URUGUAY: FEBBRE A 120′

L’Uruguay passa le forche caudine del Ghana solo ai rigori, dopo che all’ultimo minuto di gioco una mano di Suárez e un rigore sbagliato di Gyan avevano graziato la Celeste.

Esce anche l’ultima africana dalla prima Coppa del Mondo disputata nel continente: al quarto di finale disputato al Soccer City un Ghana mai domo cede il passo solo ai rigori (4-2, dopo che i tempi regolamentari e i supplementari si erano chiusi sull’1-1) all’Uruguay di Oscar Washington Tabárez. Una partita torrida e ruvida che fino all’ultimissimo minuto del supplementare non ha mancato di regalare emozioni.

Il momento decisivo della partita è proprio quel 120′: è l’ultima azione della partita e i ghanesi, dopo aver dominato il secondo tempo supplementare, tentano un’ultima sortita offensiva. Da una punizione sulla destra Muslera respinge il tiro. Appiah cerca di girare il rimpallo a rete, ma la palla rimbalza sulle gambe di Suárez e poi viene colpita di testa verso rete da Adiyiah. La ferma di nuovo Suárez, sulla riga, di mano: cartellino rosso e rigore contro per l’uruguagio, ma partita salvata. Dal dischetto degli undici metri Asamoah Gyan, con il peso di tutta l’Africa sulle spalle, fa tremare la traversa. Al direttore di gara, il portoghese Benquerença, non resta che fischiare e rimandare il verdetto ai rigori. Ma mentre Gyan si riscatta dall’errore commesso tre minuti prima trasformando il primo penalty della serie, il tiro da fermo di Mensah e quello di Adiyiah, entrambi indirizzati alla sinistra di Muslera, vengono neutralizzati dal portiere della Lazio, e il cucchiaio del loco Abreu conclude con l’ennesima emozione della serata un incontro disputato sul filo del rasoio e deciso in maniera drammatica.

Era stato l’Uruguay a dimostrarsi più convincente in avvio di partita, abile a rallentare il ritmo dei ghanesi e ad accelerarlo repentinamente una volta entrati in possesso di palla. Gli africani, per contro, hanno acquistato gradualmente coraggio, salendo in cattedra verso metà del primo tempo e sbloccando il punteggio proprio a ridosso dell’intervallo: l’effetto del tiro di Sulley Muntari dai trenta metri sorprende Muslera e decreta la rete dell’1-0 che affossa un Uruguay rimasto privo del capitano Lugano, infortunatosi una decina di minuti prima.

Nella ripresa il Ghana conferma la sua contraddizione: una squadra capace di ottime accelerazioni, di fraseggi veloci, precisi e cristallini negli spazi ristretti, più volte si fa trovare a controllare il pallone in maniera goffa e impacciata. Contraddizione ben rappresentata anche dal portiere Richard Kingson che, a salvataggi istintivi e rinfrancanti, ha alternato momenti di insicurezza quasi imbarazzanti. Suo l’errore che concede, al decimo della ripresa, il pareggio all’Uruguay: Forlán batte una punizione dalla sinistra, Kingson si sposta di quel metro che basta a farlo trovare fuori posizione.

Resta comunque un Ghana che ha messo il cuore fino all’ultimo e che si è reso protagonista di ottime performance. In quest’occasione hanno brillato l’instancabile lavoro di Samuel Inkoom, le sgroppate di Kevin-Prince Boateng e un Asamoah Gyan, punto di riferimento dell’attacco ghanese che, fino all’ultimo, anche dopo due ore di gioco, non ha smesso di mettere in difficoltà l’ottima difesa della Celeste. Terza squadra africana nella storia a qualificarsi ai quarti, come Camerun (1990) e Senegal (2002) il Ghana è arrivato a pareggiare alla fine del tempo regolamentare, disputando i tempi supplementari. E come Camerun (battuto da un rigore dell’inglese Lineker al 105′) e Senegal (rete del turco Mansız al quarto minuto del primo supplementare), non è riuscito ad accedere alla semifinale.

Per l’Uruguay da sottolineare la prova di Jorge Fucile, determinante nonostante il colpo che gli ha fatto perdere brevemente i sensi alla fine del primo tempo, il lavoro di interdizione di Egidio Arévalo e soprattutto un Diego Forlán, poi ben supportato da Abreu, che ha fatto vedere ottimi spunti offensivi. Il prossimo ostacolo sarà l’Olanda, e sarà durissima affrontarla con i 120 minuti di oggi nelle gambe e nella testa, e soprattutto con diverse assenze di peso. Mancheranno all’appello infatti gli squalificati Fucile e Suárez, novella mano de Dios uruguagia, oltre a Godín e, con ogni probabilità, capitan Diego Lugano, il cui infortunio al ginocchio è parso serio.

Venerdì 2 luglio 2010
URUGUAY – GHANA 1-1 (1-0; 1-1; 1-1) – 4-2 d.c.r.
Soccer City, Johannesburg (RSA)

URUGUAY: Muslera, M.Pereira, Lugano (c) (38′ Scotti), Victorino, Fucile, A.Fernández (46′ Lodeiro), Pérez, Arévalo, Cavani (76′ Abreu), Suárez, Forlán.

GHANA: Kingson, Paintsil, Vorsah, John Mensah (c), Sarpei, Inkoom (74′ Appiah), Asamoah, Annan, K.Boateng, Muntari (88′ Adiyiah), Gyan.

ARBITRO: Olegário Benquerença (POR)

GOL: 47′ pt. Muntari (GHA), 55′ Forlán (URU)

NOTE: ammoniti Fucile, Pérez, Arévalo (URU), Sarpei, Pantsil, John Mensah (GHA). Espulso al 121′ Suárez (URU) per aver bloccato con le mani un tiro sulla linea di porta. Al 122′ Gyan (GHA) calcia un rigore sulla traversa.

RIGORI:

URUGUAY 4 GHANA 2
Forlán 1 Gyan 1
Victorino 2 Appiah 2
Scotti 3 John Mensah 2 (p)
M.Pereira 3 (a) Adiyiah 2 (p)
Abreu 4

Damiano Benzoni

IL PROGETTO PELLEGRINI PER LONDRA 2012

Federica Pellegrini si è messa in testa un’idea pazzesca: vincere in tutte le distanze dello stile libero, dai 100 agli 800, in vista di Londra 2012.

Federica Pellegrini
Deepbluemedia.eu/G.Perottino

Con la vittoria dei 100 sl con un tempo ottimo (55’’80) alla manifestazione dell’Harbour Club di Milano, nasce il grande dilemma e la grande sfida di Federica Pellegrini che ci accompagnerà fino a Londra 2012. Tutto parte dalla voglia di andare oltre che è tipica della veronese ed era una caratteristica anche di Castagnetti, mai felice fino in fondo dei risultati dei suoi atleti. Per seguire le tracce e il modello di Castagnetti, Federica è ripartita dal progetto “Londra 2012”, in cui vuole stupire il mondo e diventare la più grande nuotatrice di tutti i tempi (in effetti come obiettivo non è niente male). I termini del progetto sono molto semplici quanto incredibile: vincere tutte le gare dello stile libero dai 100 agli 800, scusate se è poco.

Stefano Morini ha preso l’eredità di Castagnetti, ritrovandosi questa pazza idea tra capo e collo, più per la volontà di Federica che per un reale obiettivo tecnico. A lui sarebbe piaciuto confermare i 200 sl e dominare i 400 sl, specialità preferita. Ma un po’ per il progetto Castagnetti, un po’ per riamare la prima fiamma (Federica adora i 100 sl, specialità dell’adolescenza), se altre prove come quella di Milano andranno a buon fine, l’avventura continuerà.

Premesso tutto ciò, sarebbe giusto anche valutare se il progettone Pellegrini può andare in porto. E qui passiamo dal sogno alla realtà. Sui 200 sl ha acquisito un vantaggio competitivo sulle avversarie, anche perché al di là della Balmy e dell’australiana Evans Blair non ci sono grandi avversarie. I 400 sl nuotati in 04’04’’30 sono irraggiungibili anche per la prediletta di casa Adlington. C’e da capire se Federica può rendere allo stesso modo nelle altre due distanze.

Gli 800 sl sono per tutti gli esperti una possibile distanza dove sfruttare la seconda parte delle sue gare. Se  gira rilassata nella prima parte di gara e non è lontana dalle altre, può piazzare l’allungo decisivo nei secondi  400, potendo chiudere anche al di sotto dell’8’21’’25 primato stagionale dell’Adlington. In questo caso il problema sono proprio le avversarie. Rebecca la nasona può abbassare di più di un secondo questo tempo e per Londra si allenerà al massimo. Alla britannica bisogna aggiungere la costanza di Lotte Friis, campionessa mondiale con uno spaventoso 8’15’’92 (costumoni-ini, ma che avete combinato?). Almeno 4 secondi di quel tempo è merito dei costumi, ma la Friis di Roma fa paura.

Se gli 800 sl possono adattarsi alla Fede nazionale, i 100 sl sono ancora più complicati. Federica (che l’anno scorso con i costumoni ha nuotato 53”55) soffre sempre la prima vasca (a Milano una piccola inversione di tendenza con un 27’’77) ed è difficile recuperare sugli squali americani e olandesi (quest’anno Kromowidjojo è prima nel ranking FINA con 53’’44 e la Vollmer la tallona da lontano con 54’’30). Per me Federica non ha ancora questi tempi, per colpa di un’impostazione che predilige le grandi distanze e per una meccanica di nuoto forse troppo poco frenetica per lo scatto necessario della seconda vasca. Insomma Morini deve costruire una nuova Pellegrini, che sappia incamerare i ritmi delle distanze lunghe e vincere queste gare in scioltezza, per poi imporre nuova freschezza nelle distanze brevi. Facile a dirsi…

Jvan Sica

L’OLANDA E MELO SORPRENDONO DUNGA

Olanda
EPA/Robert Ghement

Come già successo altre sei volte (nel 2006, 1986, 1982, 1978, 1974 e 1954), i quarti di finale si confermano come un’autentica macumba per il Brasile. E questa volta, a salire sull’altare in veste di gran sacerdote del rito sacrificale, è stata chiamata l’Olanda del selezionatore Bert van Marwijk.

Che non era l’Olanda di Cruijff, Neeskens e Rep, ma nemmeno quella di van Basten, Gullit e Rijkaard, lo si era già visto nelle fasi di qualificazione. E anche quella che si è vista questo pomeriggio a Porth Elizabeth si è confermata come una squadra senza individualità di particolare spessore, fatta eccezione per l’ala destra mancina (scusate l’ossimoro) Arjen Robben, che senza concedere troppo allo spettacolo, espone un collettivo solido, con un gioco fatto di schemi elementari, ma pericolosissimo in contropiede e negli spazi larghi.

Il Brasile, senza la punta Elano, ancora indisponibile dopo le legnate dei ruvidi difensori della Costa d’Avorio, era partito in grande spolvero, andando in gol dopo appena 10 minuti al termine di una rapida azione conclusa da un tocco di destro di Robinho. E la squadra verdeoro ha dominato per tutto il primo tempo, nonostante il fardello di un evanescente Kakà: più un turista che un protagonista a questi mondiali sudafricani.

Anche il secondo tempo era sembrato cominciare con la stessa musica; ma la samba dei brasiliani è stata interrotta improvvisamente da un tiro cross di Sneijder, deviato di testa nella propria rete da Felipe Melo. Questo gol inaspettato ha frastornato il Brasile e disunito la coralità delle sue azioni. Di contro l’Olanda ha ripreso coraggio, e sugli sviluppi di un calcio d’angolo da destra, ancora Sneijder ha trovato il colpo di testa del 2-1.

Per i brasiliani arrivano momenti di confusione totale. La squadra si sbilancia all’attacco e subisce i rapidi contropiedi olandesi, finché Felipe Melo, colto più da un raptus che dalla frustrazione, pesta con i tacchetti le caviglie di Robben disteso a terra. Il cartellino rosso è inevitabile, e il Brasile in dieci contro undici parte all’assedio della porta di Stekelenburg più con la forza della disperazione che con le magie del futebol bailado.

Già, il futebol bailado: il suo ricordo è sempre più lontano.

Venerdì 2 luglio 2010
OLANDA – BRASILE 2-1 (0-1)
Nelson Mandela Bay, Port Elizabeth (RSA)

OLANDA: Stekelenburg, van der Wiel, Heitinga, Ooijer, van Bronckhorst , van Bommel, de Jong, Robben, Sneijder, Kuyt, van Persie (85′ Huntelaar).

BRASILE: Júlio César, Maicon, Lúcio , Juan, Bastos (62′ Gilberto), Dani Alves, Felipe Melo, G.Silva, Kaká, Luís Fabiano (77′ Nilmar), Robinho.

ARBITRO: Yuichi Nishimura (JPN)

GOL: 10′ Robinho (BRA), 53′ aut. Felipe Melo (BRA), 68′ Sneijder (NED)

NOTE: ammoniti van der Wiel, Heitinga, de Jong, Ooijer (NED), Bastos (BRA). Espulso al 73′ Felipe Melo (BRA) per gioco violento.

Giuseppe Ottomano

-1: TUTTI GLI UOMINI DEL TOUR DE FRANCE

Mancano meno di 24 ore alla partenza da Rotterdam del Tour de France. La marcia di avvicinamento si conclude passando in rassegna i possibili protagonisti.

Tour de France198 atleti equamente suddivisi in 22 squadre: sono i numeri del Tour de France che partirà domani da Rotterdam. Dopo aver analizzato i favoriti vediamo ora invece nello specifico i velocisti, i battitori liberi e gli italiani al via della Grande Boucle.

I VELOCISTI

Quest’anno gli sprint a ranghi compatti dovrebbero essere in numero minore rispetto a quanto siamo abituati a vedere, tuttavia, in almeno 6 occasioni, potremmo assistere alla tradizionale volata di gruppo. Mark Cavendish punta a ripetere il dominio assoluto messo in atto lo scorso anno e, di fatto, tutta la HTC-Columbia sarà a sua disposizione, a parte Michael Rogers che potrebbe tentare di fare classifica. Tra i suoi rivali più pericolosi non si può non citare l’eterno Oscar Freire (Rabobank), sempre competitivo negli appuntamenti-clou. Altre due vecchie volpi delle volate sono Robbie McEwen (Team Katusha) e Alessandro Petacchi (Lampre-Farnese Vini), che però hanno smarrito lo smalto dei giorni migliori. Gli anni passano anche per Thor Hushovd, compagno di Sastre alla Cervélo, che però riesce generalmente a piazzare almeno una zampata ad ogni Tour. Tra i più giovani, il tedesco Gerald Ciolek della Milram ha più volte messo in luce le sue qualità, e anche in questo caso la sua squadra lavorerà quasi interamente per lui. Ma sulla carta sarà Tyler Farrar (Garmin Transitions) il principale rivale di Cavendish: giovane, potente e dato in ottima condizione, il ragazzo statunitense verrà aiutato negli sprint dagli esperti Julian Dean e Robert Hunter.

GLI UOMINI CHE PUNTANO A VITTORIE DI TAPPA

Chi ha messo gli occhi sul cronoprologo e sulla cronometro di Bordeaux, chi invece punterà a sfruttare una delle tante fughe che nasceranno: tra gli “uomini da un giorno”, la palma di leader va indubbiamente a Fabian Cancellara (Saxo Bank) che, se da un lato dovrà aiutare i fratelli Schleck, dall’altro ha segnato col cerchio rosso le due prove contro il tempo, di cui è il re incontrastato. Nella sua stessa squadra, anche il “vecchio” Jens Voigt, più simile ad un locomotore che ad un ciclista, tenterà la fuga buona. David Zabriskie (Garmin) è un altro cronoman affermato e quest’anno ha dimostrato grande brillantezza al Giro di California. Chi invece è chiamato alla prova del nove è il tedesco Tony Martin, già vincitore del titolo nazionale a cronometro e di una tappa al Giro di Svizzera: per il ragazzo di Cottbus è giunta l’ora di confermare le sue doti anche nella massima corsa a tappe. Altri atleti tenteranno invece gli attacchi da lontano, sperando di cogliere la fuga buona. É questa la specialità di Juan Antonio Flecha, spagnolo della Rabobank, ma il nostro Damiano Cunego (Lampre), che non sembra poter essere competitivo sulle tre settimane di corsa, non perderà certo l’occasione di mettere in mostra le proprie abilità di passista-scalatore, bravissimo a districarsi negli sprint ristretti. Anche il campione nazionale francese Thomas Voeckler (Bbox Bouygues) è uomo da fughe da lontano o da colpi di mano nel finale di corsa, speranzoso di poter riconquistare per qualche giorno l’agognata maglia gialla. Il russo Aleksandr Kolobnev, sempre piazzato ai Campionati del Mondo, è un corridore per certi versi simile a Cunego, e nella Katusha avrà il ruolo di battitore libero, coadiuvato in questo dal compagno Vladimir Karpec, il quale però potrebbe anche tentare di fare classifica. Edvald Boasson Hagen (Team Sky) ha una brillantezza difficilmente riscontrabile in un ragazzo di 23 anni, e al Giro dell’anno scorso ha dimostrato di non temere la pressione del grande evento. L’estone Rein Taaramäe (Cofidis) è forse troppo acerbo per fare classifica, ma cercherà di centrare la fuga buona.  Chiudiamo il gruppo con due francesi e due italiani: nella prima categoria rientrano il trentanovenne Christophe Moreau (Caisse d’Epargne) che, almeno in una tappa di montagna, cercherà di tener duro, e quel Sandy Casar (Française des Jeux) sempre piazzato e sempre all’attacco, che dovrà però aiutare anche il compagno Christophe Le Mével; tra gli azzurri, il trentino Daniel Oss della Liquigas-Doimo ha dimostrato di essere un uomo da corsa dura, e la tappa di Arenberg sembra fatta apposta per lui, mentre il valtellinese Francesco Gavazzi (Lampre-Farnese Vini) ha brillanti doti da passista veloce che andrebbero messe a frutto anche in una corsa di così grande spessore.

GLI ALTRI ITALIANI

Gli italiani al via della corsa francese saranno solo 18: se i migliori sono già stati citati, gli altri avranno il compito di sorprendere. Il campione del mondo di Varese 2008 Alessandro Ballan viene da una prima parte di stagione non propriamente indimenticabile, ma al campionato nazionale ha lanciato segnali importanti: lo si aspetta al varco soprattutto nelle primissime tappe, che si disputeranno nel “suo” Nord. Assieme a lui, la BMC di Cadel Evans schiera anche Mauro Santambrogio, che dovrebbe però stare accanto al capitano. Il cosentino Francesco Reda deve ancora trovare una sua dimensione, e il fatto di correre in una Quick Step senza un vero capitano potrebbe permettergli di avere maggiore libertà per mettere in mostra la propria classe. Al fianco di Basso e del già citato Oss, la Liquigas schiera Manuel Quinziato, altro trentino pericoloso nelle tappe vallonate e nelle cronometro, e Francesco Bellotti, corridore completo e ormai esperto. L’altra italiana Lampre affianca a Cunego, Petacchi e Gavazzi il promettente Adriano Malori, già campione del mondo a cronometro under 23, il fidato gregario Mauro Da Dalto e lo sprinter Mirco Lorenzetto, che dovrà aiutare Petacchi nelle volate di gruppo. La Footon-Servetto è una squadra italo-spagnola nota per la propria vocazione offensiva, ed Eros Capecchi tenterà qualche attacco da lontano anche per cercare di inserirsi nella classifica generale, mentre il talentuoso ventenne Fabio Felline ha l’occasione di vivere un’esperienza fondamentale per il proprio futuro. La parata degli azzurri si chiude con Rinaldo Nocentini: la dolorosa frattura alla gamba rimediata al GP Insubria lo ha privato di metà stagione, ma Rinaldo è sempre quel ragazzo capace di vestire il giallo del leader della corsa per otto giorni nel 2009, e la Ag2r-La Mondiale punta soprattutto su di lui per fare buona figura.

Marco Regazzoni

ALMANACCO DI SUDAFRICA 2010: 1 LUGLIO

La storia essenziale della Coppa del Mondo di Sudafrica 2010 raccontata, giorno dopo giorno, partita dopo partita, attraverso i tabellini e le reazioni della stampa delle nazioni in campo: una carrellata di prime pagine che fornisce uno spaccato di cultura sportiva, emozioni, tecnica giornalistica e non, design editoriale che permette di costruire un racconto non convenzionale della Coppa del Mondo 2010.



LA GRANDE ATTESA DEI QUARTI DI FINALE

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