WORLD LEAGUE: BALCANICHE OK

Nella prima giornata di Super Final, vincono tutte le squadre balcaniche.

dal nostro inviato

FIRENZE Era difficile, se non impossibile, pronosticare un esito differente. Ma le partite, si sa, per essere vinte devono prima di tutto essere giocate. E con concentrazione. Onore, dunque, alle tre nazionali balcaniche – Croazia, Montenegro e Serbia – che nella giornata inaugurale della Super Final di World League, a Firenze, non steccano.

Nel girone A, quello dell’Italia, esordio fin troppo facile per la Serbia detentrice del titolo e vincitrice di quattro delle ultime cinque edizioni: Vanja Udovičić e compagni non hanno pietà della Cina, una delle eccellenze della pallanuoto asiatica, ancora acerba per pretendere di impensierire le grandi potenze mondiali. Giornata di gloria per Milan Aleksić, autore di una tripletta, e per i compagni Filipović, Nikić e Duško Pijetlović, tutti a segno con una doppietta. Volenterosi quanto si vuole, ma tecnicamente inferiori, i cinesi hanno vinto la resistenza di Slobodan Soro solamente in due occasioni, di cui una in superiorità numerica (1/9 il dato finale, di strada ce n’è ancora da fare…).

Nel girone B, vittoria a fatica per il Montenegro su un sorprendente Canada che, non più tardi di tre anni fa, ai Giochi di Pechino rimediò un secco 12-0 per mano dei balcanici. Questa volta finisce 8-6 in favore degli “Squali rossi”, per i quali però la giornata era iniziata malissimo: sotto di due reti nel primo tempo, Jokić che si fa parare un rigore da Randall. Il coach degli americani Dragan Jovanović, ex portiere della Jugoslavia, schiera un nugolo di giovani – ben sei i ventenni in acqua – che sopperiscono alla mancanza di un centroboa di ruolo con una grande preparazione nel nuoto: fino al terzo tempo, chiuso sul 5-5, funziona, poi nel lungo termine i montenegrini fanno sentire la maggior esperienza.  Da notare, tra i balcanici, le assenze dei recchelini Ivović e Zloković. Meno equilibrata la sfida tra Australia e Croazia, che lo scorso anno a Niš terminò con la clamorosa vittoria degli wallabies: gli uomini di Rudić imparano la lezione e mettono al sicuro i primi tre punti (12-6 il finale) aggiudicandosi il primo tempo con un secco 4-0. Fatali, agli australiani, le superiorità numeriche, con nemmeno un gol segnato in situazione di uomo in più.

Domani grande giornata con le attese sfide Croazia-Montenegro e Italia-Serbia: chiudono il programma giornaliero Stati Uniti-Cina (si fosse giocata negli anni Settanta si sarebbe parlato di “diplomazia della pallanuoto”) e Canada-Australia.

 

WORLD LEAGUE SUPER FINAL
FIRENZE, 21-26 GIUGNO
1a GIORNATA

 

GIRONE A

SERBIA-CINA 13-2 (3-1, 5-0, 3-0, 2-1)

SERBIA: Soro, Avramović, Gocić 1, Vanja Udovičić 1, Petković 1, Duško Pijetlović 2, Nikić 2, Aleksić 3, Rađen, Filipović 2, Pralinović 1, Mitrović, Gojko Pijetlović. All. Dejan Udovičić.

CINA: Ge, Tan, Liang, Yu, Guo, Pan 1, Li Bin, Wang, Xie 1, Li Li, Zhang, Dong, Wu. All. Cai.

ARBITRI: Terpenka (CAN) e Flahive (AUS).

NOTE: superiorità numeriche Serbia 3/5 + 1 rig., Cina 1/9. Espulso Rađen per somma di falli a 1’23” qt.

 

ITALIA-STATI UNITI 10-4

CLASSIFICA: Italia e Serbia 3 pti, Stati Uniti e Cina 0.

 

GIRONE B

MONTENEGRO-CANADA 8-6 (1-3, 2-1, 2-1, 3-1)

MONTENEGRO: Radić, Draško Brguljan, Radović 1, Danilović, Vukčević 1, Tičić 1, Mlađan Janović 1, Nikola Janović 1, Klikovac, Darko Brguljan 2, Petrović 1, Jokić, Šćepanović. All. Porobić.

CANADA: Randall, Kudaba 1, Touni, Constantin 1, Boyd 2, Robinson, Conway, Graham, Gasic, Dakic, Vikalo, McElroy 2, Aleksic. All. Jovanović.

ARBITRI: Caputi (ITA) e Stavropoulos (GRE).

NOTE: superiorità numeriche Montenegro 2/5, Canada 1/5. A 3’00” pt Randall para rigore a Jokić.

 

AUSTRALIA-CROAZIA 6-12 (0-4, 1-1, 3-3, 2-4)

AUSTRALIA: Dennerley, Campbell 1, Cleland, Baird, Maitland, Martin, Cotterill, McGregor, Younger, Woods 1, Howden 1, Miller 2, Roach 1. All. Fox.

CROAZIA: Pavić, Burić, Bošković 2, Dobud, Joković 1, Muslim 1, Karač, Bušlje 1, Sukno 2, Barać, Paškvalin 2, Obradović 2, Buljubašić 1. All. Rudić.

ARBITRI: Goldenberg (USA) e MOLINER (ESP).

NOTE: superiorità numeriche Australia 0/6, Croazia 2/8 + 1 rig. Espulso Martin per somma di falli a 5’58” qt.

CLASSIFICA: Montenegro e Croazia 3 pti, Canada e Australia 0 pti.

Simone Pierotti

CADE LA PIOGGIA, CADONO LE BIG

In un giugno funestato da temporali e nubifragi, i campionati italiani di cricket sono entrati nel vivo. In nemmeno 15 giorni si sono disputate tre giornate di serie A, due di serie B, la classifica dei due gironi del campionato di serie C ha preso forma e il martoriato campionato under 19 ha decretato il proprio vincitore. Dopo il Brescia in serie B, arriva la prima sconfitta stagionale anche per il Pianoro; restano ancora imbattute (ma con sole 3 gare disputate) l’Azzurra e l’Olgiata in serie C.

In Serie A la prima giornata del girone di ritorno si è giocata il 2 giugno. Con il Kingsgrove Milano Cricket Club a riposo, il pronostico era tutto in favore delle prime della classe invece, mentre il Pianoro vinceva per sei wicket contro il Capannelle, il Bologna centrava la sua seconda vittoria consecutiva espugnando il campo Ghiaie di Trento. Una partita davvero incredibile se si pensa che i battitori bolognesi erano stati eliminati dai trentini per sole 79 runs. Nel secondo inning gli indiavolati Abul (5 wicket), Chamara (4 wicket) e Manjula (1 wicket) sono riusciti a eliminare i batsman biancoazzurri a quota 76. Altri quattro punti e la partita sarebbe finita in modo diametralmente opposto.

Tre giorni dopo si era nuovamente in campo per la sesta giornata, sennonché la pioggia obbligava i contendenti a dividersi la posta. Nulla di fatto a Milano, dove i Kingsgrove volevano vendicarsi per la sconfitta subita in casa dei campioni d’Italia del Pianoro, e neppure a Roma, dove il Trentino aveva ipotecato la gara grazie a un solido primo inning da 227 runs; tutti a casa con 10 punti.

L’ottava giornata risultava chiarificatrice in quanto le prime quattro della classifica si scontravano direttamente. Il Trentino, che dopo una partenza col botto nelle ultime tre partite aveva racimolato la miseria di 21 punti, riusciva nell’impresa di battere il Pianoro a cinque anni di distanza dall’ultima volta. I protagonisti di giornata sono Anwar Attieq (81 runs) e, soprattutto, Rizwan Mohammad, che in sole 37 palle centra la bellezza di 121 punti (raggiungendo quota 100 in sole 30 palle); sicuramente un record per il cricket italiano. In 50 overs il Trentino raggiunge quota 324 mentre la rincorsa di Jayasena e compagni viene fermata a 148. C’è ancora gloria per Rizwan che prende due wicket, anche se, con 3 eliminazioni e 30 punti concessi in 9 overs, la palma di miglior lanciatore va certamente ad Ahmed Shakee. Con questa vittoria il Trentino riapre la corsa alla finale, anche se al Pianoro saranno sufficienti 4 punti nel derby contro il Bologna per assicurarsi la qualificazione. Il secondo spot invece sarà probabilmente deciso prima dell’ultima giornata, nello scontro diretto tra Trentino e Milan Kingsgrove. Dopo un incontro molto equilibrato i meneghini sono riusciti ad avere la meglio SUL Bologna, squadra che dopo un inizio stentato sembra aver trovato una propria identità grazie al contributo di giovani come Opu Chowdury e Abdur Rehman. Milano però, pur perdendo molti catch, si dimostra una squadra di caratura superiore in cui il capitano Kamal (detto “il nonno”) e il presidente Marabini riescono ancora a dire la loro, come capitato in occasione dello stumpng che ha eliminato Abdur “Rambo” Rehman. Per Milano da segnalare inoltre l’ottima prestazione in battuta del sempre più concreto Roshen Liyana e l’esordio al lancio della giovane promessa Chirantana Arsakulasooriya.

In serie B si è assistito alla seconda sconfitta dei Lions Brescia che dopo il KO di Genoa (inframmezzato dal successo con il Casteller) cadono nuovamente contro i rivali del Latina Lanka. I laziali, pur con una partita in più salgono in vetta alla classifica. Nell’anticipo del 5 giugno però, contro un agguerrito Venezia, solo un nubifragio ha salvato la squadra latino-srilankese da una sconfitta pressoché certa. La giovane squadra lagunare sta crescendo molto e ha dimostrato di avere le carte in regola per sconfiggere chiunque, allo stesso tempo però, come certifica la sconfitta sul campo di domenica contro lo Sri Lanka Milano, sembra mancare ancora qualcosa soprattutto in fase di battuta e fielding per essere considerata un top-team. Il Giudice Unico ha poi assegnato la vittoria a tavolino in favore del Venezia per l’assenza del dirigente accompagnatore e per il comportamento “not cricket” del pubblico milanese che, con lancio di sassolini per distrarre i fielders e minacce, è costato sconfitta, penalizzazione, squalifica del campo e una multa salatissima.

Nulla da fare infine per il Casteller che con una gran prova al lancio limita il Genoa a quota 75, ma non riesce poi ad andare oltre quota 54, in battuta. Una vera beffa per una società che per il lavoro che fa con i giovani e per la promozione del cricket femminile merita un grande elogio.

Così come meritano un applauso: Imran Khan, Mahmudul Islam, Taher Khalque, Munna Ahammed, Ali Afjal, Tuhin Rahman, Apu Rahman, Atikur Rahman, Abdul Helal e Asif Ali che, capitanati da Sujon Islam, hanno vinto con la maglia del Venezia Veneta Sanitaria Cricket Club il campionato under 19. Abbandonata la formula del torneo, si è trattato di un campionato vero e proprio con un solo girone d’andata. Questo ha consentito ai giovani cricketer di giocare più partite e allenarsi più spesso, tuttavia la classifica è stata influenzata da partite perse a tavolino causa ritardi e problemi di tesseramento. Con il Capannelle e il Pianoro tagliati fuori dalla corsa al successo, è stata una gara a tre fra Kingsgrove, Ancona e Venezia. Milano, la squadra dei nazionali giovanili Roshendra Abewickrama e Mohamed Adnan, ha battuto Venezia ma ha perso con Ancona e Pianoro. Alla fine dei conti è risultata decisiva la prima partita del campionato fra Ancona e Venezia con i lagunari che in trasferta ottenevano la vittoria per 4 wicket grazie a Imran, Tuhin e Taher. Per la società con sede a Marghera, quartiere operaio del capoluogo veneto, si tratta del secondo scudetto di categoria dopo quello del 2008. Raggiante il presidente Alberto Miggiani ha dichiarato: “Abbiamo fatto i salti mortali come società per trovare la copertura finanziaria e grazie anche alle varie collaborazioni con altre società sportive del territorio siamo riusciti a contenere i costi, investendo sul settore giovanile che ci ha visto in quattro anni vincere ben cinque titoli”.

Infine nel girone nord di serie C, dove purtroppo c’è da registrare il ritiro della Cecchinese, l’Azzurra è già qualificata alle fasi finali mentre i campioni in carica del Verona dovranno avere la meglio su Banglaguidizzolo e Sud Tirol se vorranno togliere la seconda piazza al Milan. Nel girone centro invece l’Arezzo e il San Michele cercheranno di insidiare il Florence e l’imbattuta Olgiata del nazionale italiano Dilan Fernando.

GODI FIORENZA

Tutto pronto nel capoluogo toscano per la Super Final della World League maschile.

Mancava da tanti anni – dodici, per l’esattezza – la grande pallanuoto internazionale, a Firenze. Mancava da dodici anni alla piscina Costoli, storico impianto all’aria aperta rimesso in sesto con un investimento da 200mila euro. E la prossima settimana, dal 21 al 26 giugno, torna in grande stile con la Super Final della World League maschile. Che, per la seconda volta, farà tappa in Italia a tre anni di distanza dall’edizione disputata a Genova. Per la Federnuoto, reduce dall’organizzazione dell’atto finale dell’Eurolega maschile, è certamente un onore, per il Settebello del ct Sandro Campagna l’occasione di confrontarsi con le migliori squadre al mondo – mancano, a voler cercare il pelo nell’uovo, solo Spagna ed Ungheria – e di dimostrare che l’argento conquistato lo scorso settembre agli Europei di Zagabria non è stato episodico.

Proprio gli azzurri sono stati inseriti nel girone A, un gruppo piuttosto impegnativo come testimonia la presenza di Serbia e Stati Uniti. I balcanici arriveranno in Toscana ebbri di entusiasmo per la conquista dell’Eurolega ad opera del Partizan Belgrado, che rifornisce numerosi elementi alla nazionale guidata da Dejan Udovičić: il ct era a Roma, a visionare conferme e possibili innesti per la sua squadra, e avrà appuntato ben più di un nome sul proprio taccuino. Da non dimenticare, poi, che i vari Mitrović, Nikić, Rađen, Prlainović e Udovičić si presenteranno alla Costoli in qualità di detentori del titolo e, soprattutto, di vincitori della competizione in tre delle ultime quattro edizioni. Attenzione anche agli Stati Uniti, unica potenza pallanotistica non europea: sotto la guida di Terry Schroeder gli americani si sono sempre più imposti sulla scena internazionale, arrivando a conquistare un argento olimpico ed un quarto posto ai Mondiali. Merito di quei giocatori cresciuti nei campionati del Vecchio Continente, con il centrovasca di origini brasiliane Tony Azevedo su tutti. Vittima predestinata, invece, sembrerebbe essere la Cina che lo scorso autunno ha visto sfumare, per un solo gol di distacco, il sesto oro della sua storia ai Giochi asiatici: tra gli uomini di Tianxoing Cai e gli avversari c’è un divario al momento incolmabile, la qualificazione ai danni di Giappone, Nuova Zelanda e, soprattutto, Kazakistan è comunque il segnale che il movimento sta andando nella giusta direzione.

Nel girone B la corsa al primo posto pare essere tutta una questione – ma guarda un po’ – balcanica: la Croazia, che il santone Ratko Rudić ha trascinato sulla vetta dell’Europa, ed il Montenegro di Petar Porobić sono, indubbiamente, le corazzate di questo gruppo. Il confronto diretto tra le due nazionali sarà un’interessante rivincita della finalissima dell’edizione di due anni fa, disputata a Podgorica e vinta dai padroni di casa. A completare il gruppo l’Australia di John Fox che, come dimostrato lo scorso anno a Niš, ha saputo voltar pagina dopo il traumatico addio di Pietro Figlioli per il Settebello e, infine, il Canada: i cugini “poveri” degli USA affideranno le chiavi della squadra al promettente Justin Boyd, giocatore in forza al Budva, che nella recente Final Four di Eurolega ha messo a segno una doppietta nella finale per il terzo posto.

 

LUCIA RECCHIA: IN LOTTA CONTRO LA SFORTUNA

Un talento cristallino, come pochi altri del panorama sciistico mondiale, troppo spesso fermato dalla malasorte: potrebbe essere questa una sintesi della parabola di Lucia Recchia. Nata a Rovereto l’8 gennaio del 1980, ma da sempre residente a Brunico, questa finanziera amante delle discipline veloci si era messa in luce già da giovanissima, con l’argento ai mondiali juniores in discesa libera nel 2000, in Canada. Con l’esordio in Coppa del Mondo avvenuto poche settimane prima, Lucia si conferma ad ottimi livelli, cogliendo una serie di piazzamenti di rilievo anche nel massimo circuito: spiccano il secondo posto in discesa ad Altenmarkt nel dicembre 2004 e il terzo posto nel supergigante di Aare due mesi più tardi: in mezzo, uno scintillante argento mondiale in SG, sulla pista di Santa Caterina Valfurva, che resta il suo miglior risultato di sempre. Tra gioie del genere ed innumerevoli infortuni, Lucia ha sempre tenuto duro ed ora, nonostante i 31 anni, è più motivata che mai a ripartire per una nuova stagione ricca di soddisfazioni, come ci dimostra in questa intervista nella quale ripercorre le tappe fondamentali della sua carriera.

 

Lucia, com’è avvenuto il tuo primo incontro con gli sci? E le prime gare?

“Ho iniziato a sciare all’età di tre anni sulle piste vicino a casa, con i miei genitori. Dopo aver frequentato una serie di corsi di perfezionamento, ho gareggiato per la prima volta a 10 anni, e da lì non ho praticamente più smesso!”

 

Hai un nome ed un cognome assolutamente “italiani”, eppure vivi da sempre nel cuore dell’Alto Adige, regione dove le spinte indipendentiste sono molto forti. Hai mai avuto problemi per questo?

“Mi sento assolutamente cittadina del mondo. Non ho mai avuto problemi, non mi sono mai sentita non accettata, perché ho sempre vissuto per lo sport e non per la politica: infatti, gli unici momenti spinosi li ho vissuti quando un giornalista si è inventato, su un quotidiano locale, delle cose mai dette, cercando di mettermi in contrapposizione al presidente della Provincia di Bolzano Luis Durnwalder, ma si tratta veramente di una storia assurda e senza fondamento.”

 

In tutti questi anni di carriera, qual è stata la tua soddisfazione più grande?

“Indubbiamente l’argento mondiale a Bormio-Santa Caterina, però ricordo con orgoglio anche le gare alle Olimpiadi di Vancouver, dove ho concluso al settimo e al nono posto sebbene corressi con un crociato rotto (operato nella primavera 2010) e avessi appena risolto gli innumerevoli problemi alla schiena. Un’esperienza davvero incredibile, la considero come una vittoria sia per me stessa che per le persone che mi sono state vicino durante i vari infortuni”.

 

Come hai accennato nell’ultima risposta, nel corso delle stagioni hai avuto numerosi infortuni. Dove hai trovato, ogni volta, la forza per ripartire? Adesso è tutto a posto?

“Ogni infortunio è una sfida da accettare e da vincere, questa è stata e resta la mia mentalità. Il gioco vale la candela: la risalita dopo il baratro è indubbiamente difficile ma genera una soddisfazione davvero enorme. Gli infortuni mi hanno insegnato ad essere paziente, ad ascoltare il mio corpo, a non forzare più del dovuto e, quindi, a godermi al massimo i momenti di salute, quando posso divertirmi praticando il mio lavoro, che per me resta innanzitutto un grande divertimento. A febbraio ho avuto una commozione cerebrale, ma adesso è tutto risolto: proseguo con il lavoro specifico per il ginocchio operato, notando giorno dopo giorno dei miglioramenti sensibili”.

 

C’è una pista del destino, sulla quale ti trovi benissimo e vorresti gareggiare sempre?

“La pista dei sogni è l’Olimpia delle Tofane di Cortina d’Ampezzo. Mi è sempre piaciuta in modo particolare, e vincere lì sarebbe una gioia incredibile: non credo sia troppo tardi, e dalla prossima stagione ce la metterò tutta per realizzare questo obiettivo”.

 

Com’è l’estate di una sciatrice, lontana dalle gare invernali?

“L’estate è il momento del rifornimento, quello in cui metti la benzina per la stagione successiva: tanta bicicletta (a maggio ho fatto il giro della Corsica, un’esperienza fantastica), che preferisco alla corsa anche per il benessere del ginocchio, e tanta palestra, senza dimenticare i fondamentali esercizi di equilibrio. Ovviamente, si va anche in ghiacciaio a sciare, ma è il lavoro atletico a predominare. Inoltre, l’estate è per me un periodo dove posso recuperare meglio dagli infortuni dell’annata precedente, non avendo l’urgenza della competizione”.

 

A sci fermi, com’è e cosa fa Lucia Recchia?

“Faccio veramente fatica a restare ferma. Amo lo sport in generale e mi diverto troppo a praticarlo. Con l’esperienza ho tuttavia imparato che serve anche qualche momento nel quale staccare la spina e distrarsi da tutto, e allora mi dedico agli amici, alla musica e alla lettura di un buon libro. Questi attimi di relax hanno una grande importanza e devono andare di pari passo con gli allenamenti”.

 

Una promessa per la prossima stagione?

“Divertirmi e farvi divertire! È il mio motto da sempre, e questa è la promessa per il prossimo inverno!”

 

 

BALCANI CAPUT EUROPAE

Partizan campione d’Europa e schermaglie dei tifosi: pallanuoto e Balcani, un binomio che non delude.

Non che ve ne fosse un reale bisogno, ma la Final Four di Eurolega di pallanuoto a Roma ha confermato come lo sport sia una perfetta cassa di risonanza dei sentimenti nazionalisti che dominano nei Balcani. Sgomberando poi il campo dalla politica e dalle analisi sociologiche, l’evento capitolino è stato l’ennesima riprova che quella regione dell’Est europeo merita l’appellativo di culla della pallanuoto: delle quattro finaliste una era serba – e ha vinto la coppa -, una croata e un’altra, infine, montenegrina. Al contempo la Pro Recco, la quarta partecipante, schierava tre soli italiani (di cui uno naturalizzato) a fronte di due serbi – Filipović e Nikić -, due montenegrini – Ivović e Zloković – ed un croato – Burić.

Difficilmente ci si annoia quando due squadre balcaniche si sfidano in vasca: ne costituiscono l’eccellenza sul piano tecnico e, in seconda battuta, è una partita che si gioca anche sugli spalti. A Roma l’atmosfera era elettrica ancor prima del fischio d’inizio: si temevano scontri, alla notizia dell’arrivo nella città eterna di 6mila tifosi provenienti dalla cosiddetta “polveriera d’Europa”. Ironia del destino, la prima semifinale era Partizan Belgrado-Mladost Zagabria, la capitale serba opposta a quella croata, ortodossi contro cattolici. Quale miglior palcoscenico di un evento sportivo per dare sfoggio del proprio nazionalismo? Devono averla pensata in questi termini, i tifosi serbi, quando hanno dedicato un coro a Ratko Mladić, arrestato nelle scorse settimane per l’eccidio di Srebrenica del 1995, ed hanno infamato gli ustaše, i nazisti croati protagonisti ai tempi della Seconda guerra mondiale. Che strano: gioiscono per aver toccato la vetta dell’Europa pallanotistica ma sembrano ripudiare quella politico-istituzionale, che alla Serbia aveva sempre posto come conditio sine qua non dell’ingresso nell’Ue proprio la cattura del boia di Srebrenica.

La perfetta fotografia di queste divisioni la scattano i minuti conclusivi della partita tra Mladost e Budva che assegna la medaglia di bronzo: gli spettatori montenegrini incitano la loro squadra che prova a salire sul podio e trovano un inatteso alleato nei sostenitori del Partizan, già assiepati sugli spalti in attesa della finalissima. Collocate alle opposte estremità della stessa tribuna, le due tifoserie intonano all’unisono il coro “Budva! Budva!” e sommergono di fischi i giocatori croati quando sono in possesso del pallone. E pensare che, cinque anni fa, un referendum sancì la scissione del Montenegro dalla madre Serbia. Lo sport unisce, lo sport divide.

Non possono essere relegate a misere note a pié di pagina di questo appassionante romanzo alcune storie dei giocatori. C’è quella di Vladimir Vujasinović, capitano del Partizan, già colonna della nazionale serbo-montenegrina, nato tuttavia in terra nemica, a Fiume. C’è quella di Vanja Udovičić, serbo pure lui, uno che ha imparato la pallanuoto nel Partizan ma oggi indossa la scomoda calottina del Mladost. C’è quella di Denis Šefik, portiere del Budva, che la scorsa estate ha acquisito la cittadinanza sportiva montenegrina dopo aver difeso per anni la porta della nazionale serba. C’è anche quella del compagno di squadra Petar Trbojević, prossimo ai 38 anni, uno che la Serbia non l’ha rinnegata e che nell’ultimo decennio ha vinto medaglie olimpiche e mondiali sotto nomi e bandiere diverse.

Merita il suo spazio anche la parte meramente cronachistica: ha trionfato il Partizan perché ha giocato con il cuore, puntando sui suoi figli già affermati – il sopraccitato Vujasinović e i vari Aleksić, Pijetlović, Prlainović e Rađen – e quelli in rampa di lancio – Ćuk e Mitrović. Ha trionfato il Partizan che vive in invidiabile empatia con i suoi tifosi, quasi aizzati nei minuti finali della finalissima dall’allenatore Igor Milanović improvvisatosi capoultrà. Ha trionfato il Partizan che, ancor prima di comprarli altrove, i campioni prova a coltivarli nel suo orticello. L’Europa della pallanuoto è in mani serbe. Quella politica, stando ai suggerimenti dei tifosi bianconeri, può ancora aspettare.