ASCESA, CADUTA E RINASCITA

La parabola di José Rujano, corridore venezuelano

Sud America, terra di scalatori. Già, perché tra Colombia, Venezuela e Messico sono nati alcuni dei più forti grimpeur dell’ultimo trentennio ciclistico: ragazzi che nascono in villaggi sperduti delle Ande, abituati sin da subito all’aria rarefatta, e che quindi si trovano perfettamente a loro agio sulle salite alpine e pirenaiche. Crescono tra la miseria e la povertà di quelle terre e vedono nell’Europa il loro El Dorado, il loro punto d’approdo, dove arrivare con una valigia di cartone (come nel caso di Julio Alberto Pérez Cuapio, eccezionale ma incostante eroe dei primi giri del nuovo millennio) per ottenere fama, gloria e soldi. L’irregolarità è spesso una caratteristica comune di questi corridori: si diceva di Pérez Cuapio, un talento cristallino buttatosi via nel giro di poche stagioni, ma anche Leonardo Sierra, Hernan Buenahora e José Rujano non sfuggono alla regola. E proprio al Giro d’Italia si è assistito al ritorno di fiamma di quest’ultimo.

José Humberto Rujano Guillén, questo il suo nome completo, nasce il 18 febbraio 1982 a Santa Cruz de Mora, centro amministrativo ed agricolo nello stato di Mérida, in Venezuela. Sin da piccolo, il ragazzo conosce la vita dura di molti suoi coetanei di quelle parti: trascorre le mattine sui banchi di scuola e i pomeriggi nelle piantagioni di caffè, assieme ai suoi familiari, arrivando a piantare sino a 5000 piantine al giorno. A otto anni, dopo tanti sacrifici, arriva la prima bicicletta, ed è subito grande amore: pronti via, José inizia ad allenarsi di sere, al termine di giornate spossanti, e a gareggiare nei weekend, ottenendo subito buoni risultati. Da giovane è il ciclismo su pista la sua prima passione, ma in poco tempo, rendendosi conto dei suoi mezzi fisici da scricciolo (162 cm per 49 kg di peso forma), segue la strada della montagna, quella dei colombiani e soprattutto del suo compaesano e idolo Leonardo Sierra, un Giro del Trentino e una tappa al Giro d’Italia nel palmarés.

Il debutto tra i professionisti arriva nel 2003 con la Colombia-Selle Italia, la squadra per metà italiana e per metà sudamericana diretta da Gianni Savio e Marco Bellini, vera fucina di scalatori cristallini per moltissime annate. Per le prime due stagioni, giovane e inesperto, viene fatto crescere con gare nel suo continente, conquistando tra l’altro una tappa alla Vuelta al Táchira, tradizionale kermesse di apertura del calendario sudamericano. Nel 2004 riesce a fare sua la classifica finale di quella corsa e anche quella della Vuelta a Santa Cruz de Mora, la zona dove è nato e cresciuto, convincendo Savio a trasferirlo sul calendario europeo per la stagione successiva.

L’anno di svolta è il 2005: dopo un altro dominio (tre tappe più classifica generale) a Táchira, Rujano si trasferisce a Laigueglia, in Liguria, per preparare al meglio il primo Giro d’Italia della sua carriera. Tuttavia, almeno per qualche tempo, non riesce a trovare la serenità necessaria per allenarsi al meglio, visto che la sua città viene travolta, l’11 febbraio, da una devastante alluvione che per giorni interi gli impedisce di entrare in contatto con i suoi familiari e con gli amici più cari, prima di scoprire che metà del suo paese, di fatto, non esiste più, spazzato via dalla furia dell’acqua. Resosi conto che quantomeno i suoi familiari stanno bene, riprende ad allenarsi più forte che mai, con un unico obiettivo in testa, il Giro d’Italia e le sue montagne: fare bene, vincere una o più tappe, poter dedicare qualche successo alla sua gente, quella povera gente che ha perso tutto. Una buona prova alla Settimana Coppi&Bartali, una fastidiosa influenza, tanto allenamento col compagno Leonardo Scarselli e poi eccolo, una formica in mezzo al gruppo, al via della corsa rosa a Reggio Calabria, il 7 maggio di quell’anno. Sin dalle prime salite, José brilla con una fuga dietro l’altra e conquista la maglia verde, ovvero la classifica a punti dei gran premi della montagna: tuttavia, le inevitabili batoste nelle prove a cronometro lo fanno scivolare abbastanza lontano da Di Luca e Basso, dominatori della prima metà di quel Giro. Anche a Zoldo Alto, impegnativo traguardo del comprensorio dolomitico, si difende egregiamente, ma il mondo del ciclismo, per scoprire veramente Rujano, deve aspettare la tredicesima tappa, il 21 maggio. A Ortisei, dopo Sella, Gardena e Passo delle Erbe, vince il compagno di squadra Ivan Parra, agile colombiano: Rujano è terzo, a soli 23’’, fa incetta di punti per la maglia verde e per la prima volta stacca i big. Nella frazione successiva, altra lunga fuga sua e di Parra, col prestigioso Passo dello Stelvio, Cima Coppi, varcato in testa, e altra vittoria del compagno, con Rujano nuovamente terzo ma che scala posizioni su posizioni in classifica generale. Tutti i giornalisti iniziano a intervistare questi due sudamericani, così simili ma così diversi: Parra ha il ciclismo nel sangue, con il fratello terzo al Tour 1988, e un fisico leggermente più possente; Rujano, esile, rasato e con l’orecchino come il suo idolo Pantani, si è fatto da solo, un passo dopo l’altro, facendo dell’agilità e dell’alzarsi sui pedali, come i veri scalatori,  i suoi tratti distintivi.

Passano le salite, e il piccolo venezuelano è sempre lì: è infatti secondo a Limone Piemonte, dove si prende il lusso di anticipare Simoni in volata, arrivando così sino al terzo posto nella graduatoria generale, che non viene scalfito nemmeno da una prevedibilmente disastrosa cronometro di Torino. Tuttavia, la vera impresa è datata 28 maggio. Quel giorno, lui e Simoni vanno all’attacco dell’inesplorato Colle delle Finestre, con gli otto chilometri finali che si arrampicano, rigorosamente in sterrato, oltre quota 2200 metri, per sfiancare la maglia rosa Paolo Savoldelli; per lunghi tratti, il trentino è leader virtuale della classifica, ma il Falco bergamasco recupera terreno prezioso nella discesa seguente. Sull’ascesa finale, verso Sestriere, Rujano va a prendersi la gloria, staccando Simoni negli ultimi chilometri: solo una crisi di fame, che lo fa affacciare sul traguardo con l’occhio vitreo e il volto segnato da una fatica immane, un’immagine da ciclismo d’altri tempi,  gli impedisce di guadagnare quella quarantina di secondi in più necessari a strappare la leadership a Savoldelli. Ma comunque la tappa è sua, e anche il terzo posto nella classifica finale, a 45’’ secondi dal vincitore e 17 da Simoni; anche l’ambita maglia verde viene meritatamente indossata dal venezuelano, con quasi il triplo dei punti del compagno Parra.

Forse l’improvvisa gloria gli dà alla testa, forse ci si mette un po’ di sfortuna, fatto sta che dalla stagione seguente Rujano è solo lontano parente di quel cavallo di razza d’alta montagna ammirato al Giro 2005. Abbandona presto Savio e la Selle Italia per inseguire un ricco contratto alla Quick Step, ma né lì, né alla Unibet e alla Caisse d’Epargne riesce ad ottenere risultati minimamente paragonabili a quelli del 2005. Per lunghe stagioni, è l’oblio la nuova dimensione di Rujano, la pancia del gruppo dalla quale non riesce più ad uscire, e sulle montagne non è più lui a staccare gli altri, ma sono gli altri a staccare, peraltro senza troppe difficoltà, lui. Infezioni e cadute, litigi e cene d’altro livello col presidente Chavez, un divorzio e una seconda moglie, cinque stagioni buttate vie, un’eternità, con solo qualche successo nei campionati nazionali, nella solita Vuelta a Táchira e al Giro di Colombia. Tutto questo finché…nell’inverno 2010 la sua strada non si incrocia nuovamente con quella di Gianni Savio.

L’ultima chance della vita, con l’Androni Giocattoli-Serramenti Diquigiovanni e lo stipendio ridotto (giustamente) al minimo: ma, finalmente, ha tanta serenità e tanta voglia di fare. Un po’ di sana follia in questa scommessa, che però, contro i pronostici di molti, si rivela vincente: Rujano è secondo nella tappa dell’Etna del Giro di quest’anno, e vince poi sul Grosslockner, primo arrivo alpino della corsa rosa, scalando i duri passi di quella tappa con la leggiadria e l’agilità di sei anni prima. Felici come bambini, per la loro vittoria, Rujano e il team manager Savio si abbracciano pubblicamente e si fanno fotografare sul belvedere della montagna, a celebrare la rinascita di un campione che, anche per il futuro, promette di fare “vita da atleta” e di essere sempre tra i più forti scalatori del mondo.

DERBY AL PIANORO, IL MALTEMPO FERMA IL KINGSROVE

La quarta e penultima giornata d’andata del campionato italiano di serie A di cricket permette ai campioni in carica del Pianoro di ipotecare l’accesso alla finale, mentre la rincorsa al vertice del Kingsgrove Milano viene rallentata da un acquazzone riversatosi sul campo dell’ippodromo di Capannelle, proprio quando l’incontro si stava incanalando verso binari favorevoli ai meneghini. In serie B proseguono invece la fuga dei Lions Brescia e la rincorsa del Latina Lanka, con il Venezia che, superando il Genoa, si candida a terza forza.

 

Bologna 159 perde da Pianoro 162/2

Con la vittoria nel derby bolognese, il Pianoro esaurisce il proprio girone imbattuto a quota 70 punti, frutto di quattro vittorie (senza perdere punti bonus per strada) e un pareggio. Domenica prossima potrà serenamente attendere il risultato della sfida di Settimo Milanese fra i Kingsgrove e il Trentino, per capire chi sarà il suo principale rivale nella corsa al titolo.

Vincere il derby felsineo, anche per una squadra schiacciasassi come il Pianoro, non è mai stato facile: storicamente, infatti, i cugini bolognesi sono sempre stati capaci di mettere in difficoltà Jayasena e compagni. Domenica, però, i lanciatori pianoresi – Hasan, Silvalingaperumal e Minghetti su tutti – sono riusciti a limitare a 159 le corse rossoblù, un target facilmente raggiunto grazie alla strepitosa prestazione di Jayasena (73 not out) e Silvalingaperumal (55 not out).

 

Capannelle 120 pareggia con Kingsgrove Milano 65/2 per pioggia

Trasferta amara nella capitale per i Kingsgrove Milano: il Capannelle, nel suo inning in battuta, ottiene un target insoddisfacente e deve ringraziare Ghoulam e Tushara se riesce a raggiungere quota cento. Incredibile, per certi versi, la caduta degli ultimi wicket romani, avvenuti sull’unico over di lancio di Fabio Marabini. Dopo altrettante wides, tre palle lente apparentemente innocue si rivelano letali per i battitori romani (persino per un giocatore esperto come Da Costa) che vengono eliminati per la troppa foga di colpire la palla.

L’inning in battuta dei milanesi comincia con cautela: gli openers Alì e Abewickrama sono più attenti a non perdere wicket, di fronte ai forti lanciatori romani, che a macinare punti. A un quarto di gara, con Milano che aveva già raggiunto quota 65, sul campo si scatena un forte temporale che costringe giocatori, arbitri e pubblico a stringersi sotto le due tettoie del campo per trovare riparo. Nonostante qualche schiarita, la pioggia ritorna e, contrariamente alla voglia dei giocatori (soprattutto milanesi) di tornare in campo, non ci sono le condizioni per lanciare e battere in sicurezza. Per regolamento, quindi, la partita finisce con un pareggio che complica non poco le velleità dei Kingsgrove e consente al Capannelle di abbandonare l’ultimo posto in classifica.

 

Serie B

Come pronosticato, nessun problema per i fortissimi Lions Brescia che nel primo inning in battuta fanno registrare ben 292 runs e al lancio limitano lo Sri Lanka Milano a quota 139. Vittoria facile per nove wicket anche per il Latina Lanka che concede solo 112 runs al fanalino di coda Casteller, mentre il Venezia si impone per 95 runs sul Genoa, superandolo in classifica.

ALLA CACCIA DEL MAGNIFICO SETTE

Alla scoperta del Partizan Belgrado, che alla Final Four di Eurolega proverà a conquistare la settima Coppa dei Campioni della sua storia.

Un inizio difficile, difficilissimo. Poi la ripresa. E, infine, il decollo. E il finale come sarà? Tutto da scoprire, impossibile da pronosticare con certezza matematica. Delle quattro partecipanti alla Final Four di Eurolega che verrà ospitata a Roma il 3 e 4 giugno, il Partizan Belgrado è certamente quella meno facile da decifrare. Non sono, invece, un mistero le intenzioni dei serbi: nello specchio d’acqua del Foro Italico cercheranno di portare a casa l’ambito trofeo. Se così fosse, il Partizan raggiungerebbe a quota sette il Mladost, avversario in semifinale.

E pensare che, fin dagli inizi, l’avventura continentale non prometteva nulla di buono: subito una sconfitta (10-8) proprio contro il Mladost, poi un sofferto pareggio – per giunta a Belgrado – contro il Club Natació Barcelona. La qualificazione non era affatto compromessa, ma un solo punto in due partite non era degno di una squadra con grandi tradizioni. Poi, la svolta: pur senza particolari acuti, gli uomini di Igor Milanović, leggenda vivente della pallanuoto con 540 gol segnati in nazionale, battono (9-7) l’Olympiakos alla piscina del Pireo. E, da questo momento, non perdono un solo incontro. Bissano il successo contro i greci, ridotti ai minimi termini. E, soprattutto, vendicano la sconfitta di Zagabria segnando addirittura quattordici reti al Mladost (14-7 il finale). Il primo posto, e la qualificazione ai quarti di finale, è cosa fatta.

Ancor più trionfale il cammino nel turno successivo: sei vittorie in altrettante partite, esattamente come la Pro Recco. I bianconeri dominano incontrastati un girone particolarmente difficile, che li vedeva opposti ai croati dello Jug Dubrovnik e ai montenegrini dello Jadran Herceg Novi e del Budva. Ma il calendario impegnativo si è rivelato poco più di una formalità. Decisivo il 13-10 con cui i serbi hanno sbancato l’avveniristica piscina della città dalmata. E, dopo essersi dovuto accontentare del terzo posto un anno fa a Napoli, il Partizan tenta nuovamente di realizzare il sogno proibito.

Il punto di forza di Igor Milanović potrebbe essere il grande affiatamento dei suoi giocatori: molti di loro, infatti, figurano sempre nella nazionale guidata da Dejan Udovičić che, in un anno, ha cambiato un solo elemento. Il principale spauracchio delle difese avversarie si chiama Andrija Prlainović: 24 anni, pedina inamovibile della nazionale, ha segnato venti reti nell’attuale Eurolega. Tante quante ne ha realizzate il centroboa Duško Pijetlović, di due anni più anziano, perfetto terminale offensivo. E se le sedici marcature dell’immortale Vujasinović, ex Roma e Recco, non fanno notizia, la vera rivelazione è il ventenne Miloš Ćuk, andato in gol per tredici volte. Al di sotto delle aspettative, invece, il contributo di Theodoros Chatzitheodorou: arrivato a Belgrado dopo quindici anni al servizio dell’Olympiakos, l’universale greco ha segnato solamente quattro reti. Chissà che non si svegli proprio nel finale di stagione.

VINCE LO SPORT. E LA PIOGGIA.

Tutto è bene quel che finisce bene. Dopo il pasticcio della prima giornata, in cui erano state affibbiate pene sproporzionate rispetto al danno, sono stati riassegnati i punti a tutte le squadre che hanno fatto ricorso, una decisione che ha permesso di ristabilire il verdetto dei campi. La domenica del cricket italiano è stata però funestata dal maltempo, la pioggia ha infatti impedito lo svolgimento di ben tre gare su cinque tra serie A e serie B. Salta così il big match dell’Oval di Rastignano tra il Pianoro e il Trentino. Con le prime della classe costrette a dividersi i venti punti in palio, ne approfittano i Milan Kingsgrove che, forti anche del rientro dell’all rounder della nazionale italiana Roshendra Abewickrama, hanno sconfitto di 71 runs il Bologna Cricket Club. Domenica prossima il Capannelle, ancora in cerca della prima vittoria stagionale, ospiterà i ritrovati Kingsgrove, mentre sul campo Navile ci sarà il sentitissimo derby bolognese fra il Bologna C.C. e il Pianoro C.C.

 

Kingsgrove  287/9 batte Bologna 216

In una Milano in fibrillazione elettorale, nonostante il sabato piovoso si riesce a giocare. Il Bologna vince il sorteggio e decide di lanciare per primo. I Kingsgrove in battuta, pur continuando a palesare problemi con la palla nuova, centrano un ottimo innigs, raggiungendo il ragguardevole punteggio di 287 punti. Importanti in questo senso i rientri di Abewickrama (35) e Mainul Islam (24) che hanno garantito una partenza in sicurezza che ha consentito al nuovo arrivato Roshen Liyana Pathiranage di accelerare mettendo a segno la bellezza di 69 punti in nemmeno trenta palle. Decisive sul finale le 45 runs, not out del nazionale giovanile Adnan Mohammad. Per i lanciatori bolognesi da segnalare i due wicket di Abul, Alex e Sumayal Hoq.

La partita sembrava una dolce discesa per i padroni di casa, tanto più che dopo 14 overs, i 67 punti del Bologna erano già costati la perdita di ben 5 wicket. A quel punto però, la partnership record fra Opu (64) e Manjula (66), ridà speranza ai felsinei, almeno fino a che il giovanissimo fast bowler Alamin Mia non elimina Manjula. A quel punto la partita è di fatto chiusa perché i wicket cadono velocemente e il Bologna non riesce ad andar oltre quota 216.

Milano fa bottino pieno ma anche il Bologna può sorridere comunque per aver strappato 8 importantissimi punti bonus.

 

CLASSIFICA

Pos ASA Giocate V N P Bonus Lancio Bonus Battuta Punti
1 Pianoro 3 2 1 0 8 8 50
2 Trentino 3 2 1 0 8 4 46
3 Kingsgrove 2 0 1 1 4 6 22
4 Bologna 2 0 0 2 8 7 15
5 Capannelle 2 0 0 2 5 7 12

 

Vittoria 12 punti, incontro non effettuato 10 punti, bonus battuta 1/4, bonus lancio 1/4.

 

SERIE B

Anche in Serie B è la pioggia a farla da padrona, sia a Treviso, dove il Casteller sfidava lo Sri Lanka Milano, sia a Firenze, che ospitava l’incontro fra il Genoa e il Latina Lanka, il maltempo non ha concesso tregua. Fra mille peripezie e punteggi ricalcolati per pioggia, si è giocato solo a Brescia con i Lions, padroni di casa, che hanno sconfitto nettamente il Venezia C. C., portandosi in testa alla classifica pur avendo ancora una partita da recuperare. Nel prossimo turno la capolista ospita lo Sri Lanka Milano, il Genoa sfida il Venezia a Campalto mentre il Casteller andrà  alla ricerca del primo successo stagionale contro il Latina Lanka.

 

CLASSIFICA

Pos ASA Giocate V N P Bonus Lancio Bonus Battuta Punti
1 Brescia 2 2 0 0 8 8 40
2 Latina Lanka 3 1 1 1 8 8 38
3 Genoa 3 1 1 1 5 5 32
4 Venezia 3 1 0 2 10 8 30
5 Sri Lanka Milano 3 1 1 1 4 4 27*
6 Casteller 2 0 1 1 1 3 14

 

Vittoria 12 punti, incontro non effettuato 10 punti, bonus battuta 1/4, bonus lancio 1/4.

* Milano 3 punti di penalizzazione

 

(Si ringraziano, Fabio Marabini e Ranil Manjula)

L’OSSESSIONE DI RECCO

Alla scoperta del Mladost Zagabria, rappresentante della pallanuoto croata alla Final Four di Eurolega a Roma.

Più che a quello attuale, comunque pericoloso, l’attenzione della Pro Recco è rivolta al Mladost Zagabria del tempo che fu. Quello delle sette Coppe dei Campioni – oggi Eurolega – in bacheca, record continentale al quale aspirano i liguri adesso che la Final Four di Roma (3-4 giugno) si avvicina a grandi passi. Curiosità: i croati, in semifinale, saranno attesi da un’equilibrata sfida contro il Partizan di Belgrado, altra aspirante ad alzare al cielo la coppa dalle grandi orecchie per la settima volta nella sua storia.

La Hrvatski Akademija Vaterpolo Klub Mladost – parola che in croato significa “gioventù”, sorta di corrispondente balcanico della nostrana Juventus di calcio – vede la luce nel 1946 ed in breve tempo diventa una delle potenze della pallanuoto jugoslava: negli anni Sessanta vince tre campionati nazionali e, soprattutto, tre Coppe dei Campioni consecutive (1967, 1968 e 1969). E i trionfi proseguiranno anche quando, trenta anni dopo, la Croazia diventerà uno stato indipendente.

Il presidente Luka Miličić ha dotato il tecnico Vjekoslav Kobeščak – era in acqua nel 1996, anno dell’ultima affermazione continentale del Mladost – di una squadra altamente competitiva: proprio dalla Pro Recco è arrivato il campione premiato pochi mesi fa come miglior pallanotista dell’anno, Vanja Udovičić. Che, ironia della sorte, dovrà sfidare in semifinale i connazionali – ed ex compagni di squadra – del Partizan Belgrado. In fase offensiva, il punto di forza del Mladost è stato il gigante Petar Muslim (2 metri per 105 chili), ieri centroboa e oggi attaccante che milita nella nazionale campione d’Europa: fino ad oggi ha segnato 29 reti nell’Eurolega. La retroguardia può contare su due estremi difensori di indubbio valore come Pavić – le sue parate hanno regalato l’oro alla Croazia agli ultimi Europei – ed il macedone Perčinić. A proposito di nazionali: altri elementi di spicco sono Ivan Buljubašić, difensore con la passione per la saga di “Star wars”, ed i non più giovani Frano Karač (34 anni) ed Igor Hinić (36 anni), centroboa con trascorsi in Italia al Brescia.

L’unico neo è la discontinuità di risultati in Europa: dopo un brillante turno preliminare, chiuso al primo posto nel girone pur con qualche ombra (vedi la stringata vittoria ad Atene su un Olympiakos in preda ad una gravissima crisi economica e la disfatta – 14-7 – a Belgrado contro il Partizan), il bilancio dei quarti di finale è assai meno rassicurante. Al di là della doppia sconfitta patita contro la Pro Recco, la squadra si è arresa anche al Primorje Rijeka,  superato  poi nell’incontro di rivincita a Zagabria, con tanta fatica. E solamente un gol ha separato il Mladost da quelli che sarebbero stati due preoccupanti pareggi contro il Vasas Budapest, ultimo del girone con un misero punto. Quando, però, un allenatore può permettersi tutti quei campioni appena menzionati, tutto può succedere. Anche di tornare a vincere il trofeo dopo quindici anni di digiuno.