VUELTA: SI RITIRA ANTÓN, NIBALI MAGLIA ROSSA

Colpo di scena alla Vuelta: si ritira il leader della classifica generale Antón che cede la leadership a Nibali.

Con i 178 km tra Burgos e Peña Cabarga la sessantacinquesima Vuelta a España propone un interessantissimo arrivo in salita, nel parco naturale a ridosso di Santander: i 6 km al 9% dell’ascesa finale, che giungono dopo altri due gran premi della montagna di seconda categoria, sembrano adattissimo per uno scontro tra i big della classifica.

Come sempre, gli innumerevoli tentativi di attacco in avvio di tappa permettono ad un gruppetto di corridori di guadagnare terreno: autore dell’azione di giornata è ancora una volta l’olandese Nicki Terpstra (Team Milram), già in avanscoperta ieri, raggiunto successivamente dallo statunitense David Zabriskie e dal britannico David Millar, entrambi della Garmin-Slipstream. Si tratta di tre passisti eccezionali: in particolare, i due corridori anglosassoni hanno vinto fior di gare a cronometro nelle rispettive carriere, e dunque il terzetto al comando riesce rapidamente a guadagnare un grande vantaggio, che arriva a superare i dieci minuti. Il gruppo, condotto per lunghi tratti a velocità turistica dalla Euskaltel-Euskadi del leader Antón, reagisce solo quando altre squadre subentrano a quelle della maglia rossa, iniziando a recuperare minuti su minuti, grazie alla spinta del Team Katusha di Joaquim Rodríguez.

Sulle rampe della salita finale, un colpo di scena cambia le carte in tavola di questa Vuelta: la maglia rossa Igor Antón, a otto chilometri dal traguardo, è coinvolto in una caduta assieme al veneto Marzio Bruseghin (Caisse d’Epargne) e al compagno Egoi Martinez, ed è costretto al ritiro tra le lacrime, abbandonando una corsa della quale finora era stato il protagonista principale.

Il ceco Kreuziger, gregario di Nibali alla Liquigas-Doimo, mantiene un ritmo elevatissimo sulle rampe della Peña Cabarga: a 1600 metri dal traguardo, dove le pendenze si avvicinano al 20%, finisce l’avventura di Terpstra, unico superstite del terzetto al comando, raggiunto da uno scatto dell’indemoniato Ezequiel Mosquera (Xacobeo-Galicia).

Ma il galiziano, in men che non si dica, viene raggiunto e staccato da Nibali e Rodríguez, che danno prova di uno stato di forma straordinario: l’atleta della Katusha stacca nel finale il siciliano, aggiudicandosi la tappa per distacco, ma per Vincenzo Nibali c’è la soddisfazione di indossare la maglia rossa di leader della classifica generale. Per Rodríguez, trentunenne di Parets del Valles, si tratta della diciannovesima vittoria in carriera, la seconda di tappa alla Vuelta, mentre Nibali diventa a questo punto il favorito per la vittoria finale, e nei prossimi giorni dovrà dimostrare di saper concretizzare la grande occasione che le sue grandi doti, unitamente alla sfortuna di Antón, gli hanno messo su un piatto d’argento.

Domani la Vuelta offrirà uno degli arrivi più tradizionali e spettacolari di questa corsa: la tappa, che partirà dalla località cantabra di Solares, si concluderà dopo 187.3 km ai Lagos de Covadonga, 14 km di ascesa al 6.8% di pendenza media, dove vinsero grandi atleti come Pedro Delgado, Laurent Jalabert e Pavel Tonkov.

Ordine d’arrivo:

1) Joaquim RODRÍGUEZ (Team Katusha) in 4h26’42’’;

2) Vincenzo NIBALI (Liquigas-Doimo) a 20’’;

3) Ezequiel MOSQUERA (Xacobeo-Galicia) a 22’’.

Classifica generale:

1) Vincenzo NIBALI (Liquigas-Doimo) in 60h55’39’’;

2) Joaquim RODRÍGUEZ (Team Katusha) a 4’’;

3) Ezequiel MOSQUERA (Xacobeo-Galicia) a 50’’.

Marco Regazzoni

PALLANUOTO: È IL GIORNO DEL SETTEBELLO

Giorno di chiusura agli Europei di Zagabria: Croazia e Italia si giocano l’oro (ore 21, diretta Rai Sport 1).

Una non mette al collo l’oro europeo da ormai quindici anni, l’altra non l’ha mai vinto. Chiunque trionferà stasera, dunque, scriverà un nuovo pezzo di storia della pallanuoto del Vecchio Continente. A Zagabria cala il sipario sugli Europei e nella piscina del Mladost andrà in scena la finalissima del torneo maschile: se per la Croazia padrona di casa era l’obiettivo minimo, la vera sorpresa è l’Italia di Sandro Campagna. Il Settebello, arrivato nei Balcani godendo di poco credito, ha rovesciato ogni pronostico ed ha raggiunto l’atto finale sconfiggendo lungo il percorso nazionali sulla carta più quotate come Spagna, Montenegro (campioni europei in carica, lo saranno ancora per poche ore) e Ungheria, vincitrice degli ultimi tre Giochi Olimpici. Tutto questo con una squadra profondamente rinnovata rispetto ai fallimentari Mondiali di Roma di un anno fa. E con alcune scommesse vinte, vedi il non ancora ventenne Stefano Luongo, finora a segno già sette volte, o il richiamo di Arnaldo Deserti, centroboa che ha fruttato pochi gol eppure fondamentale nell’economia del gioco azzurro. Ritroviamo da avversario quel Ratko Rudić che ha creato la leggenda del Settebello nella prima metà anni Novanta (due Europei, un Mondiale, una Coppa FINA ed un’Olimpiade), ha dato impulso al movimento pallanotistico negli Stati Uniti e che, adesso, sta facendo grande la sua Croazia, unica squadra a sconfiggere gli azzurri nel girone eliminatorio. Finora l’Italia ha dato dimostrazione di grande solidità in difesa, con Tempesti autentica muraglia umana, e di grande coesione, sapendo vincere a dispetto di assenze pesanti, vedi Figlioli contro la Spagna e Felugo nella semifinale. E contro l’Ungheria ha funzionato pure l’attacco, rivelatosi a volte il nostro punto debole.

La Croazia, dal canto suo, godrà innanzitutto del sostegno di cinquemila spettatori pronti a vestirsi di bianco e rosso. E poi ha in Jug Dubrovnik e Mladost Zagabria i suoi blocchi principali: alcuni giocatori, insomma, conoscono a memoria i movimenti dei loro compagni. Il punto di forza è sicuramente la fisicità: se gli arbitri lasciano correre, non sarà bizzarro assistere nuovamente a Burić o Bušlje che trascinano lontano dalla linea dei due metri i nostri centroboa e lo stesso dicasi per i giocatori posizionati lungo il perimetro. La chiave tattica per battere i croati sarà, probabilmente, questa: consueta difesa a zona mista – tutti a pressing tranne i difensori in posizione 2 e 3 – per indurre l’avversario a tirare con il timore di subire una contrifuga in caso di errore. Lo schema può apparire rischioso considerando le bocche da fuoco balcaniche – Bošković, Joković, Muslim e Sukno – ma è pur vero che Tempesti ha dimostrato in questo Europeo di poter fornire numerose garanzie.  In attacco, poi, saranno fondamentali i movimenti dei giocatori senza palla, premesso che la Croazia giocherà molto probabilmente a pressing poiché potrà far valere kili e centimetri in abbondanza. Al resto penseranno la tensione che ogni finale porta con sé e la capacità di sfruttare le superiorità numeriche.

Infine, qualche curiosità: Croazia-Italia è anche una partita che mette di fronte due paesi che hanno avuto contatti diretti nella prima metà del Novecento (si pensi ai possedimenti italiani in Istria ed in Dalmazia). Non sarà una partita qualunque per Ratko Rudić, tecnico croato che ha lasciato ricordi indelebili nel nostro paese, al punto da meritarsi la cittadinanza italiana per meriti sportivi. Non sarà una partita qualunque per Deni Fiorentini, nazionale azzurro nato a Spalato da padre croato – il suo secondo cognome è Jovanović – e madre italiana, che qualche anno fa fu convocato proprio nella selezione che oggi affronta da avversario. E non sarà una partita qualsiasi per il difensore croato Damir Burić, pure lui in possesso del passaporto italiano, e per il ventenne Sandro Sukno, cresciuto in Italia quando papà Goran allenava la Rari Nantes Salerno. Da non dimenticare, poi, il confronto tra l’allievo (Sandro Campagna) ed il maestro (Ratko Rudić): chi la spunterà?

Così a Zagabria (ore 21, diretta Rai Sport 1):

CROAZIA: Pavić, Joković, Bošković, Burić, Muslim, Sukno, Dobud; Obradović, Buljubašić, Karač, Barač (c), Hinić, Bušlje. All. Rudić.

ITALIA: Tempesti (c), Gallo, Fiorentini, Gitto, Figlioli, Presciutti, Aicardi; Pastorino, Luongo, Bertoli, Giacoppo, Deserti. Indisponibile: Felugo (infortunato). All. Campagna

ARBITRI: Tulga (Turchia) e Stavridis (Grecia).

 

EUROPEI DI PALLANUOTO 2010

RISULTATI TORNEO MASCHILE

FINALE 9°-10° POSTO

Grecia-Turchia 10-7

FINALE 7°-8° POSTO

Spagna-Romania 7-8

FINALE 5°-6° POSTO

Germania-Montenegro 6-14

RISULTATI TORNEO FEMMINILE

FINALE 3°-4° POSTO

Italia-Olanda 12-14

FINALE 1°-2° POSTO

Grecia-Russia 6-11

CLASSIFICA FINALE – TORNEO FEMMINILE

1 ) Russia

2 ) Grecia

3 ) Olanda

4 ) ITALIA

5 ) Ungheria

6 ) Spagna

7 ) Germania

8 ) Croazia

Simone Pierotti

PALLANUOTO: PALOMBELLA RUSSA

Dopo Belgrado 2006 e Málaga 2008, a Zagabria terzo oro europeo consecutivo della Russia in campo femminile.

“Siamo tutti esuli dal nostro passato” ebbe a dire il celebre scrittore russo Fëdor Dostoevskij. Anche la nazionale russa di pallanuoto femminile lo è. Perché, dopo anni di anonimato, di successi solamente accarezzati, la Russia ha voltato pagina ed è diventata la regina – anzi, la zarina – indiscussa del Vecchio Continente. Dopo gli ori conquistati a Belgrado e Málaga ecco la terza sinfonia, eseguita a Zagabria: la nazionale di Aleksandr Kabanov, un orso con un cuore grande così, supera in finale con un netto 11-6 una Grecia apparsa comunque in crescita nel corso del torneo. Unica nota negativa la scarsa cornice di pubblico presente: è vero che non giocava la Croazia padrona di casa, ma in casa LEN sono sicuri che la pallanuoto abbia ancora appeal?

Come era già stato osservato precedentemente, si contendevano l’oro quelle che, attualmente, sono da considerarsi le due eccellenze della pallanuoto femminile in Europa. Tra i club – Coppa LEN e Coppa dei Campioni sono andate a squadre elleniche, in finale contro due russe – e naturalmente, tra le nazionali. Perché Russia-Grecia, un anno fa, fu anche la finale per il bronzo ai Mondiali di Roma, posto che là davanti Stati Uniti e Canada erano inarrivabili. Ieri al Foro Italico come oggi a Zagabria è stato un trionfo delle russe, segno che attualmente sono una spanna sopra le elleniche. Probabilmente tutto è ruotato attorno alle pressioni: molte giocatrici greche erano alla prima finale europea con la loro selezione, la maggioranza delle russe era reduce dai trionfi di Belgrado e Málaga. E fin dall’inizio non c’è assolutamente storia: la Russia è micidiale in attacco, sostenuta anche dalla giornata nera di Tsouri, portiere di indiscusso livello che, però, stecca proprio al momento decisivo. Sulla vittoria finale, manco a dirlo, è impresso il nome delle quattro giocatrici che hanno preso per mano la squadra e l’hanno condotta al successo: il capitano Sof’ja Konuch, la svelta Evgenia Ivanova, la specialista dei rigori Ekaterina Prokofieva ed il centroboa Ol’ga Beljaeva, che ha assicurato un cospicuo bottino di reti (otto) svolgendo, al contempo, un prezioso gioco di squadra. E si materializza così la vendetta di Aleksandr Kabanov, sconfitto pochi mesi fa nella finale di Coppa dei Campioni con il suo Kinef Kiriši per mano del Vouliagmeni, squadra ateniese che fornisce alla nazionale di Morfesis il maggior numero di giocatrici.

Passando proprio alla Grecia, la squadra ha espresso una buona pallanuoto nel corso dell’Europeo, aggiudicandosi pure un girone eliminatorio che, con l’eccezione della modesta Croazia, comprendeva la Russia stessa ed un’Italia imprevedibile, capace di grandi prestazioni ma anche di errori grossolani. Il gruppo è mancato, non certo in tutte le sue componenti, proprio nella finale. Dove hanno comunque ben figurato Angeliki Gerolymou (è lei la miglior marcatrice del torneo con 17 reti) e, soprattutto, Alexandra Asimaki: il centroboa tascabile del Vouliagmeni ha dimostrato che, pur senza un fisico da granatiere, sa farsi valere sui due metri ed ha segnato quattro reti. Più in generale, il movimento pallanotistico ellenico dimostra di proseguire nella giusta direzione: il ciclo avviato con il clamoroso argento ai Giochi di Atene del 2004 ha portato in dote una World League, un quarto posto mondiale e, soprattutto, le prime affermazioni dei suoi club, che finora hanno resistito all’invasione straniera. Continuando ad accumulare esperienza, molto probabilmente, arriverà il momento in cui si concluderà l’egemonia delle zarine.

Venerdì 10 settembre 2010

GRECIA-RUSSIA 6-11 (1-3, 3-3, 1-2, 1-3)

Mladost Sports Center, Zagabria

GRECIA: Tsouri, Antonakou, Roubesi, Psouni, Gerolymou 2, Liosi, Asimaki 4; Kouvdou, Tsoukala, Melidoni, Avramidou, Manolioudaki, Lara. All. Morfesis.

RUSSIA: Kovtunovskaja, Glyzina 2, Soboleva 1, Ryžova-Aleničeva, Konuch 2, Prokofieva, Beljaeva 1; Protsenko ne, Pustynnikova, Tankeeva 1, Antonova 1, Ivanova 2, Gaufler. All. Kabanov.

ARBITRI: Margeta (Slovenia) e Borrell (Spagna)

NOTE: superiorità numeriche Grecia 1/5, Russia 0/5. Uscita per limite di falli Psouni (G) a 6’43” del quarto tempo.

Simone Pierotti

PALLANUOTO: SETTEROSA FUORI DAL PODIO

Sconfitta per il Setterosa nella finale di consolazione con l’Olanda (12-14): le azzurre pagano un brutto primo tempo.

Niente da fare. Nemmeno il bronzo. Dopo la secca sconfitta nella semifinale con la Grecia, il Setterosa perde pure nella finale per il terzo posto contro l’Olanda di Mauro Maugeri, che allenò la nazionale femminile a quei Giochi Olimpici di Pechino vinti proprio dalla nazionale dei Paesi Bassi. Le azzurre si congedano da Zagabria con un 12-14 causato, soprattutto, da un pessimo primo tempo. E iniziano i rimpianti.

L’ultimo in ordine di tempo arriva proprio dalla finalina contro le olandesi: il Setterosa, una volta entrato in partita, dimostra di giocarsela alla pari con le avversarie. Ma tutto viene rovinato da quel primo parziale dove le olandesi dilagano subito sul 4-0 e, una volta che l’Italia accorcia le distanze con Rocco, ristabiliscono subito le quattro lunghezze di vantaggio con un bellissimo tiro a sciarpa di Vermeer. Nel secondo tempo, dopo un altro schiaffo delle olandesi, il Setterosa si rialza e mette dentro alcune superiorità numeriche. Ma la difesa, fino ad ora nostro punto di forza, viene perforata con disarmante facilità e la Gigli è il battistiano scoglio che tenta di arginare il mare. L’Olanda fa tutto quello che deve fare, tanto che Maugeri non si alza mai dalla panchina per richiamare le sue giocatrici. Nel finale di gara le azzurre riescono a riportarsi sotto di due lunghezze, ma mai danno l’impressione di poter minacciare la formazione di Maugeri.

Essere tra le prime quattro d’Europa, comunque, non è un traguardo negativo, specie se si considera che le due finaliste – Grecia e Russia – hanno dimostrato di essere superiori alle altre compagini. Il problema, semmai, sarà ai Mondiali di Shangai perché, al momento, la vera eccellenza della pallanuoto mondiale non è quella europea: Australia e Stati Uniti sono di un livello ancora più alto, il Canada può inserirsi come terza forza e poi c’è la Cina, il cui movimento pallanotistico è in crescita tra le donne, che giocherà in casa. La sensazione è che il Setterosa rischia di andare incontro a quanto è accaduto negli ultimi quindici anni alla nazionale maschile: alla luce dei grandi successi sotto la guida di Rudić non ci si preoccupò, sbagliando, del ricambio generazionale. Tant’è che dopo l’oro agli Europei di Vienna del 1995 ed il bronzo ai Giochi di Atlanta dell’anno successivo sono arrivate poche gioie (un argento continentale ed uno mondiale) e tante delusioni. Per lungo tempo le varie Allucci, Conti, Malato, Miceli hanno tirato la carretta senza avere alle spalle possibili sostitute. Nella nazionale di Roberto Fiori figurano alcune giocatrici che vinsero gli Europei juniores, giovani interessanti a cui manca ancora esperienza per giocare ad alti livelli, come dimostrano alcuni peccati commessi nelle due partite contro la Grecia ed il primo tempo odierno con l’Olanda. Ma non tutto è da buttare, vedi la straordinaria reazione contro la Russia nel finale (dal 12-7 al 12-12) e la partita con la Spagna e la già guadagnata qualificazione ai Mondiali.  Dalle selezioni giovanili, inoltre, arrivano buone notizie, come il bronzo agli Europei juniores ’93 di Dniprodzeržins’k: il futuro potrebbe essere ancora (Sette)rosa. Ma ci sara da lavorare sodo, partendo già con una maggior valorizzazione dei vivai.

Venerdì 10 settembre 2010

ITALIA-OLANDA 12-14 (1-5, 4-3, 3-3, 4-3)

Mladost Sports Center, Zagabria

ITALIA: Gigli, Emmolo 1, Garibotti 1, Abbate 1, Bianconi 3, Cotti 2, Casanova; Gorlero ne, Radicchi 1, Motta, Aiello 2, Rocco 1, Frassinetti 1. All. Fiori.

OLANDA: van der Meijden, J. Cabout 4, Hakhverdian 2, Klein, van Belkum 4, M. Cabout 2, Smit 1; Heinis ne, van der Sloot ne, Stomphorst, Vermeer 1, Nijhuis, Koot. All. Maugeri.

ARBITRI: Wengenroth (Svizzera) e Juhász (Ungheria).

NOTE: superiorità numeriche Italia 5/9, Olanda 7/14. Uscite per limite di falli Motta (I) al 6′ del terzo tempo e Cotti (I) a 3’31” del quarto.

Simone Pierotti

VUELTA: A BURGOS IL BIS DI CAVENDISH

Il velocista inglese vince anche la tappa di Burgos alla Vuelta. Nibali è ancora secondo in classifica generale.

La tredicesima tappa della Vuelta a España presenta un percorso abbastanza mosso, lungo i 196 km da Rincón de Soto a Burgos, con due gran premi della montagna di terza categoria nel finale.

Come da tradizione, la fuga di giornata parte sin dai primissimi chilometri, dopo innumerevoli tentativi ad opera di vari atleti: il quintetto al comando, che arriva a guadagnare sino a 8’ sul plotone, è composto dal ventisettenne belga Olivier Kaisen (Omega Pharma-Lotto), brillantissimo nelle categorie giovanili ma incapace di esprimersi ad alti livelli tra i professionisti; dal campione nazionale olandese Niki Terpstra (Team Milram), ventiseienne di Beerwijk; dal velocista australiano Allan Davis (Quick Step); dal trentenne empolese Manuele Mori (Lampre-Farnese Vini), brillante passista-veloce già attivo nei giorni scorsi; e dal trentunenne ossolano Giampaolo Cheula (Footon-Servetto), anche lui già all’attacco nelle tappe precedenti.

Dietro, le squadre dei velocisti (in primis la HTC-Columbia di Cavendish e la Garmin-Slipstream di Farrar) non sono per nulla spaventate dal percorso vallonato, e si mettono ad inseguire i fuggitivi, tenendo sotto controllo il loro margine: in particolare sono lo statunitense David Zabriskie per la Garmin e il bielorusso Kanstantsin Sivtsov per la HTC a mantenere un ritmo elevato in testa al plotone. I cinque al comando vendono cara la pelle, facendosi raggiungere solamente a poco più di quattro chilometri dal traguardo, alle porte di una Burgos battuta da un forte vento che rischia di spaccare il gruppo. Come ieri, è fondamentale il lavoro di Matthew Goss (HTC-Columbia) che lancia ottimamente il compagno Cavendish, capace di vincere, ancora una volta, quasi per distacco, senza che Hushovd e Bennati riescano anche solo ad affiancarlo: per il ragazzo nativo di Douglas (Isola di Man), ma residente nel Pistoiese, si tratta della decima vittoria stagionale, la sessantaseiesima in carriera. Daniele Bennati (Liquigas-Doimo) è apparso decisamente più brillante rispetto alle scorse giornate, ma contro lo strapotere dell’inglese non sembrano esserci armi.

Domani sono in programma 178 km tra Burgos e Peña Cabarga, col traguardo posto al termine di una salita di 5.9 km al 9.2%: in precedenza i corridori dovranno affrontare anche due gran premi della montagna di seconda categoria e uno di terza. La Vuelta a España entra nel vivo.

Ordine d’arrivo della tappa:

1) Mark CAVENDISH (Team HTC-Columbia) in 4h50’18’’;

2) Thor HUSHOVD (Cervélo) stesso tempo;

3) Daniele BENNATI (Liquigas-Doimo) stesso tempo.

Classifica generale:

1) Igor ANTÓN (Euskaltel-Euskadi) in 56h28’03’’;

2) Vincenzo NIBALI (Liquigas-Doimo) a 45’’;

3) Xavier TONDO (Cervélo) a 1’04’’.

Marco Regazzoni