Quando il nation-building passa anche per lo sport: oggi, appena un giorno dopo la sua indipendenza, il Sudan del Sud farà esordire la propria nazionale di calcio contro la squadra kenyota del Tusker FC nel principale stadio della capitale Juba. Domani sarà poi la volta della rappresentativa di pallacanestro che difenderà per la prima volta i colori della neonata nazione in un incontro con l’Uganda. Poco importa che il campo di allenamento per il calcio sia uno spiazzo sconnesso e spesso invaso da capre affamate: Rudolf Andrea Ujika, segretario della nuova Southern Sudan Football Association, sta sognando a occhi aperti il momento storico in cui potrà ascoltare l’inno nazionale e vedere la bandiera del suo paese alzarsi nello stadio. La SSFA ha già espresso l’intenzione di entrare a far parte della CAF, la confederazione calcistica africana, e ha ottenuto la presenza sugli spalti del presidente della FIFA Joseph Blatter in sostegno simbolico agli sforzi del calcio sud sudanese. La SSFA, oltre alla nazionale allenata dal locale Malesh Soro, sta allestendo anche una rappresentativa giovanile, una under 19 e una femminile.
Fin dal referendum che – nel gennaio 2011 – aveva sancito l’indipendenza della regione i dirigenti del paese secessionista hanno sottolineato l’importanza dello sport nel creare un’identità nazionale nella quale possa riconoscersi il Sudan del Sud. Il ministro dello sport Makuac Teny ripone molte speranze in questa visione: “Quello che ci prefiggiamo è di utilizzare lo sport per far finire i conflitti. Può servire ai giovani, perché competano in partite e non più in battaglie, e ci auguriamo che possa servire a eliminare le inimicizie tra le tribù del Sudan del Sud”. Particolari aspettative sono riposte nella pallacanestro, disciplina nella quale il territorio del Sudan meridionale ha prodotto in passato diversi talenti: da Manute Bol, uno dei due uomini più alti ad aver mai giocato in NBA con 231 cm di statura, a Luol Deng, ala piccola dei Chicago Bulls e della nazionale della Gran Bretagna, paese dove la sua famiglia ha trovato asilo mentre era in fuga dalla seconda guerra civile sudanese. Vista l’impossibilità per la squadra sud sudanese di partecipare alle Olimpiadi di Londra del 2012, il presidente del comitato olimpico del Sudan Hashim Haroun ha proposto di dare la cittadinanza agli atleti del sud per permettere loro di prendere parte ai Giochi con la loro vecchia nazione e per “rafforzare le nostre relazioni reciproche”. I giocatori del sud, dopo anni di guerra e dipendenza dal governo di Khartoum, sembrano però più interessati all’opportunità di vestire i colori della loro nuova patria. Colori il cui peso sentono da vicino, come dimostrano le parole del cestista della nazionale Agel Ring Machar: “Mio nonno, mio padre e tutti i miei fratelli sono morti durante la guerra. Poter rappresentare il mio paese sul campo da basket è un’emozione indescrivibile. Se poi dovessimo riuscire a vincere contro l’Uganda, questo ci aiuterà a guarire”.
Damiano Benzoni