MARSAGLIA, UNA ROMANA SULLA NEVE

Francesca Marsaglia si racconta in vista della prima prova di Coppa del Mondo di sci a Sölden.

Sabato, a Sölden, uno slalom gigante femminile aprirà ufficialmente la Coppa del Mondo 2010-2011 di sci alpino. Tra le nove italiane in gara ci sarà anche Francesca Marsaglia: vent’anni compiuti a gennaio, questa ragazza nativa di Roma ma residente a San Sicario ha esordito in Coppa del Mondo nel febbraio 2008 in una discesa a Sestriere, e la scorsa stagione ha partecipato a quasi tutti i supergiganti e le discese del Circo Bianco, con qualche puntata anche in gigante. Inoltre, chiudendo al terzo posto la classifica di supergigante in Coppa Europa, si è guadagnata il diritto di partecipare a tutte le gare di questa specialità nella CdM 2010-2011.

Francesca, che cosa ci fa una romana sulla neve? Chi ti ha spinto a intraprendere questa strada?

«Mi piace questa domanda. Sinceramente non saprei dirtelo, però so di sicuro chi devo ringraziare per essere arrivata dove sono: in primis mio padre, da sempre mio allenatore, ma anche  i miei fratelli maggiori Eugenio e Matteo (quest’ultimo fa parte del gruppo “Atleti di interesse nazionale” della squadra azzurra, ndr). Sin da piccola volevo imitarli in tutto, e quindi ci siamo presto ritrovati a sfidarci sulla neve, per la gioia di papà, ma non della mamma, amante del tennis e del mare».

Sei giovanissima: guardando ai primi anni di carriera, qual è la più grande soddisfazione che hai avuto? E la delusione più cocente?

«Penso che la mia più grande soddisfazione sia quella di riuscire, anno dopo anno, a fare sempre un passo in avanti, a migliorarmi, anche di poco per volta. Guardando ad un risultato, non posso non pensare al podio nella classifica finale di supergigante nell’ultima Coppa Europa, che mi ha permesso di conquistare quel posto fisso per la CdM tanto agognato.  La delusione più cocente riguarda i Mondiali juniores di quest’anno, sapevo di poter fare molto bene ma invece sono finita lontana dalle prime: non erano le mie giornate, ma si guarda avanti».

Lo scorso anno ti abbiamo vista impegnata prevalentemente in supergigante e discesa, eppure sabato a Sölden sarai in gara. Vuoi puntare sul gigante oppure sei attratta dalla polivalenza?

«Beh, sicuramente sono molto attratta dalla polivalenza: posso fare ottime cose in quasi tutte le discipline, e quindi mi allenerò sempre su questa strada»

Quali sono i tuoi obiettivi per questa nuova stagione?

«L’obiettivo principale di questa stagione è sicuramente quello di riuscire a chiudere nelle prime trenta un po’ di gare di CdM in modo da raggranellare più punti possibile, soprattutto nelle discipline veloci, visto che in supergigante ho il posto fisso».

Chi è la compagna di squadra più simpatica, con cui sei più legata?

«Sono molto fortunata, la nostra è davvero una gran bella squadra, ma sicuramente posso dire di avere un rapporto diverso con la mia compagna di stanza Elena Curtoni, anche perché è da quando abbiamo otto anni che gareggiamo sempre insieme».

E invece l’atleta, italiana o straniera, alla quale ti ispiri?

«Diciamo che non mi piace ispirarmi a qualcuno in particolare: ammiro e cerco di raccogliere le caratteristiche positive di molte atlete, anche se confesso di avere un debole da sempre per la statunitense Lindsay Vonn, la dominatrice delle ultime stagioni».

Come vivi l’agonismo? Nel senso, hai vent’anni: non pensi mai alla spensieratezza dei tuoi coetanei?

«Sì, è vero, ho vent’anni e non “posso” fare molte cose abituali per i miei coetanei. La vita d’atleta comporta indubbiamente molti sacrifici, eppure credo che, allo stesso tempo, ci sarebbero moltissime persone che pagherebbero per essere al nostro posto, per girare i posti che vediamo noi e per vivere le nostre esperienze. Mi reputo molto fortunata e cerco di vivere al meglio questa opportunità che la vita mi ha concesso».

Un’italiana su cui scommettere per questa stagione?

«Un italiano si può? Io dico mio fratello Matteo. Se la sfortuna, che si manifesta sotto forma di continui infortuni, lo abbandona una volta per tutte, fidatevi che farà benissimo».

Marco Regazzoni

GILBERT CONCEDE IL BIS AL LOMBARDIA

Il ciclista belga vince il Giro della Lombardia, ultima grande classica della stagione.

Il Giro di Lombardia è da sempre la tradizionale chiusura della stagione ciclistica: è vero, ancora per un mese ci saranno gare e garette in ogni parte del globo, ma la cosiddetta classica delle Foglie Morte rappresenta l’ultimo appuntamento con il grande ciclismo di ogni annata, l’ultima occasione di riscatto per i corridori delusi, l’ennesima chance di splendere per chi ha dominato nei mesi precedenti.

Il percorso odierno si snoda sull’asse Milano-Como, 265 km attraverso la pianura attorno al capoluogo, le asperità della Val d’Intelvi, gli splendidi panorami del Lago di Como, la storica salita del Ghisallo, la ritrovata Colma di Sormano e il decisivo San Fermo della Battaglia, prima di arrivare sul lungolago della città lariana.

Come previsto, è battaglia sin dai primissimi chilometri, nel tentativo di portar via una fuga che caratterizzi la gara: riescono nell’intento, al chilometro 16, sei corridori. Si tratta del ventiduenne parigino Tony Gallopin (Cofidis), dell’esperto ticinese Michael Albasini (Team HTC-Columbia), del trentaquattrenne finlandese Kjell Carlström (Team Sky), del veneto Mauro Da Dalto (Lampre-Farnese Vini), e del duo della ISD-Neri composto dal del ventiseienne catanese Gianluca Mirenda e dal bergamasco Diego Caccia. Già da Porlezza la pioggia inizia a condizionare le corsa, e non si contano le scivolate di vari corridori lungo le discese disseminate lungo il percorso: anche un ottimo passista come il trentino Leonardo Bertagnolli finisce a terra ed è costretto al ritiro. Il vantaggio dei fuggitivi, che tocca quota 8 minuti, si riduce drasticamente quando si avvicinano le salite decisive, e già sul Ghisallo il campione nazionale Giovanni Visconti si fa vedere con un’azione importante, ma viene presto raggiunto e staccato dall’olandese Bauke Mollema (Rabobank). Nella discesa da Sormano, il siciliano Vincenzo Nibali, il vallone Philippe Gilbert, il marchigiano Michele Scarponi e lo spagnolo Pablo Lastras si ricongiungono con il fuggitivo; Nibali, tuttavia, è anch’esso vittima dell’asfalto reso scivoloso dalla pioggia e dalle foglie cadute, terminando a terra e staccandosi definitivamente dagli altri attaccanti. Già dai 20 km al traguardo, si capisce che gli uomini con la maggiore freschezza atletica sono Gilbert e Scarponi: i due restano appaiati in vetta alla corsa sino all’ultima ascesa, quella del San Fermo della Battaglia, guardandosi spesso negli occhi con atteggiamento di sfida. Ma Scarponi, tuttavia, non può portare fino in fondo la sua battaglia: nel momento in cui il rivale si alza sui pedali e scatta, il marchigiano è vittima di un salto di catena che gli impedisce di rispondere come avrebbe potuto.

Philippe Gilbert arriva dunque in solitaria sul lungolago Trento di Como, aggiudicandosi il Giro di Lombardia per la seconda volta consecutiva, in una stagione che lo ha visto vincere anche l’Amstel Gold Race, due tappe della Vuelta e, pochi giorni fa, il Gran Piemonte. Per Scarponi un secondo posto molto amaro, date le circostanze in cui è maturato: anche Nibali, quinto sul traguardo, ha da recriminare per la sfortuna avuta. Gilbert, con il trionfo odierno, suggella così una stagione che lo ha definitivamente consacrato come uno dei migliori interpreti delle corse di un giorno, nel solco della tradizione di tantissimi suoi connazionali, da Van Steenbergen a Van Looy, dall’inarrivabile Merckx a Musseuw.

Ordine d’arrivo:

1) Philippe GILBERT (Omega Pharma-Lotto) in 6h46’32’’;

2) Michele SCARPONI (Androni Giocattoli-Diquigiovanni) a 12’’;

3) Pablo LASTRAS (Caisse d’Epargne) a 55’’;

4) Jakob FUGLSANG (Saxo Bank) a 1’08’’;

5) Vincenzo NIBALI (Liquigas-Doimo) stesso tempo.

Marco Regazzoni

CALCIO: SULLE ALI DELL’ENTUSIASMO

L’Under 21 di Casiraghi batte la Bielorussia sfruttando soprattutto gli esterni di centrocampo.

Pur senza mettere in mostra un gioco brillantissimo gli Azzurrini guidati da Pigi Casiraghi hanno vinto il primo atto dei playoff che qualificano al prossimo Europeo under 21 mettendo in mostra un difesa solida, un centrocampo organizzato ed un attacco spietato.

Partita tutto sommato piuttosto equilibrata, anche più di quanto il 2-0 finale non lasci intendere: se da una parte era infatti netta la maggior tecnicità dei nostri ragazzi dall’altra, è altrettanto vero che i bielorussi dimostravano una netta superiorità atletica grazie alla quale arrivavano più o meno sempre primi sul pallone.

Cosa ha fatto la differenza, quindi?
La maggior preparazione tattica della squadra di Casiraghi.

Ancora una volta insomma quella italiana si conferma come una delle migliori scuole al mondo, da questo punto di vista.
Ma analizziamo nello specifico quanto avvenuto venerdì scorso ed ipotizziamo cosa potrebbe invece succedere nel corso della partita di ritorno, allorquando gli Azzurrini scenderanno in campo in Bielorussia per difendere il risultato maturato all’andata.

A pesare come un macigno nella gara di andata è stata l’impostazione del gioco dei due esterni di centrocampo: messa infatti al sicuro la porta difesa dal buon Mannone grazie ad una linea arretrata, schierata a zona, arcigna e molto concentrata e ad una coppia di mediani capace di fare buon filtro a centrocampo (molto preziosa, in tal senso, la copertura garantita da Bolzoni sulla nostra trequarti) sono stati proprio Schelotto e Fabbrini a scompaginare le carte in tavola, mettendo puntualmente in difficoltà la squadra avversaria senza che il ct Kondratiev riuscisse a prendere le giuste contromisure.

Approccio alla gara opposto per le due ali schierate da Casiraghi: mentre da una parte a Schelotto è stato richiesto di mettere in campo tutto il suo atletismo per arare la propria fascia di competenza arrivando quante più volte possibile sul fondo per cercare poi la coppia Destro-Okaka in mezzo all’area, dall’altra è stato chiesto a Fabbrini, molto più trequartista che vero e proprio esterno di centrocampo, di ricalcare un po’ quello che fu il modo di giocare di Nedved una volta sbarcato a Torino: giocare in linea con il resto dei centrocampisti partendo largo a sinistra per poi far saltare gli schemi difensivi avversari convergendo verso il centro.
Il tutto sia in situazione di possesso che di non possesso di palla.

E proprio questo diverso atteggiamento, oltre alla qualità stessa dei due ragazzi, hanno creato non pochi grattacapi alla difesa bielorussa. Basti anche solo andare a rivedere i goal, emblema perfetto di quanto appena detto.

In occasione dell’1-0 Ogbonna effettua un lancio dalla difesa con cui pesca Okaka sulla trequarti campo. Nel momento in cui la punta Giallorossa riceve il pallone è possibile notare come la posizione di Fabbrini sia molto più centrale rispetto a quella di partenza. Come detto, quindi, non limitandosi a stare rilegato sulla fascia sinistra il talentino empolese dimostra di poter penetrare nella difesa avversaria come nel burro, e così fa anche in questa occasione: lo stop di Okaka non è certo dei migliori ma contribuisce a mettere in movimento proprio il talentino toscano che una volta venuto in possesso della sfera partirà dritto per dritto puntando la porta, senza che nessuno riesca a trovare le giuste contromosse per fermarlo. Avanzando senza pressing, quindi, farà entrare in crisi tutto il reparto difensivo bielorusso che collasserà su sé stesso dando modo a Destro di tagliare in area alle spalle di tutti, partendo da posizione regolare, proprio nel momento in cui Fabbrini stesso farà partire un filtrante perfetto che metterà l’ex capocannoniere del Campionato Primavera in condizione di battere Hutar.

In occasione del 2-0 sono invece chiamati in causa entrambi gli esterni, ognuno secondo le proprie caratteristiche: De Silvestri avanza sulla destra e mette in movimento Schelotto che arriverà sul fondo per poi rientrare, mettendo fuori tempo il diretto marcatore, e crossare di sinistro in mezzo all’area. Qui arriverà il taglio del solito Fabbrini, come detto libero di accentrarsi partendo da sinistra, che sfiorerà il pallone, prima che questo finisca sulla testa di Okaka, che lo girerà in rete.

Ecco spiegato come l’Under di Casiraghi ha battuto i pari età bielorussi.

E per il ritorno?
Viste le inopportune squalifiche di De Silvestri e Schelotto, che azzerano la nostra fascia destra, non potrà essere riproposto esattamente lo stesso schema tattico della partita di andata. Il rientro, proprio da una squalifica, di Marilungo, poi, fa presupporre che uno tra Okaka e Destro inizierà il match in panchina. Proviamo quindi ad ipotizzare un possibile undici di partenza, con tanto di eventuali accorgimenti tattici che potrebbero essere escogitati per mettere ancora una volta in difficoltà la non certo impenetrabile difesa bielorussa.

Mannone sarà quasi sicuramente confermato in porta, mentre Santon sarà spostato sulla fascia destra per sopperire all’assenza di capitan De Silvestri con l’inserimento di uno tra Rispoli ed Ariaudo sulla sinistra: scegliere quest’ultimo vorrebbe dire blindare la fascia con un centrale adattato a terzino che non garantirà grande spinta ma, di contro, sarà difficilmente saltabile nell’uno contro uno ed in una partita in cui potrebbe essere il contropiede l’arma in più ecco che questa scelta potrebbe definirsi molto ben ponderata. In mezzo, quindi, dovrebbe essere confermata la coppia Ranocchia-Ogbonna. A centrocampo, sempre per impostare la gara in un’ottica di contropiede spiccato, il posto di Schelotto potrebbe essere preso dal contropiedista per eccellenza, quel Mattia Mustacchio eroe della qualificazione a questo playoff che con la sua velocità può diventare devastante ad ogni singola ripartenza. La coppia centrale potrebbe essere ancora Bolzoni-Poli, proprio per abbinare la capacità del primo di fare da frangiflutti davanti alla difesa con quella del secondo di impostare l’azione di ripartenza, per quanto non ignorerei nemmeno la possibilità di schierare un tuttofare come Soriano, sempre prezioso quando in forma ottimale. La zona di sinistra dovrebbe quindi essere ancora una volta terreno di caccia del buon Fabbrini, appena entrato nel giro di questa under ma già titolare inamovibile nello scacchiere di Casiraghi. Anche in questa occasione sfrutterei propensione e capacità dello stesso di accentrarsi per giocare tra le linee, a maggior ragione qualora venisse schierato titolare Marilungo, magari al fianco di Destro: il talentino doriano, infatti, è giocatore molto più propenso alla manovra di Okaka e di Destro stesso ed essendo tecnicamente molto dotato potrebbe fraseggiare nel migliore dei modi con il genietto empolese.

Dopo aver spiegato come l’under ha battuto i pari età bielorussi, quindi, ecco spiegato come potrebbe batterli anche nel match di ritorno!

Francesco Federico Pagani

PALLANUOTO: FUORI SAVONA E BRIXIA

Nel secondo turno di qualificazione di Eurolega, le due italiane sono eliminate.

Grande delusione per le due formazioni italiane impegnate nel secondo turno di qualificazione dell’Eurolega di pallanuoto: Rari Nantes Savona e Brixia Leonessa non riescono ad accedere alla fase a gironi e vengono, conseguentemente, retrocesse in Coppa LEN. Se i liguri hanno qualcosa da recriminare per essere stati eliminati solamente a causa di un gol di differenza, i lombardi hanno racimolato appena un punto in tre partite.

Girone E. Spesso il fattore campo incide in maniera limitata nella pallanuoto: d’accordo il sostegno dei tifosi, ma in acqua la differenza di valori tecnici emerge. A quanto pare, però, il calore del pubblico catalano ha fatto sì che nello spareggio per il secondo posto e, dunque, per la qualificazione alla fase a gironi la spuntassero i padroni di casa del Club Natació Barcelona che superano in volata il Savona. Gli uomini di Mistrangelo, dopo una buona partenza, si giocano la qualificazione perdendo contro i montenegrini del Budva, promossi come primi classificati, e gli spagnoli. Nel match decisivo non bastano i quattro gol di Mlađan Janović per evitare la cocente eliminazione. A Barcellona prime presenze europee con la nuova calottina per il portiere Goran Volarević e per il difensore Jesse Smith.

CLASSIFICA

1) VK Budva 9 pti

2) CN Barcelona 6 pti

3) RN Savona 3 pti

4) NO Vouliagmeni 0 pti

Girone F. Un punto, e nulla più. Il Brixia era giunto a Novi Sad con ottimismo ma l’obiettivo della fase eliminatoria non è stato centrato. La strada si è fatta subito in salita con il pareggio (9-9) contro i russi del Sintez Kazan, poi la sconfitta contro il locale settebello del Vojvodina ha dato il colpo di grazia alle residue speranze. Ai bresciani sono mancati soprattutto i gol di Roberto Calcaterra, a segno solamente per due volte nell’ultimo match, quello contro gli ungheresi dello Szeged Beton, quando i giochi erano ormai fatti. Anche il Brixia, al pari del Savona, parteciperà adesso al secondo turno di qualificazione della Coppa LEN assieme al Sintez. Promossi alla fase a gironi il Szeged Beton allenato da Zoltán Kásás, padre di Tamás, ed il Vojvodina.

CLASSIFICA

1) Szeged Beton 9 pti

2) Vojvodina Novi Sad 6 pti

3) Brixia Leonessa 1 pto

4) Sintez Kazan 1 pto

Girone G. Unico gruppo in cui la squadra ospitante non riesce a superare il turno: a Berlino lo Spandau 04 di Hagen Stamm chiude infatti con un misero terzo posto. A regnare incontrastato, e non poteva essere altrimenti, è il Mladost Zagabria che sfoggia subito il fiore all’occhiello della campagna acquisti, quel Vanja Udovičić che al momento può forse essere considerato il più forte pallanotista al mondo. Gli ungheresi dell’Eger staccano l’altro biglietto per la fase eliminatoria, ultimi e senza vittorie i francesi del Marsiglia.

CLASSIFICA

1) Mladost Zagabria 9 pti

2) ZF Eger 6 pti

3) Spandau 04 3 pti

4) CN Marsiglia 0 pti

Girone H. Il Primorje Rijeka vince a punteggio pieno il quarto gruppo facendo leva sull’entusiasmo dei suoi sostenitori accorsi alla piscina di Fiume. Un trionfo che arriva nel giorno in cui Predrag Sloboda, presidente della società, viene eletto a capo della Federpallanuoto croata. In acqua vengono domati tutti gli avversari, compresi i vicecampioni in carica del Primorac Kotor che riescono comunque a centrare almeno il secondo posto. Finiscono in Coppa LEN i greci del Panionios, secondi a nessuno quanto ad abnegazione e buona volontà ma evidentemente inferiori sul piano tecnico a croati e montenegrini, e gli slovacchi dell’Hornets Košice, squadra materasso del girone.

CLASSIFICA

1) Primorje Rijeka 9 pti

2) Primorac Kotor 6 pti

3) Panionios 3 pti

4) Hornets Košice 0 pti

Le prime due classificate di ogni girone raggiungono così la fase eliminatoria, al via il 13 e 14 novembre, alla quale sono già qualificate Pro Recco, Jug Dubrovnik, Jadran Herceg Novi, Olympiakos, Atlétic Barceloneta, Vasas Budapest, Partizan Belgrado e Spartak Volgograd. Le terze e quarte classificate, invece, partecipano al secondo turno di qualificazione della Coppa LEN.

Simone Pierotti

TENNIS: FOREST HILLS GRAZIATO. PER ORA.

L’assemblea del West Side Tennis Club salva lo storico stadio newyorkese, ma lo spettro demolizione aleggia ancora.

La decisione finale dell’assemblea del West Side Tennis Club sulla demolizione dello storico complesso newyorkese di Forest Hills, dove fino al 1977 venivano disputati gli US Open di tennis, era attesa per il 23 settembre, ma il tornado che il mese scorso aveva colpito il Queens ha costretto il differimento a oggi.

I 246 membri presenti sui 291 del club hanno votato spaccandosi esattamente a metà: 123 voti a favore della demolizione per costruire un grande condominio esclusivo, e 123 contrari. Ma siccome il regolamento interno prevede una maggioranza qualificata dei 2/3 per l’approvazione di questo tipo di decisioni, la proposta di demolizione è stata bocciata; e lo storico e malmesso campo di Forest Hills può continuare, anche se faticosamente, a sopravvivere.

Era stato proprio eccependo gli altissimi costi a perdere per la manutenzione ordinaria, che la proprietà del West Side Tennis Club si era orientata a vendere lo stadio per una cifra di circa 9 milioni di dollari a una società immobiliare, la Cord Meyer Development Company, che avrebbe dovuto riconvertire l’area alla costruzione di palazzi residenziali.

A confermare però che Forest Hills non è ancora definitivamente salvo è stato il presidente dello stesso club newyorkese, Kenneth Parker.

Infatti Parker ha dichiarato oggi al New York Times che in futuro saranno comunque valutate anche nuove proposte. Del resto, la situazione economica dell’associazione è decisamente precaria, soprattutto in considerazione di questi costi di manutenzione del complesso, ormai in disuso e quasi diroccato.

Altri membri del West Side Tennis Club si sono invece mobilitati per reperire i fondi necessari ai restauri, appellandosi anche all’International Tennis Hall of Fame e alla US Tennis Association, e hanno fatto notare che malgrado le pessime condizioni dovute all’incuria, il vecchio complesso non ha ancora perduto il proprio fascino e il proprio valore dal punto di vista storico.

Giuseppe Ottomano