PALLANUOTO: FINALE TUTTA JUGOSLAVA IN COPPA FINA

Finale tutta balcanica in Coppa FINA: possibile antipasto della finale europea di Zagabria?

La finale di Coppa FINA sarà Croazia – Serbia. Le due balcaniche si sono imposte rispettivamente su Stati Uniti e Spagna, mentre Romania e Australia, dopo aver battuto Iran e Cina, si sfideranno per la parte bassa del tabellone, che mette anche a disposizione un posto di qualificazione ai Mondiali previsti per l’anno prossimo a Shangai.

Buoni risultati li sta dando la Croazia di Ratko Rudić che tra un mese ospiterà gli Europei a Zagabria. Per loro seconda vittoria contro gli Stati Uniti, già battuti nella terza giornata. Sono i croati a partire meglio, con un parziale nella prima frazione di gioco di 3-1. Poi gli Stati Uniti si fanno coraggio e, con le triplette di Azevedo e Bailey, colmano lo svantaggio fino a raggiungere i croati sull’8-8 all’inizio del quarto periodo. Per i croati i mattatori sono Joković, autore di una tripletta, e Bošković, a segno quattro volte. Sono loro le tre marcature croate della quarta frazione, che permettono agli uomini di Rudić di agguantare un successo per 11-9 e di strappare l’accesso alla finale.

Partita ancora più equilibrata tra Serbia e Spagna: si va avanti punto-punto, nessuna squadra riesce a piazzare l’allungo nelle prime due frazioni di gioco (da notare il pareggio 4-4 della Spagna all’ultimo secondo del primo quarto con Xavier García). Il primo doppio vantaggio della partita arriva nel terzo quarto, grazie a due marcature di Andrija Prlainović da cui gli spagnoli non si riprendono più. Alla fine del terzo quarto i serbi sono avanti di una rete, e l’ultimo periodo vede un solo gol messo a segno, quello di Filipović che suggella il 12-10 finale. Mattatori del match lo spagnolo Xavier García (tripletta) e il serbo Prlainović, autore di quattro reti.

Nella parte bassa del tabellone va tutto come previsto: gli australiani, dopo aver piazzato un parziale di 4-1 nella prima frazione di gioco, si limitano ad amministrare il vantaggio fino al 10-6 finale, mentre i rumeni travolgono il malcapitato Iran per 24-6, fermando l’opera di demolizione solo nel quarto quarto, dopo aver registrato un parziale di 9-1 nella terza frazione di gioco. A segno ben sei volte Tiberiu Negrean, che scippa la testa della classifica cannonieri al croato Sandro Sukno, a secco per la prima volta da inizio torneo. Quattro le realizzazioni di Nicolae Diaconu e tripletta per Mihnea Chioveanu. Degli undici giocatori di movimento della squadra di Kovacs, solamente Busila non è andato a segno nel corso del match.

Saranno due finali importanti in prospettiva: Serbia – Croazia potrebbe essere un assaggio della finale del prossimo 11 settembre agli Europei di Zagabria, mentre Romania e Australia vorranno staccare, nella finale per il quinto posto, un biglietto per il Mondiale di Shangai.

Semifinali 1-4 posto

STATI UNITI – CROAZIA 9-11
(1-3; 2-3; 4-2; 2-3)
Oradea (ROU)

STATI UNITI: Moses, Varellas, Sharf, Powers 1, Wright 1, Tyrrell, Hopkins, Azevedo 3 (1 rig), Bailey 3, Hutten, Smith, Corcoran 1, Stevens.

CROAZIA: Pavić, Burić, Bošković 4, Dobud 1, Joković 3, Karač, Muslim, Bušlje 1, Sukno, Barač 2, Hinić, Buljubašić, Brzica.

ARBITRI: Alexandrescu (ROU) e Hart (AUS)

NOTE: superiorità numeriche Stati Uniti 3/7 + 1 rigore, Croazia 5/10. Espulsione definitiva per limite di falli per Smith (USA) nel IV periodo di gioco.

SERBIA – SPAGNA 12-10
(4-4; 3-3; 4-3; 1-0)
Oradea (ROU)

SERBIA: Soro, Avramović, Gocić, V.Udovičić 2, Vapenski, D.Pijetlović 1, Nikić 2, Aleksić, Miličić, Filipović 2, Prlainović 4, Mitrović 1, G.Pijetlović.

SPAGNA: I.Aguilar, M.García, Martín 1, Szirányi, Molina 1, Minguell 1, Gallego, Español 2, Vallés 2, Perrone, Mallarach, X.García 3, Lopez.

ARBITRI: Cabral (BRA) e Koganov (AZE)

NOTE: superiorità numeriche Serbia 2/6 Spagna 2/7 + 2 rigori.

Semifinali 5-8 posto

Australia – Cina 10-6 (4-1; 2-2; 1-2; 3-1)
Romania – Iran 24-6 (4-1; 8-3; 9-1; 3-1)

OGGI IN VASCA
10:00 SETTIMO POSTO Iran – Cina
11:30 QUINTO POSTO Romania – Australia
16:00 TERZO POSTO Stati Uniti – Spagna
17:30 PRIMO POSTO Croazia – Serbia

Damiano Benzoni

IERI & OGGI: L’INCIDENTE DI NIKI LAUDA AL NÜRBURGRING

Trentaquattro anni fa, l’incidente di Niki Lauda al Nurburgring: un rogo tremendo dove il pilota austriaco si salva solo grazie all’intervento di Arturo Merzario.

Niki LaudaAndreas Nikolas “Niki” Lauda arriva in Ferrari all’inizio della stagione 1974 dopo un paio di anni di apprendistato, non decisamente fortunati, alla BRM: era la Ferrari la cui squadra corse era stata riformata intorno alla figura di un giovanissimo Luca di Monzemolo dopo un inizio deludente del decennio.

Nel 1974, Niki, alle prese con una macchina non ancora inaffidabile, vince due Gran Premi (Spagna e Olanda) ma nonostante sei pole position non riesce ad andare oltre il quarto posto nella classifica finale. Diversa è la musica nel 1975 con la nuova 312T: la stagione parte male ma nei cinque Gran Premi tra Monaco e il GP di Francia, l’austriaco ottiene 4 vittorie – una quinta arriverà in chiusura di campionato a Watkins Glen – e conquista con una gara di anticipo, di fronte al pubblico amico di Monza, il titolo mondiale riportando una Ferrari al vertice dopo la vittoria di John Surtees, 11 anni prima.

La Ferrari è decisamente superiore alle avversarie: Lauda vince quattro delle prime sei gare e conquista il secondo posto nelle altre due, una delle quali vinta dal suo compagno Regazzoni. Si arriva a fine luglio con 9 GP disputati su 16 e l’austriaco ha praticamente doppiato in classifica i suoi avversari: 61 punti per Lauda, 30 punti per Schekter, futuro ferrarista che guida una Tyrrell, e 26 punti per James Hunt e la sua McLaren.

Nelle settimane che precedono il Gran Premio di Germania sulla pista del Nürburgring, circuito di altri tempi lungo quasi 23 km con ampi tratti in mezzo alla foresta, Lauda cerca di boicottare il GP per ragioni di sicurezza (i soccorsi nel tratto centrale della pista possono arrivare solo in una decina di minuti) ma non riesce a raccogliere il consenso dei suoi colleghi. In prova James Hunt ottiene la pole position davanti a Lauda, mentre in seconda fila ci sono Depailler e Stuck.

Piove la mattina della gara, il 1 agosto 1976: alla partenza è il ferrarista Regazzoni che prende la testa superando sia Hunt che Lauda. Hunt è secondo, terzo il bravo Mass, quarto Laffite che approfitta del fatto che la March di Stuck viene esclusa dalla griglia a causa di un problema alla frizione (sebbene il tedesco parta poi effettivamente ma dall’ultima fila).  Nel primo giro Regazzoni si gira e scende al quarto posto. Al termine del primo giro, il tempo si mette definitivamente al bello e tutti vanno ai box per metter gomme slick.

Durante il terzo giro lo schianto: al chilometro 11, esattamente alla metà del percorso dove i soccorsi sono lontani, la Ferrari affronta una curva a sinistra. Le poche immagini a disposizione fanno intuire che l’austriaco tocchi il cordolo con la ruota posteriore inizando una sbandata. La Ferrari parte in testacoda, sfonda le reti e sbatte la fiancata contro una roccia rimbalzando verso il centro della carreggiata dove prende fuoco.  Arriva Guy Edwards che riesce ad evitare la Ferrari mentre Brett Lunger la centra in pieno e il fuoco aumenta di intensità. Ewards, Lunger e il sopraggiunto Ertl cercano di soccorrere Lauda, Arturo Merzario, quello che Lauda definirà “l’uomo senza il quale io non sarei qui”, si getta nelle fiamme e estrare l’austriaco dall’abitacolo.

Le condizioni di Lauda appaiono disperate: ustioni di terzo grado al volto e alla testa ma soprattutto i polmoni danneggiati dai vapori di benzina inalati per interi minuti. Lauda arriva all’ospedale di Adenau in coma e gli viene impartita l’estrema unzione. Lentamente le sue condizioni migliorano e dopo alcuni giorni l’austriaco viene dichiarato fuori pericolo anche se il suo volto porterà per sempre i segni del terribile rogo. Trentasette giorni dopo l’incidente, un recupero che ha del miracoloso, si ripresenta alla partenza del GP d’Italia dove chiude, con i bendaggi sanguinanti per lo sforzo, al quarto posto.

Ma a ventisette anni, quello che era il ragioniere del volante, aveva scoperto anche la paura: nel decisivo GP del Giappone si ritira dopo due giri di pioggia torrenziale e James Hunt può conquistare il Mondiale. Si rifarà nel 1977 conquistando il titolo nella sua ultima stagione alla Ferrari.

Massimo Brignolo

CHRISTOPHE LEMÂITRE E’ IL RE DI BARCELLONA

Christophe LemaitreCome Borzov, come Mennea e come più recentemente Obikwelu, Christophe Lemâitre mette il suo sigillo sui Campionati Europei di Atletica Leggera realizzando la doppietta 100-200: una finale che prova a perdere in tutti i modi con una partenza bruttissima e con una faticosa rimonta negli ultimi 50 metri dove recupera al britannico Malcolm almeno 4 metri. Il tempo non è eccezionale: 20″37 quando molti tecnici ormai si aspettano dal ventenne francese qualcosa sotto i 20″. Ci sarà tempo in altre occasioni, a Barcellona era sufficiente, come in tutti i Campionati, la vittoria.

La giornata di ieri ha rischiato di passare alla storia per il possibile en plein in campo femminile da parte della Russia, mancato solo per l’Argento nel Martello di Tatyana Lysenko superata dalla tedesca Heidler. Le russe occupano tutto il podio nei 400 metri con la cubano-italiana Libania Grenot quarta, vincono gli 800 metri, i 400 hs, si impongono con la Feofanova nell’Asta e infrangono il sogno della spagnola Domínguez nei 3000 siepi dove la Zarudneva la supera in volata negandole la soddisfazione dell’Oro in casa. Oro che la Spagna, invece, riesce a portare a casa nei 1500 metri con una condotta di gara che abbatte le resistenze britanniche, con Casado mentre Olmedo per la festa del poco pubblico presente conquista il Bronzo.

Nella Marcia maschile affonda il campione olimpico Alex Schwazer travolto da problemi muscolari ma ancora di più mentali come dichiara a fine gara; si conferma campione europeo il francese Diniz in testa in solitaria dal primo al cinquantesimo chilometro.

La giornata regala anche la favola del belga Kevin Borlée che quest’anno ha sempre vissuto all’ombra del gemello Jonathan e che in una finale dei 400 metri meno veoloce di quanto potessero fare pensare i turni preliminari si impone sul rettilineo finale risucchiando tutti gli avversari in chiara crisi da acido lattico.

Gara Oro Argento Bronzo
200 m M
C.Lemâitre (FRA)
20.37
C.Malcolm (GBR)
20.38
M.Mbandjock (FRA)
20.42
400 m M
K.Borlée (BEL)
45.08
M.Bingham (GBR)
45″23
M.Rooney (GBR)
45″23
1500 m M
A.Casado (SPA)
3’42″74
C.Schlangen (GER)
3’43″52
M.Olmedo SPA)
3’43″54
110 hs M
A.Turner (GBR)
13″28
G.Darien (FRA)
13″34
D.Kiss (HUN)
13″39
Marcia 50k M
Y.Diniz (FRA)
3h40’37”
G.Sudol (POL)
3h42’24”
S.Bakulin (RUS)
3h43’26”
400 m F T.Firova (RUS)
49.89
K.Ustalova (RUS)
49″92
A.Krivoshapka (RUS)
50″10
800 m F
M.Savinova (RUS)
1’58″22
Y.Hak (NED)
1’58″85
J.Meadows (GBR)
1’59″39
400 hs F
N.Antyukh (RUS)
52″92
V.Stambolova (BUL)
53″82
P.Shakes-Drayton (GBR)
54″18
3000 s F
Y.Zarudneva (RUS)
9’17″57
M.Domínguez (SPA)
9’17″74
L.Kharlamova (RUS)
9’29″82
Asta F
S.Feofanova (RUS)
4.75
S.Spiegelburg (GER)
4.65
L.Ryzih (GER)
4.65
Martello F
B.Heidler (GER)
76.38
T.Lysenko (RUS)
75.65
A.Wlodarczyk (POL)
73.56Â

Massimo Brignolo

STATI UNITI E SERBIA SBARRANO LA STRADA A ROMANIA E AUSTRALIA

Stati Uniti, Croazia e Spagna si qualificano ai Mondiali insieme alla Serbia, mentre Romania e Australia restano in lotta per un altro slot.

Fuori la Romania e l’Australia, dentro Serbia e Stati Uniti: questo il verdetto dei quarti di finale della Coppa FINA che hanno definito la composizione del tabellone alto e del tabellone basso del torneo. Restano quindi Stati Uniti, Croazia, Serbia e Spagna in lotta per il titolo e qualificate ai Mondiali di Shangai del prossimo anno. Nel tabellone basso invece occhi puntati su Australia e Romania che, con ogni probabilità, si scontreranno in una finale per il quinto posto con più argomenti del tabellone alto, visto che definirà quale tra le due squadre staccherà un pass per Shangai.

Nessun problema per Croazia e Spagna, impegnate rispettivamente contro l’Iran e la Cina. L’Iran per la quarta volta consecutiva affonda sotto oltre venti reti (sono 101 quelle subite finora dai persiani durante il torneo) e sotto i parziali di 6-0 e 8-1 dei primi due quarti. Per la nazionale di Rudić in meta quattro volte Bošković e il solito Sukno. La Spagna chiude la prima frazione di gioco in svantaggio per 2-1 contro i cinesi, per poi piazzare un allungo di 5-1 nel secondo quarto e amministrare senza problemi il match fino all’11-5 finale.

Più equilibrati gli altri due quarti di finale: la Serbia allunga nel secondo quarto e mantiene l’Australia costantemente a distanza di sicurezza, portandosi perfino a +5. In evidenza di nuovo Udovičić, protagonista dell’allungo decisivo, e Aleksić, autore di tre reti. Gli Stati Uniti faticano molto di più contro una Romania tenace, che riesce a imporre il pareggio a fine del terzo quarto. Solo nell’ultima frazione di gioco gli Stati Uniti si impongono nettamente, con un parziale di 5-3, e portano a casa una partita segnata dalle individualità dei rumeni Negrean e Iosep (4 reti a testa) e degli statunitensi Bailey (4 reti), Azevedo e Hutten (3 reti a testa).

QUARTI DI FINALE
Australia – Serbia 9-12
Romania – Stati Uniti 12-14
Spagna – Cina 11-5
Iran – Croazia 2-23

OGGI IN VASCA
Semifinali 5-8 posto

15:30 Australia – Cina
17:00 Romania – Iran

Semifinali 1-4 posto
18:30 Stati Uniti – Croazia
20:00 Serbia – Spagna

Damiano Benzoni

LA NUOVA ZELANDA PRENDE IL LARGO NEL TRI NATIONS

A Melbourne gli All Blacks battono gli Australiani (rimasti in quattordici per tutto il secondo tempo) e ipotecano il Tri Nations.

All Blacks inarrestabili: battendo 49-28 l’Australia e ottenendo il punto di bonus durante il primo tempo, i neozelandesi si proiettano a punteggio pieno in vetta alla classifica del Tri Nations. Ancora una volta chiave dell’incontro è la disciplina: i due cartellini gialli mostrati a Drew Mitchell hanno sicuramente influenzato la partita, comunque dominata dai Tuttineri. Disciplina però non solo per quanto riguarda le infrazioni da cartellino, ma anche in quanto a tenuta della concentrazione. Gli Wallabies hanno mostrato diversi cali di concentrazione appena dopo aver segnato, permettendo ai neozelandesi di rifarsi immediatamente. Una partita nondimeno godibile, con due squadre votate all’attacco che hanno messo a segno complessivamente dieci mete. Una partita dominata anche da Dan Carter e Richie McCaw, protagonisti del match e metronomo e motore di una Nuova Zelanda inarrivabile.

Dopo uno scambio di punizioni nei minuti di apertura, è l’Australia a varcare per prima la linea di meta, sfruttando un’insicurezza di Carter, che si fa bloccare un calcio di liberazione permettendo agli Wallabies di marcare con Mitchell. Carter si rifà pochi minuti più tardi contrando a sua volta un calcio di Berrick Barnes e andando a schiacciare lui stesso l’ovale in meta: è il primo vantaggio per gli All Blacks, che però non lo lasceranno più andare. Il primo tempo infatti vede i neozelandesi mettere a segno quattro mete senza replica da parte degli Wallabies. Ad allungare le distanze al 12′, due soli minuti dopo la meta di Carter, è l’estremo Mils Muliaina, servito da un calcetto-capolavoro dell’ala Cory Jane. Non bastano una punizione di Barnes e l’ammonizione di Owen Franks per un’infrazione in ruck a bloccare la Nuova Zelanda: in inferiorità numerica arriva la meta di McCaw. Sono passati solo 24 minuti e gli ospiti si sono portati già sul 22-11.

Al 28′ un’altra tegola si infrange sull’Australia, che perde la superiorità numerica e l’ala Drew Mitchell, ammonita per un placcaggio irregolare che farà discutere a lungo durante la prossima settimana. Nonostante in parità numerica Giteau accorci le distanze con una punizione, al rientro di Franks i neozelandesi fanno fruttare la superiorità numerica marcando dieci punti. In quei dieci punti c’è anche la meta del bonus, marcata da Cory Jane proprio nel canale che sarebbe stato difeso da Mitchell: è il 35′, e gli All Blacks chiudono il primo tempo sul 32-14.

Dopo soli tre minuti nella ripresa, Mitchell riceve il secondo cartellino giallo per comportamento antisportivo, dopo aver cercato di impedire a Conrad Smith di giocare una touche veloce schiaffeggiando la palla dalle sue mani. Una leggerezza che gli costa il cartellino giallo e che significa un’intera frazione di gioco in inferiorità numerica per l’Australia. Ad aggiungere sale alle ferite, arriva anche la seconda meta di Muliaina. Nonostante il passivo di venticinque punti e l’espulsione di Mitchell, gli Wallabies cercano di attaccarsi con le unghie e con i denti alla partita: Will Genia conferma quanto di buono mostrato la scorsa settimana e porta la pressione nell’area dei ventidue neozelandese. Dopo un’azione multifase e quasi dieci minuti di pressione, la diga difensiva neozelandese cede: un passaggio di Giteau manda Ashley-Cooper in meta e l’Australia rialza la testa. Di nuovo, però, la gestione mentale della ripresa del gioco è deficitaria e gli All Blacks riescono a gestirla per mantenere gli avversari a debita distanza: un break di Ma’a Nonu manda Rokocoko in meta a soli tre minuti dalla marcatura dell’estremo australiano.

Gli Wallabies non sono ancora domi e continuano a portare pressione con il ritmo dettato da Genia e al 69′ è capitan Rocky Elsom a schiacciare l’ovale in meta. L’Australia è a una sola marcatura dal punto di bonus offensivo, ma non basta. La Nuova Zelanda riesce ad allontanare i propri avversari lontani dalla zona rossa. E alla fine, la settima meta che chiude l’incontro è indicativa di quanto sia inarrestabile la squadra di McCaw: dopo un break da parte del seconda linea Whitelock i neozelandesi si trovano ad attaccare con una linea di dieci uomini contro cui la disperata difesa australiana nulla può. La palla viene aperta al largo, dove Elsom si trova solo contro quattro attaccanti e non può impedire la marcatura di Flynn.

Sabato 31 luglio 2010
AUSTRALIA – NUOVA ZELANDA 28-49 (14-32)
Docklands Stadium, Melbourne (AUS)

AUSTRALIA: Ashley-Cooper – O’Connor, Horne (55′ Beale), Barnes, Mitchell – Giteau (77′ A.Faingaa), Genia (76′ Burgess) – Brown, Pocock, Elsom (c) – Sharpe (47′ Simmons), Mumm – Ma’afu (59′ Slipper), Moore (48′ S.Faingaa), Robinson.

NUOVA ZELANDA: Muliaina – Jane (75′ Dagg), Smith, Nonu (71′ Cruden), Rokocoko – Carter, Cowan (33′ Weepu) – Read, McCaw (c), Kaino – Donnelly (74′ Vito), Thorn (60′ Whitelock) – O.Franks (43′ B.Franks), Mealamu (71′ Flynn), Woodcock.

ARBITRO: Craig Joubert (RSA)

MARCATORI
3′ p. Giteau AUS 3-0
6′ p. Carter NZL 3-3
7′ m. Mitchell AUS 8-3
9′ mt. Carter NZL 8-10
12′ m. Muliaina NZL 8-15
17′ p. Barnes AUS 11-15
22′ amm. O.Franks NZL
24′ m. McCaw t. Carter NZL 11-22
28′ amm. Mitchell AUS
30′ p. Giteau AUS 14-22
33′ p. Carter NZL 14-25
35′ m. Jane t. Carter NZL 14-32
Fine Primo Tempo 14-32
43′ esp. Mitchell (doppia ammonizione) AUS
46′ m. Muliaina t. Carter NZL 14-39
55′ m. Ashley-Cooper t. Giteau AUS 21-39
58′ m. Rokocoko NZL 21-44
69′ m. Elsom t. Giteau AUS 28-44
79′ m. Flynn NZL 28-49
FINALE 28-49

CLASSIFICA: Nuova Zelanda 15, Australia* 4, Sudafrica 0.
* una partita in meno

Damiano Benzoni