ITALIA E SERBIA, A VOI

A Shanghai è il giorno della finalissima nella pallanuoto maschile: pronostico più che mai incerto.

Non più tardi di due anni fa, nessuno avrebbe nutrito dubbi: la Serbia è la squadra più forte, l’Italia vive del suo glorioso passato e non fa paura. Esito fin troppo scontato, neanche a giocarle, queste partite. Era il 30 luglio di due anni fa: a Roma, ai Mondiali dei record stracciati ma anche delle piscine sequestrate, l’Italia batteva la Cina nella finale per l’undicesimo posto mentre la Serbia, il giorno dopo, vinceva l’oro contro la Spagna. Anche oggi è il 30 luglio, anche oggi come allora una delle due finaliste è la squadra guidata da Dejan Udovičić. is weight watchers site down L’altra finalista, però, non è la formazione iberica, e nemmeno la Croazia, l’Ungheria o gli emergenti Stati Uniti: è l’Italia, sì, proprio lei. Possibile?

Sì, possibilissimo. Sandro Campagna è già tornato sulla panchina azzurra quando Roma ospita i Mondiali. Entusiasmo, pubblico a proprio favore, attesa. E delusione: undicesimo posto, mai così in basso il Settebello. Ma Campagna non si  demoralizza, anzi: raccoglie le macerie e prova a ricostruire il movimento, partendo dal recupero di quelle generazioni che ormai parevano bruciate.  E, con un po’ di pazienza, i risultati arrivano. Solo la differenza reti nei confronti diretti con il Montenegro ci nega la qualificazione alla Super Final di World League, poi vinta agevolmente dalla Serbia. Poi l’incoraggiante successo al trofeo Otto Nazioni di Siracusa. E poi la straordinaria impresa, il ritorno ad una finale europea dopo nove anni di attesa: a Zagabria vince, praticamente senza storia, la Croazia, sospinta dal tifo di 5mila sostenitori. Ma l’Italia, intanto, prende l’argento. Il resto è storia nota: gli azzurri ospitano la World League a Firenze, questa volta battono la Croazia in semifinale e si arrendono alla Serbia per un solo gol di differenza.

Un mese dopo, è ancora finalissima tra Italia e Serbia. Sui balcanici c’è poco da dire: un portiere affidabile (Soro), un capitano carismatico (Vanja Udovičić), due centroboa di peso (Nikić e Duško Pijetlović), un mancino micidiale (Filipović) e cecchini infallibili (Prlainović, Aleksić e Mitrović, autore del gol decisivo nella semifinale con l’Ungheria). Un gruppo piuttosto omogeneo, che si conosce alla perfezione ed abituato a giocare finali di grandi competizioni. Meno prestante sul piano fisico, meno esperta in campo internazionale, l’Italia ha comunque le sue carte da tirare sul tavolo: è squadra vera, con i giocatori che si incitano e si aiutano l’un l’altro. Ognuno, indipendentemente dal numero di reti segnate, è stato utile a modo suo: Deserti si è sacrificato molto a centroboa guadagnando dei rigori, Figlioli ha messo i compagni nelle condizioni di segnare, Fiorentini ha creato dei varchi da sfruttare, Pérez ha spesso contribuito a serrare la difesa. E ora è il momento di provarci ancora: a Firenze ci mancò qualcosa, forse l’inesperienza, forse il gol che avrebbe dato ai serbi il colpo di grazia, forse qualche marcatura troppo blanda su Udovičić e Filipović. E quel qualcosa, forse, oggi potrebbe essere l’arma in più degli azzurri.

Così in acqua (ore 15, diretta Rai 3 e Rai Sport 1):

SERBIA: Soro, Avramović, Gocić, Vanja Udovičić, Ćuk, Duško Pijetlović, Nikić, Aleksić, Rađen, Filipović, Prlainović, Mitrović, Gojko Pijetlović. All. Dejan Udovičić.

ITALIA: Tempesti, Pérez, Gitto, Figlioli, Giorgetti, Felugo, Figari, Gallo, Presciutti, Fiorentini, Aicardi, Deserti, Pastorino. All. Campagna.

ARBITRI: Tulga (TUR) e Koganov (AZE).

I MAGNIFICI SETTE

Nell’Eurolega di pallanuoto l’Olympiakos si presenta con appena sette giocatori: la crisi sembra irreversibile.

Quando, agli inizi degli anni Novanta, la nazionale di pallanuoto maschile vinceva più o meno tutto quello che c’era da vincere, la stampa coniò un soprannome che, nel corso degli anni, è diventato di uso corrente: Settebello. Il fatto che, nella pallanuoto, scendano in acqua sette giocatori titolari consente di utilizzare altri epiteti per riferirsi ad una squadra, attingendo a piene mani dal mondo del cinema e della letteratura.

Nel caso dell’ultima fatica dell’Olympiakos in Eurolega, «I magnifici sette» sembra essere il titolo più calzante. Lungi, però, dal volergli dare i connotati di un gesto di scherno nei confronti della squadra di Vangelis Pateros (7-1 è infatti il risultato finale con cui il Partizan Belgrado ha vinto la sfida). I magnifici sette sono proprio i giocatori ellenici che hanno preso parte alla trasferta in terra serba: l’Olympiakos si è presentato ridotto ai minimi termini, senza la possibilità di effettuare cambi durante la partita. Per la cronaca i magnifici sette sono Deligiannis, Theodoropoulos, Komadina, Fountoulis, Delakas, Mylonakis e Blanis, con Christos Afroudakis costretto ad arrendersi durante il riscaldamento. Sei gli indisponibili tra infortunati (Kolomvos e Vlontakis), lavoratori dipendenti cui non è stato concesso il giorno di ferie (Kochilas) ed altri alle prese con problemi familiari (Doskas, Floros e Schizas). Della serie: felice anno nuovo, Olympiakos.

L’episodio di Belgrado, comunque, è solo l’ultimo in ordine di tempo di una lunga serie di vicissitudini che dallo scorso autunno stanno interessando la polisportiva del Pireo: si comincia a settembre, con i giocatori che si rifiutano di riprendere gli allenamenti a causa dell’insolvenza della società nel pagamento degli stipendi. E nel frattempo fanno le valigie due simboli della squadra come il centroboa Georgios Afroudakis, passato ai rivali del Panathinaikos, e soprattutto il poliedrico Theodoros Chatzitheodorou, capitano di lungo corso che – ironia della sorte – ha giocato contro i suoi ex compagni a Belgrado. Gli incontri con gli amministratori della società si rivelano infruttuosi: i giocatori, rappresentati nelle trattative da Deligiannis e Vlontakis, firmano una lettera aperta in cui denunciano il mancato pagamento di sette mensilità e minacciano di andare per vie legali. Poi il campionato inizia ed i giocatori onorano, comunque, gli impegni presi. Almeno in campionato, dove vincono tutte le partite a disposizione.

A pochi giorni dalle vacanze di Natale, poi, scoppia l’ennesima bolla: i giocatori si rifiutano di scendere in acqua nel derby con il Panathinaikos. E menomale che nella pallanuoto la rivalità si affievolisce: provate a immaginare le conseguenze di una simile decisione nel calcio o, peggio ancora, nella pallacanestro. All’orizzonte si materializza lo spettro della sconfitta a tavolino, proprio contro gli eterni rivali: un affronto. Si cerca di rimediare mandando in acqua i ragazzi del settore giovanile. Poi Deligiannis e compagni ci ripensano: infilano calottine e costume e violano la piscina del complesso olimpico di Maroussi per 9-5.

Tutto bene quel che finisce bene? Non esattamente. Quasi fossero i marinai ammutinati di una nave, i giocatori protestano contro la società gettando in acqua le calottine. Come a dire: adesso basta, la pazienza è finita, le lasciamo indossare a qualcun altro. Il vicepresidente Nikos Karachalios plaude alla professionalità dei giocatori, che non sono venuti meno ai loro doveri pur non percependo lo stipendio. E annuncia che adesso sarà la società a doversi muovere. Durante le festività vengono elargiti mille euro a quei giocatori che, pallanuoto a parte, non hanno altra fonte di reddito (nella fattispecie: Blanis, Delakas, Floros e Fountoulis), gli altri attendono ancora alla finestra e scrivono direttamente al governo affinché intervenga direttamente nella vicenda. E, nel frattempo, due ex biancorossi – Georgios Afroudakis e Slobodan Nikić – fanno causa all’Olympiakos che vanta debiti pregressi verso i suoi ex centroboa.

Intanto il tempo scorre e oggi sarà nuovamente tempo di campionato: da un derby all’altro, dal Panathinaikos all’Ethnikos, l’altra grande squadra del Pireo. Occhio ad altri, teatrali colpi di scena. Ma qui non siamo in una commedia di Aristofane. Tutt’altro.