VUELTA: CAVENDISH S’IMPONE A LLEIDA

Splendida vittoria in volata del ciclista inglese nella dodicesima tappa della Vuelta.

Dopo la tappa impegnativa di ieri, la Vuelta a España si concede una giornata di relativa tregua, in vista dei fuochi delle grandi montagne: infatti la tappa odierna, 172.5 tra Andorra La Vella e Lleida, viene caratterizzata da un solo gran premio della montagna e si presta dunque ad un arrivo in volata.

Le solite scaramucce nei primi chilometri producono un tentativo di fuga ad opera di sei corridori, ai quali presto se ne aggiungono altri tre: tra questi, merita particolare attenzione David García Da Pena (Xacobeo-Galicia), diciannovesimo in classifica generale a poco più di 5’ da Antón; questo trentatreenne galiziano ha nel suo palmarés la tappa di Ponferrada alla Vuelta 2008. Oltre a lui, aiutato da due compagni di squadra, gli altri atleti di spicco tra i fuggitivi sono il danese Lars Yitting Bak (HTC-Columbia), più volte vincitore del titolo nazionale a cronometro, e Marco Marzano (Lampre-Farnese Vini), trentenne scalatore milanese ancora a secco di vittorie in carriera.

Soprattutto per la presenza di García, il vantaggio del plotoncino al comando non assume mai proporzioni enormi, mantenendosi sempre sui 2-3 minuti, con il gruppo condotto dalle squadre dei velocisti che infatti, ad una ventina di chilometri da Lleida, chiude il gap e ricompatta la corsa.

Nel finale, non c’è un team in particolare che riesce ad impostare il “treno” per il proprio sprinter: tuttavia, Mark Cavendish (HTC-Columbia) viene comunque lanciato dal compagno Matthew Goss, abilissimo a prendere l’ultima curva ad una velocità supersonica, permettendo così all’inglese di vincere quasi per distacco, in una volata senza storia. Lo stesso Goss giunge terzo, alle spalle solamente di Farrar, mentre gli azzurri Furlan e Bennati si piazzano attorno alla decima posizione: per Cavendish si tratta della decima vittoria stagionale, la sessantacinquesima di una carriera ancora giovane ma già indimenticabile.

Domani tredicesima tappa: 196 km tra Rincón de Soto e Burgos, nella Castilla y León, abbastanza nervosi nel finale, con un paio di gran premi della montagna di terza categoria che potrebbero invogliare qualche attaccante.

Ordine d’arrivo della tappa:

1) Mark CAVENDISH (HTC-Columbia) in 4h00’30’’;

2) Tyler FARRAR (Garmin-Slipstream) stesso tempo;

3) Matthew GOSS (HTC-Columbia) stesso tempo;

10) Angelo FURLAN (Lampre-Farnese Vini) stesso tempo.

Classifica generale:

1) Igor ANTÓN (Euskaltel-Euskadi) in 51h37’45’’;

2) Vincenzo NIBALI (Liquigas-Doimo) a 45’’;

3) Xavier TONDO (Cervélo) a 1’04’’.

Marco Regazzoni

PALLANUOTO: GRECIA E RUSSIA PER L’ORO

Quella che era una finale anticipata sarà la finale effettiva: Grecia e Russia si giocano il titolo continentale tra le donne.

Lo avevamo, in qualche modo, pronosticato già in precedenza e non perché abbiamo il dono della veggenza: Grecia-Russia sarà la finalissima del torneo femminile degli Europei di Zagabria. Domani si sfidano le due eccellenze della pallanuoto (in rosa) continentale che, non a caso, si giocarono il bronzo mondiale un anno fa a Roma, dietro a Stati Uniti e Canada. Se è vero che tre indizi fanno una prova, sconfiggere le due squadre è la conditio sine qua non per dettar legge in Europa: dopo Ethnikos e UGRA Khanty-Mansiys in Coppa LEN e Vouliagmeni e Kinef Kiriši in Coppa Campioni, ecco che Grecia e Russia, questa volta con le rispettive nazionali, tornano a contendersi un titolo europeo in campo femminile. Finora l’hanno sempre spuntata le formazioni elleniche (e Kabanov allena, oltre alla selezione russa, anche il Kinef): che non ci sia due senza tre?

La formazione capitanata da Sof’ja Konuch estromette dalla corsa all’oro l’Olanda campionessa olimpica. Una vittoria limpida (10-7), una partita nella quale le russe mantengono sempre un vantaggio mai inferiore alle due reti. E nel tabellino finiscono le solite note: Prokofieva (tripletta), Beljaeva e Ivanova (doppiette). E Konuch, segnando una rete, si conferma la miglior marcatrice della formazione russa in questi Europei. L’Olanda, dal canto suo, perde ancora un’occasione per tornare padrona d’Europa: l’ultimo oro risale, ormai, al 1993 mentre è di undici anni fa l’ultima medaglia (argento a Prato, dietro all’Italia). Se Maugeri non può certo rallegrarsi per la sconfitta ha, comunque, ricevuto la conferma su chi potrà fare affidamento: van Belkum e Mieke Cabout timbrano il cartellino anche questa volta e restano le principali trascinatrici di questo gruppo che, a quanto pare, è ancora in ritardo rispetto alle prime della classe.

Con identico risultato l’Ungheria supera la Spagna e chiude così l’Europeo al quinto posto. Sfida interessante tra due nazionali che hanno proposto una buona pallanuoto e, soprattutto, alcuen giovani dall’avvenire assicurato. E questo è, soprattutto, il caso della Spagna: l’esordiente Miguel Ángel Oca ha portato a Zagabria un gruppo giovane – appena 19.6 anni di età media, la più bassa tra le otto partecipanti alla fase finale – in cui ha brillato soprattutto la stella di Roser Tarragó e di Andrea Blas, appena 35 anni in due. E lo stesso dicasi per l’Ungheria, collettivo dove la mescolanza tra l’esperienza delle veterane e la sfrontatezza delle giovani produce buoni risultati: il futuro è roseo con Gyöngyössy e Szűcs, basta solamente pazientare.

EUROPEI DI PALLANUOTO 2010

RISULTATI TORNEO FEMMINILE

FINALE 5°-6° POSTO

Ungheria-Spagna 10-7

SEMIFINALI

Italia-Grecia 5-10

Russia-Olanda 10-7

PROGRAMMA FINALI

3°-4° posto: Italia-Olanda

1°-2° posto: Grecia-Russia

OGGI IN ACQUA – TORNEO MASCHILE

ore 10.00  Russia-Macedonia (finale 11°-12° posto)

ore 12.00  Spagna-Grecia (semifinali 7°-10° posto)

ore 14.00  Turchia-Romania (semifinali 7°-10° posto)

ore 17.45  Serbia-Croazia (semifinali 1°-4° posto)

ore 20.40  Italia-Ungheria (semifinali 1°-4°posto)

Simone Pierotti

VUELTA: AD ANDORRA TAPPA E MAGLIA PER ANTÓN

Spagna ancora protagonista alla Vuelta: l’undicesima tappa va ad Antón, nuovo leader in classifica generale.

Con l’arrivo in quota odierno ad Andorra-Pal, la sessantacinquesima Vuelta a España è entrata nel vivo. L’undicesima tappa, partita da Vilanova i la Geltrú in tarda mattinata, è stata come sempre caratterizzata da una serie di attacchi nei primissimi chilometri, per portar via la fuga di giornata: ci ha provato anche l’abruzzese Dario Cataldo (Quick Step), ma l’attacco più significativo è stato portato dallo svizzero Johann Tschopp (Bbox Bouygues Tlc) e del francese Mickaël Cherel (Française des Jeux). Il corridore elvetico, ventottenne del Vallese, era salito agli onori della cronaca nello scorso Giro d’Italia, quando si aggiudicò la penultima tappa con traguardo al Passo del Tonale; il ventiquattrenne Cheler invece, che per il prossimo anno ha già firmato con la Ag2r-La Mondiale, era un dilettante molto promettente, ma da professionista non ha ancora confermato le buone doti espresse in gioventù. Il vantaggio della coppia al comando arriva a sfondare il muro del quarto d’ora, ma poi il lavoro del Team Katusha della maglia oro Rodríguez e della Rabobank di Menchov  permette di ridurre gradualmente il distacco, fino a compiere il ricongiungimento sulla salita conclusiva, ad una manciata di chilometri dal traguardo: a gruppo compatto, si scatena la bagarre, con uno scatto secco di Ezequiel Mosquera (Xacobeo-Galicia), un esperto scalatore da sempre protagonista nelle ascese della Vuelta. Il galiziano viene presto raggiunto dal basco Igor Antón (Euskaltel-Euskadi), intenzionato a riprendersi la leadership della classifica, approfittando delle difficoltà di Rodríguez, che perderà un minuto: all’ultimo chilometro, il corridore della Euskaltel stacca Mosquera e va a vincere in solitaria, riconquistando anche la maglia rossa. Vincenzo Nibali (Liquigas-Doimo), autore di un’ascesa regolare, chiude al quinto posto e balza alla seconda posizione della graduatoria generale, a 45’’ da Antón, ventisettenne di Galdakao, che oggi ha centrato la nona vittoria della carriera.

Domani è in programma la dodicesima tappa: partenza da Andorra La Vella, capitale dello Stato pirenaico, ed arrivo a Lleida, in Catalogna, dopo 172.5 km ed un unico gran premio della montagna, il Col de Bóixols (seconda categoria) situato ben lontano dal traguardo.

Ordine d’arrivo della tappa:

1) Igor ANTÓN (Euskaltel-Euskadi) in 5h25’44’’;

2) Ezequiel MOSQUERA (Xacobeo-Galicia) a 4’’;

3) Xavier TONDO (Caisse d’Epargne) a 10’’;

5°Vincenzo NIBALI (Liquigas-Doimo) a 23’’.

Classifica generale:

1) Igor ANTÓN (Euskaltel-Euskadi) in 47h37’15’’;

2) Vincenzo NIBALI (Liquigas-Doimo) a 45’’;

3) Xavier TONDO (Caisse d’Epargne) a 1’04’’;

4) Joaquim RODRÍGUEZ (Team Katusha) a 1’17’’;

5) Ezequiel MOSQUERA (Xacobeo-Galicia) a 1’29’’.

Marco Regazzoni

PALLANUOTO: SETTEROSA, NIENTE FINALE

Sconfitta per l’Italdonne agli Europei di Zagabria (10-5): in finale va la Grecia.

Se, appena un anno fa, qualcuno avesse detto che il Setterosa si sarebbe spinto sino alle semifinali europee, dopo il nono posto ai Mondiali in casa, probabilmente si sarebbe beccato del visionario. Poi, quando alle porte della finalissima ci arrivi per davvero, digerisci male una sconfitta. E il 10-5 incassato contro la Grecia è una cucchiaiata ancor più amara del 7-5 subìto per mano delle elleniche otto giorni fa. Perché quella sconfitta non ci precludeva il passaggio al turno successivo, ma questa ci risveglia con violenza dai sogni d’oro – nel senso della medaglia – come la sirena di un’ambulanza nel cuore della notte. Il Setterosa perde perché non gioca da Setterosa, perde perché la Grecia è una squadra tosta e, non a caso, fin dal primo giorno gode dei favori del pronostico. Guai, però, a gettare nel dimenticatoio tutto quello che le ragazze di Roberto Fiori hanno fatto in questi Europei che, quantomeno, ci fanno nuovamente accomodare al tavolo delle grandi.

Se nel girone eliminatorio il Setterosa aveva iniziato discretamente contro la Grecia, questa volta è proprio la falsa partenza a compromettere l’esito dell’incontro: le avversarie si difendono con ordine ed in attacco si affidano all’estro delle tiratrici o alla forza dei centroboa Asimaki e Lara. Le azzurre riescono, paradossalmente, a contenerle quando difendono in inferiorità ma cedono a uomini pari: Psouni va subito a segno con l’ausilio di una deviazione tanto fortuita quanto determinante, quasi in chiusura Gerolymou raddoppia su rigore e Antonakou fa centro dal perimetro. Le superiorità numeriche, specie nel secondo parziale, decidono tanto nel bene quanto nel male i destini del Setterosa, ermetico quando difende e sprecone quando attacca. Bianconi interrompe il digiuno realizzando il gol che, nei pensieri di Fiori, dovrebbe dare il la alla rimonta azzurra. E invece le greche ci colgono nuovamente in fallo segnandoci su azione, su rigore e persino in superiorità numerica, fino a quel momento il punto di forza delle italiane. La prima metà gara si chiude sul 7-2 per la formazione di Morfesis e, con il Setterosa distratto e mansueto di oggi, il risultato pare ormai deciso.

Ma le azzurre non vogliono ancora darsi per spacciate. E affrontano la seconda parte dell’incontro con maggior concentrazione: non a caso riusciamo a sbloccarci in superiorità numerica, grazie al gol di Cotti. Chi di superiorità ferisce, però, di superiorità perisce: la precisa Roubesi non ha pietà e sfrutta il vantaggio numerico siglando l’8-3. Garibotti mette dentro il suo secondo rigore di giornata e l’Italia torna nuovamente a sperare. Ma è una speranza vana, giacché le azzurre non concretizzano due superiorità che ci avrebbero riportato sulla scia delle greche. Che, dopo averci fatto sfogare, ci puniscono allungando a cinque le reti di vantaggio con Lara. Non c’è più niente da fare, la finale è compromessa e le reti di Abbate dal centro e l’ennesimo rigore di Gerolymou – implacabile dai cinque metri l’attaccante del Vouliagmeni – fanno solamente contenti gli amanti delle statistiche. Avevamo già battuto le greche in semifinale agli Europei, a Vienna e a Budapest, questa volta siamo noi ad uscire sconfitte. Per una squadra giovane ma discontinua come il Setterosa è tutta esperienza che entra.E, possibilmente, da sfruttare già nella finalina contro l’Olanda guidata da Mauro Maugeri.

Mercoledì 8 settembre 2010

ITALIA-GRECIA 5-10 (0-3, 2-4, 2-1, 1-2)

Mladost Sports Center, Zagabria

ITALIA: Gigli, Emmolo, Motta, Abbate 1, Bianconi 1, Radicchi, Casanova; Gorlero, Garibotti 2, Aiello, Rocco, Cotti 1, Frassinetti. All. Fiori.

GRECIA: Tsouri, Antonakou 1, Roubesi 1, Psouni 1, Gerolymou 4, Liosi, Asimaki; Kouvdou, Tsoukala 1, Melidoni, Avramidou 1, Manolioudaki, Lara 1. All. Morfesis.

ARBITRI: Kun (Ungheria) e Simioun (Romania).

NOTE: superiorità numeriche Italia 1/8, Grecia 4/9. Uscita per limite di falli Radicchi (I) a 6’16” del quarto tempo.

Simone Pierotti

IL DRAMMA DI ANDRIANOV

Nikolai Andrianov, il ginnasta ex sovietico, che tra il 1972 e il 1980 si aggiudicò quindici medaglie olimpiche, di cui sette d’oro, è in fin di vita. La notizia è stata divulgata questa sera dal sito online dell’International Gymnast Magazine, la rivista di ginnastica statunitense di proprietà di Nadia Comăneci.

Secondo quanto riferito alla rivista dallo stesso figlio di Andrianov, Sergei, l’ex campione sarebbe affetto da atrofia multi sistemica (AMS) in fase terminale, una malattia degenerativa del sistema nervoso dai sintomi molto simili a quelli del morbo di Parkinson; e da qualche tempo questa sindrome lo sta costringendo alla totale immobilità nella propria casa di Vladimir, a circa 200 km da Mosca.

Sempre il figlio Sergei, anche lui ex ginnasta, ha rivelato che il padre ha anche perduto l’uso della parola, e ha rivolto un appello per poterlo far visitare da alcuni specialisti statunitensi, in grado di sottoporlo a cure innovative per alleviargli almeno in parte le sofferenze.

Ragazzino ribelle e dal carattere difficile, era stato avvicinato alla ginnastica ad undici anni. E dal punto di vista pedagogico, questa scelta si era dimostrata azzeccata. Infatti, oltre che per l’impressionante collezione di medaglie conquistate (è tuttora il secondo atleta con più medaglie olimpiche nella storia, alle spalle del nuotatore statunitense Michael Phelps), Nikolai Andrianov si era trasformato in un ginnasta dal temperamento imperturbabile: proprio come richiedeva lo stereotipo dell’atleta sovietico dell’epoca.

Alle olimpiadi di Montreal del 1976 aveva vissuto la stagione di massimo successo, prima di vedere la propria stella parzialmente oscurata dal più giovane compagno di squadra Alexander Dityatin.

Sposato con l’olimpionica ex sovietica Lyubov Burda, aveva abbandonato la carriera agonistica dopo le olimpiadi di Mosca 1980, alle quali aveva recitato il solenne giuramento durante la cerimonia d’apertura, per dedicarsi all’attività di allenatore. E proprio in questa veste, nel 1994 si era trasferito in Giappone, invitato da un altro grande campione degli anni settanta, nonché rivale ed amico, Mitsuo Tsukahara.

Anche in questa attività Andrianov aveva ottenuto delle brillanti soddisfazioni, soprattutto quando ad Atene 2004 aveva trascinato il proprio pupillo, il figlio di Mitsuo Tsukahara, Naoya, alla conquista dell’oro nel concorso a squadre.

Dal 2002 era ritornato nella sua città natale di Vladimir, dove, prima dell’insorgere della malattia, dirigeva una scuola, ovviamente, di ginnastica artistica.

Giuseppe Ottomano