PALLANUOTO: OGGI LA FINALE FEMMINILE

Grecia e Russia si contendono stasera (ore 19.30) l’oro europeo in campo femminile. L’Italia cerca il bronzo.

Era il giorno delle semifinali al torneo maschile degli Europei di pallanuoto di Zagabria. Ed il pubblico del Mladost Sports Center non può certo ritenersi deluso: la Croazia ritrova, sette anni dopo Kranj, la finale continentale. E lo fa superando un rivale che più acerrimo non si potrebbe, la Serbia campione del mondo, contro cui i biancorossi avevano quasi sempre incassato sconfitte negli ultimi anni. L’altra finalista, a sorpresa ma con pieno merito, è l’Italia di Sandro Campagna: il Settebello ci fa ritornare alla mente ai fasti degli anni Novanta battendo 10-8 l’Ungheria. Una vittoria limpida, figlia di una prestazione tutta cuore e classe, dove fortunatamente non si è fatta sentire l’assenza dell’infortunato Felugo.

A Zagabria si sono giocate anche altre tre sfide, di cui due valide per assegnare gli ultimi posti della graduatoria: a contendersi il settimo posto saranno Spagna e Romania che nelle semifinali hanno superato Grecia e Turchia. Se la vittoria dei rumeni era piuttosto scontata (15-8), iberici e ellenici hanno allungato fino ai tempi supplementari il loro duello: decisivo a meno di un minuto dal termine il gol dal perimetro di Xavi García. Da segnalare la prestazione del rumeno Ramiro Georgescu che chiude con un impressionante 100% di realizzazione (cinque tiri, altrettanti gol). Infine era in programma l’incontro Russia-Macedonia per assegnare l’undicesimo posto finale: vincono, seppur di misura, i primi per 5-4.

Questa sera alle 19.30 va in scena la finalissima del torneo femminile tra Grecia e Russia. Le quali si sono già affrontate, pareggiando, nel girone eliminatorio. Quasi impossibile pronosticare chi vincerà: le due nazionali sono, indubbiamente, di un livello superiore rispetto ad altre e presentano caratteristiche simili, con portieri affidabili (Tsouri e Kovtunovskaja), abili tiratrici dal perimetro (Roubesi e Antonakou da una parte, Konuch e Ivanova dall’altra), rigoriste infallibili (Gerolymou e Prokofieva) e centroboa pericolosi (Asimaki e Beljaeva). Si giocherà, verosimilmente, sul filo del rasoio. E attenzione alle russe: se vincono diventano la terza squadra, assieme a Olanda e Italia, ad aggiudicarsi tre edizioni consecutive degli Europei. Per la Grecia, invece, comunque vada sarà la prima medaglia conquistata ad un torneo continentale. La gara sarà preceduta dalla finale per il terzo posto, dove l’Italia proverà a mettersi al collo la medaglia di bronzo a discapito dell’Olanda, guidata da Mauro Maugeri, ex ct del Setterosa.

EUROPEI DI PALLANUOTO 2010

RISULTATI TORNEO MASCHILE

FINALE 11°-12° POSTO

Russia-Macedonia 5-4

SEMIFINALI 7°-10° POSTO

Spagna-Grecia 12-11 dts

Turchia-Romania 8-15

SEMIFINALI 1°-4° POSTO

Serbia-Croazia 9-10

Italia-Ungheria 10-8

PROGRAMMA FINALI

Serbia-Ungheria (3°-4° posto)

Croazia-Italia (1°-2° posto)

OGGI IN ACQUA – TORNEO MASCHILE

ore 10.00  Grecia-Turchia (finale 9°-10° posto)

ore 12.00   Spagna-Romania (finale 7°-8° posto)

ore 14.00  Germania-Montenegro (finale 5°-6° posto)

OGGI IN ACQUA – TORNEO FEMMINILE

ore 17.30  Italia-Olanda (finale 3°-4° posto)

ore 19.30  Grecia-Russia (finale 1°-2° posto)

Simone Pierotti

PALLANUOTO: SETTEBELLO DA FAVOLA

Capolavoro del Settebello che batte l’Ungheria 10-8 e ritrova la finale europea dopo Budapest 2001.

Tanti avevano sognato di scriverlo (anche noi, lo confessiamo). Di urlarlo ai quattro venti. Ma, appunto, pensavamo che fosse solo un sogno. Ora, invece, è la dolce, dolcissima realtà: il Settebello, nonostante la pesantissima assenza di Maurizio Felugo, domina la semifinale con l’Ungheria vincitrice degli ultimi tre Giochi Olimpici (l’avreste mai detto?) e conquista la finale degli Europei, dove (ri)troverà Ratko Rudić e la sua Croazia, gli unici che finora possono vantarsi di averci battuto. Tanti i paralleli con Budapest 2001, ultimo Europeo che ha regalato una medaglia al Settebello: in semifinale battemmo l’Ungheria, l’allenatore era proprio Sandro Campagna. E non mancano analogie pure tra gli ultimi gol azzurri segnati nei due incontri. Quello del Settebello è un autentico capolavoro. Non è una partita perfetta, ma sfruttiamo cinicamente le superiorità numeriche, come le grandi squadre sanno fare, e dimostriamo di essere un gruppo compatto, formidabile. E un monumentale Tempesti neutralizza pure due rigori. Da brividi.

Nell’Italia è Fiorentini il giocatore chiamato a sostituire l’indisponibile Felugo, dall’altra parte Madaras e Biros sono le guide di un gruppo di baldi giovani. Nei primi minuti regna sovrano l’equilibrio tra due squadre contratte: portieri e difese vigilano molto attentamente e le conclusioni sbattono sulle braccia avversarie (Gitto e Fiorentini) o sui cartelloni pubblicitari (Kis, Gallo e Madaras). Poi, a metà frazione, l’Italia passa: Gallo serve sull’altro versante Figlioli che, contrariamente da quanto ci si aspetterebbe, va a segno con un’elegante palombella anziché con una delle sue conclusioni potenti. In un sol colpo regaliamo la prima superiorità numerica all’Ungheria e pure un rigore (fallo abbastanza evidente di Gallo ai danni di Szívos): Biros potrebbe subito pareggiare ma Tempesti compie il miracolo e respinge il tiro, a dir la verità centrale, del capitano ungherese, unico superstite della squadra campione d’Europa nel 1999. Gli sforzi del portiere azzurro vengono premiati dai compagni: l’Italia gode della prima superiorità numerica, Gallo colpisce due pali nella stessa azione e, fortunatamente, Presciutti riprende il pallone scaraventandolo sul palo lontano. Nel finale regaliamo un altro uomo in più all’Ungheria e questa volta Hosnyánszky colpisce la traversa, poi anche Deserti centra un legno con una meravigliosa beduina. Andiamo al primo intervallo sul doppio vantaggio e in otto minuti l’Ungheria non ha ancora fatto gol a Tempesti: sembra davvero ritornato il Settebello di un tempo. Ma l’incanto ha breve durata, perché i magiari vengono inevitabilmente allo scoperto e in pochi minuti segnano ben tre reti: due di queste, entrambe opera di Norbert Madaras, consentono alla formazione di Kemény di recuperare lo svantaggio e di portarsi sul 3-3. Ma l’Italia rimette subito il naso avanti: il merito è di Valentino Gallo, bravissimo a scovare un cunicolo stretto stretto in cui infilare il pallone del 4-3. E tutto questo a tredici secondi dalla fine.

I magiari sono avversari tosti, abituati a lottare. E lo dimostrano in apertura del terzo parziale, quando Kis approfitta di un’indecisione di Bertoli per battere Tempesti con un rovescino. Gli ungheresi ci raggiungono ancora, ma questa sarà l’ultima volta. Perché l’Italia, da adesso, inizia veramente a offrire il meglio del suo repertorio: Figlioli buca Szécsi con un tiro diretto dai cinque metri, Gitto non spreca una superiorità numerica. 6-4. Kemény, infuriato, spedisce tra i pali il secondo portiere Nagy nel tentativo di chiudere le maglie della difesa, sperando che i suoi uomini in fase offensiva siano più incisivi. L’Ungheria, quando attacca in superiorità, dimostra di essere in possesso di grandi palleggiatori e, soprattutto, tiratori: è Madaras a castigarci con un gran sinistro ad incrociare che spiazza Tempesti. Ma l’Italia di stasera non si lascia impietosire e, con un gol fotocopia del primo, Gitto ci dà ancora il doppio vantaggio. Il settebello potrebbe poi allungare, ma commette due errori: Fiorentini spreca una controfuga, sul rovesciamento di fronte andiamo sotto di un uomo e consentiamo a Hosnyánszky di avvicinarsi alla porta e concludere indisturbato a rete. Finale incandescente: Luongo delizia il pubblico di Zagabria con l’ennesima prodezza di questi Europei e Tempesti respinge il secondo rigore della serata, ipnotizzando questa volta Daniel Varga. 8-6. Ancora otto minuti da giocare. Sono un’eternità ma stiamo legittimando il vantaggio. A meno di cinque minuti dall’ultima sirena l’episodio chiave: Dénes Varga esce per somma di falli e, nell’azione generata dalla sua espulsione, Giacoppo schiaccia in rete un passaggio con il contagiri di Presciutti. Per la prima volta l’Italia mette tre reti tra sé e l’Ungheria. Che non si dà per vinta e, anzi, va a segno con un’azione che farebbe la gioia di qualsiasi allenatore: Madaras sposta il gioco sulla destra per Biros, il capitano serve al centro Szívos che deve solamente appoggiare il pallone in rete. L’Italia, tuttavia, non si ferma più: Figlioli vede Nagy fuori dei pali e, dalla lunga distanza, decide di regalare la seconda palombella dell’incontro. Un gol che fa il pari con quello del definitivo 8-7 nella semifinale di Budapest di nove anni fa: guarda caso, a segnarlo fu un altro straniero naturalizzato, il rumeno Bogdan Rath. Szívos mantiene il risultato in bilico quando restano poco più di due minuti, ma è l’ultimo sussulto. Come nel 2001, finisce con gli azzurri che saltano in panchina e alzano le braccia in acqua e con i sostenitori ungheresi ammutoliti. Portiere insuperabile, difesa accorta, collettivo che manda in gol svariati giocatori e attacco che capitalizza pressoché tutte le superiorità numeriche. Sì, è tornato il Settebello. E ora vendichiamoci, con gli interessi, della sconfitta di qualche giorno fa.

Giovedì 9 settembre 2010

ITALIA-UNGHERIA 10-8 (2-0, 2-3, 4-3, 2-2)

Mladost Sports Center, Zagabria

ITALIA: Tempesti, Gallo 2, Fiorentini, Gitto 2, Figlioli 3, Presciutti 1, Aicardi; Pastorino ne, Luongo 1, Bertoli, Felugo ne, Giacoppo 1, Deserti. All. Campagna.

UNGHERIA: Szécsi, Madaras 3, Hosnyánszky 1, Biros, Dénes Varga, Daniel Varga, Kis; Nagy, Torok, Bundschuh, Vámos, Szívos 2, Harai. All. Kemény.

ARBITRI: Margeta (Slovenia) e Buch (Spagna)

NOTE: superiorità numeriche Italia 7/9, Ungheria 4/11. Uscito per limite di falli Denes Varga (U) a 2’45” del quarto tempo.  Tempesti (I) para un rigore a 4’23” del primo tempo a Biros e a 7’53” del terzo tempo a Dénes Varga.

Simone Pierotti

IERI & OGGI: LA SCONFITTA DI MONACO ’72 È ANCORA INDIGESTA PER GLI USA

Proprio oggi la controversa finale di basket delle olimpiadi di Monaco 1972 tra Stati Uniti e Unione Sovietica compie i suoi 38 anni.

Si era trattato di una sorta di Miracle on ice a parti rovesciate, in cui il gigante, questa volta americano, era stato sconfitto quasi all’ultimo secondo e sul filo di lana da un piccolo Davide travestito da cosacco. Inutile dire che, diversamente dalla finale di hockey su ghiaccio di Lake Placid ’80, ad Hollywood si sono sempre guardati bene dal produrre una fiction su questo autentico Miracle on parquet.

Riassumendo brevemente i fatti, quel 9 settembre 1972, al mostruoso orario d’inizio delle 23.45 (dal lato del loro fuso orario, i munifici network televisivi americani avevano reclamato e ottenuto la diretta in prima serata) a Monaco di Baviera si erano affrontate per la finale di basket USA e URSS, le due superpotenze nella geopolitica dell’epoca.

Fin dalle olimpiadi di Berlino ’36 la medaglia d’oro nel basket era sempre stata conquistata dalla nazionale statunitense, nonostante questa presentasse rappresentative universitarie, dal momento che i grandi professionisti della NBA erano ancora banditi dalle competizioni olimpiche.

Ad appena tre secondi dalla fine del match, il gigante USA conduceva con un punto di vantaggio, 50-49. Ma, al termine di una rocambolesca serie di confusioni arbitrali sul residuo tempo da giocare, un lunghissimo passaggio perfetto era volato dal limite del campo sovietico fino a sotto il canestro statunitense, dove il ventenne Alexander Belov aveva realizzato quei due punti necessari a capovolgere il punteggio.

Era il 1972, nel pieno della guerra fredda, e la supremazia dei cestisti americani era stata stroncata; e per ironia della sorte, proprio all’ultimo istante e con un coup de theatre, dagli eterni cattivissimi della celluloide hollywoodiana. Le polemiche non erano mancate, e per anni gli statunitensi hanno masticato bile per quei tre secondi in più, che a loro parere, l’arbitro brasiliano Renato Righetto, non avrebbe dovuto concedere.

Proprio oggi a Istanbul si è giocata la semifinale dei campionati mondiali tra gli Stati Uniti e la Russia. E nonostante la Russia non sia altro che un’erede della fu-Unione Sovietica e viviamo in un presente ormai del tutto deideologizzato, l’antica acredine non è stata ancora del tutto sopita. Così, alla vigilia dell’incontro, l’allenatore della nazionale americana Mike Krzyzewski, scandalizzato da una precedente dichiarazione del suo omologo nella nazionale russa, David Blatt (altra ironia della sorte, Blatt ha un doppio passaporto: americano ed israeliano), che aveva osato definire corretto lo svolgimento di quella contestata finale di trentotto anni fa, è andato su tutte le furie.

È ovvio che David Blatt abbia detto questo: lui è un russo” è stato il suo velenoso commento.

Anche Jack McCallum, l’inviato della rivista statunitense Sports Illustrated, non ha dimostrato meno acredine di Krzyzewski, e ha rilanciato la teoria del complotto internazionale, rimarcando che il doveroso, secondo lui, ricorso degli USA per invalidare quell’ultimo canestro di Belov, era stato respinto per 3-2 dalla FIBA proprio grazie ai tre voti dei rappresentanti dei paesi comunisti.

Già, anche i paesi comunisti si erano messi di mezzo trentotto anni esatti fa. E senza quel maledetto canestro del povero Belov, che perse la vita solo sei anni dopo per un male incurabile, magari negli studios si sarebbe potuto ricamarci sopra un altro bel film a lieto fine.

Giuseppe Ottomano

HOCKEY PISTA: ITALIA KO, ADDIO MEDAGLIA

Un golden gol condanna l’Italia alla sconfitta con la Francia nei quarti degli Europei di Wuppertal.

Una vittoria, un pareggio e una sconfitta, sono stati sufficienti per raggiungere il secondo posto nel girone B, alle spalle dei forti portoghesi. Nonostante il blasone e la tradizione dell’Italia in questo sport, gli azzurri si sono presentati in Germania con una squadra giovane (ben cinque gli esordienti) che però ambiva quantomeno alla semifinale. Alla Francia invece la vittoria contro l’Austria, dopo le sonore sconfitte contro Svizzera e Spagna, le era valsa il terzo posto nel girone e sembrava ampiamente alla portata degli azzurri.

In porta al posto di Barozzi c’è Fontana, ma la partita degli azzurri comincia subito in salita con il gol di Antony Weber, lesto a sfruttare, dopo un’ingenuità di Motaran, un contropiede e a superare Fontana. La Francia imposta la partita sul possesso palla con l’Italia in attesa. All’undicesimo Davide Motaran su rigore, con un tiro secco all’angolo alto a sinistra del portiere, impatta l’incontro.

Il primo tempo, giocato all’insegna dell’equilibrio, finisce sull’1-1 con due occasioni di De Rinaldis che reclamano vendetta. Nel primo tempo ha prevalso il timore delle due squadre di perdere la gara con un’Italia positiva in difesa (sempre a zona) ma che ha faticato troppo in attacco.

Il secondo tempo prosegue con un’Italia attendista che però al 2’ colpisce il palo con Domenico Illuzzi. Nel secondo tempo è Travasino l’unico azzurro a cercare di accendere la luce con assist illuminanti. A 7’15’’ è proprio da un tiro di Travasino che il neoentrato Festa insacca il rebound che porta in avanti gli azzurri. Poi però gli azzurri non riescono più a essere incisivi e vengono puniti. A 2’18’’ dal termine arriva il 10° fallo di squadra su Weber ma il migliore dei francesi colpisce il palo sul tiro libero. Poi però a 1’24’’ dal termine è abile a farsi perdonare sfruttando un’azione di rimessa che porta al pareggio transalpino.

Il decimo fallo arriva anche per gli azzurri a 39’’ dal termine. Lo batte Travasino che però si fa ipnotizzare dal portiere. La beffa, però, viene messa in scena ai supplementari quando, con l’Italia in superiorità numerica per due minuti, è nuovamente Weber a mettere a segno il golden gol che vale la semifinale per la Francia.

Cupisti ha impostato la partita sul contropiede ma è stato ripagato da Weber con la stessa arma. Un po’ più di coraggio e qualche ingenuità in meno avrebbero permesso alla giovane rappresentativa italiana di raggiungere le ambite semifinali. Così, invece, è solo una delusione.

Giovedì 9 settembre 2010

ITALIA-FRANCIA 2-3 dts (1-1, 1-1; 0-1)

UniHalle, Wuppertal

ITALIA: Fontana, Motaran, De Rinaldis, Festa, Travasino; Barozzi, Borsi, Sterpini, D’Agostino, Illuzzi. All. Cupisti

FRANCIA: Gelebart, Furstenberg, Henry, N. Guilbert, Weber; Rainteau, Tessier, K. Guilbert, David, Lesca. All.

ARBITRI: Lamela (Portogallo) e Armati (Svizzera).

GOL: nel pt 1’37” Weber, 11’14” Motaran rig.; nel st 7’15” Festa, 18’28” Weber; nel pts 0’29” Weber.

NOTE: espulso temporaneamente per 2′ Henry al 19’30” del secondo tempo.

Nicola Sbetti

PALLANUOTO: CROAZIA IN FINALE

Un rigore di Bošković decide una semifinale bellissima. E ora la Croazia può vincere il primo oro europeo.

Oggi in una piscina di Zagabria ammantata di scacchi bianchi e rossi ha vinto, ancor prima della Croazia, la pallanuoto. E, si badi bene, non è retorica. Ha vinto sugli spalti, perché i tifosi delle due nazionali hanno incitato i loro beniamini e ricoperto di fischi i rivali ma senza rendere incandescenti gli animi come – ahinoi – accadde sette anni fa a Kranj. E ha vinto in acqua, dove si è visto davvero il volto più bello di questa disciplina: azioni spettacolari, reti pregevoli, parate decisive, emozioni a non finire e, da sottolineare, arbitraggio all’altezza della situazione. La partita la vince la Croazia padrona di casa: dopo lo sgambetto del Montenegro all’esordio, gli uomini di Rudić non si sono più fermati e regalano ai loro connazionali una finale europea sette anni dopo l’argento di Kranj.

Il primo quarto è quello che, alla fine dei conti, risulterà decisivo perché si chiude con i croati avanti appena di un gol: entrambe le squadre schierano eccezionali tiratori dal perimetro, ma in questi otto minuti iniziali hanno la meglio le rispettive retroguardie. Che propongono uno schema utilizzato da più squadre a Zagabria: tutti a pressing con le sole eccezioni dei giocatori in posizione 2 e 3. Ed è in particolar modo la Serbia a soffrire questo tipo di difesa: la squadra di Dejan Udovičić arriva poche volte al tiro e, quando lo fa, si affida ai giocatori meno indicati, vedi Prlainović che fin da subito tradisce la sua giornata di luna storta. A far infiammare i 5mila di Zagabria è Burić dal centro, il suo compagno recchelino Nikić riporta l’equilibrio e infine un altro giocatore del settebello ligure, il serbo Filipović, causa il rigore che Bošković realizza. Ritmi ancor più frenetici nel secondo parziale, dove non ci sono momenti di noia: una sassata di Joković (che suicidio applicare la zona in 2 e in 3 con un simile tiratore…) dà alla Croazia il massimo vantaggio, poi Udovičić emerge dal guscio accorciando le distanze con una prodezza e servendo a Nikić un pallone invitante per il 3-3. Gli ultimi tre minuti sono quanto di meglio possa offrire la scuola pallanotistica dei Balcani: Obradović gonfia la rete con un destro che spiazza un Soro poco concentrato, Gocić sfrutta il vantaggio numerico, Bošković segna dalla distanza con Soro ancora complice e Rađen conferma la potenza della Serbia quando attacca con un uomo in più. A nemmeno venti secondi dall’intervallo lungo il pareggio dei campioni del mondo sembra in cassaforte, ma  a fil di sirena Burić spara addosso a Soro che, con un intervento goffo, fa carambolare la palla oltre la linea di porta.

All’inizio del terzo tempo Joković imita Burić mettendo a segno la sua personale doppietta: favorito da una difesa serba troppo morbida, il mancino dello Jug Dubrovnik si esibisce in un tiro che è sintesi tra precisione chirurgica e incredibile potenza, tanto che la palla sbatte sul palo di sostegno della rete e ritorna in campo. Il canovaccio, però, è di quelli già visti migliaia di volte: la Croazia comanda e tenta la fuga, la Serbia tallona a breve distanza, fa sentire il fiato sul collo e poi rimette tutto in equilibrio. Lo fa nuovamente con un diagonale imprendibile di Gocić dalla mano sbagliata – davvero eccezionale la prova del neoacquisto del Latina – e con una stoccata vincente di Filipović. Il tutto intervallato da un gol annullato a Burić in superiorità numerica perché riceve il pallone all’interno della linea dei due metri: a pochi secondi dal termine la Croazia ripropone lo stesso schema e stavolta il difensore recchelino, autentico uomo ovunque oggi pomeriggio, si fa servire al di qua del birillo rosso, riportando avanti per l’ennesima volta la Croazia. Nell’ultimo parziale il leit motiv è sempre lo stesso, con i padroni di casa sempre in vantaggio ed i serbi ad acciuffarli. L’episodio chiave avviene a cinque secondi dal termine: dopo la respinta di Soro sul tiro di Muslim, la Croazia riprende palla e viene servito Burić a centroboa. Il difensore recchelino si gira e costringe al fallo da rigore Filipović: è il match-ball per la formazione di Rudić. I 5mila sugli spalti accompagnano Bošković all’esecuzione: l’ex giocatore dello Jug non si fa tradire dall’emozione e supera Soro, scatenando un urlo collettivo. Nel (pochissimo) tempo che rimane Prlainović prova a rimediare ad una giornata, per lui, piuttosto deludente. Ma la sua conclusione è imprecisa. La Croazia spezza l’incantesimo che l’aveva quasi sempre vista soccombere contro la Serbia. Che, dopo World League e Coppa FINA, non riesce a centrare la terza finale di un anno comunque denso di soddisfazioni. E adesso Rudić vuole regalarsi l’ennesima impresa di una carriera già incredibile.

Giovedì 9 settembre 2010

SERBIA-CROAZIA 9-10 (1-2, 4-4, 2-2, 2-2)

Mladost Sports Center, Zagabria

SERBIA: Soro, Filipović 1, Rađen 1, Gocić 3, V. Udovičić 1, Prlainović, Nikić 1; G. Pijetlović ne, Avramović, Vapenski ne, D. Pijetlović 1, Aleksić, Mitrović 1. All. D. Udovičić.

CROAZIA: Pavić, Joković 2, Bošković 3, Burić 3, Barač, Sukno, Dobud; Muslim 1, Karač, Bušlje, Hinić, Obradović 1, Buljubašić. All. Rudić.

ARBITRI: Naumov (Russia) e Borrell (Spagna).

NOTE: superiorità numeriche Serbia 7/10, Croazia 3/8. Spettatori 5000.

Simone Pierotti