a quello che accade dopo ogni tornata elettorale in Italia alla nostra televisione pubblica. Il NPP in otto anni aveva occupato con i suoi uomini gran parte delle cariche pubbliche e, una volta al potere, il NDC ha cominciato la sua silenziosa controffensiva che ha toccato anche lo sport, da sempre utile e sottile strumento propagandistico.

A questo punto quello che potrebbe sembrare in apparenza un banale conflitto di potere ha assunto implicazioni molto vaste, in quanto i dirigenti sportivi, minacciati di perdere la loro carica, si sono cautelati facendo appello alle istituzioni sportive internazionali e accusando chi li voleva sostituire di “interferenze politiche”.

La Carta Olimpica, che rappresenta una sorta di costituzione, al punto 28.9 afferma:

«Apart from the measures and sanctions provided in the case of infringement of the Olympic Charter, the IOC Executive Board may take any appropriate decisions for the protection of the Olympic Movement in the country of an NOC, including suspension of or withdrawal of recognition from such NOC if the constitution, law or other regulations in force in the country concerned, or any act by any governmental or other body causes the activity of the NOC or the making or expression of its will to be hampered. The IOC Executive Board shall offer such NOC an opportunity to be heard before any such decision is taken.»

Per proteggere il Movimento Olimpico, il CIO ha quindi applicato il diritto di sospendere un comitato olimpico (NOC) nel caso di influenze politiche in esso. Similmente, la FIFA ha la possibilità di agire allo stesso modo nei confronti della GFA.

Ma perché proprio il Ghana? È evidente che il Ghana, o il Kuwait, non siano i soli NOC che subiscono pressioni politiche. Ad esser pignoli, tutti i NOC in un modo o nell’altro subiscono influenze politiche in quanto ricattabili economicamente dai governi da cui dipendono. Più concretamente, però, il Ghana paga il fatto di essere una democrazia giovane: i vecchi dirigenti si aggrappano al potere sfruttando la giurisdizione delle istituzioni politiche internazionali, i giovani rampanti, forti del loro passato da atleti e del fatto di essere amati dal pubblico, vengono sostenuti maldestramente e senza seguire le procedure dal governo alla ricerca di consensi.

Ma siamo sicuri che questa situazione sia peggiore rispetto a quella di altri stati che hanno ottenuto addirittura il diritto di ospitare Olimpiadi e Mondiali e in cui la presidenza dei NOC o delle federazioni è diretta emanazione di scelte governative? Perché il CIO e la FIFA continuano a preferire stati che rispettano formalmente le loro procedure, ma sostanzialmente usano lo sport come strumento politico, e puniscono stati che, pur rompendo formalmente le loro regole, stanno cercando di darsi solide istituzioni democratiche?

Fermo restando che ha storicamente dimostrato di preferire la stabilità alla democrazia, l’impressione è che stavolta il CIO si sia fatto trascinare in una disputa di politica interna piuttosto che non di mancato rispetto della Carta Olimpica. Perché se è vero che la sospensione del Ghana è giuridicamente ineccepibile, allo stesso tempo appare assolutamente ipocrita e incoerente. Paesi economicamente e politicamente più potenti del Ghana come Cina, Russia e Qatar, i cui dirigenti sportivi sono diretta emanazione di scelte governative, non sono mai stati nemmeno richiamati, eppure l’uso politico dello sport in queste realtà è all’ordine del giorno.

E,  in queste dispute politiche, a pagare sono sempre gli atleti. La sospensione è ovviamente temporanea, ma se entro il 2012 non si sarà giunti a una soluzione, l’auspicio è che gli atleti possano almeno trovare una formula che permetta loro di gareggiare.

LONDRA 2012 E LO SPORT FUORILEGGE

Tiro a Segno13 marzo 1996: nella cittadina scozzese di Dunblare, Thomas Hamilton, un quarantaquattrenne disoccupato, entra nella palestra della scuola elementare e fa fuoco ripetutamente uccidendo sedici bambini tra i cinque e i sei anni e la loro insegnante per poi togliersi la vita. Quest’episodio, tra i cui superstiti vi è anche il tennista Andy Murray, conosciuto come il massacro di Dunblare scatena una fortissima campagna che con il supporto della maggioranza dell’opinione pubblica porta il governo conservatore di John Major a sancire il bando da Inghilterra, Scozia e Galles per tutte le pistole con l’eccezione delle calibro 22 che verranno messe fuorilegge l’anno successivo dal governo laburista di Tony Blair.

Il bando, ancora in vigore, prevede limitatissime eccezioni e, a differenza di quanto avviene in paesi con legislazioni analoghe come il Giappone, tra queste non rientra l’attività sportiva dove solo nelle specialità olimpiche ben tre gare vengono disputate con armi fuorilegge nel Regno Unito: la Pistola 50 metri maschile, la Pistola 25 metri femminile e la Pistola a fuoco rapido. In questi anni i tiratori britannici hanno potuto detenere le loro armi ed allenarsi solo nell’Irlanda del Nord, l’Isola di Man o le Channel Islands o, come accade per i tiratori di maggior livello, utilizzare la Svizzera come base per lunghi collegiali di allenament0 anche se ogni tiratore può confermare quanto importante sia la confidenza con l’arma negli esercizi “a secco” di tutti i giorni.

L’unica eccezione a questo bando è stata fino ad ora concessa nel 2002, in occasione dei Giochi del Commonwealth che si sono svolti a Manchester. Tiratori con le loro armi scortati da guardie armate fino ai capelli dall’aeroporto di Heathrow al centro federale di Bisley nel Surrey, misure di sicurezza da allarme rosso anche durante le gare con il pubblico separato dal campo di gara da vetri blindati e soldati armati.

Scelta Londra come sede delle Olimpiadi del 2012, il Comitato Organizzatore si è trovato di fronte, dopo 8 anni, allo stesso problema mentre da parte loro gli atleti britannici hanno iniziato a fare pressione per poter combattere ad armi pari. Solo da alcuni mesi i tiratori inglesi, tra i quali Georgina Geikie, una potenziale medagliata all’appuntamento a cinque cerchi, possono detenere la loro arma in patria mentre è ancora molto limitato l’accesso ai poligoni. Per l’evento olimpico, inoltre, è stato scelto un impianto privo di ogni fascino per le tre prove ancora fuorilegge (e per tutte le gare di Tiro a Volo e a Segno): si tratta delle Royal Artillery Barracks (la sede dei reparti di Artiglieria) di Woolwich alla periferia di Londra , ancora operative come caserme ed al cui interno sarà montata una struttura temporanea.

SCIARE PER DIVERTIRSI: LA STORIA (TUTTA DA SCRIVERE) DI SABRINA FANCHINI

Sabrina FanchiniTre sorelle cresciute a pane e neve: potrebbe essere questa una buona definizione per Elena, Nadia e Sabrina Fanchini (in rigoroso ordine di età). Native di Lovere, nella parte bergamasca della Val Camonica, vivono da sempre a Montecampione di Artogne, piccolo paradiso che domina la vallata bresciana. Il papà Sandro, addetto agli impianti di risalita, le mette sugli sci sin dalla tenera età, e i risultati sono immediati: le tre ragazze dominano le categorie giovanili, lasciando le briciole alle rivali.

Elena si focalizza gradualmente sulla discesa libera, e in questa disciplina, nonostante moltissimi infortuni, vince la medaglia d’argento ai Mondiali di Santa Caterina Valfurva nel 2005, oltre ad una gara di Coppa del Mondo a Lake Louise; Nadia, talento di cristallo, si aggiudica un supergigante nella magica località canadese e poi, nel 2009, il bronzo iridato in discesa libera. E Sabrina? Sabrina, classe 1988, è la più giovane, la più “piccolina”. Lotta per anni, da vera Leonessa bresciana, sulle piste della Coppa Europa, la challenge continentale dello sci alpino, sperimentando un po’ tutte le discipline. Ma un pizzico di sfortuna e alcune contestabili scelte federali, che la escludono costantemente dalle squadre nazionali, la portano a valutare seriamente l’ipotesi del ritiro, nel corso dell’estate 2010. Poteva finire così? No. Sabrina è una “Fanchini” a tutti gli effetti: testa bassa, riprende a lavorare con gli amici dello Sci Club Rongai e, in questo inverno, ottiene alcuni buoni risultati in Coppa Europa, che le valgono la convocazione per lo slalom speciale di Courchevel in Coppa del Mondo. Sabrina non spreca l’occasione: prima gara e primi punti, nonostante un numero di partenza altissimo. Stesso copione a Semmering, mentre a Zagabria e a Flachau qualche sbavatura di troppo e una fastidiosa influenza le hanno impedito di conquistare altri punti. Abbiamo avuto il piacere di sentire questa brillante ragazza, gentilissima a rispondere alle nostre domande.

Sabrina, cosa ci fa una Fanchini tra i paletti stretti dello slalom?

Mah, veramente non so neanche io cosa ci faccio tra i pali stretti! Lo slalom è sempre stata la disciplina in cui ho fatto più fatica, ma quest’anno ho trovato maggiore serenità che mi ha permesso di andar forte sin da subito in Coppa Europa, ed è andata davvero bene.

Che cosa significa avere due sorelle come Elena e Nadia? Non ti sei mai sentita “obbligata” a ripetere i loro successi?

Sicuramente è stato un vantaggio sotto molti aspetti, ma uno svantaggio per quanto riguarda altri: è vero, in certi momenti, con due “fenomeni” del genere davanti, mi sentivo quasi obbligata ad andare forte, e non è stato facile.

Quali erano i pensieri che ti passavano per la testa quest’estate? Si vociferava di un tuo ritiro dall’agonismo…

Sì, quest’estate volevo smettere: mi era passata la voglia di lottare. Ottenevo ottimi risultati in Coppa Europa e nelle gare FIS, ma sentivo attorno a me una cronica mancanza di fiducia, non venivo considerata: ma poi ho pensato a quanto mi divertivo con gli sci ai piedi e nell’atmosfera delle gare, decidendo così di continuare.

Poi però è arrivato questo dicembre d’oro: ottime cose in Coppa Europa e le prime chance, subito ben concretizzate, in Coppa del Mondo. Che sensazioni hai provato al cancelletto di partenza di Courchevel?

Questa stagione è partita davvero alla grande. Mi sono sorpresa io stessa della tranquillità che provavo a Courchevel, pochi istanti prima di partire: pensavo di essere più tesa ed agitata, invece ho vissuto la mia prima gara di Coppa del Mondo in assoluta serenità.

A parte le tue bravissime sorelle, ti ispiri a qualche altro atleta?

Ho sempre ammirato Hermann Maier, il mio vero idolo da ragazza; ma adesso, sia come personaggio che come modo di sciare, apprezzo molto Ted Ligety. É semplicemente spettacolare, e il suo dominio totale nel gigante mi fa venire voglia di imitarlo.

Adesso che ti sei guadagnata il posto in CdM, a suon di qualificazioni con numeri impossibili, che obiettivi hai per il prosieguo della stagione?

Quest’anno punto ancora prevalentemente sulla Coppa Europa; andando forte lì, potrò abbassare il mio punteggio FIS e quindi guadagnare pettorali migliori anche per la Coppa del Mondo. Ma il mio vero obiettivo é sempre quello di divertirmi!

In questo momento, cosa ti senti di dire ai tuoi tifosi e agli appassionati dello sci azzurro?

Che sono felice. Ho passato dei momenti realmente difficili, ma adesso finalmente sto bene. Penso solo a divertirmi…e, se mi diverto, è anche facile andare il più forte possibile e dare tutto in ogni circostanza.

CRICKET: VERSO HONG KONG CON TANTA SPERANZA

Manca solo una settimana all’inizio delle partite della World Cricket League – Division 3

CricketÈ ancora dolce il gusto della promozione ottenuta dai ragazzi di Joe Scuderi nella World Cricket League di quarta divisione disputatasi lo scorso agosto sui campi della provincia bolognese, ma è ormai giunto il tempo di tornare sui pitch, questa volta nella lontana Hong Kong, per cercare di confermare quanto di buono fatto pochi mesi fa.

La comitiva azzurra si ricongiungerà nell’ex colonia britannica giovedì 20 gennaio e avrà un giorno a disposizione per allenarsi prima di sfidare Danimarca e Papua Nuova Guinea nel weekend. Dopo un giorno di riposo sarà la volta dell’Oman, dei padroni di casa e degli Stati Uniti. A quel punto si saprà se l’ultima gara servirà per provare a conquistare il torneo, per festeggiare la salvezza in un’inutile sfida per il 3° e 4° posto oppure per rendere meno amara la retrocessione. Il torneo di Hong Kong si presenta, almeno sulla carta, molto più equilibrato di quello bolognese dove Argentina e Isole Cayman sembravano, come poi dimostrato sul campo, inferiori alle rivali. Fare un pronostico risulta quindi assai difficile.

HONG KONG: Per il semplice fatto di giocare in casa merita grande considerazione. In quanto ex colonia britannica la tradizione di certo non manca, il primo incontro internazionale fu infatti disputato addirittura nel 1866, ma da allora molte cose sono cambiate. Non solo il paese è tornato sotto la giurisdizione cinese, pur mantenendo numerosi privilegi come quello di preservare la propria indipendenza sportiva, ma la squadra è diventata sempre meno anglofona e sempre più pachistana. Nel 2008 in Tanzania, Hong Kong sconfisse gli azzurri per 46 runs nella partita inaugurale del torneo di quarta divisione, che portò gli asiatici nuovamente in terza divisione. La squadra, allenata dal giovane australiano Charlie Burke, ha recentemente partecipato agli Asian Games vincendo facile contro le Maldive, di 30 runs contro il Nepal e perdendo ai quarti contro l’Afghanistan medaglia d’argento.

ICC PLAYER TO WATCH: Irfan Ahmed

STATI UNITI: Neopromossi ma ambiziosi, l’obiettivo neanche troppo celato delle alte sfere del cricket  statunitense è infatti quello di partecipare al mondiale del 2015. È una squadra che l’Italia conosce bene avendoci giocato per ben due volte lo scorso agosto a Bologna. Alla stupenda e decisiva vittoria del 18 agosto firmata dalle corse di Northcote e Petricola e dai lanci di Munasinghe, è però seguita il netto successo degli americani nella finale per il titolo. L’età media della squadra capitanata da Steve Massiah è abbastanza elevata ma in questi tornei l’esperienza conta. La maggioranza dei cricketer americani è nata nei Caraibi, anche se non mancano gli autoctoni. Sushil Nadkarni, eletto miglior giocatore del torneo bolognese, è invece di origini indiane.

ICC PLAYER TO WATCH: Sushil Nadkarni

PAPUA NUOVA GUINEA: L’Italia non ha sicuramente dei bei ricordi legati a questa forte compagine oceanica. Nel 2007, all’esordio in questa competizioni fummo battuti malamente per otto wicket. La squadra è composta da cricketer autoctoni di una certa esperienza. Molti di essi giocano anche nel campionato australiano. Dopo il rugby, giocato soprattutto nella versione a 13, il cricket rappresenta del resto uno degli sport nazionali anche se si è diffuso soprattutto nella parte orientale del paese. Di recente sono stati fatti anche numerosi investimenti in infrastrutture con l’obiettivo di allargare ulteriormente la base dei praticanti. La squadra sembra essere abbonata al terzo posto conquistato sia nell’edizione del 2007 che in quella del 2009.

ICC PLAYER TO WATCH: Rarua Dikana

OMAN: In Oman il cricket è uno sport giovane, per non dire giovanissimo, tuttavia, a seguito della forte immigrazione dai paesi del subcontinente indiano, è in forte crescita. Tutti gli atleti della nazionale dell’Oman sono nati in Pakistan o in India, questo spiega come mai un paese dalla scarsa tradizione in questo gioco abbia un ranking mondiale così elevato. Un po’ come Hong Kong anche l’Oman ha ringiovanito notevolmente la propria rosa. La squadra capitanata dal talentuoso trentaseienne Hemal Mehta pare essere molto aggressiva in battuta e punta senza mezzi termini a una nuova promozione in seconda divisione.

ICC PLAYER TO WATCH: Hemal Mehta

DANIMARCA: Gli scandinavi sembrano avere una maggiore tradizione rispetto all’Italia, tuttavia la squadra ha cambiato capitano e molti di quegli atleti che avevano contribuito alle buone prestazioni degli ultimi anni. La rosa è formata da un buon numero di atleti nati in Danimarca e punta molto sul talento del capitano e wicket keeper Freddie Klokker, il quale ha accumulato notevole esperienza giocando nel campionato inglese. Nell’ultimo Europeo i danesi ci hanno sconfitto per 3 wicket tuttavia, per una squadra abituata a rivaleggiare con l’Olanda per essere la regina non anglosassone d’Europa, un’eventuale battuta d’arresto contro l’Italia potrebbe comportare una notevole perdita di rango.

ICC PLAYER TO WATCH: Freddie Klokker

ITALIA: In mezzo a queste corazzate quale può essere il destino dell’Italia dopo l’inattesa promozione di quest’estate? I pronostici dei media internazionali non sono certo dalla nostra parte ma il capitano, Alessando Bonora è stato chiaro, si punta a restare nella categoria, strizzando l’occhio anche alla promozione. Inutile farsi illusioni, vero, ma lo scorso anno ci disse lo stesso e portò fortuna. Rispetto a Bologna mancherà Nic Northcote, wicket-keeper titolare, ma tornerà a far parte dell’undici titolare l’ottimo lanciatore Vincenzo Pennazza. Scuderi e Bruno hanno puntato forte sugli oriundi che giocando nei campionati dell’emisfero australe potrebbero garantire maggiore forma. Il nostro auspicio è che la nazionale più multietnica d’Italia non smetta più di sognare.

ICC PLAYER TO WATCH: Peter Petricola

La prossima settimana, prima dell’inizio del torneo, che cercheremo di seguire al meglio, la rubrica “Pionieri” tornerà a parlare di cricket per conoscere gli atleti che difenderanno a Hong Kong la maglia azzurra.