WIMBLEDON: ABDICA FEDERER, MANCA SOLO LUI NEL BALLO DELLE SEMIFINALI

Il ceco Berdych supera Roger Federer che mancherà nella finale di Wimbledon dopo 7 anni.

Roger Federer
Foto: AELTC/Pro Sport

Per la prima volta dal 2003 la finale del torneo di Wimbledon non vedrà schierato Roger Federer: lo svizzero si è arreso oggi al ceco Berdych che si è imposto per 6-4 3-6 6-1 6-4 raggiungendo, dopo il Roland Garros, la seconda semifinale consecutiva in un torneo dello Slam. A fine partita Federer ha dichiarato di aver sofferto alle gambe ed alla schiena ma rimane un dato di fatto che la stagione dello svizzero non è convincente: spesso in difficoltà, anche se gli ultimi due turni a Wimbledon sembravano proporre un Federer ritrovato, nell’ultimo periodo lo svizzero ha sempre pagato dazio ai giocatori potenti a partire dalla sconfitta con Del Potro agli US Open del 2009 proseguendo con Gulbis a Roma e Soderling a Parigi.

Da parte sua il ceco Berdych troverà in una semifinale molto aperta Novak Djokovic che si è sbarazzato con sufficiente facilità del cinese di Taipei, Yen-Hsun Lu, che dopo aver sorpreso ieri eliminando Roddick, è riuscito oggi a raccogliere solo 7 giochi per un 6-3 6-2 6-2 che non lascia scampo.

Nella parte bassa del tabellone, Rafael Nadal ha avuto ragione, con pazienza, della furia dello svedese Soderling che ha conquistato il primo set ma è andato affievolendosi mentre il numero uno al mondo sembrava non soffrire al ginocchio come avvenuto nei giorni scorsi ed entrato decisamente in partita all’inizio del secondo parziale non ha più concesso nulla a Soderling per un punteggio finale di 3-6 6-3 7-6 6-1.

A chiudere il poker dei semifinalisti che rispetto al seeding vede solo l’assenza di Federer, l’idolo locale Andy Murray, chiamato a salvare l’onore britannico dopo l’uscita dai mondiali di calcio, si è sbarazzato abbastanza facilmente in chiusura di giornata del francese Tsonga nonostante abbia rischiato di trovarsi sotto di due set. Dopo lo scambio di tie-break iniziali, Murray ha approfittato dell’evidente calo del francese per qualificarsi per la semifinale contro Nadal (6-7 7-6 6-2 6-2).


Massimo Brignolo

L’ESTATE DI LEBRON È ALLE PORTE

Prossimo all’apertura il mercato dei free agent dell’NBA: occhi puntati sul destino di LeBron James.

Migliaia di pagine web, tonnellate di pagine di giornali, ore ed ore di discussioni e dibattiti, tutti riguardanti il mercato NBA dei free agent che mai come quest’anno sarà ricco di nomi prestigiosi in grado di accendere le fantasie dei tifosi. Alla mezzanotte del primo luglio, ora di New York, si scatenerà l’inferno, statene certi.

Il caso più spinoso e allo stesso tempo più intrigante riguarda quello che secondo molti è il miglior giocatore della lega, LeBron James. Secondo le ultime indiscrezioni James sarebbe diretto verso Chicago nella suggestiva veste di Michael Jordan del nuovo millennio, una voce riportata dal New York Times e “spifferata” da un dirigente NBA che ha mantenuto l’anonimato. Un ulteriore indizio può essere la cessione di Kirk Hinrich a Washington, necessaria a liberare ulteriore spazio salariale. La soffiata potrebbe anche essere quella giusta; personalmente non ci metterei la mano sul fuoco: troppi gli interessi in gioco quando si parla di mercato (club, sponsor, agenti dei giocatori, tifosi), che è tutto fuorché una scienza esatta. Nella corsa al Prescelto (The Chosen One, questo il soprannome di James) ha perso posizioni quella che fino a poco tempo fa sembrava essere la grande favorita, ovvero i New York Knicks. È vero che la squadra allenata da Mike D’Antoni negli ultimi anni si è concentrata più a liberarsi dei contratti di giocatori che guadagnavano troppo in proporzione al loro rendimento in campo, e che quindi avrebbe le possibilità economiche per riuscire ad ingaggiare oltre a LeBron anche un altro free agent in grado di cambiare i destini della franchigia, ma la squadra sarebbe da ricostruire e LeBron non può permettersi di sprecare troppo tempo. È giovane, certo, ma il contratto che firmerà in queste settimane sarà quello più importante della sua carriera; nonostante la presenza di Danilo Gallinari, che nell’ultimo anno si è conquistato la stima di compagni, avversari e pubblico, la squadra sarebbe tutta da assemblare attraverso difficili operazioni di mercato. Probabilmente New York è la città più affascinante e intrigante, ma per giocare a basket (ad oggi) ci sono squadre più interessanti. Sembrano più defilati nella corsa a LeBron anche i Los Angeles Clippers e i New Jersey Nets, che pure pensavano di avere qualche possibilità vista l’amicizia che lega il giocatore al rapper Jay-Z, detentore di alcune quote dei Nets, ma anche qui vale il discorso fatto per New York. In vista dell’imminente trasferimento della franchigia a Brooklyn, James sarebbe stato il miglior testimonial.

Doveva essere l’estate di un altro grande free agent, Dwyane Wade, stella dei Miami Heat. Dopo il titolo vinto nel 2006 gli Heat non sono più stati capaci di essere competitivi ai massimi livelli, facendo indispettire Wade, tanto che erano girate delle voci riguardo un suo possibile addio al club della Florida. Ma le rinnovate ambizioni del club e il possibile ritorno in panchina del mito Pat Riley dovrebbero aver convinto Wade a rinnovare il contratto e con un altro big (magari proprio James, che è buon amico di Wade?) Miami potrebbe tornare in corsa per il titolo.

Gli altri nomi in ballo? Chris Bosh, Dirk Nowitzki, Joe Johnson, Amare Stoudemire. Sono fra i migliori giocatori della NBA e, se acquistati da squadre già competitive, potrebbero avere la possibilità di vincere quel titolo NBA che nessuno dei quattro ha mai conquistato. Probabilmente si assisterà ad un effetto-domino: il trasferimento di James (ovviamente nel caso non dovesse rimanere a Cleveland) potrebbe innescare una serie di acquisti collegati tra loro, che alla fine andrebbero a cambiare la geografia del potere del basket NBA.

Andrea Marchesi

VILLA BATTE RONALDO E LA SPAGNA VOLA NEI QUARTI

Continua la marcia dellla squadra di Vicente Del Bosque che approda ai quarti di finale dove affronterà il Paraguay

David VillaSpagna-Portogallo era anche, se non soprattutto, la sfida tra due numeri 7: David Villa, recente acquisto del Barcelona che aveva portato di peso, con i suoi 3 goal, gli iberici agli ottavi e sua maestà Cristiano Ronaldo, stella in ombra del Real Madrid e del Portogallo.

Ed è proprio stato questo duello a distanza a decidere l’esito del derby della penisola iberica: in una Spagna che fatica a diventare la gioiosa macchina da calcio che impressionò tutti agli ultimi Campionati Europei, Villa ha sbloccato il risultato al 18′ del secondo tempo finalizzando una azione da antologia sull’asse Iniesta – Xavi con colpo di tacco a smarcare il goleador contro il quale nulla ha potuto il portiere lusitano Eduardo che, a conferma della sua probabile scelta come miglior portiere del torneo, ha incassato l’unica rete di questa campagna sudafricana.

Dall’altra parte del campo Cristiano Ronaldo andava spegnendosi con il passare dei minuti a conferma di un Mondiale nel quale da eroe atteso si è trasformato in giocatore di passaggio con una sola, inutile, rete all’attivo nella goleada contro la Corea del Nord.

Pur alla ricerca del vero CR9 la squadra di Queiroz ha tenuto bene il campo per circa un’ora imbrigliando gli attacchi delle furie rosse e proponendosi con qualche ripartenza interessante: la chiave della partita è stata la decisione di Vicente Del Bosque di sostituire il solito spento Fernando Torres di questi Mondiali con Llorente, un cambio che ha cambiato il volto della sfida e ha messo i lusitani in balia dei campioni d’Europa.

Nei quarti di finale la Spagna incontrerà il Paraguay che potrebbe da un lato essere già appagato dalla qualificazione e dall’altro aver raggiunto il massimo risultato consentito: sarà però necessario per Villa e compagnia non distrarsi.

Martedì 29 giugno 2010

SPAGNA-PORTOGALLO 1-0 Primo tempo 0-0

MARCATORI Villa (S) al 18’ s.t.

SPAGNA: Casillas; Sergio Ramos, Piqué, Puyol, Capdevila; Busquets; Iniesta, Xavi, Xabi Alonso (dal 48’ s.t. Marchena), Villa (dal 43’ s.t. Pedro); Torres (dal 13’ Llorente).  All. Del Bosque .

PORTOGALLO: Eduardo; Ricardo Costa, Ricardo Carvalho, Bruno Alves, Coentrao; Tiago, Pepe (dal 27’ Pedro Nendes), Raul Meireiles; Simao (dal 27’ s.t. Liedson), Hugo Almeida (dal 13’ Danny), C. Ronaldo. All. Queiroz .

ARBITRO Baldassi (Arg).

NOTE: espulso Ricardo Costa (rosso diretto) al 43’ .t. per gioco scorretto. Ammoniti Xabi Alonso (S), Tiago (P) per gioco scorretto.

Massimo Brignolo

-3: FENOMENOLOGIA DEL TOUR DE FRANCE

Inizia una serie di articoli di presentazione della 97ma edizione del Tour de France che prenderà il via sabato da Rotterdam

Tour de France«Ogni anno nel mese di luglio, si verifica in Francia un evento di grande importanza, che interessa tutto il paese: si corre il Tour de France».

Con queste parole iniziava la sezione dedicata al ciclismo del film «Le sport et les hommes» (1961), co-prodotto dal celebre semiologo francese Roland Barthes e dallo scrittore e regista del Québec Hubert Aquin, vincitore del premio per la miglior regia al festival di Cortina d’Ampezzo.

A distanza di quasi cinquant’anni nulla sembra cambiato. Per più di tre settimane, nonostante i Mondiali di calcio, l’attenzione del paese si riverserà sulla Grande Boucle anche perché:

«Il Tour è talmente esteso da percorrere la Francia in profondità. Grazie a ciò ogni francese rivive le sue case e i suoi monumenti, il suo presente provinciale e il suo antico passato».

«Dicono che i francesi non si intendono di geografia: la loro geografia non è quella dei libri ma quella del Tour. Ogni anno, grazie a esso, i francesi scoprono la lunghezza delle loro cose e l’altezza delle loro montagne. Ogni anno rivivono l’unità materiale del loro paese, ne censiscono le frontiere e i prodotti»

«Questo è il teatro della lotta: la Francia intera»

Si parte però da Rotterdam, in Olanda, al di fuori dunque di quei confini una volta sacri e invalicabili oggi invece facilmente percorribili senza nemmeno la necessità di cogliere il significato del termine “frontiera”. Proprio questo forse vuole essere il significato delle sempre più frequenti partenze al di fuori dei confini nazionali (anche il Giro è partito dall’Olanda): lenire lo sciovinismo e allargare il senso di appartenenza ad una comunità. Non a caso è stata scelta l’Olanda. I Paesi Bassi non sono solo la terra delle biciclette, ma anche il paese in cui è stato firmato il trattato di Amsterdam che ha istituzionalizzato gli accordi di Schengen per la libera circolazione degli individui all’interno del territorio europeo.

«Questa guerra lunga un mese […] ogni giorno ha la sua battaglia, ogni sera il suo vincitore: acqua, fiori, baci… tutto questo prima che il vincitore di un giorno indossi la maglia gialla, insegna rituale della sua vittoria».

Cambiano le squadre, compaiono gli sponsor e la provenienza degli atleti si fa sempre più diversificata, ma i simboli e i rituali restano quelli di sempre: la maglia gialla, il podio, i fiori i baci e anche il vino… sì perché:

«Anche se i ciclisti non possono bere vino è necessario che il Vino sia presente al Tour, perché il Tour è tutta la Francia».

Non possiamo che concludere questa rivisitazione letteraria della Grande Boucle ricordando che la lotta del Tour de France:

«è una competizione, non un conflitto. Questo significa che l’uomo non deve sconfiggere l’uomo, ma la resistenza delle cose».

Nicola Sbetti

Tutte le citazioni sono state tratte da: R. Barthes, Lo sport e gli uomini, Torino, Einaudi, 2007, pp.23-35.

L’ALBIRROJA PREMIATA DAI RIGORI COMPLETA IL POKER DEL SUDAMERICA

Sono quattro le squadre sudamericane tra le prime otto di Sudafrica 2010 e tra loro per la prima volta il Paraguay.

Paraguay
Foto: Ansa.it

L’ottavo di finale tra Paraguay e Giappone entrerà nella storia solo per il primo approdo ai quarti della Albirroja – sarebbe stata uguale portata storica nel caso dei nipponici – e non certo per il gioco e il livello tecnico espresso in campo tra due squadre troppo preoccupate di non scoprirsi nell’ottavo meno nobile dell’intero programma. Anche le buone individualità e potenzialità espresse nei turni precedenti come nel caso di Barrios, l’argentino naturalizzato paraguayano, e di Honda sono rimaste invischiate nelle sabbie mobili del timore di offrire il destro all’avversario.

Poche le occasioni in una partita bloccata: la traversa colpita da Matsui al 22′ del primo tempo dopo 20 minuti di noia è pareggiata dal salvataggio sulla linea di Nakazawa su tiro di Benitez all’inizio del secondo tempo a segnare un sostanziale equilibrio che dura 120 minuti, fino al momento dei calci di rigore decisivi.

E anche il dischetto sembra non riuscire a separare le due contendenti, solo la traversa colpita Komano nel terzo turno di rigori sancisce il harakiri giapponese mentre la realizzazione finale di Cardozo fa esplodere la gioia della Albirroja che all’ottava partecipazione alla fase finale della Coppa del Mondo raggiunge per la prima volta i quarti e completa il timbro sudamericano su questa edizione: Uruguay, Argentina, Brasile e Paraguay nelle prime otto sono fenomeno da analizzare.

Marted’ 29 giugno 2010

PARAGUAY-GIAPPONE 5-3 d.c.r. (0-0)

PARAGUAY: Villar; Bonet, Da Silva, Alcaraz, Morel; Vera, Ortigoza (dal 30’ s.t. Barreto), Riveros; Santa Cruz (dal 4’ p.t.s. Cardozo), Barrios, Benitez (dal 14’ s.t. Valdez).  All. Martino.

GIAPPONE: Kawashima; Komano, Nakazawa, Tanaka, Nagatomo; Matsui (dal 20’ s.t. Okazaki), Hasebe, Abe (dal 35’ s.t. K. Nakamura), Endo, Okubu (dal 1’ s.t.s. Tamada); Honda.  All. Okada.

ARBITRO De Bleeckere (Bel).

Sequenza rigori Barreto (P) gol, Endo (G) gol; Barrios (P) gol, Hasebe (G) gol; Riveros (P) gol, Komano (G) traversa; Valdez (P) gol, Honda (G) gol; Cardozo (P) gol.NOTE Ammoniti Matsui, Nagatomo, Honda, Endo, Riveros.

Massimo Brignolo