PALLANUOTO: SPAGNA MATATA, SETTEROSA IN SEMIFINALE

Agli Europei di Zagabria l’Italdonne soffre ma vince (10-9) e raggiunge la Grecia in semifinale.

Partiamo da una certezza che tira su il morale alla pallanuoto italiana: il Setterosa è tra le prime quattro squadre del Vecchio Continente, con in tasca già la qualificazione agli Europei del 2012. Un anno dopo la cocente delusione per il nono posto ai Mondiali giocati in casa, è un gran passo in avanti. Ma quanta fatica, quanta sofferenza per poter festeggiare la vittoria del quarto di finale contro la Spagna che, con qualche accorgimento in più, sarebbe potuto essere archiviato assai prima degli ultimi secondi di gioco. Una tantum, a decidere le sorti di una partita di pallanuoto non sono le famigerate superiorità numeriche, croce e delizia di qualsiasi allenatore, ma le prestazioni dei rispettivi portieri: nel longilineo corpo di Elena Gigli sembra rivivere l’anima di Cristiana Conti, la iberica Ester viene puntualmente infilata dalla lunga distanza. E alla fine sono le azzurre ad alzare le braccia al cielo.

Eppure la partita si mette subito male per il Setterosa: una difesa molle fa giungere il pallone al centro, con Maica García che guadagna con mestiere il rigore, causando pure il primo fallo personale di Rocco. Dai cinque metri il capitano Gil, bomber dell’Orizzonte Catania, batte Gigli e rompe subito gli equilibri. L’Italia, comunque, rimedia subito ai suoi errori: una volta guadagnata la prima superiorità numerica, Bianconi pareggia bucando Ester sul palo più lontano. Potrebbe anche arrivare subito il raddoppio, se il portiere iberico non parasse la conclusione di Motta e la traversa non la salvasse dalla beduina di Casanova. Sull’altro versante García è un’iradiddio: causa l’espulsione di Abbate e segna da due passi e poco dopo si ritrova nuovamente sola di fronte a Gigli, colpendo questa volta il palo. Il Setterosa è un motore diesel, impiega qualche minuto per carburare e, una volta azionato, non si ingolfa: Motta si rifà dell’errore precedente e sigla il 2-2 con una sontuosa palombella, la squadra difende egregiamente in inferiorità numerica e castiga le iberiche avviando una controfuga che Bianconi capitalizza al meglio. Il secondo parziale è forse quello che meglio fornisce la chiave di lettura del match: entrambe le difese mostrano qualche pecca e la differenza la fanno i portieri. Gigli si arrende solamente a Gil in due circostanze ma poi ci mette una pezza laddove le compagne di squadra non tappano le falle, Cotti capisce che l’angolo lontano è il punto debole di Ester e infila il pallone da quella parte per ben tre volte, con l’estremo difensore avversario che appare davvero impotente. Se a uomini pari il Setterosa non ha problemi a centrare il bersaglio, la vera chimera restano le superiorità numeriche, dove le azzurre ricorrono troppo spesso a conclusioni affrettate e forzate.

L’Italia palesa tuttavia nuove lacune nella tenuta psicologica. Perché, così come era accaduto contro Grecia e Russia, anche stavolta il prezioso doppio vantaggio viene dilapidato in nemmeno un minuto: Espar segna sfruttando un’ingenuità della difesa, poi un errore in attacco innesca una controfuga delle iberiche conclusa con il gol del 6-6 firmato da Roser Tarragó, la più giovane giocatrice del torneo opposta per l’occasione alla più anziana, il centroboa azzurro Elisa Casanova. Una doppia superiorità viene poi sfruttata da Emmolo e, successivamente, Bianconi va ancora a segno riportandoci dopo un tempo e mezzo sul doppio vantaggio. E qui iniziano i continui botta e risposta tra Italia e Spagna: Plas guadagna un rigore che la specialista Gil trasforma, Casanova gira in rete un preciso assist di Frassinetti eludendo il raddoppio delle avversarie ed in chiusura ancora Gil realizza un altro rigore, fissando il risultato sull’8-9. La partita entra nella sua fase più calda con l’inizio del quarto ed ultimo tempo: passa poco più di un minuto e Peña infila Gigli dalla lunga distanza. Azzurre e spagnole ci prendono gusto a giocare al gatto e al topo, come dimostra il nuovo vantaggio siglato da Motta, che poi si rivelerà essere il gol decisivo. Pochi secondi dopo e le iberiche potrebbero rimettere nuovamente in bilico l’esito dell’incontro: i due arbitri assegnano l’ennesimo rigore, ma questa volta Gigli si supera e induce Gil al suo primo errore. Un errore che costerà caro al capitano iberico. Che fallisce un’altra azione da gol nitida, sulla quale il neoportiere del Rapallo compie un altro miracolo prodigioso. Ester non è al suo stesso livello, ma le azzurre non riescono ad approfittarne perché, in attacco, non si rendono più pericolose. Nel finale rischiamo e concediamo qualcosa alle iberiche, ma le lunghe leve di Gigli e i pali ci danno una mano.  Nella storia degli Europei ci confermiamo, così, tra le prime della classe: mai le azzurre sono scese sotto il quarto posto. Adesso, in semifinale, ritroviamo la Grecia. E sappiamo che, senza cali di tensione, possiamo battere pure loro.

Lunedì 6 settembre 2010

SPAGNA-ITALIA 9-10 (2-3, 2-3, 4-3, 1-1)

Mladost Sports Center, Zagabria

SPAGNA: Ester, Meseguer, Peña 1, Ortiz, Gil 5, Tarragó 1, García 1; Bugallo, Espar 1, Lloret Gómez, Miranda, Blas, Gorría. All. Oca.

ITALIA: Gigli, Emmolo 1, Bianconi 3, Abbate, Rocco, Motta 2, Casanova 1; Gorlero, Radicchi, Garibotti, Aiello, Cotti 3, Frassinetti. All. Fiori.

ARBITRI: Brguljan (Montenegro) e Vlasić (Slovenia).

NOTE: superiorità numeriche Spagna 3/9, Italia 3/8. Uscita per limite di falli Abbate (I) a 5’20” del quarto tempo. Gigli (I) para un rigore a Gil a 2’05” del quarto tempo.

Simone Pierotti

PALLANUOTO: UNGHERIA IN SEMIFINALE

Sono Ungheria e Croazia le prime semifinaliste agli Europei. Le altre due usciranno dai quarti.

È l’Ungheria l’altra semifinalista degli Europei di Zagabria, assieme alla Croazia: i magiari la spuntano così in volata sulla Serbia, cui non è stato sufficiente battere la già qualificata Germania per accedere direttamente alle semifinali. E così il quadro dei quarti di finale degli Europei è fatto: domani si torna in acqua con Italia-Germania e Serbia-Montenegro, ennesimo derby balcanico da vivere tutto d’un fiato.

Italia-Croazia era, soprattutto, la sfida che avrebbe deciso chi delle due avrebbe meritato la leadership del girone A: spinti dal tifo incessante di 5mila sostenitori, i padroni di casa infliggono al Settebello la prima sconfitta. E, al tempo stesso, li raggiungono in vetta, qualificandosi tuttavia come primi classificati grazie alla vittoria nello scontro diretto. La terza squadra a passare il turno è il Montenegro, che pareggia contro la Romania (9-9): anche quello tra balcanici e rumeni era una sorta di spareggio per l’ultimo posto buono per proseguire l’avventura europea. E in acqua le due contendenti non si risparmiano, inseguendosi a vicenda e mantenendo il risultato in bilico fino alla fine: gli “italiani” Radu e Iosep si confermano per l’ennesima volta gli uomini in più della formazione rumena, la forza degli uomini di Petar Porobić è invece il collettivo, ricco certamente di grandi individualità che riescono però a convivere senza pestarsi i piedi. Come da copione, infine, la Spagna supera la Turchia (12-6) regalando tuttavia il secondo quarto all’avversario: la nazionale di Rafa Aguilar lotterà adesso per il settimo posto, massimo traguardo al quale potrà aspirare dopo la delusione per la prematura uscita di scena.

Nel girone B erano già chiari i nomi di chi sarebbe andato avanti: c’era solo da stabilire l’ordine di classifica. Alla fine la spunta l’Ungheria dell’inossidabile Denes Kemény che nell’ultima giornata supera 7-4 una Macedonia che in alcune occasioni ha tenuto testa ad avversari tecnicamente superiori. Tanto più che, fino all’inizio dell’ultimo quarto, le due squadre sono in situazione di parità. Poi decidono l’esperienza e la maggior fame dell’Ungheria che ringrazia i due Varga, Dénes e Daniel, in gol rispettivamente per tre e due volte. La Serbia esagera contro la Germania (17-3) ma quella degli uomini di Dejan Udovičić è una vittoria di Pirro alla luce del successo ungherese. Se tutto andrà secondo copione, ci sono due derby sulla loro strada verso la finalissima, ai quarti contro il Montenegro e, eventualmente, in semifinale contro la Croazia. Altri due capitoli da aggiungere all’interminabile serie di sfide pallanotistiche nella ex Jugoslavia. Nella Serbia segnano almeno un gol tutti i giocatori di movimento tranne Avramović e Mitrović. E nell’ultima giornata la Russia festeggia il suo primo successo, non sufficiente tuttavia a risparmiarle l’ultimo posto nel gruppo: contro la Grecia finisce 7-6. L’obiettivo degli ex sovietici, adesso, diventa evitare la maglia nera dell’ultima posizione nella classifica generale degli Europei. La Turchia appare decisamente alla portata.

Oggi il torneo maschile riposa per dare spazio alle donne: dopo la finale per il settimo posto tra Croazia e Germania (vittoria che non dovrebbe sfuggire alle tedesche), la competizione entra nel vivo con i quarti di finale Russia-Ungheria e Spagna-Italia.

EUROPEI DI PALLANUOTO 2010

RISULTATI 5a GIORNATA (TORNEO MASCHILE)

GIRONE A

Turchia-Spagna 6-12

Romania-Montenegro 9-9

Italia-Croazia 5-8

CLASSIFICA: Croazia e Italia 12 pti, Montenegro 10 pti, Romania 7 pti, Spagna 3 pti, Turchia 0 pti. Croazia qualificata alle semifinali, Italia e Montenegro ai quarti.

GIRONE B

Serbia-Germania 17-3

Russia-Grecia 7-6

Ungheria-Macedonia 7-4

CLASSIFICA: Ungheria 13 pti, Serbia 12 pti, Germania 9 pti, Grecia 4 pti, Macedonia e Russia 3 pti. Ungheria qualificata alle semifinali, Serbia e Germania ai quarti.

OGGI IN ACQUA – TORNEO FEMMINILE

ore 15.30  Croazia-Germania (finale 7°-8° posto)

ore 17.30  Russia-Ungheria (quarti di finale)

ore 19.30  Spagna-Italia (quarti di finale)

Simone Pierotti

PALLANUOTO: ITALIA KO, CROAZIA IN SEMIFINALE

Il Settebello incappa nella prima sconfitta (8-5) agli Europei di Zagabria: va ai quarti, dove affronterà la Germania.

Peccato. Proprio sul più bello, proprio al crocevia tra quarti e semifinali, il Settebello conosce per la prima volta l’amaro sapore della sconfitta agli Europei di Zagabria. Sconfitta che arriva al cospetto della Croazia padrona di casa, supportata da un esercito di 5mila tifosi, che ci aggancia al primo posto in classifica ma, in virtù della vittoria nello scontro diretto, si qualifica direttamente in semifinale al posto degli azzurri. Che, invece, la semifinale dovranno guadagnarsela superando lo scoglio della Germania. Ma la battuta d’arresto subita per mano dei croati non può e non deve inficiare quanto di buono fatto dal Settebello che anche questa sera ha dimostrato di potersela giocare ad armi pari con chiunque.

Il pubblico del Mladost Sports Center carica i suoi beniamini e fischia gli azzurri quando sono in possesso palla. Ma, almeno nelle battute iniziali, il Settebello pare non sentirci da quell’orecchio. Perché Felugo sblocca il risultato dopo due minuti con una deliziosa palombella che Pavić non può proprio fermare. L’Italia, tuttavia, festeggia per pochissimo tempo: in superiorità numerica i croati pareggiano con la stella Bošković – con il mancino Joković che attira su di sé la difesa per poi cedere palla al compagno – e poi passano in vantaggio con una prodezza del ventenne Sandro Sukno,  in gol proprio sotto gli occhi di papà Goran. E, a poco più di due minuti dal termine, il destro di Muslim ci castiga ancora, portando la Croazia al massimo vantaggio. L’Italia spreca nella stessa azione, in superiorità numerica, due occasioni con Figlioli e Luongo: il giovane ex Sori, comunque, si fa perdonare in men che non si dica con un gran diagonale. Il Settebello, insomma, c’è. Va ancor meglio nel secondo parziale: è vero che gli azzurri fanno una fatica immane a schierarsi in attacco e a rendersi pericolosi, ma la difesa esegue alla perfezione il proprio compito, sbarrando i varchi ai cecchini croati. Per i rispettivi centroboa è una notte da vacche magre: Dobud e Hinić si vedono puntualmente soffiare sotto il naso i palloni che i compagni recapitano a loro, Aicardi e Deserti soccombono davanti alla fisicità di Burić e Buslje e al lassismo dei due arbitri. Menomale che Gallo guadagna fallo dai cinque metri e scarica sotto la traversa, cogliendo di sorpresa un disattento Pavić. Sull’altra sponda, però, pare essersi risvegliato il talento di Sandro Sukno che va ancora a segno in superiorità numerica: il genietto dello Jug Dubrovnik è un giocatore troppo pericoloso per essere lasciato così solo e in condizione di fare tutte quelle finte. Ma l’Italia riesce ancora a pareggiare: la controfuga sprecata da Burić, con miracolo prodigioso di Tempesti, si trasforma in un rovesciamento di fronte che Presciutti non spreca siglando il 4-4.

Quanto di buono fatto vedere dal Settebello finora, però, svanisce come per sortilegio nella terza frazione: Joković finta la conclusione e serve Dobud che, sul dorso, infila in rete con un tocco leggero ma efficace, favorito da una disattenzione della difesa italiana. Felugo dalla lunga distanza – gran gol il suo – tiene a galla il Settebello. Che successivamente inizia ad affondare: Joković infila Tempesti proprio nell’angolo che il custode recchelino non riesce a coprire e poi Sukno conferma di essere in serata di grazia siglando il suo terzo gol in altrettante situazioni di superiorità numerica. Mancano tre minuti alla fine del parziale: mentre la Croazia in attacco ci punisce appena ne ha l’opportunità, in difesa fa valere centimetri e kilogrammi in più tenendoci a debita distanza dalla porta di Pavić, che si fa sempre più piccola. La coppia arbitrale ci rimette in carreggiata: l’israeliano Levin dice che Buljubasić deve accomodarsi nel pozzetto, il collega turco Tulga indica invece l’8 di Buslje. Morale della favola: i giocatori croati non capiscono chi debba scontare i venti secondi di penalità e Tulga assegna un rigore all’Italia. Dai cinque metri Figlioli conferma che la sua mano destra non è in vena di prodezze e spara addosso a Pavić che poi salva su un autentico rigore in movimento di Aicardi, con la Croazia costretta a difendere con ben due uomini in meno. Tempesti fa altrettanto su Dobud, ma poi si arrende al micidiale tiro a schizzo scagliato da Muslim nell’ultimo minuto. Nel quarto parziale non succede nulla: l’Italia si conferma ermetica in difesa, specialmente a uomini pari, e per contro assolutamente innocua in attacco (1/7 il dato finale delle superiorità numeriche). Per la prima volta dopo quattro vittorie – e che vittorie! – ci può anche stare. C’è tutto il tempo di preparare il delicato quarto di finale contro la Germania, squadra solida ma decisamente meno pericolosa della Serbia, l’altra nazionale del girone B costretta a passare dai quarti. Per dirla con le belle parole di Joe Biden, vicepresidente USA, “non importa quante volte cadi, quello che conta è la velocità con cui ti rimetti in piedi”.

Domenica 5 settembre 2010

ITALIA-CROAZIA 5-8 (2-3, 2-1, 1-4, 0-0)

Mladost Sports Center, Zagabria

ITALIA: Tempesti, Gallo 1, Felugo 2, Gitto, Figlioli, Presciutti 1, Aicardi; Pastorino, Luongo 1, Bertoli, Giacoppo, Fiorentini, Deserti. All. Campagna.

CROAZIA: Pavić, Joković 1, Bošković 1, Burić, Barač, Sukno 3, Dobud 1; Muslim 2, Karač, Buslje, Hinić, Obradović, Buljubasić. All. Rudić.

ARBITRI: Tulga (Turchia) e Levin (Israele).

NOTE: superiorità numeriche Italia 1/7, Croazia 4/8. Uscito per limite di falli Buslje (C) a 5’24” del terzo tempo. Pavić (C) para un rigore a Figlioli a 5’24” del terzo tempo. Spettatori 5mila.

Simone Pierotti

MORTO ANTON GEESINK, PRIMO JUDOKA A SCONFIGGERE I GIAPPONESI

Anton GeesinkIl 27 agosto è morto in un ospedale di Utrecht, la stessa città dove era nato nel 1934, Anton Geesink, il gigantesco judoka olandese (2 metri per 115 chili), vincitore della medaglia d’oro nella categoria open (senza distinzioni di peso) alle olimpiadi di Tokyo nel 1964.

Fu proprio alle Olimpiadi di Tokyo che il judo venne sdoganato per la prima volta come disciplina olimpica, e secondo tutti i pronostici, i maestri giapponesi avrebbero dovuto conquistare tutte e quattro le medaglie in palio; ma Anton Geesink arrivò a rovinare la festa che i 15mila spettatori dell’arena del Nippon Budokan (quella che nel 1966 avrebbe ospitato la tournée dei Beatles) stavano già preparando. Infatti, dopo appena nove minuti di gara l’olandese riuscì sorprendentemente a stendere al tappeto per tutti i 30 secondi previsti dal regolamento il beniamino di casa Akio Kaminaga, facendo calare un silenzio glaciale tra il pubblico di casa.

Comunque, già alla finale dei campionati mondiali di Parigi del 1961, Geesink si era rivelato come il primo judoka capace di sconfiggere un campione giapponese. In questo caso la vittima predestinata era stata il detentore del titolo precedente, quello di Tokyo 1958: il trentatreenne Koji Sone.
Anton Geesink, per la precisione Antonius Johannes, si era affacciato al judo a 14 anni, e dopo appena due anni, nel 1950, aveva conquistato il titolo olandese, finché la passione per questo sport e una metodica volontà di perfezionamento lo avevano spinto fino in Giappone, dove avrebbe incontrato i migliori istruttori sulla piazza mondiale.

La trasferta nel paese del sol levante si era rivelata proficua, e nel 1952 era arrivato a conquistare il suo primo titolo europeo. Sarebbe stato solo il primo anello di una collana di trionfi di livello internazionale davvero formidabile: 21 titoli europei, due mondiali ed uno olimpico. Dotato di un appetito ancora più formidabile, tanto da fargli divorare a pranzo un pollo fritto e mezzo, innaffiato da una cassetta di birre in lattina, come avrebbe poi ricordato il suo collega statunitense e medaglia di bronzo a Tokyo ’64, Jim Bregman, in Olanda era considerato un eroe nazionale. Nella sua Utrecht gli erano stati dedicati una strada e un monumento, e la regina Beatrice gli aveva conferito il titolo di Cavaliere dell’Ordine di Orange-Nassau per meriti sportivi.

Dopo essersi ritirato dalle competizioni ufficiali nel 1967, si dedicò al wrestling professionistico, che praticò soprattutto in Giappone, per ritornare poi al judo negli anni ’80, prima come istruttore e poi come dirigente sportivo. E in quest’ultima veste, dal 1987 rivestì ininterrottamente la carica di membro del Comitato Olimpico Internazionale (CIO).

Giuseppe Ottomano

LA REGATA STORICA DI VENEZIA, TRA SPORT E FOLKLORE

A Venezia si svolge oggi la Regata Storica, evento che affonda le radici oltre un secolo fa.

Rappresentazione ludica, sport o semplice parata per turisti? È l’interrogativo che emerge periodicamente ogniqualvolta ci si trovi davanti alla Regata Storica, al Palio di Siena, a una rappresentazione di calcio fiorentino o di altri giochi folkloristici così diffusi nella nostra penisola.

A Venezia, città d’acqua per eccellenza, le regate sono  state una delle prime forme di sport apparse in città. Le regate si disputavano spesso in occasione di importanti ricorrenze, feste o per rendere omaggio a celebrità in visita. Tuttavia esse non si svolgevano nei canali cittadini ma in aperta laguna.

Nonostante la fine della Serenissima, le regate continuarono anche sotto il dominio francese e austriaco. Proprio sotto il dominio asburgico, a partire dal 1841, fu istituita, con fondi pubblici, una regata annuale lungo il Canal Grande come quella che si disputa oggigiorno. Dopo aver soffocato i moti insurrezionali del 1848 guidati da Daniele Manin, gli austriaci non ritennero però di dover proseguire con l’organizzazione dell’evento che riprese solo a partire dal 1866 con l’annessione di Venezia al Regno d’Italia. La Regata come la si vede oggi, col corteo a fungere da preludio alle competizioni, è stata concepita a fine dell’Ottocento, in occasione della terza Biennale d’Arte, per offrire un’ulteriore attrattiva turistica.

Benché la Regata Storica non sia l’unica regata della stagione sportiva di voga alla veneta, essa rappresenta il momento più alto nella carriera di ogni regatante. I primi quattro equipaggi classificati ricevono, oltre a premi in denaro, delle bandiere: rosse ai primi, bianche ai secondi, verdi ai terzi e blu ai quarti. Per un vogatore infatti vincere in Canal Grande equivale ad un oro olimpico. I pochissimi vogatori in grado di conquistare cinque vittorie consecutive possono fregiarsi del titolo di “re del remo”. Allo stesso tempo però, il corteo storico che anticipa le regate rimane un fondamentale specchietto per le allodole capace di attirare mass media e frotte di turisti.

Dopo il corteo però si inizia a far sul serio, partono prima i ragazzini seguiti dai giovanissimi sui pupparini, barche veloci un tempo usate per la vigilanza marittima. Le donne invece gareggiano in coppie su mascarete, un sandalo storicamente usato per la pesca. La penultima regata è quella delle caorline a sei remi che rappresentano i sestrieri (i quartieri della città). La caorlina è una barca tozza usata per la pesca ma soprattutto per il trasporto. Di recente è stata introdotta, sul modello delle sfide fra università anglosassoni, la sfida fra le due università cittadine (Iuav e Ca’ Foscari). La gara più attesa però resta sempre quella dei gondolini (le formula 1 della laguna) versione più leggera e veloce della celebre gondola.

Per prendere parte a questa competizione i migliori vogatori vengono scremati con una lunga e faticosa selezione di regate secondarie. I gondolini sono barche altamente instabili e l’esperienza gioca un ruolo fondamentale. Non è un caso che negli ultimi vent’anni la vittoria è stata una sfida a due. Dal 1992 al 1995 la vittoria andò alla coppia Franco Dei Rossi Strigheta / Giampaolo D’Este. Nel 1995 incominciò l’epopea dei fratelli Vignotto con 8 vittorie in 11 anni. Nel 1999 però è ancora Giampaolo “Super” D’Este, questa volta con Dei Rossi Strigheta, a vincere privando i due fratelli di Sant’Erasmo del prestigioso titolo di “Re del Remo” e facendo nascere nell’immaginario collettivo una grande rivalità. Altro che Coppi & Bartali! Se sei cresciuto in laguna il dualismo per eccellenza è D’Este Vs. Vignotto.

Dal 2002 D’Este ha trovato in Ivo Redolfi Tezzat un compagno d’avventura in grado di mettere fina al predominio dei Vignotto. Nel nuovo secolo, fra polemiche, tifoserie organizzate, risse, e clamorosi tonfi in acqua, le due coppie si sono divise i trionfi (4 per i Vignotto, 5 per D’Este/Tezzat) ma nessuno di questi quattro formidabili vogatori è mai riuscito a fregiarsi del titolo di re del remo.

IL PROGRAMMA

Ore 16.00: Corteo Storico – Sportivo

Ore 16.45: Regata de le maciarele (Categorie U12 e U14)

Ore 16.50: Regata dei giovanissimi su pupparini a due remi – favoriti: Alvise D’Este – Denis Zanella

Ore 17.10: Regata delle donne su mascarete a due remi – favorite: Luisella Schiavon – Giorgia Ragazzi

Ore 17.40: Regata delle caorline a sei remi – favoriti: l’arancio della Giudecca

Ore 18.00: Sfida Remiera delle Università

Ore 18.10: Regata dei gondolini a due remi – favoriti: Rudi e Igor Vignotto  vs Giampaolo D’Este e Ivo Tezzat

Nicola Sbetti