BALCANI CAPUT EUROPAE

Partizan campione d’Europa e schermaglie dei tifosi: pallanuoto e Balcani, un binomio che non delude.

Non che ve ne fosse un reale bisogno, ma la Final Four di Eurolega di pallanuoto a Roma ha confermato come lo sport sia una perfetta cassa di risonanza dei sentimenti nazionalisti che dominano nei Balcani. Sgomberando poi il campo dalla politica e dalle analisi sociologiche, l’evento capitolino è stato l’ennesima riprova che quella regione dell’Est europeo merita l’appellativo di culla della pallanuoto: delle quattro finaliste una era serba – e ha vinto la coppa -, una croata e un’altra, infine, montenegrina. Al contempo la Pro Recco, la quarta partecipante, schierava tre soli italiani (di cui uno naturalizzato) a fronte di due serbi – Filipović e Nikić -, due montenegrini – Ivović e Zloković – ed un croato – Burić.

Difficilmente ci si annoia quando due squadre balcaniche si sfidano in vasca: ne costituiscono l’eccellenza sul piano tecnico e, in seconda battuta, è una partita che si gioca anche sugli spalti. A Roma l’atmosfera era elettrica ancor prima del fischio d’inizio: si temevano scontri, alla notizia dell’arrivo nella città eterna di 6mila tifosi provenienti dalla cosiddetta “polveriera d’Europa”. Ironia del destino, la prima semifinale era Partizan Belgrado-Mladost Zagabria, la capitale serba opposta a quella croata, ortodossi contro cattolici. Quale miglior palcoscenico di un evento sportivo per dare sfoggio del proprio nazionalismo? Devono averla pensata in questi termini, i tifosi serbi, quando hanno dedicato un coro a Ratko Mladić, arrestato nelle scorse settimane per l’eccidio di Srebrenica del 1995, ed hanno infamato gli ustaše, i nazisti croati protagonisti ai tempi della Seconda guerra mondiale. Che strano: gioiscono per aver toccato la vetta dell’Europa pallanotistica ma sembrano ripudiare quella politico-istituzionale, che alla Serbia aveva sempre posto come conditio sine qua non dell’ingresso nell’Ue proprio la cattura del boia di Srebrenica.

La perfetta fotografia di queste divisioni la scattano i minuti conclusivi della partita tra Mladost e Budva che assegna la medaglia di bronzo: gli spettatori montenegrini incitano la loro squadra che prova a salire sul podio e trovano un inatteso alleato nei sostenitori del Partizan, già assiepati sugli spalti in attesa della finalissima. Collocate alle opposte estremità della stessa tribuna, le due tifoserie intonano all’unisono il coro “Budva! Budva!” e sommergono di fischi i giocatori croati quando sono in possesso del pallone. E pensare che, cinque anni fa, un referendum sancì la scissione del Montenegro dalla madre Serbia. Lo sport unisce, lo sport divide.

Non possono essere relegate a misere note a pié di pagina di questo appassionante romanzo alcune storie dei giocatori. C’è quella di Vladimir Vujasinović, capitano del Partizan, già colonna della nazionale serbo-montenegrina, nato tuttavia in terra nemica, a Fiume. C’è quella di Vanja Udovičić, serbo pure lui, uno che ha imparato la pallanuoto nel Partizan ma oggi indossa la scomoda calottina del Mladost. C’è quella di Denis Šefik, portiere del Budva, che la scorsa estate ha acquisito la cittadinanza sportiva montenegrina dopo aver difeso per anni la porta della nazionale serba. C’è anche quella del compagno di squadra Petar Trbojević, prossimo ai 38 anni, uno che la Serbia non l’ha rinnegata e che nell’ultimo decennio ha vinto medaglie olimpiche e mondiali sotto nomi e bandiere diverse.

Merita il suo spazio anche la parte meramente cronachistica: ha trionfato il Partizan perché ha giocato con il cuore, puntando sui suoi figli già affermati – il sopraccitato Vujasinović e i vari Aleksić, Pijetlović, Prlainović e Rađen – e quelli in rampa di lancio – Ćuk e Mitrović. Ha trionfato il Partizan che vive in invidiabile empatia con i suoi tifosi, quasi aizzati nei minuti finali della finalissima dall’allenatore Igor Milanović improvvisatosi capoultrà. Ha trionfato il Partizan che, ancor prima di comprarli altrove, i campioni prova a coltivarli nel suo orticello. L’Europa della pallanuoto è in mani serbe. Quella politica, stando ai suggerimenti dei tifosi bianconeri, può ancora aspettare.

 

PARTIZAN IN FINALE A COLPI DI MITROVIĆ

Il giocatore del Partizan decide con una tripletta la prima semifinale (12-9) di Eurolega a Roma.

dal nostro inviato

ROMA C’era apprensione, alla vigilia, per l’arrivo a Roma di circa 6mila tifosi delle opposte fazioni che sarebbe potuto sfociare in uno scontro che, visti i precedenti, non prometteva. E invece, per fortuna, si è assistito solo ad una piacevole partita di pallanuoto. Va al Partizan Belgrado la prima semifinale della Final Four di Eurolega: i serbi battono 12-9 il Mladost Zagabria, sconfitto per la quarta volta in nove confronti diretti nella massima competizione continentale. E, adesso, puntano a vincere la settima Coppa dei Campioni nella loro storia, eguagliando proprio il Mladost.

Lo Stadio del Nuoto, teatro ideale di questo atto supremo, viene invaso dai sostenitori croati e serbi, sistemati per motivi di ordine pubblico in due diverse tribune, e colorato di bianconero e giallo: ancor prima che in acqua, la sfida inizia sugli spalti. Come calore e numero di unità, i tifosi del Partizan sovrastano i rivali del Mladost. E così sarà anche tra le squadre: i serbi comandano fin dalla prima frazione, senza che i croati diano realmente l’impressione di poter rimontare il divario in varie occasioni. Anzi, a metà gara il vantaggio dei bianconeri di Belgrado raggiunge già le quattro lunghezze e tocca pure vette di cinque nell’ultimo parziale.

Gara nervosa e maschia, il gran derby balcanico: ben quattro i giocatori espulsi in via definitiva. E poi il pubblico si gode una miriade di avvincenti duelli, specie sui due metri, su cui talvolta la coppia arbitrale sorvola per non surriscaldare ulteriormente gli animi. Schierate entrambe a pressing, le difese iniziano a concedere qualche gol – e fallo grave – di troppo solamente nella seconda parte dell’incontro, quando i due fischietti decidono di punire con maggior severità alcuni corpo a corpo. Quanto ai singoli, non basta un Pavić a tratti monumentale ad evitare la sconfitta al Mladost. Eccezionale, addirittura, la prova offerta dal serbo Mitrović: a suo favore parlano non solo i tre gol personali ma anche, e soprattutto, una quantità industriale di palloni intercettati. Giornata da dimenticare, invece, per l’atteso ex di turno Vanja Udovičić, serbo in forza al Mladost: la doppietta del fuoriclasse arrivato dalla Pro Recco viene leggermente messa in secondo piano dai troppi passaggi sbagliati. Emblematico il modo in cui Pijetlović, centroboa di cui si dice un gran bene, si libera della sua marcatura in occasione della rete del 12-8, segnando di prepotenza.

In chiusura, una brutta pagina scritta dai tifosi del Partizan che, durante l’incontro, hanno innalzato cori a favore di Ratko Mladić, il criminale di guerra recentemente arrestato per l’eccidio di Srebrenica del 1995. Gli stessi sostenitori hanno poi intonato canzoni offensive nei confronti degli ustaše, i nazisti croatiche imperversavano nella Seconda guerra mondiale, ma il pubblico di fede Mladost non ha raccolto la provocazione. La politica e le divisioni tra i popoli balcanici, ancora una volta, non risparmiano neppure la pallanuoto.

 

Venerdì 3 giugno 2011
PARTIZAN BELGRADO-MLADOST ZAGABRIA 12-9 (3-1, 3-1, 2-3, 4-4)
Stadio del Nuoto, Roma

PARTIZAN: Soro, Vujasinović, Chatzitheodorou, Rađen 1, Prlainović 1, Mitrović 3, Čuk; Zivojinović, Korolija 2, Aleksić, Pijetlović 2, Radović 4, Mandić. All. Milanović.

MLADOST: Pavić, Karač 1, Udovičić 2, Buljubasić 1, Hinić, Muslim 2, Vukičević 1; Perić, Letica, Petković 1, Pavičić 1, Brlecić, Loncar. All. Kobeščak.

ARBITRI: Tulga (TUR) e Spiegel (GER)

NOTE: superiorità numeriche Partizan 3/10, Mladost 6/11. Espulsi definitivamente Hinić al 3’47” st, Buljubasić al 6’01” tt, Rađen al 3’30” qt e Letica a 1’40” qt.  Spettatori 4000 circa. Presenti in tribuna il presidente della FIN Paolo Barelli,  l’allenatore del Posillipo Carlo Silipo, l’allenatore del Latina Yiannis Giannouris, il ct della Croazia Ratko Rudić e quello della Serbia Dejan Udovičić.

Simone Pierotti