VOLLEY: L’ITALIA SI ARRENDE ALL’ARREMBANTE GIOVENTU’ CUBANA

L’Italia del ct Anastasi esce dalla scena delle Final Six di World League con una pesante sconfitta (0-3) contro Cuba.

il muro di CubaBattuta d’arresto per gli azzurri nella partita decisiva. Cuba pur schierando un sestetto molto giovane (i fenomeni che giocano in Europa non sono convocati) dimostra ottima fisicità e qualità. Anastasi concede nuovamente fiducia a Parodi preferendolo a Savani.

Partenza a razzo di Cuba; è soprattutto con le battute che i caraibici mettono in grossa difficoltà la nostra ricezione. Sul 14 a 10 Anastasi è costretto al primo time out. Marra, grande protagonista in tutto il torneo, appare smarrito di fronte ai diabolici servizi cubani; poi si riprenderà. Sul 17 a 12 entra Travica per Vermiglio, un importante turno in battuta di Mastrangelo riporta l’Italia sul 17 a 20 ma è solo un’illusione. Gli azzurri sono troppo Fei dipendenti e, con il muro cubano devastante, il primo set si chiude sul 25 a 17.

Nel secondo set si riparte dalla regia di Vermiglio, un po’ preso di mira dall’arbitro. Finalmente si vede una buona Italia che lotta punto a punto trascinata inizialmente da Fei e successivamente da Mastrangelo. Un leggero appannamento del nostro opposto però fa scappare Cuba sul 21 a 18. Anastasi opta quindi per far riposare Fei inserendo Lasko. L’opposto di Verona ripaga la fiducia mettendo giù la palla del 21 pari. Un gran salvataggio di Marra sul 23 a 24 porta il secondo set ai vantaggi. I cubani, dopo un’estenuante maratona punto a punto, sfruttano un’invasione aerea fischiata a Vermiglio e chiudono sul 35 a 33.

Nel terzo set Cuba riprende a martellare in battuta mettendo in gran difficoltà la ricezione italiana. Al primo tempo tecnico di sospensione i caraibici dilagano 8 a 3. Anastasi ripropone prima Travica in palleggio e sul 13-5 Lasko come opposto. L’Italia prova a rifarsi sotto ma è Leon a chiudere meritatamente set e incontro sul 25 a 22.

Cuba ha dimostrato di non basarsi esclusivamente sulla diagonale Hierrezuelo – Hernández. Impressionante la forza fisica espressa in attacco dai giovanissimi schiacciatori-ricevitori: Leal ma soprattutto il diciassettenne Leon in grado di colpire con irridente facilità sopra le mani del muro azzurro. L’esperienza è garantita dal ventitreenne Simón, centrale di qualità con una gran varietà di colpi sia in attacco che in battuta.

All’Italia è mancata soprattutto la continuità per vincere. Fei è sparito a metà del secondo set, Černic ha mostrato la solita grinta mettendo giù palloni importanti ma ha anche subito la fisicità dei cubani, Vermiglio è stato troppo nervoso, Birarelli ha sbagliato troppe battute, Parodi non è riuscito ad essere incisivo in attacco, inoltre nonostante delle ottime difese ha evidenziato alcune lacune in ricezione. Positivi solamente Marra, malgrado qualche difficoltà nel trattenere i potentissimi servizi cubani e Mastrangelo che, pur servito pochissimo, è stato l’unico azzurro a intimorire i cubani a muro e col servizio.

L’Italia rientra mestamente a casa con la convinzione però di avere la qualità per giocarsela a settembre con le migliori del mondo. Scordiamoci gli anni Novanta ma il podio  non è così lontano. Cuba invece se riuscirà ad essere incisiva come oggi al servizio potrà dare davvero del filo da torcere a un Brasile non in perfetta forma.

Nella notte la Serbia ha superato con un netto 3-0 l’Argentina qualificandosi per la semifinale che la vedrà opposta alla Russia.

Venerdì 23 luglio 2010
CUBA ITALIA 3 – 0
(25-17; 35-33; 25-22)
Cordoba (ARG)

CUBA: Leon 14, Leal 12, Gutierrez (L), Camejo 7, Simón (C) 10, Hierrezuelo 4, Hernández 11. (Leyva, Cepeda n.e., Bell n.e., Mesa n.e., Díaz 1.)

ITALIA: Mastrangelo 6, Marra (L), Parodi 7, Vermiglio (C) 1, Fei 12, Birarelli 4, Černic 12. (Lasko 8, Maruotti n.e., Savani 1, Travica, Sala n.e.)

Nicola Sbetti

TOUR: A BORDEAUX ANCORA CAVENDISH MA PETACCHI E’ IN VERDE

Cavendish raccoglie il suo quarto successo in questo Tour mentre Petacchi veste la maglia verde: ultima sfida domenica a Parigi

Mark CavendishArchiviate le grandi montagne, i 171 superstiti di questo Tour de France iniziano, perlomeno metaforicamente, a vedere i Campi Elisi di Parigi, dove domenica si concluderà la corsa: infatti, le ultime tre tappe non prevedono nemmeno un gran premio della montagna e l’unica possibilità per fare la differenza sarà l’interminabile cronometro di domani, con Contador che a questo punto sembra aver in pugno la prima posizione.

La marcia verso la capitale francese riparte da Salies-de-Béarn in direzione Bordeaux dove, dopo 198 km assolutamente piatti, si conclude la diciottesima tappa. La città della Gironda chiama a raccolta gli sprinter: infatti, in passato il traguardo del velodromo Lescure ha premiato i più grandi velocisti della storia, da Rik Van Looy a Freddy Maertens, da Dedé Darrigade ad Erik Zabel.

Dopo una decina di chilometri, parte la fuga di giornata, composta dall’ex maglia a pois Jérôme Pineau (Quick Step), dal passista-veloce danese Matti Breschel (Saxo Bank), dal bretone Benoit Vaugrenard (Française des Jeux) e da Daniel Oss (Liquigas-Doimo), ventitreenne trentino molto adatto alle Classiche del Nord ma in grado di districarsi con successo anche nelle volate. La testa della corsa mantiene per svariati chilometri un vantaggio che oscilla solo tra i 2 e i 4 minuti, perché dietro la Lampre-Farnese Vini di Petacchi guida con decisione l’inseguimento, intenzionata a portare il proprio capitano allo sprint. L’avventura dei fuggitivi termina ad una dozzina di chilometri dalla conclusione, con Daniel Oss che è l’ultimo ad arrendersi, dimostrando comunque una grande condizione che gli permette di stare davanti, solo contro il gruppo lanciatissimo, fino ai -3.5: i Cervélo di Hushovd e gli Sky di Boasson Hagen cercano di impostare la volata sorprendendo Cavendish e Petacchi, ma è ancora una volta l’inglese ad avere la meglio, precedendo Dean e l’atleta spezzino, in parte disturbato dall’australiano Lancaster. Per Petacchi comunque c’è la riconquista dell’ambita maglia verde, da difendere con le unghie e con i denti nella tappa degli Champs Élysées. L’atleta dell’Isola di Man coglie invece il poker stagionale al Tour de France, quattordicesima vittoria in carriera nella corsa transalpina: numeri da urlo per un ragazzo di appena venticinque anni.

Domani sono in programma 52 km a cronometro tra Bordeaux e Pauillac, piatti come un tavolo da biliardo: Cancellara è logicamente il favorito per la vittoria di tappa, mentre Contador non dovrebbe avere problemi a mantenere il suo vantaggio nei confronti di Andy Schleck. Ma le sorprese, in un Tour de France, sono sempre dietro l’angolo.

Venerdì 23 luglio 2010
Tour de France, diciottesima tappa
Salies-de-Béarn – Bordeaux (198 km)

ORDINE D’ARRIVO:

Ciclista Squadra Tempo
1. Mark CAVENDISH
HTC-Columbia 4h37’09”
(media 42 km/h)
2. Julian DEAN
Garmin stesso tempo
3. Alessandro PETACCHI
Lampre-Farnese Vini stesso tempo
4. Robbie MCEWEN
Team Katusha stesso tempo
5. Oscar FREIRE Rabobank stesso tempo

CLASSIFICA GENERALE:

Ciclista Squadra Tempo
1. Alberto CONTADOR
Astana 88h09’48”
2. Andy SCHLECK
Saxo Bank a 8″
3. Samuel SÁNCHEZ
Euskaltel-Euskadi a 3’32”
29. Damiano CUNEGO
Lampre-Farnese Vini a 51’56”

MAGLIA VERDE (punti):

Ciclista Squadra Punti
1. Alessandro PETACCHI Lampre-Farnese Vini 213
2. Thor HUSHOVD Cérvelo 203
3. Mark CAVENDISH
Team Htc-Columbia 197

MAGLIA A POIS (montagna):

Ciclista Squadra Punti
1. Anthony CHARTEAU Bbox Bouygues Tlc 143
2. Christophe MOREAU
Caisse d’Epargne 128
3. Andy SCHLECK
Saxo Bank 116

MAGLIA BIANCA (giovani):

Ciclista Squadra Tempo
1. Andy SCHLECK
Saxo Bank 88h09’56”
2. Robert GESINK
Rabobank a 6’33”
3. Roman KREUZIGER
Liquigas-Doimo a 10’04”

Marco Regazzoni

F1: ALONSO IL PIU’ VELOCE NELLE LIBERE DI HOCKENHEIM

Alonso ha ottenuto il miglior tempo nella seconda sessione di prove libere del GP di Germania. Alle sue spalle il tedesco della Red Bull Sebastian Vettel, con un ritardo di 29 centesimi di secondo.

Fernando AlonsoSi torna a Hockenheim dopo una pausa di un anno, si torna con lo spauracchio pioggia sopra le teste di tutti. E infatti la sessione mattutina parte sotto una pioggia insistente che costringe le vetture a iniziare il turno con gomme “extreme wet”. Gran festival di testacoda e uscite di pista, con protagonisti un po’ tutti i piloti, su tutti Massa autore di ben tre testacoda – a cui comunque va dato perlomeno atto di non aver danneggiato la macchina – e Hamilton che invece sbatte pesantemente alla curva 3, andando a muro e giocandosi l’anteriore della sua Mclaren. A un ora dall’inizio la pioggia inizia a diminuire, si passa alle intermedie, ma la pista rimane scivolosa e piena di insidie. Prima sessione quanto mai frustrante per la Mclaren, incidente di Hamilto a parte, alla ricerca di conferme per il nuovo diffusore, e che invece si trova alle prese con una pista che non ha permette proprio di valutare la bontà delle nuove soluzioni.

Alla fine del turno, tempi quanto mai poco significativi, forse sarebbe stato più interessante pubblicare il numero dei testacoda: comunque Sutil precede Massa e Button, poi Barrichello, Petrov e Rosberg. Vettel chiude undicesimo, Webber quattordicesimo, Alonso diciannovesimo.

Le previsioni che davano pioggia torrenziale falliscono clamorosamente e la seconda sessione vede la pista con solo qualche macchie d’umidità residua. Finalmente gomme da asciutto per tutti. Via il bagnato dalla pista ci si accorge però che il nuovo asfalto nel tratto della frenata dal tornantino presenta dossi che rendono parecchio problematica la staccata. Partono subito forte le due Ferrari, issandosi in cima alla classifica, con Alonso e Massa A mezz’ora dall’inizio delle prove riprende a piovere, con Hamilton ancora ai box  a causa del protrarsi delle operazioni di riparazione sulla vettura incidentata nella sessione mattutina. Lo scroscio dura pochi minuti, e non crea particolari problemi a pista e piloti; si rivedono allora le Red Bull, con Webber e Vettel che scalano le posizioni portandosi, insieme alle due Ferrrari, in cima alla lista dei tempi. Per l’unica Mclaren in pista, quella di Button, il programma prevede long run per valutare la soluzione degli scarichi bassi,

Solo a un quarto d’ora dalla fine l’altra Mclaren riesce a uscire dai box. Per Lewis Hamilton è la seconda volta consecutiva che si ritrova con una partenza ad handicap durante un week end di gara: dopo il venerdì di Silverstone, perso per problemi derivanti dall’introduzione sulla sua Mclaren, degli scarichi bassi, questo di Hockenheim, gettato al vento a causa della rovinosa uscita di strada. Sessione pomeridiana che si conclude con le due Ferrari e le due Red Bull davanti a tutti, a posizioni alterne, poco dietro le due Mercedes, e poi Hamilton. nonostante riesca a compiere solo una decina di giri, a seguire Kubica con la Renault e Barrichello.

Al solito tempi da venerdì, ma questa volta l’impressione è che i primi quattro possano restare quelli, magari con l’aggiunta di una Mclaren, anche per il resto del fine settimana.

Pos. Pilota Macchina
Tempo Giri
1 8 Fernando Alonso Ferrari 1′16.265 35
2 5 Sebastian Vettel Red Bull-Renault 1′16.294 0.029 26
3 7 Felipe Massa Ferrari 1′16.438 0.173 37
4 6 Mark Webber Red Bull-Renault 1′16.585 0.32 40
5 4 Nico Rosberg Mercedes 1′16.827 0.562 32
6 3 Michael Schumacher Mercedes 1′16.971 0.706 20
7 2 Lewis Hamilton McLaren-Mercedes 1′17.004 0.739 10
8 11 Robert Kubica Renault 1′17.009 0.744 37
9 9 Rubens Barrichello Williams-Cosworth 1′17.056 0.791 37
10 10 Nico Hülkenberg Williams-Cosworth 1′17.204 0.939 44
11 23 Kamui Kobayashi Sauber-Ferrari 1′17.336 1.071 44
12 12 Vitaly Petrov Renault 1′17.547 1.282 35
13 22 Pedro de la Rosa Sauber-Ferrari 1′17.573 1.308 39
14 14 Adrian Sutil Force India-Mercedes 1′17.701 1.436 38
15 1 Jenson Button McLaren-Mercedes 1′17.739 1.474 36
16 15 Vitantonio Liuzzi Force India-Mercedes 1′17.871 1.606 33
17 16 Sebastien Buemi Toro Rosso-Ferrari 1′18.147 1.882 45
18 17 Jaime Alguersuari Toro Rosso-Ferrari 1′19.327 3.062 48
19 24 Timo Glock Virgin-Cosworth 1′19.553 3.288 30
20 18 Jarno Trulli Lotus-Cosworth 1′20.008 3.743 34
21 25 Lucas di Grassi Virgin-Cosworth 1′20.106 3.841 31
22 19 Heikki Kovalainen Lotus-Cosworth 1′20.377 4.112 37
23 21 Bruno Senna HRT-Cosworth 1′21.988 5.723 37
24 20 Sakon Yamamoto HRT-Cosworth 1′23.066 6.801 37

Andrea Corbetta

IERI & OGGI: IL CAREER SLAM DI TIGER WOODS

Tiger WoodsNel Golf come nel Tennis, il Grand Slam è una invenzione giornalistica per indicare l’insieme dei quattro tornei più importanti, i Major, della stagione. Nel Golf il concetto venne introdotto nel 1930 quando ci si trovò nella necessità di etichettare la stagione perfetta di Bobby Jones che vinse The Open Championship, lo U.S. Open Championship, lo United States Men’s Amateur Golf Championship e The (British) Amateur Championship.

Con il passare degli anni e l’avvento del professionismo i due ultimi, riservati ai dilettanti, sono stati rimpiazzati dal Masters di Augusta e dal PGA Championships ma nella storia del golf nessuno è più riuscito nell’impresa di completare il Grand Slam nella stessa stagione al punto che l’attenzione si è rivolta su coloro che nel corso della carriera siano riusciti ad aggiudicarsi almeno una volta i 4 Major: sono sufficienti le dita di una mano per contare cinque grandissimi della storia del golf a partire da Gene Sarazen che completò il Career Slam nel 1935 proseguendo con Ben Hogan (1953), il sudafricano Gary Player (1965), l’Orso d’Oro Jack Nicklaus (1966) e Tiger Woods.

Programmato per la vittoria sin dalla più tenera infanzia, Eldrick Tiger Woods, dopo aver vinto per tre edizioni consecutive lo US Junior Amateur Championship ed essere stato nel 1994 il più giovane vincitore dello US Amateur Championship, è passato professionista nell’agosto del 1996 e otto mesi dopo ha vinto il suo primo Major, The Masters con il punteggio record di 18 sotto il par, il vantaggio record di 12 colpi sul secondo diventando il più giovane vincitore del Masters nella storia.  Dopo un periodo fisiologico di calo, successivo al passaggio al professionismo, Tiger nell’estate del 1999 vince il PGA Championship ma è il 2000 la stagione perfetta del primo Woods.

Si impone nello US Open con un vantaggio di 15 colpi sul più vicino degli avversari e all’Open Championship (che come quest’anno si svolge a St Andrews) si impone con il miglior punteggio di sempre in un Major (-19) e, il 23 luglio 2000, a soli 24 anni e 6 mesi diventa il golfista più giovane ad aver completato un Career Slam.

Quello stesso anno, Tiger vince anche il PGA Championship, seppure allo spareggio contro Bob May, e diventa l’unico con Ben Hogan (1953) ad aver vinto tre Major in una stagione. Nell’aprile del 2001 si impone nel The Masters di Augusta diventando il primo golfista della storia del golf professionistico a detenere contemporaneamente i titoli dei 4 Major, il Tiger Slam come viene subito definito.

Massimo Brignolo

LACROSSE: LA MARCIA DELL’ITALIA AI MONDIALI DI MANCHESTER

LacrosseContinua trionfale la marcia su Manchester degli azzurri che ottengono un posto garantito tra le prime 20 del Mondo, risultato imprevisto ed eccezionale quanto basta per ottenere menzione anche nei media internazionali.

Gli uomini di coach Dellisser vincono quattro partite consecutive e si affermano come una realtà nel panorama del lacrosse; exploit ancora più significativo per il movimento nazionale considerando che il numero di vittorie ottenute dall’Italia quest’anno pareggia il record di quattro anni fa a London (Canada) quando la squadra composta interamente da americani mise in fila Hong Kong, Galles, Repubblica Ceca e Scozia.

Quest’anno, invece, la presenza nativa è massiccia e ben miscelata con l’esperienza dei “naturalizzati”, che non vanno comunque dimenticati: dal bomber austro-italiano Steven Whitford, assistente allenatore e giocatore classe 1965 che si è scrollato di dosso in breve tempo 18 anni, tanti quanti i gol messi a segno nelle sue sette partite, al vero spauracchio offensivo degli azzurri Tim Fuchs per il quale parlano i numeri: 20 reti e 7 assist.

Avevamo lasciato questa squadra dopo la positiva, ma non esaltante, prima fase: due sconfitte iniziali contro Repubblica Ceca e Svezia mitigate dalla vittoria in scioltezza sui messicani ed un posto nella lower division da testa di serie. Qui comincia la scalata dei nostri: prima l’Argentina, poi le più quotate Danimarca e Svizzera cadono nel tritacarne azzurro e solo una sconfitta contro la Slovacchia, evidente contraccolpo di una serie di vittorie tanto esaltante quanto fisicamente dispendiosa, nega loro una posizione che avrebbero ampiamente meritato. Non vi è comunque nulla di cui disperare, come detto. È vero che quattro anni fa ci si piazzò decimi su venti squadre, ma quest’anno con dieci squadre in più – ovvero più concorrenza, più partite, più possibilità di fare passi falsi, più rischi – ed un team azzurro dall’incisiva presenza nativa si è ottenuto un risultato forse meno affascinante dal punto di vista della mera classifica, ma ben più significativo.

Dopo il Messico un’altra squadra del continente americano attendeva gli azzurri, l’Argentina: “molto forte nei faceoff” ci fa notare lo specialista azzurro Carlo Bernard, e capace di passare in vantaggio dopo soli 45″ per mano del bomber Zack Kahn (assist di Astrada). Ecco che prontamente torna fuori l’Italia vista contro il Messico: Fuchs (2:32), Withford (3:52, Fuchs), Mark Fortunato (8:34) e la doppietta di Fuchs (11:11) sbeffeggiano i sussulti argentini che riescono comunque a raddoppiare con Kahn (12:27) e mantenere aperta la partita. Allungo del difensore italo-canadese Miceli (16:46, M.Fortunato) e risposta immediata di Chemi (17:52, Astrada) cui seguono altre quattro sberle azzurre (tre del letale Withford – 19:04, Wilmot; 21:49; 29:13, Fuchs – e timbro di Mark Fortunato a 23:39) che sembrano consegnare la partita alla storia. Ma gli argentini escono dal loro guscio, reagiscono con una rete di Kahn (40:22) prontamente compensata dalla doppietta di Miceli (44:49) e godono di dieci minuti di autentico berserksgangr: tripletta e assist di Kahn (55:42; 58:04, Brown; 60:24, Hylen; assist a 66:27 per la rete di Brown) mitigata dalla segnatura di Withford (63:13) su assistenza di De Lisser ed ancora Brown (66:27, Kahn). Qui, sull’11-8, gli argentini possono davvero riaprire la partita, ma l’improbo sforzo necessario a ridimensionare la squadra italiana si fa sentire ed una doppietta di Withford (69:37, Fuchs e 74:35) chiude i giochi. Solo alla soddisfazione personale serve la rete di Campos a 78:28. Grande prova della squadra, grande prova di Withford, Fuchs, Miceli, ma Lubrano ci tiene a sottolineare la prova, non solo in questa gara, del portiere Matteo Magugliani da Valmontone: 79% di salvataggi, eccezionale.

“In molti aspetti tiene testa al titolare italo-americano Fortunato, che è comunque il secondo di Virginia” aggiunge Iubini.

Nell’altro match del “mini-playoff” la Danimarca beneficiava di una vittoria a tavolino poichè destinata agli assenti Iroquois. Azzurri dunque che partono in deficit di condizione contro una “squadra fisica: alti, veloci e ben organizzati” ci dice Lubrano. La prestazione dell’Italia non può che risentirne: dopo 7:13 di studio reciproco passa in vantaggio la Danimarca con Dane Hansen (assist di Lund), ma nel lungo periodo la schiacciante superiorità tecnica dei nostri ha la meglio. I muscoli nordici plasmati al vento dello Jutland nulla possono contro l’abilità della coppia Withford-Fuchs che solo con la carabina si può contenere: una tripletta a testa (9:22 Withford, Fuchs; 15:52 Withford, M.Fortunato; 19:34, 37:41 e 42:12 Fuchs; 43:14 Withford) perfettamente inframezzata dalla prima rete al Mondiale del classe 1988 Federico Galperti, romano tesserato per la Bocconi Lacrosse. Dane Hansen, mai così profilico finora, raggiunge la tripletta personale (46:57, Larsen; 57:49, B.Hansen) mentre Wilmot (54:33) segna la sua seconda rete del torneo. Sull’8-3 i danesi “non ne hanno più” e l’Italia chiude la partita senza troppi patemi d’animo con Mark Fortunato (71:10, Wilmot) ed il poker personale di Fuchs (75:24, Withford).

Superato lo scoglio nordico, gli azzurri sfidano la Svizzera al play-in: chi vincerà lotterà per un posto tra il 17esimo ed il 19esimo, chi perderà proverà a chiudere 21esimo. Gli elvetici sono squadra sulla carta superiore all’Italia, “molto veloce, priva di tiratori pericolosi oltre i 15 metri, con un gioco improntato a far girare palla di fronte alla porta, cosa che gli riesce molto bene, e cercare l’uomo libero sotto porta” il parere di Lubrano. Il match è combattuto fino alla fine, l’esito incerto: all’uno-due svizzero di Bame (07:28) e Kannape (11:34) risponde la doppietta del mastino Fuchs (19:40, M.Fortunato e 25:00). Altro uno-due svizzero stavolta firmato Schoch (26:32), tra i migliori dei suoi, e Burger (31:27) ed incredibile sorpasso azzurro firmato Galperti (36:25), Fuchs (42:40, Miceli) e Giorgini (45:55). Il match seguita nella sua imprevedibilità e la Svizzera si riporta avanti con Burger (61:09, Bame) e Schoch (63:46, Kaiser). Pochi minuti di gioco ed arriva il pareggio di Fuchs (69:32), seguito a ruota dal KO di Withford (72:35, Wilmot). Un duro colpo per gli elvetici che avevano definito l’Italia “squadra cuscinetto” ed ora hanno fatto i conti con la caparbietà e la tecnica dei nostri, capaci di piantare l’italica bandiera sulla cima delle ripide montagne svizzere. Bernard rimarca la velocità, il dribbling e la precisione di Schoch, mentre Iubini sottolinea la prova del portiere Bertsch, oppostosi valorosamente ai tiri di Fuchs nel primo quarto. Sempre Iubini esalta la vittoria “di squadra, ottenuta contro avversari superiori sulla carta tatticamente e fisicamente, con una grande organizzazione di gioco. Abbiamo sempre avuto la lucidità per essere su tutte le palle”.

In questa seconda metà del mese di luglio dell’anno di grazia 2010 all’Armitage Centre ha combattuto, sudato, digrignato i denti e colpito duro tutto il movimento internazionale del lacrosse e gli azzurri sono arrivati tra i primi venti del Mondo: una vera e propria pietra miliare per il movimento, i Leoni di Manchester hanno fatto la storia.

Nel prossimo appuntamento il resoconto della sconfitta contro la Slovacchia e della partita in svolgimento contro la Lettonia.

Christian Tugnoli

(si ringraziano Andrea Lubrano, Carlo Bernard e Alessandro Iubini per la disponibilità, la simpatia e la pazienza con cui hanno reso conto delle gare disputate)