ADDIO HERBERT ERHARDT

Campione del Mondo senza giocare nemmeno un match e in seguito capitano della Germania Ovest: si è spento Erhardt.

Mentre la Germania demoliva l’Argentina 4-0, un pezzo della sua storia se ne andava, a soli tre giorni dal suo ottantesimo compleanno: Herbert Erhardt. Nato il sei luglio 1930 a Fürth, dove poi si sarebbe spento, iniziò la sua carriera nella squadra locale a diciott’anni. Difensore centrale, duro negli interventi e punto di riferimento dei compagni sul campo, fece la sua prima apparizione con la maglia della Germania Ovest nel 1953, guadagnando poi la convocazione per la Coppa del Mondo dell’anno successivo, che i tedeschi vinsero. Sebbene l’allenatore Sepp Herberger avesse considerato l’idea di utilizzarlo nella controversa finale con l’Ungheria, Erhardt non scese mai in campo durante quel Mondiale, stabilendosi come punto fermo della nazionale solo successivamente, nell’inedito ruolo di stopper. Nel 1962 si trasferì al Bayern Monaco, dove terminò la sua carriera due anni più tardi, e si ritirò dalla nazionale, dopo 50 partite, sedici delle quali disputate con la fascia di capitano al braccio.

Damiano Benzoni

ALMANACCO DI SUDAFRICA 2010: 6 LUGLIO

La storia essenziale della Coppa del Mondo di Sudafrica 2010 raccontata, giorno dopo giorno, partita dopo partita, attraverso i tabellini e le reazioni della stampa delle nazioni in campo: una carrellata di prime pagine che fornisce uno spaccato di cultura sportiva, emozioni, tecnica giornalistica e non, design editoriale che permette di costruire un racconto non convenzionale della Coppa del Mondo 2010.



URUGUAY – OLANDA 2-3 (1-1)

URUGUAY: Muslera, M.Pereira, Godín, Victorino, Cáceres, Pérez, Gargano, Arévalo, Á.Pereira (78′ Abreu), Cavani, Forlán (c) (84′ S.Fernández).

OLANDA: Stekelenburg, Boulahrouz, Heitinga, Mathijsen, van Bronckhorst (c), van Bommel, de Zeeuw (46′ van der Vaart), Robben (89′ Elia), Sneijder, Kuyt, van Persie.

ARBITRO: Irmatov (UZB)

GOL: 18′ van Bronckhorst (NED), 41′ Forlán (URU), 70′ Sneijder (NED), 73′ Robben (NED), 92′ M.Pereira (URU)

NOTE: ammoniti M.Pereira, Cáceres (URU), van Bommel, Sneijder, Boulahrouz (NED).

Volkskrant
El Observador
Republica
Trouw

Massimo Brignolo

GLI ORANJE IN FINALE

L’Olanda è la prima finalista del Mondiale sudafricano, dopo aver battuto un Uruguay mai domo 3-2.

Era il 1975 quando Bert van Marwijk fece la sua prima (ed unica) apparizione con la maglia della nazionale olandese, oggi sotto la sua guida. Erano gli anni dell’Olanda del calcio totale, degli Oranje di Cruijff, Resembrink e Neeskens che in campo si esprimevano con una precisione spaventosa, come se i calciatori fossero gli ingranaggi di un meccanismo che non si ingolfava mai. Una squadra che rivoluzionò il modo di giocare a calcio ma che, allo stesso tempo, falliva puntualmente l’appuntamento decisivo, come accadde nel 1974 e nel 1978. Adesso van Marwijk può condurre gli Oranje laddove neppure il profeta del calcio totale Rinus Michels osò spingersi: sulla vetta del mondo.

Va dunque all’Olanda la prima semifinale del Mondiale sudafricano: grazie alla sofferta vittoria per 3-2 ai danni dell’Uruguay, la nazionale di van Marwijk stacca il biglietto per la finalissima dell’11 luglio. Chi pensava che gli olandesi avrebbero avuto vita facile con i sudamericani, falcidiati dalle assenze del talentuoso Lodeiro e del bomber Suárez, si è dovuto ben presto ricredere. Certo, le prime battute di gara confermano i pronostici che danno per favorita l’Olanda: Muslera smanaccia su un traversone dalla destra di Robben e serve il pallone sui piedi di Kuyt che non inquadra lo specchio per una questione di centimetri. L’Olanda gioca con la consueta precisione e dopo diciotto minuti trova il meritato vantaggio: è il capitano Giovanni van Bronckhorst a rompere gli indugi con una staffilata di sinistro dalla lunga distanza su cui Muslera palesa qualche responsabilità. La partita sembra in mano agli Oranje, con la complicità di un Uruguay che si affida solo ad un paio di tentativi, pertanto velleitari, di Álvaro Pereira. Ma la Celeste, piano piano, rosicchia centimetri e in finale di frazione segna il pareggio: il merito è tutto del capitano Diego Forlán che gonfia la rete con un sinistro dalla distanza, timbrando per la quarta volta il cartellino nella competizione. Stekelenburg, fino a questo momento impeccabile, si fa clamorosamente infilare da una conclusione centrale, tradito in parte anche dalla bizzarra traiettoria del pallone Jabulani.

Van Marwijk cambia le carte in tavola e ad inizio ripresa spedisce van der Vaart al posto di de Zeeuw, sostituto dello squalificato de Jong. Sorprendentemente, l’Uruguay continua ad imbrigliare l’Olanda: l’opaca prestazione di Sneijder, forse distratto dalle voci che lo danno possibile vincitore del prossimo Pallone d’Oro, fotografa alla perfezione le difficoltà degli arancioni di creare pericoli. E Stekelenburg deve salvare il risultato su una velenosa punizione di Forlán. Passato lo spavento, l’Olanda prova a ripartire: van der Vaart trova un pertugio nella difesa uruguagia e impegna Muslera di sinistro, sulla ribattuta Robben spara alto. Ma il gol arriva, a venti minuti dal termine, grazie ad un’illuminazione del giocatore più atteso e finora più in ombra: Sneijder calcia all’interno dell’area piccola, prima Maxi Pereira e poi Victorino deviano la conclusione verso la porta di Muslera. Anche van Persie, in posizione irregolare, sfiora il pallone: la rete è da annullare, ma l’arbitro uzbeko Irmatov indica il cerchio di centrocampo. Il centrocampista dell’Inter sale così a quota cinque in classifica marcatori, affiancando in vetta lo spagnolo Villa. Il nuovo vantaggio galvanizza gli arancioni che dopo tre minuti chiudono (apparentemente) i conti: cross con il contagiri di Kuyt dalla sinistra, nel cuore dell’area svetta Robben che di testa lascia Muslera di sasso. Lo stesso Robben sfiora la quarta rete che sarebbe punizione eccessiva per la generosità dell’Uruguay. La nazionale di Tabárez, ancora una volta, dimostra di sopperire alle lacune tecniche sfoderando grinta, tenacia e tenuta psicologica: e così, quando tutti sono già convinti di vedere l’Olanda in finale, un sinistro a girare di Maxi Pereira riapre i giochi nel primo minuto di recupero. L’Uruguay, che ha speso tante energie, tenta l’ultimo, disperato assalto, senza riuscirvi. Trentadue anni dopo, l’Olanda torna a disputare una finale mondiale. La Celeste esce a testa alta, dando così torto a quanti avevano accusato la squadra di aver goduto di eccessiva sorte e di non aver meritato la semifinale. Sarà dunque una finale tutta europea quella del Mondiale 2010 e chiunque vincerà scriverà un pezzo di storia: finora, nessuna nazionale del Vecchio Continente ha mai vinto quando si è giocato fuori dai confini del Mediterraneo.

Martedì 6 luglio 2010
URUGUAY – OLANDA 2-3 (1-1)
Green Point, Città del Capo

URUGUAY: Muslera, M.Pereira, Godín, Victorino, Cáceres, Pérez, Gargano, Arévalo, Á.Pereira (78′ Abreu), Cavani, Forlán (c) (84′ S.Fernández).

OLANDA: Stekelenburg, Boulahrouz, Heitinga, Mathijsen, van Bronckhorst (c), van Bommel, de Zeeuw (46′ van der Vaart), Robben (89′ Elia), Sneijder, Kuyt, van Persie.

ARBITRO: Irmatov (UZB)

GOL: 18′ van Bronckhorst (NED), 41′ Forlán (URU), 70′ Sneijder (NED), 73′ Robben (NED), 92′ M.Pereira (URU)

NOTE: ammoniti M.Pereira, Cáceres (URU), van Bommel, Sneijder, Boulahrouz (NED).

Simone Pierotti

TOUR: L’INFERNO DEL PAVE’ PREMIA HUSHOVD

Ancora cadute nella terza tappa del Tour che sull’arrivo della foresta di Arenberg vede la vittoria di Thor Hushovd e la riconquista della maglia gialla da parte di Fabian Cancellara.

Tor HushovdLe immagini della partenza della terza tappa in linea del Tour de France sembrano riprese in un ospedale più che nella carovana di una corsa ciclistica: cerotti, bende e fasciature di ogni genere si contano a decine. Infatti, le prime frazioni della Grande Boucle sono state costellate da una serie incredibile di cadute. Domenica, si ricordano gli incidenti dovuti ad una curva a gomito posta ai 2000 metri dal traguardo e ad una folle mischia nella volata finale; ieri, la scivolata in discesa di Francesco Gavazzi, schivato da una motocicletta dalla quale però è fuoriuscito dell’olio che ha condotto a terra dozzine di atleti, col conseguente “sciopero” del gruppo, arrivato a passo d’uomo sul traguardo di Spa. I corridori sono letteralmente imbufaliti con l’organizzazione della corsa, e il sudafricano Robert Hunter (Garmin) riassume in una dichiarazione alla Gazzetta dello Sport lo stato d’animo di molti colleghi: “Non capisco perché siamo da queste parti: ci sono stati tre grandi giri ultimamente da queste parti e il gruppo ne è sempre uscito massacrato. Non si tratta di correre veloce e cadere, ma di strade strette, rotonde e isole pedonali. C’è grande stress per stare davanti perché le strade fanno schifo e immancabili arrivano le cadute.”

Il gruppo, che perde lo statunitense Chris Vandevelde (Garmin) e il campione nazionale olandese Nick Terpstra (Milram), riparte in una mattina nuvolosa da Wanze per dirigersi verso Arenberg-Porte du Hainaut,  soprannominata  “Porta dell’Inferno”,  perché il traguardo odierno è il simbolo della Parigi-Roubaix, della corsa che vede gli atleti sporcarsi di fango, di terra, forare, cadere e ripartire, ricordare quel ciclismo eroico che tanti rimpiangono. Dei 213 chilometri previsti, oltre 13 sono suddivisi in 7 settori di pavé, per la gioia…solo degli spettatori, probabilmente. Come sempre, pronti via e parte la fuga di giornata: i sette coraggiosi sono Ryder Hesjedal (Garmin), buon scalatore canadese; Stéphane Augé (Cofidis), esperto passista francese; Steve Cummings (Team Sky), plurimedagliato pistard britannico; Pavel Brutt (Team Katusha), biondo corridore russo sempre all’attacco; Imanol Erviti (Caisse d’Epargne), longilineo navarro; Roger Kluge (Milram), ventiquattrenne pistard tedesco, e Pierre Rolland (Bbox Bouygues Telecom), giovane grimpeur transalpino.

Quick Step e Liquigas sono le squadre che si impegnano maggiormente, evitando che il vantaggio dei fuggitivi acquisisca proporzioni allarmanti, ma poi, negli ultimi 50 km, è la Saxo Bank di Fabian Cancellara a prendere in mano la corsa, con delle trenate impressionanti di Jens Voigt. Davanti resta solo Hesjedal mentre il gruppone, anche a causa di alcune cadute drammatiche (tra cui quella di Frank Schleck), si spezza in più tronconi: Cancellara ed Andy Schleck guidano l’azione decisiva ai -40, sul primo settore in pavé,  seguiti a ruota dal campione del mondo Cadel Evans (BMC), dalla vecchia volpe Thor Hushovd (Cérvelo) e dal britannico Geraint Thomas (Team Sky). Dietro è il caos più totale: Armstrong (RadioShack) e Contador (Astana) cercano di limitare i danni, ma il texano fora e accumula ritardo dal rivale, mentre Basso (Liquigas) è ulteriormente staccato, poco davanti alla maglia gialla Chavanel, vittima di due forature che gli fanno perdere troppo terreno. Ai 6 km dal traguardo il gruppo di Cancellara riprende Hesjedal e si arriva allo sprint: dopo l’ennesima trenata del bernese per far guadagnare altri secondi ad Andy Schleck, Thor Hushovd ha vita facile in volata, precedendo Thomas ed Evans. Per il norvegese della Cérvelo, velocista “duro” in grado di resistere anche su terreni così insidiosi, è il settimo successo in carriera al Tour de France, mentre Cancellara, per coronare una giornata in cui lui è stato il principale fautore dell’azione decisiva, indossa nuovamente la maglia gialla. Tra gli uomini di classifica, Andy Schleck ed Evans guadagnano su tutti gli altri, con Contador che limita i danni, pur venendo staccato nel finale dal compagno Vinokurov; Armstrong perde sorprendentemente dall’atleta spagnolo, mentre Basso è ancora più staccato, ma si sapeva che questa sarebbe stata la sua tappa da incubo.

Domani 153 km tra Cambrai e Reims, senza pavé e con un unico gran premio della montagna di quarta categoria: la quiete dopo la tempesta.

Martedì 6 luglio 2010
Tour de France, terza tappa
Wanze  – Arenberg Porte du Hainaut (213 km)

ORDINE D’ARRIVO:

Ciclista Squadra Tempo
1. Thor HUSHOVD Cérvelo 4h49’38”
(media 44,1 km/h)
2. Geraint THOMAS
Team Sky
stesso tempo
3. Cadel EVANS BMC stesso tempo
4. Ryder HESJEDAL
Garmin stesso tempo
5. Andy SCHLECK
Saxo Bank stesso tempo
28. Alessandro PETACCHI
Lampre-Farnese Vini a 2’08”

CLASSIFICA GENERALE:

Ciclista Squadra Tempo
1. Fabian CANCELLARA Saxo Bank 14h54’00”
2. Geraint THOMAS
Team Sky a 23″
3. Cadel EVANS
BMC a 39″
49. Ivan BASSO
Liquigas Doimo a 3’20”

MAGLIA VERDE (punti):

Ciclista Squadra Punti
1. Thor HUSHOVD Cérvelo 63
2. Geraint THOMAS
Team Sky 49
3. Sylvain CHAVANEL
Quick Step 44

MAGLIA A POIS (montagna):

Ciclista Squadra Punti
1. Jérôme PINEAU Quick Step 13
2. Sylvain CHAVANEL
Quick Step 8
3. Rein TAARAMÄE Cofidis 8

MAGLIA BIANCA (giovani):

Ciclista Squadra Tempo
1. Geraint THOMAS Team Sky 14h54’23”
2. Andy SCHLECK
Saxo Bank a 46″
3. Roman KREUZIGER
Liquigas-Doimo a 2’01

Marco Regazzoni

SEMIFINALI: CHI PUO’ SOLLEVARE LA COPPA?

Facciamo le carte alle semifinaliste di Sudafrica 2010: punti di forza e debolezze sulla strada della conquista della Coppa del Mondo.

TatticaArrivati a questo punto tutte e quattro possono vincere, ma ognuna per un motivo diverso.

L’Uruguay può vincere perché ha una forza d’orgoglio che supera i troppe volte compassati olandesi. Tabárez è un fine psicologo, van Marwijk da come sembra è un po’ troppo rilassato. L’Uruguay ha perso nel momento della verità i suoi due uomini migliori, Lugano e Suárez, ma i sostituti hanno pochi minuti sulle spalle e possono portare una ventata di freschezza che a questo punto serve. Il portiere ha la fiducia del mondo, ma attenti è sempre un pochino “distratto”, la difesa è registrata, superarla anche in velocità non è facile (l’innesto di Cáceres migliora l’impatto fisico), il centrocampo si regge sulla forza incredibile di Arévalo a cui si unirà l’energia ancora intatta di Gargano, l’attacco perde tanto con Suárez ma ha sempre Forlán, che sa quello che fa, con Cavani più vicino alla porta e sicuramente pericoloso per i centrali olandesi.

L’Olanda può vincere semplicemente perché ha giocatori migliori in quasi tutti i settori del campo. Stekelenburg è ad oggi il miglior portiere del mondo, van der Wiel a destra non ce l’ha nessuno e Heitinga ha rosicchiato un po’ di anni alla carta d’identità, van Bommel è l’allenatore in campo e da le chiavi della squadra a Sneijder che comanda dalla cintola in su. L’Olanda è arrivata a questo punto perché i giocatori di offesa hanno finalmente riconosciuto un leader in Sneijder e si affidano a lui per qualsiasi cosa. Il primo che si è ribellato, van Persie, ha rischiato di non scendere più in campo e per questo si è subito calmato. Robben se sale di forma diventa l’uomo del Mondiale.

L a Germania può vincere perché è la squadra che gioca il miglior calcio del  Mondiale. Alla squadra del 2008 sono stati aggiunti una mezzala destra che segna tantissimo, Müller, e un uomo di fantasia che gioca semplice, Özil. In questo modo la squadra ha iniziato da dove si era fermata, con meccanismi oliati, riproposti con grande facilità. Paradossalmente ha beccato due squadre molto facili da battere: l’Inghilterra era bolsa fisicamente, l’Argentina non aveva né capo né coda e nessuno passava la palla all’altro, battere la Spagna è sicuramente più difficile.

La Spagna può vincere perché ha la squadra migliore del lotto, l’uomo più in forma del Mondiale, Villa, la difesa più atletica e tecnica di tutte. Del centrocampo c’è poco da dire, Xavi, Iniesta e Busquets tengono su una squadra e dominano il gioco. Sta giocando molto bene anche Capdevila che spinge molto e bene in fascia. Manca totalmente la fascia destra e non c’è un centravanti che sa giocare con Villa centrale, per questo Del Bosque lo mette in fascia. Ma appena Torres esce e Villa si sposta al centro fa gol. Se entra prima Llorente o Fàbregas può essere un bene per la Spagna.

Jvan Sica